35. Sof: Cieco
Cappuccetto rosso era una furia e Bit non sembrava avesse molte possibilità contro di lei. Tuttavia non se la cavava male.
Anche gli altri Ribelli attaccarono puntando prettamente su di me. I ragazzi mi difesero cosa che mi provocò un leggero fastidio che cacciai immediatamente. «Sei solo una traditrice!» sibilò Bit alla nostra guida «Tu sei solo un verme!» replicò la ragazza frustando l'aria con le fiamme.
Mi fiondai verso alcuni Ribelli, schivando gli attacchi girando su me stessa e attaccai senza utilizzare nemmeno i miei poteri. «Dobbiamo andarcene da qui!» esclamò Coral che stava per essere sopraffatta da due Ribelli. Seguii il mio istinto e un turbine d'aria spazzò via gli oppressori di Coral, aggirando la ragazza e facendole svolazzare i corti capelli scuri. Rimase interdetta per mezzo secondo ma poi mi guardò male. «Ce la facevo da sola!» esclamò. Mi limitai ad alzare le spalle e ad attaccare gli altri Ribelli. Coral era una ragazza strana. Solitamente era una ragazza timida con poca autostima, ma quando iniziava a combattere o quando si arrabbiava diventava irriconoscibile e soprattutto irascibile. In effetti in quel momento, per dare prova di sé, attaccò come una scheggia alcuni Ribelli che si stavano avvicinando a madre e figlio. Dovevamo uscire di lì. Guardai Aiden che, in assenza del suo elemento, combatteva con un tubo di metallo utilizzato come bastone. Il ragazzo incrociò i suoi occhi blu con i miei e mi fece il cenno con il mento verso l'alto. Alzai lo sguardo e guardai il soffitto. Voleva che lo spaccassi? Ero scettica a riguardo. Non pensavo di riuscirci ma comunque diedi un pugno poderoso al terreno che fece crescere un'ariete il quale colpì il soffitto, facendo tremare tutto e piovere detriti. Eli riuscì a proteggere appena in tempo la famiglia McEwan mentre alcuni Ribelli si davano alla fuga. I più coraggiosi rimasero intontiti. Bit e Cappuccetto Rosso continuavano ad azzannarsi. Il soffitto aveva una lunga frattura ma non c'era traccia di un passaggio. «Indietro!» gridai rabbiosa. Aiden non se lo fece ripetere due volte, agguantò Coral ancora in preda alla sua furia e raggiunse Eli che prontamente creò una cupola per proteggere tutti. I Ribelli rimasti che avevano percepito il pericolo batterono in ritirata. Dopotutto il loro capo Santos non c'era nemmeno e non valeva la pena rischiare la propria vita per ordini di un Ribelle superficiale come Bit. Almeno era questa la scusa che diedi a loro dato che non tornarono più all'attacco. Non per codardia, assolutamente no. Pensai a James e a quando finalmente lo avrei rivisto. Le scariche elettriche che attraversavano il mio corpo non si fecero attendere, immediatamente mi sentii pura energia. La corrente mi faceva svolazzare i capelli dalla tensione e venire la pelle d'oca. Non ero ancora esperta ad utilizzare i fulmini, poteva essere pericoloso, ma era questione di salvare gli altri. Conoscendo l'origine del potere del fulmine, aria e fuoco, mi lasciai andare all'istinti ed alle emozioni, gli elementi caratteristici dei due elementi. L'elettricità danzò intorno a me fino a giungere all'estremità dei miei arti superiori. A quel punto puntai verso l'alto e la liberai. Si sentì un boato d tutto tremò. Piovvero altri detriti e anche due macigni. Li evitai con una capriola appena in tempo, addossandomi alla parete. La polvere si diradò e notai che Cappuccetto Rosso era rimasta bloccata sotto le macerie, fortunatamente ancora viva e sembrava fosse integra. La raggiunsi in fretta mentre Aiden e gli altri si liberavano. Mi guardai intorno alla ricerca di Bit, ma di lui nessuna traccia. Cappuccetto Rosso aveva la gamba bloccata sotto un macigno. «Scusa!» esclamai agitata. A quel punto il velo sul suo volto cadde mentre lei alzava lo sguardo. Sospettavo fosse lei, ma non ero preparata a vedere quel volto. Courtney Young mi guardava con uno sguardo tra l'irritato, il furente e il disprezzo. Gli occhi cobalto erano gli stessi di sempre, ma metà del suo volto, a partire da sotto l'occhio sinistro, comprendendo la tempia e l'orecchio, metà del naso, tutta la guancia e terminava fino alla clavicola, coinvolgendo anche gran parte del collo, era tutta raggrinzita e rossa, la pelle era di un rosa vivo e orribilmente deturpata da farmi fare un passo indietro. «Disgustoso vero? » disse lei con voce tranquilla. «Che... Che ti è successo?» sussurrai con orrore. Non per il suo volto un tempo bellissimo, ma perché avevo la brutta sensazione di sapere chi fosse stato. Sentii la presenza degli altri dietro di me ma non ci diedi peso. «È successo che ho fatto una cosa buona nella mia vita» si limitò a dire. «Non so di cosa state parlando e non voglio saperlo. Ora è meglio andare.» si fece spazio Eli. Strinse un pugno e colpì il macigno mandandolo in frantumi. Poi si avvicinò alla ragazza che lo guardava stupita e la prese in braccio come una sposa. «Ehi! Non ho mai detto che sarei venuta con voi!» protestò «E noi non abbiamo mai detto che ti avremmo lasciata qui, giusto Aiden?» Aiden si risvegliò dal suo silenzio religioso e sorrise. «Giusto» affermò. Il terreno sotto i nostri piedi iniziò a tremare. Eli, con in braccio una Courtney che continuava a protestare affermando di voler scendere, batté un piede a terra e venimmo trasportati al piano superiore. Arrivati in superficie, ci ritrovammo nel grande deserto. «Mollami stupido ragazzo cieco! Altrimenti ti cuocio a fuoco lento!» continuava ad imprecare la ragazza. Ma la presa di Eli era incredibilmente salda. Non sembrava esteriormente, ma Eli era incredibilmente forte. Forse era per via della sua estrema gentilezza o per quel sorriso ingenuo che si ritrovava sempre stampato indelebilmente sul volto o semplicemente perché era cieco, ma nessuno lo prendeva particolarmente sul serio. «Chi ti credi di essere tu?! Non hai il diritto di insultarlo così!» sbottò Coral. «È tutto a posto Cor» si affrettò a dire il ragazzo. «Ho già chiamato qualcuno che ci verrà a prelevare.» disse Aiden alzando lo sguardo verso il cielo. Quando e come? Intanto Eli aveva appoggiato a terra Courtney che si era coperta di nuovo il volto, facendo voto di silenzio. «Ehi, come stai?» sentii Eli chiedere al bambino «Mi sono spaventato» sussurrò questo stringendosi forte a sua madre «Tranquillo. Ora siete al sicuro» mormorò. Dal nulla comparve un Jet scuro che atterrò innalzando gran quantità di sabbia. Due guardie B.L.C. ci scortarono dentro orgogliosi senza perdere tempo a farci domande. Venimmo tutti curati dal medico di bordo, ma Courtney si rifiutò di farsi visitare. «Signorina, la prego di non fare capricci» insistette il medico «Ho detto di NO!» sbottò. «Mi scusi, mi faccia parlare con lei» intervenne Eli. Il medico lo guardò torvo ma si allontanò a medicare le ferite di Coral. «Che vuoi da me?» sbottò la ragazza «Niente. Ti faccio compagnia» disse lui «Chi ha detto di aver bisogno?!» sbuffò lei. Lui scrollò le spalle «Io voglio la tua compagnia» disse. Courtney lo guardò «Sei schifosamente irritante, e togliti quella faccia da beota che ti ritrovi, sei ridicolo!» scattò lei «Lo faccio se tu ti togli il velo» «Come osi! Tu... Tu non puoi vedermi! Non... Capisci niente! E come fai a sapere che ho il velo?! Come fai a sapere cosa mi è successo? Sei cieco per la miseria!» esclamò lei «La tua voce è attutita da qualcosa e... Beh, so fare due più due» rispose lui tranquillamente «E io sono forse la persona che ti può capire meglio. Hai presente i miei occhi? Sono così perché Susan Blackwood mi ha bruciato come ha fatto con te.» disse serio. «I medici mi hanno curato il volto, lo faranno anche con te. Ma non hanno potuto fare niente per la mia vista» continuò. «Puoi fidarti» le sorrise «No che non mi posso fidare della B.L.C.! Tu non sai quanto la disprezzo! Come fai ad essere così fiducioso e ottimista?!» gridò Courtney «Allora fidati di me. Vuoi?» lo chiese con così tanta dolcezza che smisi di origliare e mi voltai verso di loro per guardarli, per vedere se le parole gentili del ragazzo avessero sortito effetti sulla Fenice. «Pensi davvero che mi aiuterebbero? Dopo quello che ho fatto? Sono una Luogotenente!» la voce di Courtney si incrinò. Eli scosse la testa «A dire il vero non lo so.» ammise «Ma so che non tutti alla B.L.C. sono cattivi» «Guarda in faccia la realtà, non ho speranze, più cerco di migliorare me stessa per aiutare la gente, più faccio del male» mormorò la ragazza mesta. «Mi spiace, sono cieco. Non posso guardare in faccia la realtà, al massimo posso ascoltarla.» rispose lui. La ragazza lo guardò stupita «Ma sei scemo? Ti pare che sia la risposta adeguata?! Fai il serio!» esclamò lei
«Odio le cose serie» disse il ragazzo «Perché è quando le cose sono serie che se sbagli... Non puoi più tornare indietro» Eli abbassò la testa e di colpo sembrò avere vent'anni in più. «E io vorrei poter tornare indietro» sussurrò.
Eli
Sono sempre stato un ragazzo piuttosto insicuro e diffidente.
Fin da piccolo non ho avuto ciò che ogni bambino meritava. L'amore dei genitori. Essendo loro sempre impegnati. Mio padre era quel genere d'uomo che mirava solamente al successo. Lavorava giorno e notte senza badare all'esistenza di due figli che necessitavano di una figura paterna. Mia madre era una donna superficiale a cui bastava tanto denaro e tanto spazio nella cabina-armadio per metterci le cose che acquistava. Io fui cresciuto dalle cure amorevoli di una tata. Minnie. Minnie si era occupata di me da sempre, fin da quando ero in fasce, e quando nacque Nick si prese cura anche di lui, insegnandomi ad essere un buon fratello e non provare gelosia nei suoi confronti. Ovviamente amai mio fratello a prima vista al contrario di mia madre che lo mise subito in braccio a Minnie dopo il parto e mio padre che non si fece nemmeno vedere quel giorno. Io e Minnie demmo a Nick l'amore che si meritava, sperando che bastasse. Di materiale non mi è mai mancato niente, alla fine mio padre era ricco, forse un po' troppo, e quindi non capii molto quando, all'età di otto anni si precipitò in casa, in piena crisi isterica dicendo che "l'avevano scoperto e che avevano perso tutto". Quel giorno i miei genitori litigarono pesantemente e io mi precipitai da mio fratello, avendo paura che si spaventasse troppo. Minnie non si faceva vedere da un po'di tempo e non era arrivata nessuna sostituta che si occupasse di noi. Solo in seguito capii che era stata licenziata. Pochi giorni dopo dalla grande litigata, nel pieno della notte, mio padre venne a trovarmi in camera mia. Mi disse che mi avrebbe fatto un grandissimo regalo anticipato di compleanno e io come un babbeo ingenuo lo seguii. Mi portò in un luogo strano, una specie di ospedale. Quando chiesi a mio padre dove fossimo mi disse che ci trovavamo alla Base 3 di Kansas City. «Quale base? E dove sono l'1 e il 2?» chiesi «Non lo so Eli.» rispose lui freddamente. Mi consegnò nelle mani di una donna bionda e a quel punto d'istinto iniziai a piangere. «Perché piangi, sciocco?! Ti sto facendo un dono! Un dono che salverà la tua famiglia!» piansi ancora di più «Ma è impazzito? È solo un bambino!» esclamò la donna bionda. Mi ricordava Minnie «Lei faccia quel che deve fare.» La donna scoccò un occhiata di disprezzo verso mio padre e mi condusse in una stanza bianca che sapeva di limone. Mi rassicurò dicendo che sarebbe andato tutto bene. «Ora faremo dei controlli okay?» mi disse gentilmente «Lei chi è?» le chiesi «Chiamami Amber» replicò la giovane donna che si mise alle orecchie una di quelle cose buffe e fredde che avevano tutti i dottori. Mi ascoltò il cuore e mi infilò un lungo ago nel braccio. Non piansi. Non aveva senso piangere «Certo che sei bravissimo» si complimentò lei facendomi sorridere. «Perché sono all'Ospedale? Sono malato?» chiesi ingenuamente. «Ascolta Eli... Da oggi passerai molto tempo con altri bambini. Sono tutti speciali come te! Vi allenerete e studierete. Considerala come una scuola per prodigi» mi disse accarezzandomi la testa «Che significa prodigi?» «Significa che sei una persona veramente ma veramente molto in gamba.» mi disse. «Anche mio fratello mi raggiungerà? Anche lui è in gamba, anche se piccolo.» Amber sbiancò «Eli... Spero di no.» sussurrò prima di portarmi tra gli altri Iniziati.
Quando fui un po'più cresciuto, capii che mio padre truccava le cause per poterle vincere e aiutare i suoi clienti, che per la maggior parte erano tutti poco di buono. Venne scoperto e chiese aiuto a Mr. Barker, il capo della B.L.C., un amico di vecchia data. Però in cambio voleva qualcosa, e quel qualcosa ero io. Mio padre mi aveva venduto perché Mr. Barker intervenisse con il Flash e facesse dimenticare a tutti le malefatte di mio padre. Ero disgustato da questa notizia.
Continuai ad allenarmi con poco impegno fino al giorno dell'Operazione. Al risveglio, potevo sentire la terra.
In tutti quei anni però, non avevo smesso di rivedere il mio fratellino. In teoria non potevo, essendo lui un Popolano, ma grazie ad Amber riuscivo a passare il tempo con lui. Nick mi raccontava della sua scuola, dei suoi amici e di Minnie che intanto era tornata.
Poco tempo dopo mio padre morì in un incidente stradale. Nonostante non fosse stato un buon padre, ci rimasi male, così come anche Nick. Mia madre invece fu disperata, più per la perdita di entrate monetarie che altro, tanto che iniziò a bere.
Minnie venne nuovamente licenziata e i soldi dell'assicurazione sulla vita di mio padre, oltre a i suoi risparmi di una vita, vennero sperperato da quell'incosciente di mia madre, lasciando Nick in crisi. La B.L.C. intervenne finanziariamente su mia richiesta ma mi dovevo impegnare di più. Non volevo che mio fratello soffrisse, così mi presi la responsabilità di curarmi di lui e renderlo felice a circa undici anni di età, siccome la mamma era incapace. La mattina mi allenavo con i miei nuovi compagni di squadra, fingendomi sempre allegro con loro. Appena potevo sgattaiolavo da mio fratello, giocando con lui, ascoltandolo e aiutandolo con i compiti, oltre che assicurarmi che avesse tutto il necessario. Tornavo alla Base a notte fonda e dormivo pochissimo. Mi imbottivo di farmaci per non dare a vedere quanto quella vita mi stesse sfiancando e nel profondo desideravo mollare tutto e scappare via. Ma ero di proprietà della B.L.C., non potevo far molto, se fuggivo chi si sarebbe preso cura di Nick? «Eli, tutto a posto?» mi chiese Cara, una mia compagna di squadra. «Sì, è tutto okay.» mentii sfoggiando il mio solito sorriso. «Lo sai vero, che puoi sempre contare su di me» mi disse. Ero stanco. Ero così stanco che mi confidai con lei e lei mi aiutò a condividere questo peso. Lei aveva una storia simile, ma al contrario di me non aveva fratelli o sorelle. Passarono gli anni e la fatica si faceva sentire sempre di più dato che Nick cresceva e aveva sempre più bisogni. «Sai, ho sentito parlare di una persona che aiuta la gente della B.L.C. e i Ribelli ad abbandonare questo mondo.» disse Cara un giorno. «Il Giustiziere della Notte? È una leggenda» risi. «Perché? Magari è vero. Si dice che abbia salvato molte famiglie e le abbia mandate all'estero. Quelle famiglie accolgono i giovani profughi come noi, cioè, se per caso volessimo scappare... E vivono come famiglie. Vere famiglie.» disse la ragazzina trasognata. Rimasi in silenzio. «Ehi! Voi due piccioncini! Si parte! Il caro vecchio Mr. Brown ci porta in missione!» esclamò JJ, un nostro compagno di squadra «Non siamo una coppia!» protestò Cara. «Sì, come volete! Andiamo! Su su! Muovetevi!» iniziò a saltellare finché non lo raggiungemmo. Cara si avviò risentita per esser stata interrotta. La guardai allontanarsi e mi apprestai a raggiungerla ma JJ mi bloccò. Il ragazzo si fece improvvisamente serio. «A me piace Cara» disse. Rimasi per mezzo secondo spiazzato prima di sorridergli «È una cosa bella» dissi «Ma tu... Non...» iniziò a balbettare. Scossi la testa per rassicurarlo. Lui mi diede un pugno amichevole sul braccio «Andiamo Eli! Brown ci aspetta!».
Passò altro tempo, e mia madre iniziò a sperperare il denaro che la B.L.C. mi concedeva per curarsi della mia famiglia. Un giorno venni chiamato da Mr. Brown «Eli... Mi duole dirtelo ma... Non possiamo continuare a buttare i soldi così. Non è finanziariamente possibile...» iniziai a disperarmi e a spaventarmi ma non lo diedi a vedere. Rimasi ad ascoltare Mr. Brown. «L'unica soluzione sarebbe rendere tuo fratello come te. A quel punto saremmo più che felici di prenderci cura di voi due.» Raggelai a quelle parole. «Eli... Non è una richiesta. Te l'ho detto per informarti di quello che succederà.» mi disse. Annuii e me ne andai. Non avrei permesso a mio fratello di fare la mia stessa vita. Non potevo permettere che soffrisse come me. Non potevo vederlo affaticato da quei stupidi esercizi fisici che a volte ti spezzavano l'anima oltre che il corpo. Mi avrebbe odiato. Mi avrebbe odiato per tutta la vita e io non potevo sopportarlo. Improvvisamente mi venne in mente la conversazione fatta con Cara... Forse esisteva. Forse esisteva veramente quel tizio...
Se anche fosse esistito, non sapevo come contattarlo. Vagavo alla cieca per i corridoi della base, piuttosto demoralizzato finché non andai a sbattere contro qualcuno «Scusa, non ti ho visto» mi scusai abbassando lo sguardo «Eli!» la mia testa scattò verso la fonte della voce e vidi Amber che mi sorrideva «È da un po' che non mi vieni a trovare. Mi dovrei offendere?» scherzò «No, io...» «Ti offro da bere, andiamo?» mi invitò lei.
«Come sta Nick?» mi chiese sorseggiando il suo caffè «Bene.» le sorrisi rassicurante. Lei mi fissò per un lungo istante «Sai Eli... Ho visto crescere molto Iniziati, è questo il mio lavoro. Li proteggo. E so riconoscere una persona che finge di star bene. Tra simili ci si riconosce no?» mi sorrise «Lo sai vero che se hai bisogno, puoi sempre chiedere a me.» mi disse la donna. «Non mi puoi aiutare... Io... Mi vogliono portare via Nick, e tu non ci puoi far nulla.» Lei mi guardò seria. «I finanziamenti che la B.L.C. mi dedicava sono stati tutti sperperati da mia madre e io... Non... Loro non lo possono accettare.» dissi affranto «Vogliono Nick per questo e io... Io pensavo addirittura di scappare con lui, volevo persino cercare una persona che forse nemmeno esiste per farmi aiutare...» balbettai. «Volevo farmi aiutare dal Giustiziere della Notte... Ma che credevo? Non siamo nei fumetti della Marvel con eroi mascherati che aiutano persone in difficoltà...» continuai stringendo il bicchiere con il succo di frutta davanti a me. «Scusami Amber... Non volevo disturbarti» dissi. Mi stampai un sorriso sul volto facendole credere che essermi sfogato fosse già qualcosa. «Eli. Ti posso portare da lui» disse lei fermandomi. Non riuscii a non guardarla stupito «Ti porto da Nox.».
Amber mi aveva detto di farmi trovare a quell'orario in quella fabbrica abbandonata. Al resto ci avrebbe pensato lei. Iniziai a battere il nervosamente un piede per terra mentre rimanevo saldamente appoggiato contro una trave, in bella vista. «Ciao» una voce risuonò dietro di me e mi voltai di scatto spaventato. «Scusa, non volevo spaventarti» disse un ragazzo alto dai capelli scuri come la notte e gli occhi luminosi come fari accesi. Non è che mi aspettassi un eroe in calzamaglia e mantello svolazzante o in armatura... Ma non mi aspettavo un ragazzo tanto ordinario. Sembrava uno studente qualsiasi, affogato di caffeina e che non dormiva abbastanza. «Tu... Tu sei il Giustiziere?» chiesi «Chiamami Nox.» disse lui avanzando. «Amber mi ha spiegato la tua situazione.» mi disse «Puoi ancora tirarti indietro, se vuoi. So che è difficile voltare pagina.» iniziò lui comprensivo «No, sono sicuro. Se non giro io la pagina lo faranno loro, ma ci sarà una conclusione diversa.» dissi sicuro. Nox mi guardò «Non sono qui per inculcarti dubbi, voglio solo essere certo che tu sappia quello che stai facendo» disse serio «Se te ne vai con tuo fratello, non potrai più ritornare. Non rivedrai mai più le persone a cui vuoi bene. I tuoi compagni di squadra o il tuo mentore» Mi irrigidii. Non avrei più rivisto Cara? «Tua madre» aggiunse «Mia madre? Non mi importa di lei. Io voglio solo mio fratello.» strinsi i denti mentre dissi tali dure parole. Non ci credevo nemmeno. Nonostante la mia non fosse la migliore delle madri, le volevo bene. Ma ne volevo di più a mio fratello e stando con lei, lui sarebbe stato infelice. Stavo prendendo decisioni su decisioni, pensando che ciò che stavo facendo fosse il bene, non mi curai di cosa ne pensasse mio fratello di tutto ciò. «Stai mentendo a te stesso» annunciò il ragazzo «Non è vero!» esclamai «Hai paura di lasciare tutto.» affermò Nox con una serietà e sicurezza disarmante. A quel punto capii che era impossibile mentirgli. «Sì, è vero, lo ammetto. Ma ti prego, aiutami, aiutaci ad andarcene» gli afferrai la manica della felpa, scongiurandolo con gli occhi. Il ragazzo sospirò. «Questo venerdì. Questo venerdì vi manderò in Scozia. Lì vive una famiglia con un figlio Imperium. Si occupano di accogliere rifugiati come voi. Sarete al sicuro, la B.L.C. non si disturberà di riacciuffarvi una volta lì. Dovrete cambiare identità, sparire per un periodo, prima di tornare nella società» spiegò il ragazzo. «Ma tutti... Quelli che salvi... Li mandi all'estero?» chiesi. Nox sorrise «Non sono solo. Li mandiamo dove pensiamo possano stare bene. Alcuni rimangono nel continente americano. Non li salviamo, li liberiamo.» «Vivono tutti felici?» chiesi ancora «Alcuni sì... Altri sono stati scovati e uccisi. Non ti nascondo che c'è anche questo rischio» disse. Deglutii «Va bene. Venerdì vado a prendere mio fratello a scuola» dichiarai «E al resto penso io» concluse Nox.
Arrivò il giorno e io non potevo far a meno di preoccuparmi per tutto. Raggiunsi il luogo di incontro con Nox, tenendo mio fratello per mano quando dal nulla spuntò un Imperium dell'acqua, comparendo da una coltre di vapore. Ne comparì un secondo dell'aria e poi un giovane ragazzo dai capelli disordinati e sguardo vispo. Ribelli. In quel momento la mia sicurezza cedette. Non ce l'avrei mai fatta da solo con Nick, non sarei riuscito a vivere una vita nella paura di essere scoperto.
I primi due Ribelli attaccarono Nox e me. Tentai invano di difendere mio fratello, ero troppo sopraffatto e non facevo che indietreggiare. Percepii qualcosa che mi stava per togliere la vita, non avrei fatto in tempo a schivarla ma a quel punto intervenne il Ribelle giovane. Non era prevista la comparsa di quei tre Ribelli, tre Ribelli piuttosto potenti per giunta. Se non fosse stato per il ragazzo moro probabilmente ora sarei uno spiedo. Il ragazzo convinse gli altri due a cavarsela da solo contro Nox che accettò di buongrado. Capivo che tra i due c'era un intesa sconosciuta agli adulti. Infatti l'obbiettivo principale era di metterli K.O. per poi permettere me e Nick di fuggire.
«Fratellone! Fermati!» mi pregò Nick, costringendomi a rallentare. Lo portai dietro il muretto di una casa e mi chinai verso di lui, mettendogli le mani sulle spalle «Tutto okay?» chiesi ancora con il fiatone. «Che sta succedendo?» mi chiese guardandomi serio. Nick è sempre stato un bambino sveglio. Quando era con me, a volte pensavo che fingesse di fare l'ingenuo e innocente bambino con il sorriso sul volto. Ma in quel momento, la serietà con il quale disse quelle parole mi fece vacillare. Stavo perdendo tutte le sicurezze. Mi sentivo spaventato, non riuscivo a sopportare tutto il peso, tutta la responsabilità. Quando lui mi guardò così, ho pensato che potevo non essere io a occuparmi di lui, che se la sarebbe potuta cavare anche da solo. Mio fratello notò la rottura in me e mi strinse la mano sulla sua spalla per darmi manforte «Mi dici che sta succedendo fratellone?» mi chiese. Perché non piangeva? Se avesse pianto mi avrebbe fatto sentire meglio. Mi avrebbe dato motivo di continuare. «È una... È una lunga storia» «Ti posso aiutare» E non era una domanda. Era un'affermazione. Così raccontai al bambino di nove anni davanti a me la storia della B.L.C. e del perché avevo deciso di fuggire. A racconto terminato, il fatto che Nick rimanesse inespressivo mi faceva spaventare. «Tu... L'hai fatto per me» disse più a se stesso che a me. «Ma volevi abbandonare la mamma?» chiese guardandomi finalmente con quegli occhi uguali ai miei. Azzurro- grigio più lacrime offuscanti. «Nick io...» potevo avere tutte le ragioni del mondo. Potevo dire che era una madre schifosa che non sapeva adempiere al suo ruolo... Ma era pur sempre la mamma. E Nick passava più tempo con lei che me. «Non lo so... Non so più niente» ammisi. Prima che il mio fratellino potesse rispondermi arrivò Nox. «Siete pronti?» chiese. Scossi la testa. «No. No. No.» dissi «Non ce la faccio. Mi spiace Nick... Voglio tornare indietro» sussurrai «Mi spiace... Non vorrei...» dissi agitato. «Ti tiri indietro ora? » mi chiese Nox guardandomi severo. Dato che non rispondevo si rivolse a Nick «Tu che vuoi fare?» chiese. Non osai guardare nella direzione di mio fratello «Non lo so» disse. Nox sospirò «Non posso di certo decidere io per voi» disse «I Luogotenenti si riprenderanno. Dobbiamo allontanarci da qui, sperando che crederanno alla recita di James Sharp. Pensateci intanto» ci disse.
«Tonare alla B.L.C.» annunciai. Continuai ad evitare lo sguardo di mio fratello per non sentirmi in colpa. Non ero pronto. Non ero pronto a fuggire. Non ero pronto a lasciare tutto. Non sapevo nemmeno che fare con mia madre. Avevo bisogno del conforto che mi davano i miei compagni di squadra. Scappare era da codardi mi dissi... Ma anche restare lo era. Nick sarebbe diventato un Imperium. Ma poteva andare peggio no? Nox ci accompagnò in silenzio nei pressi della Base 3. «Buona fortuna» ci disse prima di allontanarsi.
Erano alcuni giorni che non mi facevo vedere, intento com'ero a preparare il necessario per il viaggio. Tornai con Nick che mi camminava a tre passi dietro, in silenzio. Non sapevo cosa stesse pensando e non volevo saperlo.
La prima persona che incontrai fu Cara. Non l'avevo nemmeno salutata. Non avevo intenzione di salutarla. Cara mi guardò con espressione grave «Mr. Brown ti cercava da un po'... Stamattina... Te lo dirà lui» con un brutto presentimento afferrai mio fratello per il polso e mi diressi nell'ufficio di Mr. Brown. Appena entrai trafelato con appresso mio fratello lui mi guardò «Sono contento che ci sia anche Nicholas» disse «Che è successo?» chiesi senza nascondere il panico nella voce «Sedetevi» iniziava già male. Obbedimmo. «Stamattina...» iniziò lui. «Siamo venuti a sapere che vostra madre... Vostra madre è deceduta per aver assunto una dose massiccia di farmaci» disse. Mi ronzavano le orecchie. Sicuramente avevo capito male. «Cosa significa?!» chiese Nick con la sua voce acuta «COSA SIGNIFICA?!» ripeté più forte. «Lei... Si è tolta la vita. Le abbiamo trovato in mano questo.» ci passò un foglio stropicciato. Lo presi con mani tremanti anche se sapevo perfettamente cosa ci fosse scritto sopra. Era una lettera scritta con la mia calligrafia, in cui dicevo che sarei fuggito con Nick. Rimasi in silenzio, dilaniato dai sensi di colpa. Nick aveva iniziato finalmente a piangere, ma io non avevo la forza di consolarlo. «È tutta colpa tua!» mi gridò contro rabbioso. Lo sapevo. Era colpa mia. «A questo punto... Possiamo anche evitare di prendere Nick come Iniziato. Era tua madre che sperperava i soldi dell'Organizzazione e...» «Fatelo.» dissi. Nick si zittì scioccato «Prendetelo.» dissi con voce atona. «Non puoi decidere tu per me!» esclamò mio fratello. Aveva ragione. Ma io non potevo più prendermi cura di lui. Avrei lasciato che fosse stata la B.L.C. a farlo. «È deciso ormai Nicholas» dissi «Mr. Brown. Non è che ci siano delle missioni da eseguire?» Mr. Brown parve stupito dalle mie parole ma controllò il computer prima di rispondere. «C'è una missione di volontariato. Pare che ci siano dei disturbi in una fabbrica, un gruppo di Ribelli di basso rango molto numeroso che sta provocando noia ai Popolani. Potremmo accettare noi l'incarico» annunciò «Perfetto, vado ad avvertire gli altri» dissi alzandomi «E io?!» esclamò Nick. Mi voltai ignorandolo e me ne andai. Quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrei visto mio fratello.
«Eli... Tutto okay?» mi chiese Cara mentre arrivavano a destinazione. Mi stampai sul volto un sorriso. Col tempo avevo imparato a sorriderete costantemente, perché non volevo che le persone mi chiedessero se stavo bene, perché non volevo che facessero domande su di me, perché mi potevo illudere che non ci fossero problemi e che non ce ne sarebbero stati più. «Certo» dissi con il mio miglior tono allegro. Cara mi sorrise rilassata. Ci era cascata.
Entrammo nella fabbrica abbandonata di soppiatto, guidati da Mr. Brown. Doveva essere un gioco da ragazzi quell'Operazione, ma immediatamente realizzammo che non poteva essere così. In quella fabbrica c'era Susan Blackwood. Era circondata da Ribelli adoranti, forse stava dando loro una seconda possibilità. «Maledizione. Questo non era previsto.» disse Brown. «È a me che dovete rispondere, solo a me» stava dicendo Susan Blackwood «La mia parola è legge infrangibile. Non concedo una terza possibilità a tutti. Ma a voi sì.» disse nel silenzio più assoluto. In quel momento Mr. Brown disse «Maledizione. Sono arrivate anche le altre due squadre... Questo è un suicidio. Dobbiamo avvertirli e scappare» annunciò «Quando ci ricapiterà di poter cogliere Susan Blackwood di sorpresa?» disse qualcuno. Poi realizzai che ero stato proprio io. «Non dire sciocchezze Eli. Nemmeno noi cinque messi insieme possiamo essere alla sua altezza» disse Mr. Brown con un tono che non permetteva repliche. Ci alzammo tutti quanti, pronti a fuggire, ma immediatamente ci accorgemmo di un mutamento nell'aria. Susan si era zittita e nemmeno il tempo di realizzarlo che venni buttato giù dalla ringhiera da una sfera d'aria. Evocai appena in tempo la terra in modo che attutisse la mia caduta e quella degli altri. Alzando lo sguardo, vidi i Ribelli circondarci e guardarci malignamente. Susan Blackwood fluttuò giù dal nostro ex nascondiglio e ci raggiunse. «B.L.C. Che coincidenza! Stavo giusto per mostrare ai miei cari seguaci le mie capacità. I Ribelli si allontanarono. Mr. Brown si alzò e si parò di fronte a noi, allargando le braccia «Non ti permetterò di fare loro del male» disse serio «Tu? Ma fammi il piacere...» fece un gesto deciso con il polso e Mr. Brown venne catapultato da una lastra di metallo contro il muro opposto, facendo crepare il muro. «Potrò divertirmi con voi... Ho tutto il tempo che voglio» disse con un sorriso sadico. Cara strinse i pugni e si scagliò contro di lei seguita a ruota da JJ, dominarono rispettivamente l'aria e il fuoco ma la donna si mise a ridere sguaiatamente. Puntò il palmo della mano verso di loro e una forza invisibile li obbligò a inginocchiarsi nonostante opponessero resistenza. Mi svegliai dallo stato di shock e attaccai assieme a Lenny. Il dominio dell'acqua di Lenny era inutile ma si ostinò ad attaccare con tecniche da combattimento che Susan parava evocando il terreno ai suoi piedi. Attaccai con forze rinnovate, dominando il mio elemento, finché non notai con piacere che Cara e JJ erano stati liberati dalla morsa. Attaccammo tutti e quattro assieme ed in sincronia, ma improvvisamente sentii JJ gridare dal dolore. Si stava sciogliendo. JJ stava sprofondando in una pozza di lava incandescente «NO! Gridai» mi parai davanti a lei «Uccidi me!» gridai «Oh, ma lo farò!» esclamò lei. «Ti prego! Smettila!» scongiurai cadendo a terra mentre la stessa sorte toccava a Lenny. A Cara mancò improvvisamente il respiro e si teneva la gola, soffocata. Il colore della sua pelle stava cambiando e gli occhi erano spalancati dal terrore «No, no...» mormorai «So che dici sul serio. Ti sacrificheresti per loro, lo so» sussurrò la donna con una voce spaventosamente dolce. «Per questo ti permetterò di vivere» disse anche se fino a pochi secondi fa aveva dichiarato di volermi far fuori. Sentii il suo fiato a pochi centimetri dal mio orecchio mentre guardavo terrorizzato i miei amici. «Le morti dei tuoi amici... Saranno le ultime cose che vedrai.» disse. Realizzai a scoppio ritardato il significato di quelle parole. La lava di Lenny e JJ si era raffreddata quando le loro gambe ormai non esistevano più. Erano agonizzanti, posti sopra rocce nere che li facevano sembrare statue di carne. Susan Blackwood trascinò il corpo inerme del mentore. Ancora vivo. Si pose sopra di lui, mi guardò e sorrise mentre attorno alle lunghe dita si formavano delle lunghe lance di ghiaccio. «NO!» gridai. Ma lei tranciò di netto la testa di Mr. Brown. Si voltò verso i ragazzi più giovani che avevano gli occhi spalancati dall'orrore. «Ti prego NO!» piansi. Ero totalmente impotente e non riuscivo a muovermi. Ero paralizzato. Il terreno non rispondeva più ai miei comandi, ero troppo debole per evocare il mio elemento che richiedeva la forza dello spirito e del corpo. Susan Blackwood tirò i capelli di Lanny che strinse i denti, non dando alla donna la soddisfazione di sentire le sue grida. Una scarica elettrica ed un lampo blu illuminò tutta la fabbrica abbandonata, facendomi chiudere gli occhi dolorosamente. Quando li riaprii al posto di Lenny c'era solamente una sagoma bruciata nera. Mi veniva da vomitare. Susan non si fermò, mi guardò con perfidia, accertandosi che stessi guardando. Fece il gesto di tirare a sé qualcosa e sentii JJ rantolare agonizzante mentre dalla sua bocca usciva del liquido. La sua pelle iniziò a raggrinzirsi finché di lui non rimase solamente un secco cadavere. Il liquido in mano a Susan e si plasmò in una bolla fluttuante di acqua. «Basta!» dovevo fare qualcosa, qualsiasi cosa. Piccoli proiettili di terra mirarono Susan che con una folata d'aria mi fece sbattere contro un vecchio macchinario. Lanciò l'essenza di JJ verso di me che immediatamente si solidificò in ghiaccio, bloccandomi alla macchinetta. Susan Blackwood si stava avvicinando a Cara, a terra, svenuta. La fece fluttuare in aria tenendo la mano alzata. Chiusi gli occhi e tentai di concentrarmi invano sulla terra. Si sentì una forte corrente. Aprii gli occhi e vidi una bolla d'aria intorno alla testa di Cara. La ragazza teneva la bocca spalancata e gli occhi erano rivoltati mostrando solo un bianco lattiginoso. «CARA!» gridai, tentai di liberarmi, piansi, ma nulla aveva effetto. La terra non mi rispondeva, il mio corpo non mi rispondeva, niente mi rispondeva. Poi Cara stramazzò a terra. Soffocata. Morta. La donna era soddisfatta. Avanzò verso di me e mi si parò di fronte «Uccidimi. Ti prego» sussurrai sconfitto guardando quei neri occhi. «No» disse lei. La sua mano divenne incandescente e lo premette sul mio volto. Gridai sofferente mentre sentivo la mia pelle e i miei occhi distruggersi. Era un dolore indescrivibile ma mai quanto quello dentro il mio petto. Non la sentii nemmeno andarsene. Mi lasciò lì, inchiodato ed agonizzante con il volto bruciato. Non potevo nemmeno piangere tanto erano rovinati i miei occhi. Da quel giorno non vidi più nulla.
Passai i successivi mesi in terapia. Nel buio più totale. I primi giorni furono terribili. I miei occhi bruciavano in continuazione e non potevo fare più di due passi senza stramazzare a terra. Ero frustrato, disperato e desideravo solo porre fine alle mie sofferenze anche perché mi sentivo in colpa di essere rimasto l'unico sopravvissuto. Giunsero i migliori Imperium della terra ad insegnarmi l'arte della terra in fatto di percezioni, così avrei avuto meno problemi e non sarei stato completamente disabile. Migliorai gli altri sensi e il mio dominio della terra aveva superato le aspettative dei miei maestri. Iniziai a sorridere sempre a tutti, perché da quando ero diventato cieco e avevo perso mia madre e la mia a squadra nel giro di poche ore, tutti mi chiedevano come stavo, con quella pena e pietà nella voce che mi faceva sentire un inetto. Sorridevo perché volevo zittire tutti, sorridevo perché non volevo che mi vedessero per quello che ero, sorridevo perché non volevo che mi prendessero sul serio, sorridevo perché mi rendeva più forte e mi faceva sperare in un futuro migliore, sorridevo perché sapevo che al mondo c'era una persona che avrei dovuto proteggere ad ogni costo. Mio fratello. Ma Nick era diventato un Imperium e non mi voleva più vedere... Pazienza, tanto non sarei riuscito a vederlo nemmeno se avessi voluto.
Il tempo passava e dentro di me desideravo solo non essere debole, volevo essere forte per l'unica persona rimasta a me cara e volevo essere forte per me stesso. Accettai la mia disabilità. Se non fossi stato cieco non avrei imperato tanto negli ultimi due anni. Non mi hanno potuto guarire, ma per un certo senso era meglio così. Vedevo più io che gli altri. Feci della mia cecità una filosofia, prendendola alla leggera in modo che anche gli altri facessero lo stesso. Non mi dispiaceva, non era nulla in confronto al dolore che avevo provato davanti a Susan Blackwood. Il problema era che io ero vivo e i miei compagni no. Io non ero riuscito a salvarli.
La versione che raccontai a Courtney era leggermente rivisitata e meno cruenta, raccontai tutto con un tono rassicurante e leggero, senza far trasparire alcun sentimento. Volevo aiutare veramente Courtney, volevo aiutare tutti quelli che percepivo infelici. Volevo aiutare la gente a sentirsi meglio e salvarla perché a quel tempo non ero riuscito a farlo con i miei amici. Volevo essere meno egoista perché il mio egoismo aveva ucciso mia madre e allontanato mio fratello. Sapevo che Sophie mi stava ascoltando e sapevo che era preoccupata per me. È come un sesto senso ultra sviluppato. Non vedevo niente ma sentivo tutto. Anche l'umore delle persone. Dipendeva dal tono della voce, dal respiro, dal battito del loro cuore, dai gesti casuali. Sapevo di aver stupito Courtney perché la sentivo mentre tratteneva il fiato. Capivo le parole nei silenzi delle persone.
Eravamo ormai giunti a terra. Courtney, dopo il racconto di Eli, si era fatta curare in silenzio ma appena scesi dal Jet, la ragazza cose via e sparì tra gli alberi verdi dell'Alaska. Le guardie fecero per seguirla ma Eli li fermò «Lasciatela stare. Quando sarà pronta tornerà. A quel punto l'accoglieremo» disse. Poi sorrise a tutti. La storia di Eli era stata orribile, anche se l'aveva raccontato tutto come se fosse accaduto ad un'altra persona. Mi chiesi se gli sorrisi di Eli fossero veri, e se in caso non lo fossero... Come sarebbe un suo vero sorriso? Mi imposi di non provare pena per lui. Era evidente che non gli piaceva, nemmeno a me piaceva, a nessuno piaceva.
Seguii gli altri entrare nella Base1 proprio mentre qualcosa precipitò dal cielo e si schiantò al suolo, tra gli alberi del bosco.
Angolo Autrice
Sopra una possibile colonna sonora di Elements? Suggerito da una gentilissima Fan ❤️.
Sapete qual è la cosa buffa di questo capitolo? È che molti di voi, mi hanno contattata privatamente dicendo "sarebbe stato interessante un POV di Eli" proprio mentre questo capitolo era già in stesura da tempo. Ho pensato "Ma che! Questi qui leggono nel pensiero?!" Giuro! Mi sono spaventata perché non è stato solo uno di voi! Ma molti! Comunque eccolo qui! Un Eli svelato, un Eli che tanto allegro e sorridente non è. Un Eli che vuole essere forte per gli altri perché vuole espiare colpe che non ha. Un Eli che non pensa che la sua cecità sia la fine del mondo.
Ora, siccome voglio capire che cosa avete capito dalla storia, da me, dai personaggi, oltre alla solita parpadella che mi scrivete, volevo fare con voi dei "momenti riflessione" in cui partiranno dibattiti più profondi. Vi dirò cosa avrei voluto farvi provare e voi mi direte cosa invece avete sentito. Voglio solo vedere se sono riuscita nei miei intenti. Oggi ovviamente parliamo di Eli Twain.
Oggi vi ho mostrato più che altro il vecchio Eli, quello che ci vedeva ancora e ho solamente accennato alla fine i pensieri del nostro attuale sorridente Eli. Questo perché in parte voglio lasciare del mistero sulla psicologia di questo personaggio. In realtà è più o meno quello che ho fatto con tutti i personaggi (esclusi James, Sophie e Jo ovviamente). Vi ho mostrato il loro passato per farvi capire come siano arrivati al presente. Quindi... Cosa pensavate di Eli prima di questo capitolo? Cosa ne pensate adesso? Cosa penserete che accadrà?
Sotto abbiamo Aprile e i fortunati nati sotto questo segno avranno a disposizione Nox. Ah! Avete notato che ho aggiunto alcune informazioni sulle persone salvate dal nostro Giustiziere?
Sotto abbiamo alcuni disegni a caso dei miei personaggi
Qui abbiamo la divisa ufficiale della B.L.C. Mmm forse tanto ufficiale non è, ma per un po' sarà così.
Detto ciò mi conviene salutarvi e sentirci tra due sabati, o anche il prossimo... Si vedrà. Il titolo sarà "Corsa" dal POV di James.
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