5. Attacco

Seguì un'altra esplosione poco lontano da dov'eravamo che fece tremare il pavimento.

Jo mi prese per il polso e iniziò a correre. Mi voltai in tempo per vedere le porte della Palestra di terra che venivano sigillate da pesanti  lastre di metallo.

Jo mi trascinava così forte che rischiai di cadere. Lei era troppo veloce per me. I miei polmoni lavoravano il doppio e i miei muscoli iniziavano a dolere.

Mentre correvamo, notai che anche le finestre venivano sigillate da lastre di metallo, seguite da un tonfo che mi mise i brividi. Mi sentivo in gabbia e nonostante non soffrissi di claustrofobia iniziai ad ansimare per il terrore. Un gruppo di persone in divisa nera, dai volti freddi, ci vennero incontro dalla parte opposta, dirette al luogo dell'esplosione. Erano rigidi, come soldati dell'esercito o come Intrepidi sotto simulazione.

Dedussi, quindi, che fossero le guardie Imperium e alla loro vista iniziai di nuovo a sospettare dell'origine del nome. Soldati controllati da un ente superiore.

Jo li ignorò.

La sentii finalmente rallentare.

Jo mi aveva portata davanti un muro vuoto, privo di porta.

Appoggiò una mano su una piccola crepa, pressoché invisibile, e immediatamente un'apertura mi comparve dinanzi.

L'interno era una sala gremita di altri scienziati che si guardavano tra loro preoccupati e agitati.

«Che sta succedendo?» chiese una donna in camice bloccando Jo.

«Non ci sono mai stati attacchi così diretti, come hanno fatto a superare le guardie e le recinzioni?» chiese nel panico un uomo dietro lei. Seguirono altri assensi e in poco tempo un fastidioso brusio si innalzò tra i presenti diffondendo sempre più panico.

Jo sembrava in difficoltà.

«Mi spiace signori, non conosco i motivi. Ma voi avete eseguito correttamente le procedure d'emergenza. Andrò a verificare il prima possibile, voi continuate a rimanere nella Stanza Sicura, lasciate i Ribelli nelle mani degli Imperium» disse Jo.

Quelle parole non sembravano tranquillizzare i vari intellettuali, ma a Jo non importò, si voltò verso di me.

«Entra» mi ordinò spingendomi dentro.
Ero troppo confusa e terrorizzata per poter reagire ad alcunché. Poi Jo ci chiuse all'interno.
In un impeto d'ansia claustrofobica, mi fiondai contro il muro e iniziai a batterlo con i pugni. Ma quello non si aprì.

«È inutile» mi disse la donna di prima. Era sulla trentina e portava i capelli scuri raccolti in uno chignon stretto. Il camice bianco sgualcito era macchiato di una sostanza verde che non identificai. «le Stanze Sicure, una volta chiuse, si aprono solamente dopo che il problema viene risolto e un Imperium sblocca le camere dalla Sala controllo.» mi disse.

«Mi stai dicendo che siamo bloccati qui dentro a fare niente? E se venissero sconfitti?» esclamai sforando con lo sguardo i loro volti, senza lasciarmi il tempo di memorizzarli.

Gli scienziati si guardarono tra loro.

«Dovremmo attendere che quelli delle altre basi ci vengano in soccorso. Ogni Base è collegata all'altra, se una è in pericolo c'è sempre l'altra base che ci soccorre.» mi informò un uomo di mezza età seduto su una sedia.

La stanza era illuminata solamente da una debole lampada pendente dal centro del soffitto, ed era spoglia, se non per qualche sedia e bottiglia d'acqua nei tavoli in fondo.

«Non si può aprire dall'interno?» chiesi.

«No, a meno che tu non sia un'Imperium. In ogni caso, ragazzina, non farti troppi problemi, sei più al sicuro qui con noi.» mi disse sempre lo stesso uomo che poco fa sembrava troppo spaventato per mettere in fila due parole.

Mi accovacciai al pavimento, con le mani tra i capelli.

Come diavolo mi sono cacciata in questa situazione? Fino a stamattina stavo bene!
Tentai di calmarmi e lasciare che il panico defluisse attraverso esercizi di respirazione, in modo che potessi riflettere sulla situazione.
Ci riuscii, così come ce la fecero gli scienziati, anche se la preoccupazione sul loro volto non svanì del tutto.

Era la cosa più razionale da fare. Calmarsi e aspettare. Ma avevo una brutta sensazione. Restarmene in quella stanza non era una soluzione.

Mi voltai verso il muro dalla quale ero entrata e gli diedi di nuovo un colpo a mano aperta. La porta mi comparve davanti, scioccando me e i presenti.

Prima che potessi solamente pensare a cosa stessi facendo mi fiondai all'esterno.

«Dove va Miss Hunter?» mi bloccò uno scienziato.

Non lo vidi nemmeno bene. Non mi chiesi come avesse fatto a riconoscermi, presa com'ero dai miei pensieri.

Replicai solamente: «Non me sto qui a fare niente.»

«Non sia incosciente!» mi rimproverò «È pericoloso là fuori.» disse.

«È pericoloso rimanere qui fermi a farsi stanare. Scappate». Strattonai il braccio per uscire.

«Non deve intralciare gli Imperium!» mi gridò dietro un altro scienziato.

Ignorandoli percorsi il corridoio alla mia destra, il più lontano possibile dall'esplosione.

I Ribelli mi volevano morta. Quindi probabilmente erano qui per me...

Non me ne sarei stata bloccata in una stanza ad attendere che mi trovassero.

Iniziai a correre a caso, senza meta, con il panico che mi assaliva impedendomi di pensare lucidamente.

Nella mia mente passavano solamente tante scene in cui venivo uccisa brutalmente, con il mio sangue che avrebbe schizzato quelle pareti bianche.

Dovevo smetterla di leggere Stephen King, quei pensieri non erano opportuni al momento.

Ad un tratto andai a sbattere contro un corpo solido, sbalzandomi a terra di sedere.

Alzai la testa, pronta a fuggire da chiunque avessi davanti. Ma era Aiden.

«Cosa ci fai qui?!» esclamò arrabbiato.

«Le porte delle Stanze Sicure si sono aperte...» cercai di giustificarmi agitandomi inutilmente.

«Lo so, qualcuno è penetrato nella Sala Controllo e le ha aperte. Saresti dovuta rimanere lì, vi stavo venendo a prendere.» mi disse afferrandomi per le spalle e fissandomi con i suoi intensi occhi blu.

Aiden strinse i denti e i pugni:«Siamo impreparati. Nessuno è mai penetrato nella Base così facilmente. E i soccorsi non stanno arrivando. Questo attacco è organizzato troppo bene, dev'essere opera di...»

«Mia?» lo interruppe una voce.

Del fumo ci innondò, circondandoci e dimezzandoci la visuale. Iniziai a tossire.

Un'ombra si materializzò nel grigio.

La sua immagine diventava sempre più distinta, mano a mano che si avvicinava.

«Ciao Ryder, è bello rivederti.» ghignò il ladro di bici, nella tenuta con cui l'avevo visto stamattina.

«É bello rivedere anche te, Mia.» disse marcando sul mio non-nome.

Mi sorrise squadrandomi come qualcosa di molto interessante. Feci un passo indietro.

Dovevo tenere a mente quel tizio mi voleva far fuori.

«Ricordami che ti devo una bici dopo che ti avrò portata via da qui» aggiunse beffardo il ragazzo, tranquillo e sorridente, completamente a suo agio.

Quelle parole mi irritarono, facendo scemare il timore nei suoi confronti. Era solo un ragazzo arrogante, dopotutto.

Aiden, al contrario di lui, era furioso e si vedeva che si tratteneva a stento dall'attaccarlo.

Era una persona differente da quello che mi si era presentato in infermeria.

Percepivo la tensione fra i due ragazzi che si guardavano male. Aiden si mise in guardia, allargando le gambe, portandosi il braccio destro davanti a sé e la mano sinistra stretta a pugno.

«Finalmente ti fai vedere, Geminus» sibilò Aiden.

«Vedo che ti sono mancato, Ryder. Spero tu sia migliorato dall'ultima volta, perchè non ho voglia di annoiarmi» lo schernì allargando entrambe le mani.

«Ora vedrai» sussurrò AIden riducendo i suoi occhi a fessure.

Indietreggiai.

James-il-ladro-di-bici rimase in piedi, avvolto dalle sue nubi nere e non si prese nemmeno la briga di imitare Aiden per lo scontro.

Si limitava a fissarlo con un ghigno spavaldo sul volto.
Aiden fece scattare il braccio destro, per poi tirarlo a sé.
Il soffitto scoppiò, facendo piovere detriti e tanta acqua sul ragazzo.
Mi tappai la bocca con entrambe le mani, stupita.

Aiden aveva fatto scoppiare le tubature, obbligandomi ad indietreggiare per pararmi da eventuali massi cadenti. Ma James aveva innalzato velocemente un muro di fuoco, che a contatto con l'acqua, provocò mare di vapore che mi offuscò la vista. Non riuscivo a vedere il palmo dal naso. A tentoni afferrai un braccio solido e muscoloso, ma prima che mi spaventassi e mollassi la presa il ragazzo mi tranquillizzò:«Restami vicino».

Era Aiden.

Distinsi la sua figura tra quel grigio perla e mi tranquillizzai leggermente. Cercai di affinare l'udito siccome la vista non era più d'aiuto, in modo da non essere presa di sorpresa, ma fu inutile perché qualcuno mi afferrò il braccio.

Urlai e cercai di divincolarmi dalla salda presa, dimenticandomi tutte le tecniche di difesa che avevo conosciuto e agitandomi all'impazzata.

Aiden accorse mollando un pugno dove doveva esserci il volto di James che mi mollò la presa.
Sarei scappata se solo avessi visto dove mettere i piedi. Il vapore mescolato al fumo non riusciva a diradarsi, il sistema di sicurezza aveva bloccato le uscite, iniziavo a soffocare.

Inciampai intontita e mi sentii svenire con la testa che iniziava a dolermi.

Comprendevo che la lotta era ancora in corso, così iniziai ad allontanarmi a tentoni, nella speranza di trovare Jo o qualcun altro che mi potesse aiutare.

«Torna qui!» sentii gridare Aiden.

Dice a me?

Qualcuno mi avvolse in un abbraccio da dietro. In un secondo momento non avevo più i piedi sulla terra ferma e il mondo si era capovolto nella nebbia. La pressione passò dal corpo alla testa.

Qualcuno mi aveva issato sulla spalla.
Iniziai a scalciare e a gridare, nel tentativo di liberarmi, ma avevo le braccia completamente bloccate dalla presa.

«Ti sei appesantita, Mia» disse la voce di James.

«Lasciami!» gridai mentre lo sentivo correre, la testa mi girava e mi stava per venire la nausea.
Il mondo balzava come una palla e il mio stomaco mal reggeva.

«Mi spiace, ma i rapitori non danno ascolto agli ostaggi strillanti. Quindi sei pregata di tacere.» disse con aria divertita.

Ma chi diavolo è questo individuo?

James saltò, facendomi perdere un battito al cuore, percependo un'ondata di calore; poi ricascò in piedi, facendomi rischiare di mozzarmi la lingua con i denti.

Una folata di vento mi fece capire che stava uscendo all'esterno.

«Lasciala subito!» sentii la voce di Aiden, alzai lo sguardo, vedendolo in piedi dietro James.

«Aiden!» eslamai.

James si voltò verso di lui, facendomi girare dalla parte esterna.

Vidi cos'avesse fatto col salto. Aveva fuso una finestra metallica. Lo stipite era sciolto e il metallo fuso gocciolava incandescente, aprendo sempre di più l'apertura.

Le sue fiamme dovevano essere veramente calde per poterlo fare.

«Perché lo dovrei fare? Lei serve a noi» disse James e avrei scommesso tutto l'oro della Gringott che stesse ghignando.

«Perché altrimenti giuro che ti ammazzo» sibilò  la voce di Aiden.

«Sì, me l'hanno promesso in tanti» sbuffò il moro. «Eppure sono ancora qui, strano, no?»

E nel momento dopo mi ritrovai  ruzzolare nell'orto che avevo visto quella mattina, bagnata fradicia e dolorante.

James, invece, era stato sparato contro un albero, mentre Aiden mi stava raggiungendo.

La mia testa girava all'impazzata e sentivo ancora il fumo ispirato prima inquinarmi i polmoni.

Le immagini si fecero sfocate.
Avevo battuto la testa?

La figura angelica di Aiden si chinò verso di me. Mi prese in braccio, mentre la mia testa si appoggiava alla sua spalla e il braccio sinistro ricadeva a penzoloni priva di forze, e sussurrò :«Resisti».

Mi tenne stretta a lui con una mano sulla schiena e l'altra sotto le ginocchia. Probabilmente in un altro caso mi sarei goduta quel momento.

Ma i miei polmoni erano ormai soffocati e il mio cervello debole per mancanza d'aria.
Così svenni. Di nuovo. Non erano passate nemmeno ventiquattro ore.

***

Qualcuno mi stava facendo la respirazione bocca a bocca.

«Apri gli occhi, ti prego» sussurrò la stessa voce che mi aveva svegliato quella stessa mattina.

«Si faccia da parte» disse una voce femminile. Sentii una pressione sotto il naso e finalmente l'aria mi entrò nei polmoni. Aprii gli occhi di scatto e mi tirai su di scatto inspirando avidamente, poi presi a tossire violentemente.

Sentivo la gola bruciare, come se avessi mandato giù un bicchiere di acido. La lingua era secca e mi lacrimavano gli occhi.

Non osavo immaginarmi in quale stato pietoso fossi.

Aiden era inginocchiato accanto a me, i capelli biondo-oro erano sporchi di fuliggine, sullo zigomo destro aveva un livido violaceo che si stava gonfiando, il braccio sinistro era ustionato, esiti del recente scontro contro James.

Quando i nostri sguardi si incrociarono sorrise: «Ehi, finalmente» disse gentilmente con una nota preoccupata.

Lo fissai finché non mi resi conto che mi aveva appena fatto la respirazione bocca a bocca.

Come al solito le mie priorità andavano riviste.

Però, mi dispiaceva che la prima volta che le nostre labbra si fossero toccate fosse stata in quella situazione tragica.

Non che avessi desiderato baciarlo.

Forse un po'... Okay, ci avevo pensato. Ma chi non lo farebbe?

Alla mia sinistra era china una signora dal viso gentile e le rughe attorno agli occhi. Era lei che mi aveva risvegliato. Mi fissava con curiosità.

«Grazie» le dissi con un debole sorriso mentre Aiden mi rimetteva in piedi.

«Non deve ringraziarmi, signorina Hunter» replicò gentilmente. «Ma le conviene ritornare in infermeria, e anche lei signor Ryder» aggiunse con rimprovero rivolta al ragazzo accanto a me.

I due mi scortarono in una stanza più grande di quella in cui mi ero risvegliata quella mattina, oltre ad essere già occupata da alcuni Imperium.

«Prendete una di queste» ci ordinò la donna passandoci un bicchiere e due pillole a testa.
Le presi incerta mentre lei andava ad occuparsi degli altri pazienti.

«È la dottoressa Margo Austin, dirige i medici di questa Base. Ma fa praticamente la maggior parte del lavoro da sola.» mi spiegò Aiden prima di ingoiare le pillole. Vidi il suo livido sgonfiarsi a vista d'occhio.

«Wow! Sono incredibili!» esclamai.

Il ragazzo mi sorrise per il mio entusiasmo:«Ma come la maggior parte delle medicine, va presa con cautela e senza esagerare. La PXZ potrebbe causare dipendenza» mi avvertì.

Fissai le due sferette bianche sul mio palmo della mano e in un gesto fluido le buttai in bocca e le ingoiai. Una scarica di energia mi attraversò il corpo. Mi sentivo come se mi avessero appena dato tutte le vite in una partita ai videogame.

«Wow!» esclamai fissandomi le mani, facendo sorridere divertito Aiden.

Guardandolo, mi ricordai del problema che ci aveva portati a ciò.

«Dov'è James?» gli chiesi.

Aiden si rabbugliò immediatamente:«È scappato.»

«Sophie!» esclamò una Jo selvatica sbucata dall' entrata e stringendomi in un abbraccio.
«Signorina Sharp, abbassi il suo tono di voce!» la rimproverò immediatamente la dottoressa Austin con alcune garze in mano, senza nemmeno alzare lo sguardo.

Jo si portò le mani alle labbra e rivolse alla dottoressa un sorriso di scuse.

«Usciamo di qui e lasciamola lavorare. Annie, fammi rapporto.» disse Aiden con tono fermo.
Jo annuì e ci portò fuori.

«I cancelli esterni sono sempre rimasti attivi e non sono minimamente stati danneggiati. Le guardie non si spiegano come sia entrato o uscito o come abbia attivato l'allarme intrusi dall'interno. Era completamente solo. Nessun aiuto esterno.

Le esplosioni sono petardi potenziati con l'elemento del fuoco, non hanno danneggiato nessuno.

«Dei tecnici ci hanno detto che alcuni dati sui nostri rapporti giornalieri sono stati aperti ma non rinchiusi. Non si sa come sia riuscito a superare i sistemi di sicurezza informatiche. Mr. Steel ha detto che poteva trattarsi di un hacker esterno. Dopotutto, i Ribelli hanno i loro informatici» spiegò Jo con tono professionale.

«Capisco. Quindi è entrato, ha attirato l'attenzione da un'altra parte, ha cercato qualcosa dai nostri computer e ha tentato di prendersi Sophie» riassunse Aiden.

Ero alquanto affascinata delle imprese di un solo individuo. E io che ero sicura ci fossero più Ribelli.

«Avete detto che è un Luogotenente, mi sembra plausibile che sia così bravo» mi ritrovai a dire.

Aiden mi guardò:«Lui è pericoloso, Sophie.»
«Sì, ma...»

«Smettiamola di parlare di lui. Vi faccio vedere cos'ha combinato con i suoi petardi» ringhiò Jo sorprendendomi.

Lo odiava così tanto?

Jo ci precedette, lasciando che rimanessi indietro con Aiden.

«Perché lo odia tanto?» chiesi al ragazzo.
«Questioni personali» affermò.

E se... James poteva essere l'ex di Jo?
Evitai di chiederlo ad alta voce, poiché mi sembrava poco opportuno in quel momento.

«Ti ho sentito chiamarlo Geminus» ricordai. «Che significa?»

«James non è l'unico luogotenente. Ne abbiamo contati sei fino ad ora e ognuno di loro ha un soprannome datoci dai loro sottostanti. James è l'unico di cui conosciamo l'identità» mi spiegò Aiden. «Non so perché lo chiamino il Geminus. Nell'antica Grecia era il primo abitante di Atene, mezzo uomo e mezzo serpente» disse sopprapensiero.

«Quindi hai definito James l'uomo-Serpente greco? » chiesi dubbiosa. Lui rise di gusto. Notai che aveva una bella risata, bassa, roca e graffiante.

«Non lo so.» ammise riprendendosi «In latino, Geminus significa doppio, forse intende che fa il doppio gioco o ha una doppia personalità o è doppiamente più odioso degli altri, io opterei per quest'ultima idea» scherzò facendomi ridere. 

Notai immediatamente alcune persone al lavoro, stavano cercando di imbiancare una parete interamente annerita. Ma non era tutto. L'esplosione aveva riempito il muro con le parole "Ve l'ho fatta, idioti!" con tanto di caricatura di un omino con linguaccia sotto.

Jo era lì davanti con i pugni stretti.

«Ci ha fregati. E ce lo siamo lasciati scappare» sibilò risentita la ragazza, fissando il muro con rabbia, mentre le parole svanivano sotto le verniciate bianche.

«Non prendertela. Non è colpa tua se è fuggito.» le dissi.

«Infatti non è sua la colpa, ma tua» disse qualcuno sprezzante.

Sollevai lo sguardo e vidi la ragazza dai capelli rossi della sala ristoro che mi fissava con quegli occhi grigio metallo taglienti e braccia conserte.

«Se non fosse stato per te, questo» e indicò la parete «E il buco accanto alla biblioteca non non esisterebbero»

Feci per rispondere a tono per il suo insensato atteggiamento scontroso nei miei confronti, ma realizzai di non avere nulla da dire.

James aveva causato quel putiferio solo perché voleva uccidermi.

No. Suonava sbagliato.

Non volevano uccidermi, James non voleva uccidermi.

Volevano rapirmi, ma perché?

Inoltre aveva avuto mille opportunità di rapirmi o uccidermi quando scappavo di casa, perché proprio ora, quando ero circondata da Imperium?

Date le sue capacità, non ci avrebbe messo molto per prendermi alla sprovvista e superare le guardie che proteggevano la mia famiglia.

La Rossa non aveva ancora terminato con la sfuriata: «Tutte queste persone a girarti intorno solamente perché hai lo stesso sangue del capo della B.L.C.!»

«Skyler smettila!» l'ammonii Jo. «Non è colpa sua. Avrebbe attaccato ugualmente prima o poi, con o senza di lei... Semplicemente noi dovevamo essere più preparati» rifletté la mia amica.

La ragazza dai capelli rossi sbuffò rumorosamente: «Voi siete degli idioti! Se non è colpa sua di chi sarebbe? Andava tutto bene finché poof!» fece un gesto teatrale con le mani «Spunta lei e arriva il Geminus che non si faceva sentire da più di due anni! Rischiamo tutti la vita per quest'idiota Popolana! Ma che gli Ignis se la prendano! Mr Barker ha un'altra nipote più capace! Cosa gliene può fregare di lei, debole com'è?!» sputò Skyler.

Aiden la prese per il braccio:«Ora basta Sky, hai superato il limite» la rimproverò.

«Mollami Aid! Sapete tutti che ho ragione!»

Una folata di vento colpì la ragazza in pieno volto come uno schiaffo, lasciandole un rivolo di sangue sulla guancia sinistra.

«Non osare mai più parlare di lei in questo modo» la minacciò Jo. Trattenni il fiato.

Le ragazze si fissarono per un lungo istante.

Sky era rimasta senza parole e stringeva i denti. Mi sarei aspettata che Skyler l'affrontasse, ma invece si voltò e se ne andò a grandi passi.
«Non ascoltarla...» iniziò Aiden.

«Un'altra nipote?» sussurrai a bassa voce, confusa.

Non ero offesa o ferita dal comportamento di Sky, come una persona normale avrebbe dovuto essere. Le sue parole mi erano scivolate addosso. Era parte di me, certe cose che coglievo avevano la priorità.

Un segnale acustico risuonò nell'orologio di Aiden e nel bracciale di Jo.

«Una chiamata da Mr. Steel, forse ci parlerà delle altre Basi che non sono arrivate in soccorso.» affermò Aiden distogliendomi dai miei pensieri. Jo si limitò ad annuire e lo seguì.

«Ehi» esclamai. «Vengo con voi!» mi affrettai a raggiungerli. Loro due mi lasciarono fare.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top