Vidi Zach salire sano e salvo sul jet. Prima che potessi solo concentrarmi per tornarci, venni distratta da delle urla. Votandomi mi trovai dinnanzi all'onda. Si stava facendo sempre più enorme e gigantesca. Gli Imperium dell'acqua non ce l'avevano fatta e Miami sarebbe stata spazzata via. Le grida disperate della gente mi riempivano i timpani e una forte sensazione di inutilità mi avvolgeva. Forse dovevo solo scappare, non potevo farci niente. Inoltre, sarebbe arrivata quella donna, a godere della distruzione da lei causata. Me ne dovevo andare. Il jet alle mie spalle stava per prendere il volo. Avevo pochi secondi per salire. Una figura piombò giù, proprio mentre ero in aria. Ci spiaccicammo entrambi a terra. Lui sopra di me. Il dolore mi percosse tutta la schiena e strinsi gli occhi per sopportarlo.
«Ti sono mancato?» sentii chiedere da una voce che mi aveva irritato per tanto tempo. «Philip» ringhiai spingendolo via. Lui rotolò via da me e faticò a rialzarsi. Non era ridotto bene. Courtney l'aveva conciato proprio per le feste. Mi venne un moto di simpatia nei suoi confronti.
«Già, è questo il mio nome» disse con nonchalance. Capii che stava prendendo tempo e non glielo potevo permettere. Susan sarebbe arrivata a momenti.
«Non ho tempo per te» dissi guardando verso l'alto. La porta del jet era ancora aperta.
«Nemmeno io.» affermò indietreggiando.
Qualcosa in quelle parole mi colpirono, attirando la mia attenzione. Forse Philip conosceva un modo per fermare tutto. Forse l'avrei potuto obbligare a dirmelo.
«Aspetta!» esclamai. Ma qualcuno mi afferrò per le spalle.
«Che ci fai ancora qui?!» gridò Nox.
«Philip!» esclamai indicando il ragazzo che zoppicava verso il caos.
«Lascialo perdere. Dobbiamo andarcene!» disse tirandomi per un braccio.
«No! Nox, ti prego. Non posso farlo fuggire!» dissi non sapendo nemmeno cosa stavo dicendo e cosa volevo veramente. Volevo solo fare qualcosa di utile, come tutti si aspettavano da me.
Una risata impedì Nox di rispondere. Una risata forte e agghiacciante, trasportata dai venti.
«Merda» sussurrò Nox.
Ed eccola lì, sulla cresta dell'onda, una macchia nera. In avvicinamento.
«Vuoi ancora rimanere qui?» chiese Nox fissando lo stesso pericolo.
«No.» dissi. Ci voltammo entrambi per correre via. I jet della B.L.C. erano tutti in cielo, lontani da noi. I membri rimasti impiegavano i loro ultimi sforzi ad eliminare più Ribelli possibili. Io sapevo solo una cosa. Sarebbero tutti morti. Tutti.
Un ombra ci sorpassò in volo. Alzammo entrambi la testa per vedere Philip che ci faceva la linguaccia in deltaplano. Almeno, sembrava un deltaplano. Lastre di metallo uniti da un meccanismo a me alieno.
D'istinto lo rincorsi, spiccai un salto e mi aggrappai alle sue caviglie. Perse pericolosamente l'equilibrio, ma controllando i venti riuscì a mantenerci in aria. I miei piedi sfioravano il terreno. Agitai le gambe, spingendomi verso il basso, cercando di tirare giù anche Smith.
«Mollami! Pazza psicopatica!» esclamò Philip agitandosi.
«Senti chi parla! Il leccapiedi della vera pazza!» esclamai strattonando la sua gamba.
Philip iniziò a prendere quota.
«Sophie!» gridò Nox correndoci incontro. Anche lui saltò e si aggrappò alle mie gambe creando una catena umana. Ordinai i venti a spingerci il più lontano possibile. Ma forse esagerai. Perché un tornado ci inghiottì.
Vorticammo e vorticammo. Persi lo stomaco. Persi la testa. Persi la ragione. Ma non la presa su Philip. Mi ancorai a lui come se fossi stata una trappola per animali. E stesso fece Nox con me. Forse gridai. Ma il suono era perso in quel vortice da me creato. Non riuscivo a fermarlo. È come se nel profondo, il mio istinto mi dicesse di farlo vorticare ancora di più e ancora più forte.
Mi risvegliai da quel delirio solamente quando sentii che una mano di Nox aveva perso la presa. Il tornado sparì così come era venuto e in un momento ci trovammo sospesi in aria. Nemmeno un attimo che la gravità ci fece piombare a peso morto verso il basso. Strillai a gran voce così come gli altri due ragazzi.
Macchie verdi si avvicinavano sempre di più. Piombammo tutti tra il fogliame di alberi, ma l'altezza ci spinse ancora più giù, spezzando rami, graffiandoci con le foglie. Poi finalmente toccammo il suolo. Malamente e duramente.
Mi massaggiai ed emisi dei flebili lamenti di dolore e qualche imprecazione.
«Ehi!» sentii Philip lamentarsi. Guardandomi intorno vidi solo Nox che si massaggiava il fondoschiena, ma dell'Imperium dell'aria, nessuna traccia.
«Quassù!»
Alzai lo sguardo per vedere Philip appeso per una caviglia al deltaplano ormai rotto. Alzai una mano e mirai al deltaplano. Una scarica elettrica partì dalla mia mano e percosse tutto il conduttore, facendo prendere una scossa al ragazzo.
«Ops» mormorai fintamente dispiaciuta.
«Brutta scema...» mi accusò tra i lamenti.
L'albero prese vita e si scrollò l'ospite di dosso. Un tonfo sordo venne seguito da altri lamenti. Nox riabbassò la mano.
Sopra le nostre teste ci sorvolavano i jet in fuga. Volavano tutti in direzioni diverse, probabilmente per evitare di venire seguiti. Mi arrampicai di nuovo su un albero e non ci misi molto a localizzare il luogo dalla quale eravamo venuti. Le onde sismiche arrivavano fin qui e quell'onda si stava abbattendo sui velivoli dell'esercito e della B.L.C. Oltre che su Miami. I grattacieli cadevano come tessere di domino. Per poi venir inghiottiti dal temibile oceano.
Non ci vedevo bene. Ma quel tanto di catastrofe bastava. La fine del mondo me l'ero immaginata proprio così.
Il tornado che avevo creato per sbaglio ci aveva trascinati molto più lontano di quanto avessi pensato. Se l'onda fosse stata naturale, il disastro sarebbe giunto fino a me. Ma non fu così.
Quando tornai al suolo notai che Philip non si era dato alla fuga. Nox era in piedi accanto a lui, incurante delle foglie che gli erano rimaste impigliate tra i ricci.
«Amico, hai delle foglie in testa» disse Philip annoiato, guardando Nox con aria di superiorità.
«Tu tra poco avrai un altro bernoccolo se non te ne stai zitto. Alzati» gli ordinai.
«No» affermò girando la testa di lato per non guardarmi.
Finché il terreno ai miei piedi tremava, non eravamo abbastanza lontani. Non avrei permesso a Susan di prendermi per colpa di un capellone cocciuto.
«Alzati o ti spezzo le ossa» lo minacciai.
«Ehi, sempre cortese e gentile, vedo!» disse sarcastico allargando le braccia.
«Dai, accomodati. Tanto se mi spezzo le ossa non potrò più muovermi e a quel punto sarei un peso morto...» il suo chiacchiericcio venne interrotto da una palla di fango in faccia. Poi, liane comparse dal nulla gli si legarono ai polsi, per poi tirarlo sù malamente.
Mi voltai stupita verso Nox ancora con una mano alzata.
«Ora andiamo» disse rivolto verso di me, sempre con il volto stanco e serio.
«Nox» lo chiamai. Lui si voltò, in attesa.
«Senti, mi dispiace per tutto ciò. So che tu non vorresti essere coinvolto in tutto ciò...» iniziai
«Ehi» mi interruppe. «Non credi che sia ormai troppo tardi per non essere coinvolti?» mi disse con un sorriso tranquillizzante.
«Oh, beh, molto toccante, ragazzi. Seriamente» affermò Philip sarcastico pulendosi il volto con il dorso della mano legata.
«Ignoriamolo. Non può andare a parlare per sempre. Dobbiamo andarcene da qui.» affermai. Sentendo ancora le scosse.
«E come cari geni? Camminando? Certo! Andremo verso l'infinito e oltre di questo passo!». Non lo ricordavo così fastidiosamente sarcastico.
Nox capì che ci trovavamo in un parco naturale della Florida. Quindi non ci mettemmo molto ad arrivare in città. E in tutto il viaggio. Smith non aveva mai smesso di parlare. Ogni tanto Nox si voltava per guardarlo, con un sopracciglio inarcato, completamente confuso.
La città era in stato di allerta. Non sapevo dove mi trovavo e non andava bene. Non potevo di certo girare con Philip al guinzaglio come un cane. Anche se i Popolani erano tutti più concentrati su loro stessi che su tre individui sbucati dal parco.
«Dobbiamo trovare gli altri.» affermai.
«Sarà un po' difficile, considerando che gli Stati Uniti si sono mobilitati. Probabilmente pensano che sia un attacco terroristico» affermò Nox.
«I Popolani sono così idioti da credere che i terroristi siano capace di smuovere la terra e far alzare l'oceano?» chiese Smith facendo la finta aria pensosa e mettendo in bella mostra le mani legate. Si soffiò via il solito ciuffo davanti agli occhi e sorrise.
«Piantala, Smith» lo avvertii.
«Sto iniziando ad apprezzare queste manette. Sono... Naturali e biologiche. Magari potreste lanciare una nuova moda! Il guinzaglio di Madre Natura, che ne dite?» esclamò teatrale proprio mentre passavamo davanti ad un auto della polizia. Gli agenti si voltarono verso di noi e si avvicinarono.
«Tutta colpa tua» ringhiai sottovoce.
«Suvvia, non essere così aggressiva. Ti basta liberarmi. Ti prometto che risolverò tutto io con loro» sussurrò.
«Dopotutto, sono stato un bravo assistente personale, no? Facevo le tue veci» aggiunse.
Se non fosse stato per gli agenti mi sarei voltata per tirargli un pugno.
«Ragazzi, che vi è successo?» ci chiese uno alto e magro.
«Piuttosto, perché quello è legato?» ringhiò la sua collega.
«Ci dispiace disturbare. Ma purtroppo mio fratello soffre di Demenza fisiopsichica. È andato nel panico appena hanno dato l'allarme. Lo stavamo portando dal nostro medico di fiducia, dato che le linee sono interrotte» intervenne Nox sorprendendo tutti. Philip lo guardò con occhi sgranati, finalmente zittito. Mi sforzai di non ridere davanti a quella scena. Nox rendeva le cose tutte così credibili.
Altre sue buone parole e i poliziotti ci lasciarono andare.
«Ci hanno creduto? Non posso credere che ci abbiano creduto!» esclamò Philip. «Era una spiegazione ridicola!» continuò.
«Andiamo» lo strattonai. «Dobbiamo trovare un posto per rifugiarci» dissi a Nox. Il ragazzo mi sorrise.
«Ci penso io. Tu seguimi» disse.
Nox ci condusse verso le metropolitane di quella città ancora sconosciuta. Non c'era nessuno ed era molto strano dato che era un orario di punta.
«Perché non c'è nessuno?» chiesi.
«Hai visto in che situazione siamo? Sono tutti blindati in casa temendo un attacco» la voce di Philip riecheggiò per tutto il tunnel. Nox saltò tra i binari e noi lo seguimmo a ruota.
«Sai dove ci trovavamo?» mi chiese Nox.
«Dovrei?» chiesi inarcando un sopracciglio.
«Beh, sì» replicò lui.
«Questo è un quartiere speciale.» mi disse.
«È una delle zone riservate alle Guardie Dirigenti» mi informò.
«Che sarebbero?» chiesi.
«Davvero non lo sai?» esclamò Philip scioccato dietro di me.
«Le Guardie Dirigenti erano gruppi di Imperium prescelti che si occupavano di controllare e monitorare lo stato americano a cui appartenevano. A differenza delle semplici guardie, loro non potevano rimanere nelle Basi, ma erano costantemente in prima linea, andavano a scovare Ribelli invece di difendere in caso di evenienza ed avevano seguito un'addestramento differente e misterioso dalla B.L.C.» mi spiegò Nox.
«Erano?» chiesi.
«Sì, beh, Barker li aveva chiusi improvvisamente una ventina di anni fa. Decise di espandere il suo progetto su tutti i nuovi Imperium. Ma il regime di allenamento era un po' meno duro dell'originale. Gente come Ryder e Joanne sono macchine assassine, come ben sai. Ma rispetto alle vecchie Guardie Dirigenti, loro hanno molta più umanità» mi disse mentre i suoi passi riecheggiavano nel tunnel.
«Non capisco... Gli attuali Direttori delle Basi sono degli ottimi combattenti, ci sono molti adulti che hanno più di quarant'anni. È impossibile che siano come Jo e gli altri» affermai confusa.
«Ma questo perché loro sono diversi. Sono severi, è vero. Ma provano molti più sensi di colpa se uccidessero qualcuno. Non per offenderli, ma Ryder, per esempio, non proverebbe un minimo di pietà ad uccidere me. Inoltre, alcuni di loro sono ex Guardie Dirigenti. Si sono uniti agli altri Membri quando Barker ha detto basta. Ha deciso di fare della B.L.C. un'unica organizzazione di soldati senza pietà invece di separare apparenza e menzogna.» mi disse.
«A cosa serviva separarli?»
«Vedi, loro erano quelli che si occupavano di stanare le famiglie come quelle di Jase» disse. «Quelle formate da traditori. Tenevano d'occhio le famiglie, finché al momento giusto non li eliminavano e prendevano i figli.» affermò. «Le Guardie Dirigenti erano tenute nascoste per mantenere l'apparenza di un'associazione segreta pacifica, che mirava solo al bene dell'umanità» mi disse.
«Non so perché abbia deciso toglierli dalla circolazione, sinceramente. Ha smesso ad un tratto di cercare questi figli "Ribelli" o traditori».
«Perché non ne ha più motivo» intervenne Philip. Mi voltai verso di lui, inarcando un sopracciglio.
«Che intendi dire?» gli chiesi.
«Semplicemente quello che ho detto. Creava Imperium per poter avere il suo esercito, ma è tutto inutile se tutti i mini-zombie che produce li ruba poi Susan, non credi? Inoltre far diventare tutti i membri dei soldati è molto più sicuro che tenerli separati» affermò con portamento sicuro nonostante le mani legate.
«Beh, non ha tutti i torti» convenne Nox. Inarcai un sopracciglio alla sua affermazione. Ma il ragazzo lo ignorò.
«Siamo arrivati» disse fermandosi davanti ad una porta con scritto "vietato l'accesso" ricoperta di ruggine. Cercai di abbassare la maniglia, ma era bloccata.
«Come entriamo?» chiesi.
«Magari chiediamo gentilmente alla porta se ci lascia entrare» disse Philip sarcastico.
«Come fai a sapere come si entra? Non pensavo che ai tempi della B.L.C. fossi autorizzato a tali informazioni» fece Nox stupito, non avendo colto il tono ironico. Philip lo guardò come se fosse venuto da un altro mondo.
«Mi spieghi dove l'hai trovato questo "fenomeno"?» mi chiese con aria complice.
«Non sono affari tuoi» ringhiai.
«Sei seriamente così?» si rivolse allora a Nox.
«Così come?» chiese Nox confuso.
«Andiamo! Si capisce! Ogni volta che faccio una battuta sarcastica fai quell'aria stupita da bimbo meravigliato. Però, d'altra parte riesci a convincere persino me che sono affetto di "Demenza fisiopsichica", che francamente, non so nemmeno se esista» sbuffò soffiandosi via il ciuffo davanti agli occhi.
«E quindi?» chiese Nox.
«E quindi cosa? Come fai ad essere così credibile ad essere un bravo ragazzo?» esclamò Philip facendo risuonare la sua voce nel tunnel vuoto. Alzai una mano per fermarlo.
«Nox è un bravo ragazzo. Non fa finta come te» gli dissi.
«Già, qui sono l'unico cattivo» mormorò senza guardarmi soffiandosi di nuovo via il ciuffo.
«Come facciamo ad entrare?» chiesi nuovamente a Nox.
«Beh, glielo chiediamo. Era vero. C'è una parola d'ordine e automaticamente un riconoscimento vocale e uno di retina ti analizzano. Poi decidono se farti entrare o ucciderti. Semplice ed efficace» annunciò. Feci una smorfia a sentire quel meccanismo così rude.
«Okay, allora la parola d'ordine? Perché non la dici?»
«Cosa? No. Se la dico io mi analizza e mi fa fuori. Sicuramente non sono nel loro database. Devi farlo tu, sei tu la nostra chiave. Ehm, conosci l'alfabeto Morse? Così te la dico senza dirla.» affermò.
«Cosa ti fa pensare che conosca l'alfabeto Morse?» chiesi. «Non puoi semplicemente sussurrarmelo?» continuai.
«Già, magari il signorino della natura poteva degnarsi di dirtelo prima» affermò Philip. «È proprio naturale dirlo all'ultimo momento è fare tante storie, già, già. Non è assolutamente possibile che si tratti di una trappola.» aggiunse.
Lo presi per la collottola e lo sbattei al muro. Nonostante fosse fisicamente più imponente di me, più forte e alto. Ma io ero più arrabbiata.
«Non cercare di fare certe insinuazioni su Nox.» lo minacciai.
«Ti fidi parecchio di un tipo che non dice nemmeno il suo nome.» ghignò. «E dire che pensavo che la tua povera fiducia fosse già a brandelli. A quanto pare ci ricaschi sempre, eh?» Questa mi faceva male. Molto.
«Non hai il diritto di dire certe cose. Di te non mi sono mai fidata. Di Nox, sì. Non crederò mai che il sostegno di James sia un traditore come te.» affermai.
«Oh! Ora è tutto più chiaro. È il migliore amico del tuo fidanzatino, eh? Quindi merita automaticamente fiducia. Logico. Senza considerare che è capace di mentire a suo piacimento e convincere anche i cani di essere porci.» ringhiò divertito.
«Non vorrei intromettermi, ma beh, io sono qui.» intervenne Nox più perplesso che offeso dalle accusa di Smith.
«Oh, lo so che sei qui, Nox.» disse.
«Non tutti sono doppiogiochisti come te» dissi fissandolo negli occhi nocciola.
Odiavo ammetterlo. E odiavo me stessa per questo. Ma c'era stato un momento in cui mi ero veramente fidata di lui. In cui credevo che fossimo amici. In cui avevo negato l'esistenza di una spia. Avevo cercato di far sembrare tutto sotto controllo. A far credere a tutti e a me stessa, che in quel periodo non mi ero fidata di nessuno. Nemmeno di lui. Ma invece era proprio il contrario. Non credevo nemmeno nella tenera Coral e nel tranquillo Eli. Ma in realtà volevo credere a quel odioso del mio assistente personale.
"Password accettata. Riconoscimento retina per favore". Mollai la presa su Philip al suono di quella voce.
«Vieni Sof» disse Nox mettendomi una mano sul gomito, per poi portarmi davanti ad un quadrato luminoso comparso al centro della porta. Avvicinai un occhio, vedendo nello schermo tanti mini pixel azzurri che diventavano verdi.
"Identificazione confermata. Sophie Chrystal Hunter."
La porta, invece di aprirsi verso l'esterno, scorse verso il basso. Dentro, un'altra porta scorse verso l'alto. Finché non ci comparve un lungo corridoio illuminato fievolmente.
«Qual era la parola d'ordine?» chiesi entrando.
«"Tutti sono doppiogiochisti"» replicò Nox.
«L'ironia della sorte» ridacchiò Philip.
«Come mai hanno il mio riconoscimento di retina?» chiesi confusa ignorando Smith.
«Sof, tutti i database della B.L.C. hanno il tuo riconoscimento di retina. E non solo.» affermò il ragazzo dai ricci scuri facendomi rabbrividire.
Percorremmo il corridoio senza fiatare. Iniziai a chiedermi quanto fosse lungo. Era opprimente e soffocante. Sentivo il bisogno di mettermi a correre e fuggire da qualcosa. O fare dietro front. Era la stessa sensazione che mi dava l'ampio atrio della Base 3. Un senso di intimidazione. Non avevo nemmeno il coraggio di parlare.
«Perché non c'è nessuno?» chiese Philip interrompendo il silenzio.
«Beh, magari non c'è nessuno in casa.» affermò Nox dubbioso.
«Okay» affermò tranquillo mettendosi poi a fischiettare.
Per altri metri ascoltammo il fischiettio allegro di Philip, finché non giungemmo davanti ad un'altra porta arrugginita.
«Che devo fare?» chiesi.
«Io proporrei di bussare.» disse Philip interrompendo il cantericcio.
«Già, anche io» affermò Nox.
E fu quel che feci. Bussai. Il rimbombo si sentì in modo inquietante. Poi la porta si aprì verso il basso, come la prima. Avanzando, vidi davanti a me una ringhiera. Entrai e la visibilità di fece più ampia. Quel luogo era formata da un'unica grande stanza. Niente di eccessivo, come le Basi, ma abbastanza impressionante. Tutta la stanza era percorsa da scale e corridoi con ringhiera posti ai lati e che attraversavano il centro della sala. Ma la vera roba interessante era in basso. Dove si estendevano centinaia di schermi e scrivanie. Sembrava una specie di Bat-caverna, con quell'illuminazione appena accennata, quei terminali e la parete con le armi appese. O una Bat-caverna, o una Base della CIA.
C'erano poche persone e i computer erano spenti. Non stavano lavorando. Qualcuno ci notò ed esclamò.
«Scendete! Siete al sicuro qui!» affermò una ragazza. Trovammo le scale che portavano verso il basso. In seguito venimmo accolti da coperte e tazze calde.
«Tu perché sei legato?» chiese la stessa ragazza. Era una ragazza sui vent'anni dal volto gentile. Anche lei stessa portava ferite sul volto e le braccia, ma preferiva occuparsi degli altri. I capelli biondo scuro erano raccolti disordinatamente in una coda leggermente bruciata, il viso sottile era ricoperto di graffi coperti da cerotti provvisori. Ma i suoi occhi. I suoi occhi verde muschio sprizzavano speranza.
«Lui è un prigioniero» la informai. «Un Ribelle.» precisai.
«Un Luogotenente» mi corresse Philip.
«Ma non può starsene legato così» affermò la ragazza. Dall'indice comparve una fiammella che liberò Philip dalle liane. Il ragazzo si massaggiò soddisfatto i polsi.
«Beh, grazie.» affermò.
«Di nulla, thé?» gli chiese voltandosi. Ritornò poco dopo con una tazza fumante.
Mi guardai intorno e vidi che per la maggior parte erano feriti e con la divisa degli Imperium della B.L.C. Altri erano in borghese o con un camice bianco.
«Sono tutti sopravvissuti di Miami» disse la ragazza.
«Eravamo molti di più, ma il nostro jet è stato colpito in volo e metà di noi non ce l'hanno fatta.» ci spiegò la ragazza. «Gli altri sono arrivati dopo.» mi disse. «Non tutti conoscono questo posto.» aggiunse. «Anche voi venite da Miami?» mi chiese. Mi limitai ad annuire e sorseggiare il thé. Mi faceva bene bere qualcosa di caldo. Qualcun altro entrò dalla porta. Tre persone presero a scendere le scale. Ad ogni passo che facevano il mio cuore si faceva sempre più leggero e sollevato.
«Non abbiamo trovato nessun altro.» annunciò Aiden alla ragazza che lo aveva raggiunto.
«Mentre voi eravate fuori per le ricerche, da noi sono giunti altri tre superstiti» gli disse la ragazza che ci aveva accolto.
«Aid...» lo chiamai. Lui si voltò stupito verso la mia voce.
«Sophie...» sussurrò. Anche Coral e Opal si voltarono verso di noi. Opal corse verso Nox e lo abbracciò di slancio.
«Zach?» fu la prima cosa che chiese. Nox scosse la testa per dirle che non lo sapeva.
«È salito sullo stesso Jet di James» la informai mentre Aiden avanzava zoppicando. Si sedette accanto a me mentre Coral fissava trucemente Smith che ricambiava con un sorriso.
«Bene» sussurrò Opal. «Sono felice che tu sia vivo» disse a Nox. «E anche te Sophie» ridacchiò.
«Anche io ne sono felice» replicai.
«Stai bene?» mi chiese Aiden. Annuii.
«Lei è Marie» disse indicando la ragazza.
«Abbiamo studiato insieme quando eravamo Iniziati» mi disse.
«Oh! Ecco perché mi sembravi familiare!» esclamò Marie. «Sei Sophie Hunter! Che stupida che sono!» disse ridendo.
«Quindi hai conosciuto anche Jo, Seth, Courtney e James?» le chiesi.
«Sì, sì! Li ho conosciuti tutti. Beh "conosciuti" è un parolone. Non ci parlavamo» disse facendo le virgolette con le mani alla parola conosciuti.
«Sono stata trasferita alla Base di Miami. La mia dirigente la conosci! È quella con cui ti sei battuta, Nicole! Ricordi?» esclamò tutta pimpante. Il ricordo di quella donna gigante mi invase la mente. Quel dolore mi aveva provocato, oltre che la tremenda umiliazione.
«Già, ricordo...» mormorai.
«Ma non c'è tempo per le chiacchiere. Dobbiamo decidere sul da farsi. Dobbiamo metterci in contatto con gli altri e sperare che le altre Basi siano al sicuro.» annunciò Aiden alzandosi.
«Qualcuno sa far funzionare questi computer?» chiese ad alta voce, serio, fissando gli schermi. Tra i feriti nessuno si offrì. Effettivamente sembrava non ci fosse nessun tecnico o informatico.
«Io... Potrei dare una mano.» si offrì Nox. Tutti gli sguardi si puntarono su di lui. «Me la cavo» affermò.
«Grandioso! È anche un hacker, di bene in meglio» borbottò Philip. Era per caso invidioso di Nox?
Aiden si fece largo per lasciare lo spazio a Nox. Iniziò col cercare il contatore elettrico. Poi accese i terminali. Piano piano ogni schermo si illuminò, facendo comparire al centro di ciascuno di essi il logo della stella a quattro punte della B.L.C.
«Sono vecchi come pensavo» mormorò il ragazzo facendo saettare gli occhi d'oro da uno schermo all'altro. Probabilmente non ero esperta, perché quei computer mi sembravano comunque più tecnologiche del mio portatile a San Francisco. Il ragazzo fece comparire sui schermi varie finestre.
«Che stai facendo?» chiese Aiden posto dietro di lui con le braccia scoperte incrociate.
«Mi inserisco nelle telecamere delle altri Basi, così possiamo sapere come stanno anche senza chiederlo. Dubito che qualcuno abbia tempo di risponderci» disse in fretta senza staccare gli occhi. Le sue dita volavano veloci sui tasti mentre Aiden guardava paziente.
In un attimo comparvero diverse finestre. Alcune completamente nere e altre che tenevano d'occhio corridoi vuoti o entrate che conoscevo bene senza persone.
«Queste qui sono di Miami. Non è rimasto più niente» affermò Nox indicando alcuni schermi neri, prima di spegnerli con un dito.
«Datemi un attimo. Cerco le richieste di soccorso.» disse il ragazzo serio.
Comparvero altre schermate. Ma ero troppo distratta a cercare segni di vita nelle immagini date dalle telecamere per leggere quella serie di avvisi.
«C'è un problema.» annunciò «Tania McFingers ha messo un annuncio a tutte le Basi. Sono evacuate. Tutte eccetto il Centro. È molto probabile che gli Imperium si stiamo dirigendo lì, mentre i scienziati verso le Zone delle Guardie Dirigenti. Come noi» disse Nox.
«Io non capisco.» la voce di Coral attirò l'attenzione. Prese un respiro profondo e continuò. «Il 4 Luglio non è fra cinque giorni? Perché attaccare oggi?» chiese.
«Mi sembra ovvio, no?» ridacchiò Philip. «Per avere lei.» disse facendo un cenno verso di me. «Non rinuncerà mai a Sophie Hunter. Attaccherà ogni luogo in cui si troverà. Quello che avete visto oggi... Non era niente.» disse. Tutti si erano messi in ascolto del giovane Luogotenente. «Quindi... Perché far soffrire tanta gente? Consegnati, Sophie Hunter.» aggiunse poi puntando gli occhi color nocciola su di me. «Sappiamo tutti benissimo che è solo colpa tua. Colpa tua se è morta tanta gente. Se ti consegnassi, ne risparmieresti dell'altra.» affermò.
«Taci» intervenne Aiden. Non sembrava arrabbiato. Anzi, era totalmente calmo. «Lei non andrà da nessuna parte, finché ci sarò io» disse risoluto, sfidando Philip a ribattere.
«Andiamo, amico. È tutto inutile, voi non sapete di cos'è veramente capace Susan Blackwood.» esclamò allungando le gambe davanti a sé, incurante degli sguardo. «A dire il vero, non sapete nemmeno per cosa combattete» ci schernì. «Perché, tu sai per cosa combattere? Per lei? Cos'ha di così importante? È solo una diciassettenne con qualche potere in più.» avanzò. Fissò Aiden con sguardo risoluto, il quale rimase in silenzio. Forse non sapeva cosa rispondere. Philip non aveva torto. In sostanza, ero inutile. Proteggermi era un errore.
«Combattiamo per ciò in cui crediamo» disse Aiden. Mi lanciò uno sguardo. «E per le persone in cui crediamo.». Philip rise. Ma non sembrava veramente contento. Era una risata senza gioia, ma non era nemmeno derisoria.
«Sai, Smith...» lo richiamò Nox alla realtà. «Non puoi accusare Sophie per quello che sta accadendo. Se si consegnasse, tutto questo non finirebbe di certo, e lo sai anche tu» affermò.
«Quindi evita di dire idiozie, capellone» concluse Opal con un ghigno sulle labbra screpolate.
Philip fece per alzarsi dalla sedia, ma una lama sulla gola lo fermò.
«Fermo. O ti taglio la gola con una lama incandescente» sussurrò Coral posta dietro di lui.
«Ritornando alle cose serie, chiunque sia in grado di muoversi e combattere dovrebbe venire con noi. Ci dirigeremo al Centro, dovremmo arrivare in tempo per il 4.» annunciò Aiden con tono risoluto. Era sorprendente che tutti, persino gli adulti, gli dessero ascolto.
«Non posso permettere che un ragazzino si occupi di tutto.» affermò un uomo con una benda insanguinata che gli copriva un occhio. Anche la gamba destra era ridotta male e chiaramente non poteva combattere. La maggior parte delle persone in quello spazio, non era nemmeno in grado di stare in piedi.
«Questo ragazzino è già un dirigente» intervenne Marie. «Non avete nulla di cui temere» affermò risoluta.
«Comunque non possiamo spostarci in gruppi così numerosi. Meglio dividerci» aggiunse la ragazza.
«Io proporrei di riposarci qui per questa notte. Non serviamo a nessuno in questo stato.» intervenne una donna dal fondo della stanza. Nessuno ebbe qualcosa da obbiettare.
Il resto della giornata passò tra il curare feriti e nell'uscire alla ricerca di cibo. L'impianto idraulico venne aggiustato, permettendoci di lavarci. Coloro che stavano meglio uscirono alla ricerca di cibo o altri superstiti. Cercai di impegnarmi il più possibile, per non pensare e preoccuparmi di tutto quel che sarebbe successo in futuro. Coral si era occupata di sorvegliare Philip e lo controllava anche quando andava in bagno, rimanendo a sorvegliarlo fuori dalla porta. Continuava a parlargli, per assicurarsi che non fuggisse o pensasse di fuggire in qualche modo. Philip, d'altronde, rispondeva e non sembrava nemmeno infastidito. Prendeva il fatto di essere un ostaggio con molta leggerezza.
Senza pensare mi alzai e lo raggiunsi. Gli puntai un dito contro.
«Che hai in mente?» gli chiesi.
«Che intendi?» affermò Philip sorridendomi.
«Sei troppo tranquillo per i miei gusti» affermai.
«Preferisci forse che faccia casino e uccida tutti qui dentro?» mi chiese.
«Non avresti possibilità di vittoria.» dissi. «Sof» Nox mi afferrò per un polso. «Sei stanca, riposati» mi disse.
«Nox! Ma è troppo tranquillo! Non lo vedi? Magari ha un piano per...» iniziai ad agitarmi. Ma non lo vedeva? Era troppo felice. Troppo calmo. Era tutta una calma prima della tempesta.
Improvvisamente sentii tutti gli occhi puntanti su di me. Mi guardavano come se fossi pazza. Come se fossi come lei.
Sembrava che anche le pareti mi stessero addosso. Iniziavo a soffocare.
«Devi dormire e distendere i nervi» lo sentii dire. Strattonai il braccio dalla sua presa.
«Credi che sia pazza? Un esaurimento nervoso da stress, magari?» esclamai. Le pareti che si restringevano, i respiri, i bisbigli, ma soprattutto gli occhi di ogni persona presente. Un tamburo iniziò abbattere, sempre più forte, rendendomi sorda a tutto. Le labbra di Nox si muovevano. Stava dicendo qualcosa che non sentivo affatto, perché quel tamburo era troppo potente e veloce. Sentii che anche l'aria iniziava a mancarmi dai polmoni.
«Io... Io ho bisogno di aria» dissi correndo su per le scale. Feci lo scanner della retina e presi a correre lungo il corridoio infinito. Correvo sempre più veloce. Sentivo che diventava sempre più stretto e la destinazione più lontana. Dovevo allontanarmi, scappare, fuggire. Corsi cercando di arrivare a destinazione, ma poi mi fermai, il respiro ansante. Capii che il tamburo che mi opprimeva non era altro che il mio cuore.
Alzai lo sguardo e mi resi conto che la porta d'uscita era a pochi metri da me. Le luci presero a fremere e dopo un attimo si spensero. Rimasi nel buio totale, ad ascoltare i miei respiri che si perdevano nel vuoto del corridoio.
«Respira Sophie... Sei solo stanca» mormorai a me stessa. «E sei anche fuori di testa, parli con te stessa.» ridacchiai. Cercai di farmi passare l'ansia e il panico. Sentii dei passi dietro di me. Rimbombavano anch'essi nel corridoio. Mi voltai di scatto, fissando il buio totale e ascoltai i passi avvicinarsi. La mia voce si era spenta.
«Ehi...»
«Nox?» sussurrai tirando un sospiro di sollievo. Ovvio che era lui. Chi poteva essere? Stavo veramente diventando paranoica.
«Senti, è saltata via la corrente...» disse. Non lo vedevo. «Se vuoi, quando Aiden e Marie tornano, facciamo noi il giro d'ispezione.» propose.
«Nox, sto bene.» affermai. «Non c'è bisogno che mi fai da balia al posto di James» dissi. Seguì un silenzio interrotto solamente dai nostri respiri.
«Io... Scusami. Hai ragione, sono stanca. Forse ho solo bisogno di riposarmi.» dissi. Ma invece di prendere la direzione del rifugio mi voltai per uscire. Stavo decisamente impazzendo. Tutta quella storia era assurda e pericolosa. Nox mi seguì, mentre camminavo velocemente accanto alle rotaie della metropolitana. Nonostante anche lì la visibilità fosse poca era migliore del buio pesto.
«Sophie, aspetta» Lo ignorai e continuai a camminare.
«Sophie» Acceleravo sempre di più il passo. Nox mi sorpassò e mi si parò di fronte.
«Ora basta. Senti, so che è dura, e so che mi vuoi dire che in realtà non so nulla e niente, ma non è così che affronterai le cose.» disse. Feci per parlare ma lui mi interruppe.
«So anche che le parole di quel Smith ti hanno fatto male. So anche che ti senti in colpa, con le responsabilità di tutti addosso. So anche che hai paura e che vorresti fuggire. Non è giusto che il peso di tutto sia su di te» allungò una mano verso di me.
«Jase non è l'unico che vuole aiutarti senza riserve. Hai molte persone che vogliono condividere questo peso. Permetti anche a loro, permetti anche a noi di... Salvare ciò che amiamo.» Le sue parole avevano un tono rassicurante. Ma non riuscivano a cancellare quello che mi opprimeva. Non sapevo nemmeno io di cosa avevo bisogno. Non sapevo nemmeno di cosa avevo paura. Come poteva lui sapere? Davvero sentivo che era tutta colpa mia? Eppure mi ero autoconvinta a farmi aiutare... Inconsapevolmente non lo stavo facendo?
«Okay» affermai con il tono di voce stranamente tranquillo. Nox assunse un' espressione stupita.
«Io... Vado a dormire» aggiunsi tornando sui miei passi.
«Sophie, ho contattato la Base 1» affermò prima che fossi troppo lontana.
«Jase è lì con gli altri. Sono vivi. E... Tuo nonno ti vuole vedere.».
Angolo Autrice
Beh, gente, ciao! E scusate per il ritardo! Sono proprio una persona poco seria, uffi. Il problema è che... Vorrei rendere le cose al meglio e siamo già alla fine... E ho una gran paura! Voglio sempre rimandare ciò che deve succedere e... Sto facendo un casino assurdo.
Scusatemi è un delirio totale. Anche questo capitolo.
Sto cercando di rendere le situazioni al meglio degli Stati d'Animo dei personaggi, non so se mi spiego...
Beh, passiamo all'angolo riflessione:
- Possiamo dire che in questo capitolo i riflettori si sono ripuntati nuovamente su Philip Smith, cosa ne pensate di lui?
-Se in questo momento, voi foste Sophie Hunter, cosa provereste?
-Che fareste della vostra vita se voi foste Nox?
Detto questo passiamo alle immagini.
Fan art di cui non ricordo l'autrice, sorry. Ho cercato, ma non ricordo nemmeno dove me li ha inviati, scusami.
Se la riconosci, identificati!!
Poi da @wowwww05
Poi volevo farvi un fumetto sul primo incontro con Nox, che sto ancora facendo, ma ho realizzato di essere troppo lenta, quindi, accontentatevi dei miei personaggi a random.
Avete bisogno della didascalia? Nah, non vi serve.
La bambina è Arianne, la ragazza in fondo Aylen e sopra... beh, non c'è bisogno che lo dica.
I bimbi sotto sono Nick, Nathan e Tiara, gli altri sono Phil, Coral, Eli e Court.
Ora, ci vediamo nel prossimo capitolo "Fratelli". Emh, ciao ciao!
P.s. Ho letto "la maledizione dell'erede", anche se è solo la trascrizione di un'opera teatrale e non è stato interamente scritto dalla Rowling è comunque più bello di migliaia di libri pubblicati negli ultimi dieci anni 😁.
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