43. Sof: Organizzazione

Fissavamo tutti Courtney come se fosse stata un criminale da interrogare. Effettivamente era così. Era una miniera preziosa di informazione dei Ribelli. Inizialmente eravamo solo io, Aiden, James e Kent Moose, il direttore della Base di Boston. La stavamo interrogando ma lei era rimasta fermamente zitta. La tortura non era tra le opzioni acconsentite e non potevamo nemmeno obbligarla a parlare con i strani macchinari delle Basi. Purtroppo non avevano ancora inventato qualcosa che fosse capace di leggere nel pensiero. Esisteva il Flash, ma quello dopo averli analizzati li eliminava e non era necessario arrivare a tanto. E comunque, per me era un'altra forma di tortura.
Diversi Imperium di terra erano appostati dall'altra parte della vetrata a specchio in attesa di capire se la ragazza stesse dicendo la verità o meno. Ma se non parlava, sarebbero stati inutili. «Court, le tue parole potrebbero aiutarci molto» le disse James appoggiandosi sul tavolino. La ragazza lo fissò, per poi toccarsi il volto deturpato e scostare lo sguardo. «Quindi adesso stai con loro?» chiese con disprezzo. «Tutto quello che ci ha fatto la B.L.C.?» chiese «Lo sai anche tu che la B.L.C. non ha solo una faccia» replicò James. «So solo che non farò mai qualcosa per questa schifosa associazione» affermò. James sospirò. Stava esaurendo la pazienza. Aiden al contrario erano molto rilassato. Se ne stava in disparte e non aveva mai aperto bocca. «Dovremmo torturarla» disse Kent Moose. Scattai in piedi «Non se ne parla! Non te lo permetterò. Lei è sotto la mia supervisione» dissi arrabbiata. Non potevo permettere che qualcosa di simile fosse accaduta. Non ero né mia nonna, né mio nonno. Mi voltai di nuovo verso Courtney che non mi guardava nemmeno. Sapevo che mi odiava. «Parlerai?» chiesi. Nessuna risposta. Poi mi ricordai cosa era accaduto nel viaggio di ritorno dall'operazione di salvataggio. Forse una persona poteva aiutarci. «Usciamo. Lasciamola stare per un po'» affermai uscendo dalla stanza. I ragazzi mi seguirono immediatamente. «Che intenzioni ha, Miss Hunter?» mi chiese Moose. «Non ci parlerà. Ci odia. Ma conosco una persona che sarebbe capace di calmare qualsiasi essere vivente» affermai. «Chi? Nox?» chiese James. «Come? No, dubito che parlerebbe persino a lui. Pensavo ad Eli» ammisi voltandomi verso Aiden. «Eli? Perché lui?» chiese James. «Perché credo che abbia già la fiducia di Courtney.».

Courtney

Quegli stupidi. Non avrei aperto bocca. Anche se Susan non mi voleva più, non mi sarei abbassata a stare dalla parte della B.L.C. Quell'organizzazione incarnava tutto ciò che più detestavo al mondo. Avrei retto. Avrei dimostrato di essere forte, nonostante tutto.
Poi dalla porta entrò lui. Il ragazzo cieco. Eli. Era così che l'aveva chiamato Miss Perfettina. Raggiunse senza vacillare la sedia, la tastò per qualche secondo e poi si sedette. Non distolsi lo sguardo da lui per mezzo secondo. Con lui non sentivo il bisogno di nascondere quella schifezza che avevo al posto del viso. Tanto era cieco, quindi non mi poteva vedere. Non come James. Quanto odiavo quella pena nei suoi incredibili occhi. Preferivo persino il disprezzo a quello.
Eli rimase in silenzio, che io prolungai. Nessuno dei due fiatava. Il suo volto era impassibile, con l'ombra di un sorriso gentile sul volto. Non mi piaceva quel sorriso. Era come se ridesse di me. Come poteva essere tanto felice? Come? Come poteva sembrare così ingenuo e puro dopo tutto quello che aveva passato? Come poteva incarnare tutto quello che ero io? Tutto quello che ero quando piacevo ancora a James? No. Non potevo provare nostalgia della vecchia me. Ero debole allora. E poi sono la Fenice risorta dalle ceneri. E le Fenici possono diventare solo più belle e forti. Niente passato.

Non ero nessuno. Solo una timida ragazzina che aveva perso la famiglia in un naufragio. Ma nemmeno quando avevo la famiglia, ero qualcuno.
Avevo una sorella maggiore che era la preferita dei miei genitori. Pensavano solo a lei e ai suoi innumerevoli premi. Infatti uno dei premi che aveva ottenuto era un viaggio in crociera per tre persone. Così mi avevano lasciata dai vicini ed erano partiti. E non erano più ritornati.

La Brain Limitless Company era venuta a recuperarmi all'orfanotrofio, dove ero continuamente bersagliata da bulli. Mi prendevano in giro per le mie trecce e mi trattavano male perché ero debole. Non sapevo reagire, ma solo piangere. Le bambine erano forse peggio. Mi tagliavano i capelli di notte e mi pitturavamo la faccia. Mi facevano scherzi orribili a me e ai miei pochi averi. Avevo una bambolina di stoffa che tenevo sempre con me. L'unico regalo veramente prezioso che mi avevano fatto i miei genitori. La bruciarono davanti ai miei occhi. In quel momento, avevo desiderato fare lo stesso con loro. Però, non avevo mai pensato di potermi veramente vendicare. Ero troppo debole.

In realtà nemmeno la B.L.C. mi voleva, avrebbero preferito mia sorella, ne ero certa. Lo sapevo perché durante il viaggio li ho sentiti parlare di lei. Del suo genio che sarebbe tornato utile all'Organizzazione se non fosse morta. E indirettamente parlavano di me come "una di loro".
Mi mandarono nel mezzo del nulla, al freddo, in quel luogo dove c'erano altri ragazzini che mi avrebbero preso di mira.
Mi portarono in una stanza, dove un signore in camice bianco mi aveva mostrato una penna. Mi aveva spiegato che se volevo, potevo dimenticare tutto quello che avevo passato. Per questo non ho più memoria del volto e dei nomi della mia vecchia famiglia. E nemmeno di quei crudeli bambini. Ma ho voluto ricordare quello che mi avevano fatto. Pensavo che mi avrebbe fatta diventare più forte. Essere forte come lui.

James Sharp. Era tutto quello che volevo a quei tempi. Era perfetto. Bellissimo, intelligente, sempre il numero uno. Non dava confidenza a nessuno se non a sua sorella. Dio! Avevo paura anche solo ad incrociare il suo sguardo magnetico. Cosa che non accadeva mai. Il suo sguardo cercava solo le vetrate della palestra. Cercava lei.
Lei, invece, era tutto quello che io volevo essere ed avere. Aveva una famiglia che la amava. Era la migliore in tutto ciò che faceva. Era ammirata da tutti e aveva l'attenzione dell'unico Iniziato degno di nota. Quanto volevo avere la sua vita facile. A quei tempi non mi illudevo. Mi accontentavo di stare in disparte e di essere ignorata. Non avevo abbastanza autostima da pensare di meritarmi di più. Non ero abbastanza nemmeno per essere odiata o disprezzata. Anche se ero una Ignis non avevano mai pensato che fossi un pericolo. Ero insignificante.

Poi un giorno arrivò Susan Blackwood. Lei mi prometteva sogni e gloria. Nonostante fosse completamente pazza, la sua forza, le sue promesse, il suo potere mi ammaliava. Fui una delle prime a seguirla e con mia grande sorpresa venne anche James Sharp. Venne perché lì non c'era più Miss Perfettina. Però in quel momento mi si accese una vana speranza. Se il posto accanto a lui era ormai vuoto... Forse poteva essere sostituito da qualcun altro. Infondo, Joanne mi aveva detto che ero la migliore e che meritavo tutto quello che desideravo, suo fratello compreso. E se lo diceva la sorella, poteva essere anche vero. Mi bastava impegnarmi, probabilmente.
A quel tempo stavo solo fantasticando sul principe azzurro. Le mie priorità, invece, erano altre. Se non superavo la prima prova rischiavo di non avere un mentore. Tutti i Luogotenenti desideravano qualcuno di forte e ovviamente James era stato litigato tra loro.

Mi offrii come seconda volontaria. Quando salii sul palco sentii delle risatine provenire dagli ex Iniziati del Centro. Divenni rossa in volto. Ero agitata e sapevo di non essere minimamente al livello di James. Non sapevo nemmeno perché mi ero offerta.
Un uomo alto si fece spazio tra le persone e mi guardò con sguardo languido. Rimasi rigida sul mio posto senza mettermi nemmeno in posizione. Ero paralizzata dal terrore, sopratutto perché quel tizio iniziò a scrocchiare  le dita e il collo. Non riuscii nemmeno a vederlo. Si fiondò su di me e mi sbatté a terra trattenendomi per il collo. Mi sfuggì qualche lacrima dagli occhi. Sentii qualcuno ridacchiare. Mi sentivo più male perché mi ero auto umiliata che per il soffocamento. Una parte di me era felice che James fosse svenuto, così non mi avrebbe visto in quel penoso stato.
La sua presa si fece più forte e qualcosa in me scattò. Il terreno prese a bruciare e a lambire anche la mia pelle. Ma ciò permise a quell'uomo di mollare la presa. Ordinai le fiamme di bruciarlo. Quell'uomo iniziò a urlare. Si alzarono in venti ma non fecero altro che aumentare le fiamme. Si buttò per terra e continuò a rotolare su sé stesso ma io con la mano allungata continuai a farlo bruciare. Bruciare. Bruciare. «Basta così» intervenne una voce. Le fiamme sparirono e l'uomo rimase a terra agonizzante. Non c'era più nessuno a ridere di me, aleggiava un silenzio di tomba. Qualcuno mi toccò leggermente il braccio e saltai sul posto per il dolore. Mi strinsi nella mia veste bruciata e fissai il volto di un uomo dai capelli rosso scuro. «Tranquilla. È tutto a posto, le ustioni non sono gravi, vieni con me» mi disse gentilmente. «Oscar, cosa combini?! Dovrebbe lottare finché non ce la fa più!» intervenne quello che si faceva chiamare lo Yeti. «Non se ne parla. Lei viene con noi» intervenne la donna dalla pelle scura. «Ma...» cercò di controbattere.
La donna lo fulminò con uno sguardo che non accettava repliche.
Sarei voluta essere come lei.
Si voltò verso di me e mi coprì con la sua lunga camicia. «Come ti chiami?» mi chiese «Courtney... Young» dissi con un timido sussurro.
Poi mi portarono da un medico.

Zelda e Oscar mi accolsero come una figlia. Avevano un loro Rifugio a Washington dove allenavano la maggior parte degli Ignis. Era come stare in una grande famiglia. Mi piaceva stare lì, anche se non avevo legato mai con nessuno. Era come stare in una grande accademia. Imparavamo soprattutto il dominio del fuoco e presto trovai l'elemento che mi avrebbe permesso di essere la domatrice e non la domata. Ambizione.

«Court?» mi chiamò la voce gentile di Zelda. Smisi di sparare con le dita nel tiro al bersaglio e la raggiunsi. «Dimmi, Zelda» le dissi educatamente. «Sei migliorata parecchio» mi disse con un sorriso. Arrossii imbarazzata. «Dici?» le chiesi.
«Vieni in ufficio con me» mi invitò. Uscimmo dai campi e raggiungemmo la villetta Day. Era una familiare piuttosto graziosa, con tanto di aiuola e balconi pieni di piante. Non ero entrata molte volte, dato che dormivo nei dormitori e non combinavo casini, ma ogni volta che lo facevo mi assaliva una fitta di invidia.
Era una casa che sapeva di casa.
Qualcosa che io non avevo mai avuto. Salimmo al piano di sopra dove vidi le camere con i nomi dei figli degli Day sopra.
Una coppia di ragazzi uscì dalla stanza di lei.
Erano tutte e due uguali ai genitori, li avrei riconosciuti ovunque.
«Mamma, noi andiamo al cinema» annunciò il ragazzo.
«Va bene, ma state attenti. E ricordate...»
«Niente poteri, sì, lo sappiamo» affermò la figlia alzando gli occhi al cielo.
I Gemelli erano famosi tra i Ribelli.
Si diceva che erano forti quanto i genitori nel dominio del fuoco e che sarebbero stati i loro eredi.
Ma a me sembravano dei comunissimi ragazzi.
Andavano al cinema, uscivano con gli amici, si divertivano, frequentavano persino una scuola e non facevano niente di tutto quello che facevo io.
Io mi impegnavo e non ero nessuno.
A loro bastava il nome dei loro genitori.
Scossi la testa per togliermi quei pensieri poco carini dalla testa.
Mentre i figli dei due luogotenenti passavano, il ragazzo mi sorrise e ammiccò.
Diventai rossa dall'imbarazzo e feci un passo indietro per nascondermi dietro Zelda.

«Sai Court, penso che tu ti sia già allenata abbastanza.» mi informò la donna. «Ormai sono quasi cinque mesi che sei qui e hai imparato tutto quello che potevi» continuò.
«Mi state cacciando?» chiesi nel panico. La donna sorrise
«No, Court. Non ti stiamo cacciando. Ti sto solo dicendo che il tuo periodo con noi è finito. Ovviamente saremo ancora i tuoi superiori ma ora puoi andare ad allenarti al Rifugio.» mi disse.
«Vale per tutti quelli che hanno superato il periodo di apprendistato.» mi disse.
Mi sentii emozionata.
«Quindi ci sarà anche James lì?» chiesi sorridente.
«James? Intendi Sharp? Il pupillo di Ellen? Sì, lui è lì da un po'» disse con un sorriso.
«Quindi? Quando parto?» Continuai sempre più felice.
«Quando vuoi. Ti farò mandare anche il pianoforte.» mi disse premurosa.
Quasi mi commossi a quella dimostrazione d'affetto.
Zelda era stata la donna che più si era avvicinata ad una madre per me.
«Io... Grazie Zelda» dissi abbassando lo sguardo.

Quella era la mia ultima sera a Washington.
Mi ritrovai seduta davanti al mio piano, senza spartito a pensare a come dire addio a quel posto.
Appoggiai le dita sul do e sentii vibrare il suono attraverso le dita.
Percepivo le corde dentro di me tremare, ed esse si collegarono alla tastiera, attraverso le mie dita.
Una melodia dolce e malinconica fluì, riempiendo l'aria e il mio animo.
Era l'unica cosa che mi faceva sentire bene. Non sarei sopravvissuta senza la musica. Quel piano era una parte di me e avevo il pieno controllo su di esso.

Qualcuno applaudì facendomi bloccare di colpo. Mi voltai e vidi spaventata il figlio dei miei superiori.
«Sei veramente brava. È raro incontrare degli artisti tra di voi» mi disse appoggiandosi al piano.
«Io sono Zach» mi disse allungando il braccio. Non risposi e non replicai.
«Ookay...» fece lui in difficoltà.
«Quindi non mi dirai il tuo nome. Peccato, ho chiesto a mia madre e mi ha detto "Non disturbare i ragazzi! Fatevi gli affari vostri tu  e tua sorella!"» scherzò imitando sua madre.
Non diedi segno di vita.
Ero talmente intimorita da lui che non avevo nemmeno il coraggio di rispondergli.
«Zach?» sentii sussurrare.
Il ragazzo si voltò verso la porta.
La testa riccioluta della sorella sbucò oltre la soglia.
«Andiamo dai!» continuò a bisbigliare.
«Spero di rivederti ragazza-piano» mi disse salutandomi il rosso.
Poi corse dalla sorella.
Appena se ne furono andati, lasciai andare un sospiro di sollievo.

James era veramente lì. Ero felice solamente di vederlo lavorare.
Come al solito non considerava nessuno e io rimanevo in disparte ad ammirarlo.
Sentivo spesso le altre coetanee chiacchierare di lui e molte che si sentivano abbastanza coraggiose da provarci.
Mi irritavano quelle ragazze, perché si sentivano all'altezza di qualcosa non alla loro portata.
Soprattutto quella con i capelli e occhi neri. Era insopportabile.
Dopo gli stancanti allenamenti, nelle quali davo il tutto e per tutto, mi dedicavo sempre delle ore al piano.
Era la mia valvola di sfogo.
L'unica cosa che non mi facesse sentire un'inetta. E fu anche l'unica cosa che riuscì ad attirare l'attenzione di James Sharp.
James era attratto dalla mia musica, amava ascoltarmi ogni sera e questo ci avvicinò molto.
Presto riuscì a far sparire la mia timidezza, permettendomi di parlare con lui.
Ero al settimo cielo. Non ricordo un periodo più felice nella mia vita. Avevo conquistato la cima.
Poi quando ci mettemmo insieme, sentii di essere qualcuno.
Ero diventata ormai tra le migliori del Campo, avevo un ragazzo fantastico ed avevo anche talento nel piano.
«James!» esclamai saltandogli addosso. «Ehi» mi accolse.
Era appena ritornato da una missione.
Ellen lo caricava molto, anche perché si fidava di lui.
«Finalmente sono riuscita a superare il percorso alpha!» gli dissi entusiasta.
«Vuoi vedere?» continuai stringendogli la mano.
«O preferisci stare nella tua stanza a disegnare? Mi manca guardarti farlo» continuai tutta pimpante.
«Veramente sono solo un po' stanco.» mi disse con un sorriso mesto.
«Allora vuoi che suoni per te? Così ti rilassi al ritmo di Beethoven» gli dissi appoggiandogli la testa sulla spalla.
«Umh, preferirei di no. Vorrei solo dormire, anche perché dopo devo iniziare subito gli allenamenti» mi disse.
«Ma James... Non ci vendiamo da due settimane e io pensavo...» mi lamentai ferita.
«Ci alleneremo insieme dopo, okay?» mi suggerì.
Annuii e lo lasciai andare a riposarsi nella sua capanna.
Sospirando mi diressi verso la mia, ma sentii qualcuno ridacchiare.
«Povera sciocca, non capisce che non vedeva l'ora di scrollarsela di dosso» ridacchiò una ragazza.
Mi voltai di scatto verso di lei.
«Come osi! Io e James siamo una coppia!» esclamai. La riconoscevo, era una delle ragazze che sbavavano per James al Campo. La più insopportabile Imperium della terra di quel luogo.
«Allora perché... Lui e me...» non finì la frase, lasciando intendere chissà cosa.
Mi sorrise e se ne andò.
Scossi la testa e cercai di scordarmi quelle parole.
James non mi avrebbe mai tradita, quella ragazza mentiva sicuramente.

Sfogai la mia frustrazione al piano forte, chiudendo gli occhi e lasciando che quella forte emozione di dubbio e gelosia fluisse nella musica.
«Sei arrabbiata per qualcosa?» lo sentii chiedermi appena terminai di suonare.
«James, pensavo ti stessi riposando» dissi imbarazzata.
«Sì, ma la tua musica mi ha risvegliato» fece lui con noncuranza.
«Umh, mi spiace» affermai senza guardarlo.
«Sai, sei carina quando fai così» affermò lui sedendosi accanto a me.
Il mio umore si sollevò.
«Davvero?!» chiesi euforica, anche se non capivo cosa intendesse.
Così come? Ma non volevo rovinare il momento chiedendoglielo.
Mi ancorai al suo braccio e sussurraiMi piaci un sacco James».
Non sentii arrivare la sua risposta così alzai il volto su di lui.
«C'è qualcosa che ti devo dire» iniziò lui. Ma a quel punto suonarono il campanello degli allenamenti.
Ci presentammo entrambi davanti al percorso.
Dovevamo scalare una parete rocciosa, senza imbracature e con le fiamme accese sotto.
Partecipavano due a due e l'uno doveva fare più male possibile all'avversario.
Non ero mai stata un granché in questo genere di allenamento perché non mi sono mai sentita all'altezza di sconfiggere l'altro.
Mi limitavo ad essere più veloce e a schivare gli attacchi. In genere funzionava.
James superò la prova con successo.
Il suo avversario non aveva nemmeno iniziato a fare sul serio.
Gli sorrisi fiera quando mi passò accanto, ma evidentemente non se ne accorse, perché proseguì e si mise in fila.
Qualcuno accanto a me ridacchiò.
Di nuovo quella ragazza.
Mi voltai verso di lei e la guardai male.
Lei si spostò con aria arrogante i capelli neri e mise una mano sul fianco.
«Non ti guarda nemmeno» mi schernì.
«Sta zitta!» esclamai rossa in volto.
«Questo perché non sei alla sua altezza.» abbassai lo sguardo e strinsi i pugni per la rabbia.
Non dovevo ascoltarla.
James aveva scelto me per un motivo.
«Io saprei fare di meglio per soddisfarlo» sussurrò.
Mi voltai verso di lei con occhi sgranati dalla sorpresa.
«Chi sei tu?!» ringhiai.
«Young, Cook, tocca a voi» ci disse un allenatore.
Le lanciai uno sguardo di sfida e al via partimmo.
Faceva di tutto per sabotarmi, evocando spilloni appuntiti di terra e facendo tremare la parete.
Si portò così subdolamente in vantaggio.
Mi azzardai a guardarmi indietro e vidi James osservarmi.
Non potevo deluderlo.
Se perdevo avrei dimostrato di non essere alla sua altezza.
Guardai verso quella odiosa ragazza e caricai una fiammata, puntando verso la sua schiena. La colpii in pieno, ma lei riuscì a spegnere le fiamme togliendosi la maglia e ricevendo delle acclamazioni dal basso.
Mi impegnai di più, replicando ai suoi attacchi.
Alla fine riuscì ad arrivare in cima prima di me.
Misi una mano sul bordo per tirarmi su.
«Ormai hai perso, perché non ti butti giù?» mi disse guardandomi dall'alto verso il basso.
Strinsi i denti e la guardai male.
«Pensi che quello sguardo da patetica ragazza timida, debole e indifesa mi possa impressionare?»
Quelle parole mi ferirono. È così che mi vedevano gli altri?
«Lascia che ti dia una mano.» sussurrò. «O un piede»
Prima che me ne accorgessi pestò violentemente la mia mano.
Non gridai, non le avrei lasciato la soddisfazione di vedermi cadere in basso.
Insistette e pestò più volte, ormai stavo per mollare la presa.
Il dolore mi si propagava per tutto il braccio ma cercai di non urlare, anche se lacrime calde mi scivolavano lungo la guancia.
«Non molli, eh?» fece malefica pestando ancora violentemente la mano.
Persi la presa e iniziai a precipitare.
Le lacrime di dolore e umiliazione mi offuscavano la vista di lei. Ma vedevo la sua ombra allontanarsi, mentre il mio corpo si avvicinava pericolosamente verso le fiamme.
«COURTNEY!» sentii qualcuno chiamarmi.
Mi ripresi a mezz'aria e a pochi metri da terra cercai di ricordarmi come si faceva a cadere in piedi. Le fiamme erano sparite e una parte di me sapeva che era stato James ad aiutarmi. Mi piegai su me stessa e attutii il corpo rotolando nel carbone. Mi scottò la pelle e l'impatto mi tolse il fiato ma ero ancora cosciente e questo mi bastava.
Prima che mi potessi alzare in piedi un dolore acuto alla mano sinistra mi colpì di nuovo.
Urlai dal dolore.
«Ops, scusa, pensavo ti fossi spostata» sentii cantilenare quella voce.
La ragazza era saltata dalla cima e aveva mirato subdolamente proprio alla mia mano ferita.
«Court!» James si avvicinò e mi prese tra le sue braccia.
«Come... Oddio, la tua mano...»
«La mia mano cosa?!» esclamai stringendo gli occhi. Non avevo il coraggio di guardarla.
«Ti porto da un medico» mi disse il mio ragazzo.

«Ti rimetterai» mi tranquillizzò il dottore. «Purtroppo non abbiamo gli strumenti adatti per rimettertela totalmente in sesto, ma dopo qualche mese dovrebbe tornare quasi normale» mi disse.
«Meno male che non sei mancina» mi sorrise.
«Come, quasi normale?» chiesi con il cuore che mi batteva a mille.
«Vedi, la tua mano sinistra non riuscirà più a lavorare come prima. Ma tanto come Ribelle non ti servirà usare la mano in modo particolare...»
«Ma, ma, ma potrò ancora suonare il pianoforte?» lo interruppi con l'altra mano sul cuore.
«Suonare il piano?» chiese il dottore stupito.
«Mi spiace ma penso avrai problemi a farlo. Hai proprio dei problemi con la sensibilità della mano e... » cercò di spiegarmi.
«Basta così» sussurrai, non volevo sentire altro.
«Sicura di stare bene, signorina Young?» mi chiese il dottore.
«Lei... Lei non può fare niente? Non viene dalla B.L.C.?» chiesi sempre più confusa.
Non era accettabile.
Non suonare mai più?
«Sì, ma non ho le competenze e nemmeno i materiali giusti. Sono l'unico dottore del Campo ed è il massimo che posso fare» mi spiegò.
«Capisco» dissi con una strana calma.
Ma non capivo in realtà.
Ero ancora convinta che qualcosa si potesse fare.
Uscii dalla stanza e vidi James aspettarmi fuori.
«Come va?» mi chiese. Era preoccupato per me.
«Bene, ma il dottore dice che non potrò più suonare il piano.» affermai cercando di non sembrare troppo disperata. Ma la voce mi tremò ugualmente.
«Non potrai più suonare?» ripeté lui stupito.
«Io... Court mi spiace tanto» mi disse mettendomi una mano sulla spalla.
Quel dolce gesto mi sembrò troppo in quel momento, non resistetti e gli fiondai tra le braccia, piangendo rumorosamente. James mi consolò in silenzio.
«James» sussurrai.
«Mmm?»
«Se ci sei tu non avrò bisogno della musica» gli dissi fissandolo negli occhi.
Ormai era tutto quello che mi restava.
«Oh, a proposito, mi dovevi dire qualcosa prima?» chiesi asciugandomi in fretta le lacrime e cercando di ricompormi. Non potevo farmi vedere da lui tanto debole. Dovevo fargli credere che non ero a pezzi per della musica.
Altrimenti mi avrebbe lasciata.
«Non era niente. Ora riposati. Magari il dottore si sbagliava e quando ti toglierai il gesso potrai di nuovo suonare» mi disse dandomi un buffetto sulla guancia.

Non accadde. Ogni volta ci provavo e riprovavo, ma era come se le mie dita non seguissero più i miei ordini.
Non scivolavano più sulla tastiera.
Gridai dalla rabbia e sbattei i pugni sulla tastiera violentemente.
Un suono stonato riempì le mie stanze.
«Maledizione!» esclamai. Affondai le dita tra i miei capelli biondi. «È tutta colpa di quella stronza» sussurrai, per poi ripeterlo più volte fino a convincermi fino in fondo.
Ma le avrei dimostrato di non essere la debole che credeva. Non avrei più permesso a qualcuno di calpestarmi.
Io ero la ragazza di James e c'era un motivo se mi aveva scelta.
Iniziai ad essere possessiva nei suoi confronti e ad essere aggressiva nei confronti di tutti gli altri. I membri del Campo mi temevano e ciò mi rendeva... Euforica.
Ma sembrava che James non apprezzasse. Per quale motivo?
Ero diventata come Miss Perfettina, la migliore in tutto, ora mi rispettavano tutti.

Per un breve periodo della mia vita, credevo di avere tutto nelle mie mani. Credevo di essere ormai la migliore.
Ma proprio quando mi sentivo insuperabile, lui mi lasciò.
Mi abbandonò nel lago quando ero ormai all'apice. Mi umiliò davanti a tutti.
Quando la mia autostima era stata recuperata, quando ero finalmente diventata orgogliosa di me stessa lui se ne andò.
Non tornò più al Campo, poiché era diventato ufficialmente un Ribelle e non solo una recluta.
Per cacciare via l'umiliazione che mi aveva provocato mi impegnai ancora di più, sperando che un giorno mi avrebbe vista risplendere più del sole.
«Te l'avevo detto che ti avrebbe lasciata. È inutile che ti impegni tanto.» disse quella ragazza.
Mi tormentava ancora nonostante sapesse che ero ormai l'unica e imbattibile al Campo.
Mi aveva sconfitto e distrutto una sola volta e me lo rinfacciava.
Mi voltai verso di lei e le sorrisi.
Ormai ero abbastanza sicura di me da sapere di non poter essere più calpestata.
Mai più e da nessuno.
«James e io torneremo insieme» affermai. Mi lisciai i capelli con entrambe le dita. Non li tenevo più in due trecce da molto tempo.
«Sì, come no.» mi schernì lei, ma la sicurezza nel suo sguardo stava vacillando.
Mi avvicinai a lei lentamente, come un predatore verso la sua preda.
«Come ti chiami?» le chiesi, perché non l'avevo mai saputo.
Più che altro avevo paura di saperlo. Non volevo dare un nome alla mia disfatta. «Come...» iniziò lei.
«Esatto stronzetta, mi fai così schifo che non so nemmeno il tuo nome. Però ora voglio scoprirlo. Voglio sapere come si chiamerà la persona che distruggerò» dissi con un ghigno.
«Come osi!» esclamò lei.
«Ti ricorderai per sempre di Kathy Cook! Come colei che ti ha umiliata!» gridò.
Ormai tutto il campo si era radunato attorno a noi. Ad assisterci.
«Bene Kathy» dissi assaporando il suo nome.
«Preparati a dire addio a questo mondo» sussurrai.
Partii all'attacco appena vidi il lampo di paura e comprensione nei suoi occhi neri.
Cercò di difendersi, ma io ero diventata troppo forte e agile per lei.
In pochi secondi la inchiodai al terreno stringendo, con la mano sinistra che mi aveva rovinato, il suo esile collo.
Era colpa sua se si trovava in quella situazione.
Non doveva umiliarmi, non doveva insultarmi, non doveva portarmi via la mia musica, che era la mia fonte di sfogo.
Se non me l'avesse tolta non avrei passato gli ultimi anni ad affogarmi negli allenamenti.
Evocai le fiamme dalla stessa mano e ammirai il suo volto bruciare. Lei cercò di attaccarmi con la terra ma strinsi di più la presa e continuai a bruciarla.
Non riusciva a urlare, mi sarebbe piaciuto sentirla pregarmi. Sentirla chiedermi perdono.
Ma la volevo morta. E non volevo che evocasse i sensi di colpa e la pietà in me.
Li stavo seppellendo per poter diventare più forte.
Vidi la vita scivolare via dai suoi occhi, ma anche dopo che era morta, continuai a bruciare il suo copro.
Intorno a me nessuno fiatava.
Non era contro le regole uccidere al Campo, ero solo qualcosa di malvisto e contro l'etica uccidere persone che erano dalla stessa parte.
Sarebbero dovuti essere i membri della B.L.C. i nostri nemici.
Quando il suo corpo non fu altro che carne carbonizzata, spensi le fiamme e ammirai la mia prima vittima.
Qualcosa si spezzò in me in quel momento e sapevo che non sarei mai più potuta tornare indietro.

Un'applauso interruppe quel silenzio.
La gente si spostò spaventata davanti alla donna in veste nera.
Sapevamo tutti che abitava al Rifugio, ma non era mai scesa al Campo.
Rimaneva nell'edificio circostante.
«Courtney Young.» mi disse. «Ti ho vista» affermò squadrandomi.
Ebbi un brivido lungo la schiena.
Era pura paura quella che provavo nei confronti di quella donna.
«Mi spiace, Lady Blackwood. Non avrei dovuto...»
«Oh, non ti scusare! Così rovini la bella immagine che mi sono fatta di te!» esclamò. La fissai stupita «Lei, è d'accordo? Ma era una di noi» dissi confusa.
«Però tu ti sei dimostrata forte. Lei era debole e meritava questa fine, non è così?» mi chiese con quella luce folle negli occhi neri.
«Sì, Lady Blackwood» dissi chinando il capo.
«Mi piaci ragazzina. Forse so già chi prenderà il posto di Ardente» sussurrò la donna mentre ritornava verso il Rifugio.
A quelle parole andai nel panico. In che senso che aveva trovato qualcuno da mettere al posto di Zelda? Che le era successo?

Poche settimane dopo, al Campo si diffuse una notizia orribile. Zelda e Oscar erano morti in una missione la notte scorsa.
Ebbi il brutto presentimento che era stata Susan a farli fuori poiché non più utili.
Una grande tristezza mi assalì, assieme alla paura.
Ma non potevo farmi sopraffare in quel momento, perché avevo ricevuto una lettera da Susan in persona.
Mi invitava nella Sala Nera. Lì dove si tenevano le riunioni con i Luogotenenti.
Ebbi il presentimento di ricevere un'avanzata di livello. E fu proprio quello che ottenni.
James aveva preso il posto di Oscar, doveva essere il mio partner.
Ero contenta di rivederlo dopo tanto tempo, ma lui preferì lavorare da solo.
Quindi la casa a Washington degli Day passò solo nelle mie mani. Così come i loro Rifugi.
Era tutto mio.
Avevo i Ribelli ai miei ordini, ero alla pari con gli altri Luogotenenti e tutti mi temevano.
Mi fecero scegliere un nome e non avevo dubbi su quale.
Sarei stata la Fenice, perché ero una meravigliosa creatura rinata dalle mie schifose ceneri.
Perché bruciavo dalla voglia di brillare e volare più in alto degli altri. Perché ero rara e regale. Perché tutto quello che avevo, l'avevo ottenuto con le mie sole forze.

Ma poi ci fu il declino. E tutto per via di quello stupido cuore che batteva ancora per lui. Per James. Lei lo aveva preso. Lei lo stava torturando per fare del male a Sophie Hunter. E io non potevo sopportare di vederlo soffrire in quel modo. Era l'unica persona al mondo che non volevo vedere soffrire. Così lo aiutai a fuggire, sapendo a cosa andavo incontro, sapendo che avrei perso ogni cosa.

Dopo che sentii i suoi passi allontanarsi nella galleria, mi voltai per affrontare gli altri. Ma lei era lì, con l'Elements che le pulsava sul petto.
«Come mi hai delusa, Courtney» fece con un finto tono dispiaciuto.
Avevo il corpo paralizzato dalla paura e ogni fibra di me mi diceva che dovevo inginocchiarmi e chiedere perdono.
Ma James era ancora lì fuori e io dovevo tenerla occupata.
«Ti potevo dare di più. Ma ora mi costringerti a toglierti tutto quello che hai.» sussurrò accendendo le fiamme e avvicinandosi a me.
Delle lacrime iniziarono a bagnarmi le guance.
Sentivo che ormai per me era finita.
Ma almeno morivo dopo aver salvato la persona che amavo.
«Il potere, la forza, la bellezza e...» Appoggiò una mano in fiamme sul mio volto, mente con l'altra evocava il terreno sotto di me per tenermi ferma.
Gridai dal dolore.
Soffrivo sia fisicamente che emotivamente.
«La vita» udii.
Poi sentii solo bruciore, tanto bruciore. Tanto dolore.
Allora capii come si sentì Kathy Cook e provai per la prima volta del rimorso verso tutto quello che avevo fatto. E capii anche che non volevo morire così.
Tutto cessò improvvisamente.
Lei smise di tormentarmi. Mi lasciò agonizzante nel mio dolore e non capivo il perché.
Sentivo solo male. Tanto male.
Con la vista offuscata vidi Michael McEwan in piedi, accanto a lei. Le stava parlando e non so come la convinse a lasciarmi andare.

Michael mi curò nella sua residenza, con un medico personale.
Lui non riuscì a guarirmi del tutto, ma mi fece sopravvivere.
Mi aveva salvato la vita e gli promisi di dedicargliela per sempre.
«Non dire così» mi fermò lui.
«Sei giovane, non era giusto che per te finisse così. Ormai non sei più una sua Luogotenente. Però, puoi ancora servire me. Sei ancora forte e chi ti conosce ti rispetta ancora.» mi disse completamente apatico.
«Fammi un favore piuttosto. Se lo eseguirai, il tuo debito sarà stato saldato» mi garantì.
«Tutto quel che vuoi» dissi.
«Trova mia moglie e mio figlio. E proteggili a qualunque costo, finché Susan e Barker non periranno» mi disse seriamente.
«Come puoi essere certo che moriranno?» chiesi confusa e spaventata.
«Perché lo faranno. Appena ti rimetterai ti fornirò i mezzi necessari» mi disse prima di lasciarmi sola.

Da allora, anche se ero caduta più in basso di quanto pensassi, riuscii a vivere la mia vita.
Ero costretta a nascondermi perché Susan mi aveva preso la bellezza e sapevo che bramava anche altro da me.
Infondo, l'avevo delusa.
Ero diventata debole.
Ma mi sentivo anche più viva, perché invece di togliere a qualcuno il tempo, ne donavo di più a due persone. E ciò faceva di me una persona molto confusa.

Eli Twain non apriva bocca e rimaneva con me in silenzio. Mi stava chiedendo di aprirmi a lui come lui aveva fatto con me, ma senza fiatare. Quel ragazzo aveva qualcosa che mi faceva sentire in pace con i miei errori. Era come se fosse il perfetto esempio di riuscire ad andare avanti nonostante gli sbagli. Ma io non volevo ammetterne alcuno. «Sai, mi hanno chiesto di farti parlare del piano di Susan.» disse. «Avevo intuito» replicai sprezzante. «Ma tu non ne vuoi parlare perché ci odi tutti». Lo disse con una tale semplicità che mi sconvolse. Davvero sembravo così? «Io... Non vi odio tutti» Non sapevo perché lo dissi, non sapevo nemmeno perché mi volevo giustificare. Era incredibilmente frustrante sembrare così nuda.

Era strano mangiare in mesa tutti quanti insieme e in silenzio, mentre Zach conversava allegramente con la gemella, la quale cercava di coinvolgere la timida Coral. Erano gli unici rumori del tavolo. Aiden non fiatava, era immerso in un silenzio religioso. James guardava il soffitto e giocherellava con i piselli nel piatto. Jo sembrava assonnata e trascinava distrattamente il dito sullo schermo del telefono. Seth era dalla parte opposta del tavolo, accanto a Coral, ma non interveniva per aiutarla dall'assalto dei gemelli. Era silenzioso più del solito. Nox si era stranamente unito a noi e sembrava strano. Sembrava che lui e James avessero chiarito la loro situazione ed erano tornati ad andare d'accordo. Tutti lì, ad attendere l'arrivo di Eli Twain.
«La nostra prossima destinazione?» mi chiese improvvisamente James. «Boston, poi Miami» affermai. «Secondo me abbiamo bisogno di un po' di svago» affermò Zach, felice di notare che avevamo parlato. «Svago? Ti sembra il momento?» chiese Nox fissando Zach. «Sì, insomma, se presto arriverà quella vecchia megera, dovremmo sfruttare il tempo a nostra disposizione anche per goderci la vita» affermò. «In caso muori qualcuno dopo.» aggiunse. Sbiancai a quelle parole. Era la mia paura più grande «Non dire cavolate, Zach. Nessuno morirà» affermò Opal tirando un pungo al gemello. «Però, ha ragione. Dovremmo... Mmm, prenderci una vacanza» affermò. I ragazzi si guardarono. Aiden sembrava contrariato al massimo. Seth era apatico, probabilmente non stava nemmeno ascoltando o non gliene importava nulla. «Perché no?» affermò Jo sorridendo improvvisamente. «Troppo stress non fa bene» aggiunse. «E brava la ragazza!» esclamò Zach alzando le braccia. «A me... Umh... Farebbe piacere» mormorò timidamente Coral. «E brava anche lei!» gridò Zach. «Per questo amo le ragazze» aggiunse ammiccando verso Coral. L'allegria di Zach era contagiosa «E dove potremmo andare?» chiesi acconsentendo implicitamente. «Oh, Angelo mio! Quanto ti amo!» fece teatrale ricevendo un altro pugno dalla sorella. «Potremmo andare al mare» propose inaspettatamente Aiden. Jo lo guardò stupita e persino Seth alzò lo sguardo. «A Sophie il mare non piace.» sentii rispondere i fratelli Sharp insieme. Gli sguardi si spostarono su di loro, convinti al massimo. Cavoli, mi conoscevano meglio di me. Imbarazzata dallo sguardo di attesa di James scossi la testa. «Umh, non è male l'idea del mare. Per me va bene ugualmente.» dissi. «Se non ti va ti posso far divertire in un altro modo» sussurrò James avvicinandosi al mio orecchio. Probabilmente tutti notarono la mia gote rossa. «No! Il mare va benissimo! Tanto andremo a Miami, giusto? C'è il mare!» affermai in fretta.

Eli si sedette accanto a Opal e appoggiò il vassoio interrompendo di botto la conversazione. Poi si portò tranquillamente un boccone in bocca, senza accorgersi che i ragazzi erano tutti sull'attenti da quando si erano accorti della sua presenza. «Eli» lo chiamai. «Sí?» fece lui sorridendo. «Umh... Com'è andata?» chiesi. «Oh, bene. Ha confessato. Ora sappiamo da dove arriva l'Element di McEwan» disse tranquillamente continuando a mangiare, come se stessimo parlando del più e del meno. «E da dove arriva? L'ha rubato alla Blackwood?» chiese Jo. «O la donna l'ha rotto in più pezzi per dividere il potere? È possibile?» chiese Coral. «L'ha trovato da qualche parte e se l'è tenuto per sé? Magari la Blackwood non sa niente e ha fatto tutto da solo» intervenne Aiden. «E dove l'avrebbe trovato? È caduto dal cielo? Ti ricordo che pensavamo tutti che l'Element allo stato naturale di Susan fosse l'ultimo pezzo rimasto.» affermò James inarcando le sopracciglia. «Magari c'è qualcosa infondo al mare, dopotutto all'epoca non eravamo così attrezzati per andare molto in profondità» disse Jo in difesa dell'amico. James non sembrò apprezzare. «Ma i Ribelli non hanno la tecnologia della B.L.C., non avrebbe comunque gli attrezzi adeguati. E nemmeno l'Imperium dell'acqua più forte riuscirebbe a sopravvivere alla pressione.» disse Nox soprappensiero «E McEwan non rischierebbe tanto» confermai. «Ma ragazzi, perché non lo fate dite a lui invece di sparare idiozie?» chiese semplicemente Zach infilandosi una patatina in bocca. Tutti gli occhi puntarono su di lui. «Oh, mamma! Scherzavo! Dite quante cavolate volete, okay?» disse alzando le mani in segno di resa. «Però ha ragione, dai, parla Eli» intervenni. «In realtà non è come pensate. Ricordate che per molti mesi Susan Blackwood era andata in Europa? E Barker l'aveva seguita per capire cosa avesse in mente? Pare che sia andata a cercare giacimenti di Element allo stato puro. Non doveva trovarne, è così che dicono tutti. Ma sembra che abbia ricavato qualcosa dalle riserve Russe.» disse. «Dai russi? Perché proprio da loro?» chiese confusa Coral «Non lo sai? Dopo la seconda guerra mondiale l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti si sono divisi l'Europa e di conseguenza anche i giacimenti di Element. Mentre la B.L.C. ha prosciugato tutto attraverso le Operazioni, i russi non hanno mai capito come rendere la cosa permanente e quindi nemmeno come evitare che le loro cavie impazzissero come Susan. Dichiarando l'Element troppo pericoloso l'hanno eliminato, proclamando anche la fine della Guerra Fredda» spiegò saggiamente Aiden. «Ma a quanto pare hanno nascosto qualcosa, perché Susan ha trovato quel che cercava.» affermò James cupo. «Esatto, e ha portato tutto negli Stati Uniti. Ora tutti i Luogotenenti sono come lei» confermò Eli. «Il mio peggior incubo, insomma» mormorai. «Non ti ha detto nient'altro?» chiese Nox ad Eli. Lui scosse la testa «È tutto quello che sa» affermò. «È abbastanza. Ora sappiamo che armi ha» affermò Aiden «Ma non le strategie che utilizzerà» affermò James immerso nei suoi pensieri. «A cosa pensi?» gli chiese Nox «Ai Ribelli» affermò «Spiegati» intervenne la sorella. «Negli anni ha assoldato così tanti Ribelli e ha speso tempo e denaro per allenarli al meglio. Quindi non ha solo dei Luogotenenti forti quanti lei, ma anche un esercito di Imperium.» affermò. «Io non ho ancora capito quale sia il suo scopo» affermò Jo. «Non voleva solo Sophie? Che serve fare tutto questo?» chiese spaventata. «Susan non ha mai voluto solo Sophie. Voleva che lei fosse dalla sua parte nel suo piano. Inizialmente pensavo che volesse solo distruggere la B.L.C., mi immaginavo più una presa di potere. Ma poi ho appurato che in realtà vuole radere al suolo anche fisicamente l'Organizzazione, eliminarne ogni traccia, tutti i membri, ogni laboratorio, anche tutti i Popolani che ne hanno fatto parte, finché non ne rimane niente di niente. Vuole essere un Flash totale.» disse James con aria cupa. Un brivido mi scorse lungo la schiena. Tutto quello che mi circondava sarebbe sparito se lei avesse avuto successo. «No.» disse Eli. Il volto sorridente improvvisamente cambiato. «Non si limiterà alla B.L.C.» affermò. «Farà sparire l'Intero continente Americano.».

Angolo Autrice

Umh, beh, ciao! Ci sono un paio di cose che vi devo dire:

1. Scusate per la mia pigrizia, ma è estate e... Beh, dicendo che è estate ho detto tutto.

2. Io e sofisemmi abbiamo fatto una crossover "Mirror of Elements". Per chiunque sia fan di entrambe le saghe vi consigliamo caldamente di andare sul suo profilo e leggere questa nuova chimera.

3. La situazione si sta scaldano. Che succederà? Un giorno vi dirò perché Susan mira solo a distruggere l'America e non tutto il mondo. Questo capitolo è lunghissimo e mi dispiace.

4. Il capitolo di Courtney è stato particolarmente difficile da scrivere dato che è un personaggio complesso. Immedesimarmi in lei è stato difficile, ma spero di avervi comunque comunicato il suo stato d'animo. So che non piace alla maggior parte di voi e probabilmente avrete odiato questo capitolo hahha.

5. Domande. Oggi si parla di Court. Cosa ne pensate di lei? Passato? Presente? Futuro?

6. Abbiamo novembre con Eli. Vi ricordo che è un Imperium, e in genere gli Imperium hanno tutti un bel fisico.

Beh, dicembre avrà Courtney e finalmente il calendario avrà fine.

7. Sto lavorando un nuovo stile di disegno, poiché quello vecchio non mi piaceva più. Novembre è utilizzato ancora con quello vecchio, perché ormai avevo fatto i primi mesi con quello e non volevo cambiare.
Qui sotto i partecipanti della crossover nel "nuovo stile", molti li avranno già visti nella crossover.

8. Ultimo, ma non da ultimo, mancando alcuni concorrenti per questo concorso

http://my.w.tt/UiNb/WOLr2JpnYv

È per tutti i fan di Harry Potter, e penso che sia proprio una bella idea. Per Merlino! Non perdete questa occasione e partecipate!

9. Il prossimo capitolo è dal POV di James. Titolo? "Tre parole".

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