47. Il quadro

Il viaggio non lo sentii nemmeno. Sembrava che la mia mente si fosse spenta per elaborare il tutto.

Non mi stupii nemmeno per il fatto che avremmo viaggiato su un jet privato.

«Tutto okay?» mi chiese Aiden affiancandomi, pronto ad aiutarmi con la cintura di sicurezza con cui stavo avendo problemi.

«Sì, ce la posso fare.» dissi riuscendo ad allacciarmela.

«Mi dispiace per i tuoi genitori.» mi disse abbassando lo sguardo.

«Sono vivi.» mi limitai a dire spostando lo sguardo verso il finestrino.

Aiden capì che non avevo la minima voglia di parlargli e così si zittì, ma mi rimase accanto.

Quando il jet si alzò in volo, i finestrini vennero oscurati.

Man mano che il velivolo saliva, la pressione atmosferica mi tappava le orecchie.

Quando l'aereo si stabilizzò mi diedi una manata all'orecchio per stapparmele.

Aprii nuovamente il finestrino e guardai sotto, ritrovandomi sopra un mare di nuvole bianche.

Mia madre era là sotto da qualche parte, probabilmente indifesa, alla mercé dei Ribelli.

L'avevano presa per colpa mia.

Il senso di impotenza tornò ad avvolgermi il petto e la voglia di piangere iniziò nuovamente a prendermi gli occhi.

«Sophie, so che non è il momento adatto, ma ti vorrei parlare.» mi disse Aiden accanto a me.

«Scusa, Aid, ma sono stanca. Non è che me lo puoi dire quando arriviamo? Ora vorrei dormire.» dissi a bassa voce abbassando il finestrino e chiudendo gli occhi.

Aiden sembrò ferito quando mi disse: «Come vuoi» eppure a me non importava nulla in quel momento.

***

Arrivati alla Base, venni immediatamente scortata da due guardie che mi separarono dai miei amici.

A quanto pare mio nonno mi stava già aspettando.

Come fossi stata una prigioniera, le due guardie mi camminarono uno davanti e uno dietro, tenendomi strettamente sotto controllo.

Poi mi lasciarono da sola davanti a quella ormai familiare porta dell'ufficio di mio nonno.

Bussai.

Le porte davanti a me si aprirono in automatico, ma io rimasi sulla soglia, ad osservare l'interno. Individuai l'uomo che mia madre chiamava papà.

«Entra» rispose la voce di nonno Chris.

Avanzai all'interno con il cuore che batteva a mille.

Finalmente avrei avuto le conferme ai miei dubbi, risposte alle mie domande e chiarimenti su tutto ciò che era successo fino a quel momento.

Finalmente avrei capito ogni cosa.

Il velo di bugie sarebbe stato levato, mostrandomi davanti la verità.

Se avevo ragione riguardo alla B.L.C. e le mie teorie fossero risultate corrette, la verità non mi sarebbe piaciuta per niente.

Non sapevo ancora se sarei stata capace di accettarle, però le volevo ascoltare.

Andai a sedermi comodamente sulla poltrona di pelle davanti al tavolino di vetro a destra dell'ufficio.

Il nonno mi raggiunse sistemandosi su quella di fronte.

Portava una giacca da aviatore sopra una maglietta color crema, i pantaloni mimetici e gli scarponi da montagna.

Era più abbronzato di quanto ricordassi e aveva l'espressione più stanca dell'ultima volta che l'avevo visto.

Eppure, aveva ugualmente quella imponenza irraggiungibile da comandante che lo circondava costantemente come un'aura.

«Appena tornato? Com'è andato il viaggio?» chiesi.

Il nonno sorrise.

«Non ha dato i frutti che speravo. Non avevo intenzione di tornare in Europa, ma Susan Blackwood mi ha obbligato ad agire. Probabilmente ha trovato quel che cercava, quindi è necessario che ci prepariamo ad un imminente attacco» mi spiegò.

«Come fai ad esserne sicuro? E cosa cercava?» chiesi.

«Ci sono ben poche cose che non so, nipote. Controllo una vasta rete informativa e quel che Susan cerca non è un mistero.» sospirò massaggiandosi le tempie.

«Per me lo è.» affermai.

Mio nonno alzò lo sguardo per guardarmi.

«Element. Ha bisogno di più seguaci e se non può portare tutti i nostri dalla sua parte, allora ne creerà altri.» me lo disse in un modo che mi fece venire i brividi.

«Finora non ha ottenuto i progetti completi del processo verso l'Operazione per diventare Imperium, quindi non dovrebbe avere troppi seguiti. Ha ucciso l'unico uomo che poteva aiutarla in questo, dopotutto.»

«Vuole creare altri Imperium?» chiesi.

«È possibile.»

«Chi era l'uomo che ha ucciso?» chiesi.

«Susan ha ucciso un sacco di persone, ma Meng... Lui era un grande uomo. Brillante e geniale. Uno scienziato come pochi. Era la nostra risorsa migliore alla B.L.C.... Ma poi è passato dalla parte di Susan ed è stato ucciso da lei.» disse scuotendo la testa.

«Sembra che tu lo ammirassi veramente tanto.» affermai senza una particolare inflessione nel mio tono.

«È così. Era anche un mio caro amico.» sospirò.

«Se persino un tuo amico ti ha tradito, significa che la B.L.C. che guidi è molto marcia.» dissi fissandolo insistentemente.

Mio nonno non sembrò sorpreso dalla mia uscita.

«Sophie non sono io il nemico» mi disse «Non essere così dura con me»

Inarcai un sopracciglio.

«Bene allora dimmi quello che devo sapere. Dimostrami che con te sono dalla parte dei buoni» dissi mettendomi comoda con i piedi incrociati sul tavolino.

«Parla. Cosa mi hai fatto?» chiesi con tutto l'autocontrollo che possedevo.

«Credo che tu ci sia arrivata da sola» mi disse.

Nonno Chris incrociò braccia e gambe, pronto ad ascoltarmi come farebbe un professore ad un'interrogazione.

Mi montò di nuovo la rabbia, ma la contenni.

Ci pensai su, senza smettere di tenere lo sguardo fisso nei suoi occhi. Raccolsi tutte le informazioni che avevo ottenuto e cercai di ricostruire la vera storia.

Poi iniziai a parlare, cercando di descrivere un quadro completo ottenuto dai piccoli pezzi di puzzle disseminati negli ultimi due mesi e mezzo.

«Mamma ha sempre vissuto qui.» iniziai sicura.

«O almeno, durante una prima parte della sua vita.»

Nonno Chris non disse nulla per contestare, così continuai.

«In qualche modo ti ha convinto a non diventare un Imperium o semplicemente l'Operazione non è andata a buon fine, cosa a te indispensabile per affermare il tuo comando.» ero certa di avere ragione quando dissi quelle parole.

«Non ne sei stato felice, ma d'altronde avevi anche un secondo figlio su cui fare esperimenti, solo che anche a lui è andata male...» strinsi le mani a pugno mentre la mia mente rievocava l'immagine del ragazzino che era mio zio.

«E tutte queste Operazioni andate storte, cosa ti hanno fatto pensare?» chiese mio nonno indecifrabile. Intrecciò le dita sotto il mento.

«Che fosse un'Operazione diversa, un'Operazione più pericolosa.» deglutii.

«L'insuccesso con zio Thomas ti ha portato a prendere me... Ma mia madre non te l'ha permesso, per questo le hai cancellato la memoria.» affermai.

«Ti sbagli.» mi interruppe il nonno.

«Tua madre mi ha promesso la tua vita di sua spontanea volontà. In cambio di una vita tranquilla con Silas Hunter. Ma quando è arrivato il momento di consegnarti si è rifiutata. Mi ha costretto a... Mettere tuo padre in una posizione scomoda per farle mantenere la promessa.» affermò.

«Hai minacciato la vita di mio padre?» chiesi incredula e con orrore.

Mio nonno rise e scosse la testa.

«Non esattamente. Ho minacciato di dirgli la verità e la buona Theresa non voleva assolutamente che mio genero venisse a scoprire della sua vera identità.»

Boccheggiai incredula.

«Per un breve periodo della tua vita, Theresa ti veniva a trovare qui, al Centro, una volta al mese. Quel periodo in cui tuo padre era nei Marines. Il periodo del tuo addestramento»

«L'addestramento per l'Operazione. Per diventare l'Imperium che desideravi. Un Imperium che dominasse tutti gli elementi come Susan Blackwood.» affermai.

Il nonno sorrise.

«Non come lei. Qualcuno meglio di lei.

Devi sapere che l'Element ha quattro stati. Quello solido, quello liquido, quello aeriforme e quello plasma.

Inseriamo per l'Operazione una evaporazione della forma liquida che è anche la forma meno pericolosa che diventa aeriforme o plasma, a seconda dell'Element utilizzato e al come viene utilizzato.

La sua forma non cambia l'effetto.

Ma si trova e si può estrarre solo allo stato naturale, ovvero in forma solida, che è anche la più instabile oltre che più pura.

Susan Blackwood possiede l'Element allo stato naturale e ciò le permette di controllare tutti gli elementi. Solo la forma solida permette un tale raggiungimento di potere poiché rappresenta la forma più compatta e materiale. Ma ad un caro prezzo. L'Element allo stato naturale si ciba della sanità mentale e plagia anche la persona più buona al mondo.

Susan Blackwood è ormai una creatura fuori di testa e crudele.

Io volevo che potessi controllare tutti gli elementi a tuo piacimento, Sophie, senza doverci rimettere la tua sanità mentale e il tuo cuore puro.» mi spiegò pratico.

Non sembrava nemmeno che stessimo parlando di me, di una parte della mia vita. Mi sentivo così estranea da me stessa.

«Capisco.» dissi.

«Ma ti prego, continua pure. Non volevo interromperti.» affermò lui facendomi un cenno con una mano.

«Al momento della mia Operazione qualcosa andò storto, l'Element su di me non ha funzionato» dissi titubante ricordando un sogno di quello che sembrava un secolo fa.

Non dissi al nonno dell'esistenza di James nella mia infanzia. Avevo la sensazione che il nonno non ne sapesse nulla e se lo sapeva, non era l'argomento giusto di cui parlare con lui.

«Cosa andò storto? Magari io ero una cavia speciale, dopotutto mi avevi preparato per essere un Imperium di tutti gli elementi, un Imperium che avrebbe dovuto essere capace di contrastare il potere di Susan Blackwood, e forse anche proprio per questo lei mi vuole.» parlai lentamente, sottolineando ogni parola, in modo da risultare chiara.

«Non mi hai mai deluso, Sophie, sei sempre stata il mio orgoglio e stai dimostrando di essere più sveglia di quanto pensassi» si complimentò lui.

«Niente andò storto, al contrario di quel che pensavo a quel tempo.» disse il nonno.

«Prepararsi all'Operazione per accogliere l'Element significa preparare corpo e mente, in modo che si trovino in un equilibrio perfetto. Immagina la tua mente come degli ingranaggi e l'Element come l'olio lubrificante che vi scorre attraverso. Bisogna disporre gli ingranaggi in modo corretto in modo che l'olio arrivi da tutte le parti.» spiegò.

«Altrimenti l'Element potrebbe causare danni irreparabili alla mente se non si è sufficientemente preparati.»

«L'Operazione che hai subito tu ha richiesto un dosaggio maggiore dell'Element che nessun normale essere umano riuscirebbe a sopportare. Sei stata preparata fin da piccola a tale scopo.

Tua madre prima di te aveva fallito, poiché siamo arrivati in ritardo con l'Operazione. Era già troppo anziana allora e, se non avessimo proceduto immediatamente con l'Estrazione, sarebbe morta.

E tuo zio Thomas, prima di te, non è riuscito a sopportare l'Element ed è deceduto per tale motivo.

Poi è toccato a te. Credevamo che non avesse funzionato perché anche se eri sopravvissuta i tuoi poteri non riuscivano a manifestarsi.

Ma io credevo in te, sapevo che eri più forte degli altri.» mio nonno sorrise con orgoglio.

«Vedi, più grande sei e più hai la probabilità di trovare un buon equilibrio tra mente e corpo, solo che allo stesso modo non dovevamo superare il limite di età. Infatti, più si è grandi e meno probabilità di sopravvivere all'Operazione si hanno.

Anche in questo bisognava trovare l'equilibrio, comprendi quanto sia stato difficile trovare il giusto tempo? Considerando anche che ogni fase di maturazione cambia da persona a persona? Comprendi quanto sia stato difficile trovare quel momento perfetto per te?» continuò guardandomi cercando comprensione.

«Il padre di Arianne...» iniziai io cercando di non farmi coinvolgere dall'entusiasmo del capo della B.L.C.

«Thomas...» disse con dolore abbassando lo sguardo «Gli avevo detto che non era pronto ma ha voluto insistere ugualmente per l'Operazione... Non siamo riusciti nemmeno a procedere con l'Estrazione»

«E... Arianne?» chiesi «Sarebbe stata la mia sostituta? È per questo che...»

L'hai creata? Pensai

Abbassai lo sguardo.

«Lo so che potrebbe sembrare questo, ma Arianne... Arianne è il regalo che mi sono concesso per aver perso tuo zio e mia moglie.» mi disse.

«Capisco...» dissi socchiudendo gli occhi. Non sapevo se credergli veramente, ma volevo dargli il beneficio del dubbio.

«Quindi cosa andò storto con me?» chiesi.

«Come ho già detto, niente. Pensavamo che l'Operazione fosse andata a buon fine, ma tu non ti svegliavi, eri viva, respiravi, ma rimanesti incosciente. Quando ti sei svegliata hai perso il controllo, hai quasi distrutto mezza Base prima che qualcuno ti fermasse...» rispose facendo battere il mio cuore a mille.

Sentivo di sapere le risposte. Era come qualcosa che si aveva sulla punta della lingua ma che non si riusciva a ricordare e ad afferrare bene.

«Chi?» chiesi cauta.

«James Sharp» affermò il nonno.

«Ti ricorda niente?» chiese.

Sostenni il suo sguardo inespressiva.

Il nonno si concesse una breve risata.

«Certo che non ti ricorda niente. Dopotutto hai subito il Flash.»

Che rapporto avevo con James? Eravamo amici? Se è così perché ora cerca di rapirmi per portarmi da Susan Blackwood?

«Io ero euforico, avevi il controllo di tutti gli elementi!» continuò mio nonno riprendendo il discorso.

«C'ero riuscito! C'eravamo riusciti, ma in seguito non sei più riuscita a controllare niente. Era come se avessi consumato tutti i tuoi poteri in una volta, eri tornata ad essere una Popolana» nonno Chris chiuse gli occhi, come a rimembrare l'accaduto.

«Tua madre, sfruttando la situazione a mia insaputa, utilizzò il Flash su di te, e, successivamente, su sé stessa. Si creò dei falsi ricordi per te e per lei. Credo che la tua nuova memoria sia la vita che tua madre ha sempre sognato per te...»

«Non puoi restituirceli?» chiesi.

«No, dopo il Flash i tuoi ricordi vengono cancellati completamente e crearne di uguali a quelli precedenti o simili manderebbe in tilt il tuo cervello» mi spiegò scuotendo la testa.

«Non si possono proprio recuperare più?» insistetti affondando le unghie nei palmi della mia mano.

«Recuperare non proprio. Però dei frammenti rimangono. Ti è probabilmente capitato di farci dei sogni, anche se la tua mente potrebbe riempire i vuoti con l'immaginazione.»

«Capisco...» mormorai interrompendolo, delusa.

Cercai di digerire ciò che avevo appena udito.

Piano piano i pezzi del puzzle andavano al proprio posto creando un quadro inquietante pitturato da mio nonno e Susan Blackwood.

«Ti ho sempre tenuta d'occhio sai?» affermò smettendo di assecondare il mio silenzio.

Annuii senza guardarlo.

«Non ho mai accettato il fatto che l'Operazione non avesse funzionato.» aggiunse.

«Non ti sei accorta che da qualche anno ti capitano strani incidenti? Iniziamo da casa tua, hai molti problemi con le tubature, il riscaldamento... Non è così?»

In effetti... Si erano rotte così tante volte che mio padre insisteva ad aggiustarle da solo per non spendere altro denaro.

E facendo tutto da solo aveva anche risparmiato abbastanza soldi per portarci in vacanza... Ci voleva portare in vacanza.

Oh, papà...

«E che stranamente si rompono quando sei molto emotiva?» continuò pieno di aspettative, sporgendosi in avanti.

L'ultima volta... A mio padre era scoppiata una tubatura in faccia dopo che avevo letto la lettera...

Una volta Michael McGuard era stranamente cascato in una fontana dopo che mi aveva presa in giro, come se l'acqua lo avesse tirato a sé; o quando alla professoressa Green le erano volati dappertutto i test, anche se le finestre erano chiuse, dopo un'ingiustizia verso una mia compagna di classe; o anche quella volta in cui James aveva rovinato il mio primo appuntamento con Aiden. Non poteva essere stato Aiden. Lui controllava bene i suoi poteri.

«Dopo vari episodi come questi, ho mandato Joanne Sharp a tenerti d'occhio, sperando che un giorno saresti potuta ritornare da me, come ti ho sempre voluta» affermò.

La sua voce era una carezza, anche se le parole che ne uscivano mi riempivano di ansia.

Feci una smorfia.

«E sei tornata.» disse pieno di aspettative.

Lo guardai, ma non dissi niente.

«Avrai capito ormai, Sophie. I tuoi poteri si stanno risvegliando!» esclamò il nonno.

Si sporse in avanti, con l'entusiasmo che gli marcava le rughe sulla fronte. Sembrava sul punto di alzarsi e abbracciarmi, ma non lo fece.

Avrei dovuto essere elettrizzata per quelle parole. Aveva confermato i miei sospetti. Aveva dato conferma a qualcosa che avevo sempre sognato: avevo dei poteri; dei veri poteri.

Ma stranamente mi sembrava sbagliato.

«Ufficialmente tu e tua madre siete disperse, la polizia non sa da che parte cominciare» continuò pratico.

Sembrava convinto che avessi accettato tutto quello che avevamo detto e fossi pronta a ricominciare con lui.

La mia stima verso di lui diminuiva sempre più.

Mio nonno era un uomo assetato di potere che pur di giungere ai suoi obiettivi sacrificava la sua stessa famiglia.

«Quindi se rimanessi qui, al Centro, e iniziassi... A conoscerti meglio, non sarebbe un problema.» affermò mio nonno intrecciando le dita.

Mi guardava come se mi stesse proponendo un affare.

«C'è mio padre.» affermai con sicurezza.

Non desideravo minimamente restare in quell'edificio in mezzo al nulla dell'Alaska.

L'espressione sul volto di nonno Chris mutò e mi fece agitare sulla poltrona.

«Che è successo a mio padre?» chiesi nel panico e senza controllo, mentre immagini dell'incidente mi invadevano il campo visivo.

«Tuo padre è vivo...» mi tranquillizzò.

«Ma?» chiesi notando la sua voce tentennante.

«I dottori di San Francisco dicono che è fuori pericolo, ma non si è ancora svegliato.» concluse.

«Ma si sveglierà.» dissi.

«Non è una cosa così immediata.»

«Non capisco, che vuoi dire?» chiesi impaziente.

«È in coma, Sophie. Tuo padre potrebbe anche non svegliarsi mai più, per quel che ne sanno i medici.» disse duramente.

A quelle parole il mondo mi crollò addosso.

Ricascai a sedere. Non mi ero nemmeno accorta di essermi alzata.

«Ma non potete portarlo qui e guarirlo? Mi avete rimesso a nuovo!» esclamai incapace di accettare il fatto che mio padre non si sarebbe potuto risvegliare.

«Abbiamo dei limiti» cercò di spiegarmi il nonno.

«É assurdo!» borbottai.

Mi presi la testa tra le mani e fissai vuota le mie ginocchia.

Rimanemmo in silenzio finché nonno interruppe nuovamente il silenzio: «Cos'hai deciso?»

«Deciso cosa?»

«Seguirai gli allenamenti? Seguirai il percorso alla quale sei sempre stata destinata?» chiese.

Non risposi.

In cuor mio credevo che a mio nonno non importasse veramente se fossi d'accordo o meno. Voleva solo farmi credere che avessi una scelta da fare.

Era una consapevolezza che sentivo sottopelle.

Forse era la memoria residua dei miei vecchi tempi.

La mia vera infanzia doveva essere stata veramente orribile se mia madre fu costretta a riscriverla completamente.

«Ascoltami, Sophie. Tu sei l'apice del modello di essere umano della B.L.C. La tua mente ha sbloccato totalmente la sezione legata agli elementi della natura. In termini di QI sei un genio di 400 ovvero quattro volte una persona normale. È la perfezione, Sophie. E quando...»

«Ho... Ho bisogno di tempo» lo interruppi incapace di continuare ad ascoltarlo.

Mi alzai.

Mio nonno sospirò e mi sorrise. Un sorriso che non toccava gli occhi.

«Capisco. Hai bisogno di tempo.» affermò.

Iniziai a dirigermi verso l'uscita quando nonno Chris mi richiamò.

«Un ultima cosa... Susan Blackwood... É tua nonna»

Con sua grande sorpresa, sorrisi per la prima volta da quando mi ero risvegliata dall'incidente.

«Ci ero arrivata» e con questo lo lasciai.

***

Venni scortata dalle guardie di prima. Sembravano già sapere dove portarmi.

Li guardai di sottecchi, ma nessuno dei due mi restituì lo sguardo.

Entrambi si fermarono quando avevo già perso da tempo l'orientamento.

Davanti a me c'era una porta solitaria in mezzo ad un corridoio altrettanto solitario. Era come se quel luogo fosse una zona parallela al resto del mondo; una sorta di tasca dimensionale verso la tranquillità e il silenzio.

La porta di fronte a me era la prima che avessi visto con maniglia e serratura della B.L.C. e il suo colore azzurrino dava un leggero tocco di colore.

Di fronte alla porta, sul lato opposto del corridoio, c'erano due telecamere rotanti che nemmeno avevano tentato di nascondere.

«La sua stanza, Miss Sophie.» mi disse la guardia alla mia destra.

«La mia stanza?» chiesi.

«È rimasta così com'è da quando la usava quattro anni fa.» aggiunse l'altro.

Guardai alla mia destra e poi alla mia sinistra. Il corridoio era più stretto degli altri e si estendeva in una notevole lunghezza. Alle estremità di entrambi si potevano vedere due finestre perfettamente simmetriche tra loro.

Tornai a guardare la porta.

Più che camera mi dava l'aria di essere una prigione. Una prigione speciale.

Allungai una mano e abbassai la maniglia della porta. Essa non cigolò come mi aspettavo, al contrario, si aprì normalmente. Incredibilmente normale.

Dalla stanza non uscì niente, nemmeno una folata di aria fredda o calda e nemmeno strani odori.

Appena entrai, le luci si accesero in automatico.

Dovevo ammetterlo, l'interno era veramente carino. Sembrava una mini-suite di un hotel.

Davanti a me si estendeva un grande letto matrimoniale coperto da lenzuola di un tenue color crema. Sopra ad esso, sul muro, seguiva una libreria a forma d'arco, piena di libri di diversi colori. Essa si estendeva anche fin sopra il mobilio di legno accanto al letto.

A destra di questo si trovava una porta che conduceva ad una cabina armadio piena di abiti di una ragazzina. Quando entrai percepii un pesante odore di chiuso, eppure gli abiti non sembravano particolarmente rovinati.

Passai le dita tra le grucce. La maggior parte dei vestiti era a maniche lunghe. Molti di essi erano uguali gli uni dagli altri, pochi abiti praticamente nuovi. Non c'era un vero e proprio stile. Erano stati selezionati per la comodità e per il buon tessuto.

L'altra porta della stanza, quella a destra dell'entrata portava ad un piccolo bagno, lucido e pieno di luci accecanti e parallelo ad esso c'era una finestra che dava su una Serra piena di piante di vario tipo. Uno scorcio di un Paradiso terrestre. La maggior parte della Serra era ostruita dal muro e dalle fronde di un grande albero proprio davanti alla finestra e probabilmente nascondeva la camera dalla dalle persone che frequentavano quel posto là sotto.

Sembrava tutto più piccolo, sicuramente perché ero cresciuta, ma non c'erano dubbi: quella era la stessa camera della mia visione indotta dall'ipnosi con Amber. Quella era la stessa finestra sulla quale, anni prima, si era appollaiato un ragazzino che mi si era presentato con il nome di James Sharp. La stessa persona che aveva abbandonato brutalmente la sorella minore e aveva intenzione di rapirmi.

«La chiave, Miss Sophie.» affermò la guardia che era rimasta fuori dalla porta.

Sopra il suo palmo aperto, splendeva lucido una piccola chiave di metallo alla quale estremità era legata un nodo di plastica.

La presi e me la lasciai girare tra le mani, ma non ebbi alcun flashback.

«Grazie. Rimarrò a riposare qui per un po'.» affermai senza guardare la guardia. Poi gli chiusi la porta in faccia.

Mi diressi verso il letto, notando in quel momento un bigliettino sul copriletto.

Lo presi e lo aprii e ci lessi due parole: Buon Compleanno.

Non era firmato e non riconoscevo la calligrafia, ma neanche mi importava da chi venisse. Mi sembrò solo una gran presa in giro.

Mi era crollato il mondo addosso e il mio compleanno era proprio l'ultima cosa che mi interessava.

Lo strappai e lo gettai alle mie spalle, poi mi feci cadere di schiena sul letto.

Era morbido e decisamente più comodo del mio a casa mia. Eppure, preferivo di gran lunga quello di San Francisco.

Alzai la chiave, facendo oscillare l'anello del nodo di plastica sull'indice.

La chiave penzolava sopra di me, ipnotica.

Ripercorsi con la mente l'intera conversazione con il nonno.

Susan Blackwood, la donna che aveva mandato James Sharp a rapirmi era mia nonna e non era la stessa donna che aveva dato alla luce lo zio Thomas e di conseguenza Arianne.

Non riuscivo veramente a figurarmela.

Il nonno aveva detto che l'Element l'aveva plagiata nella malvagità pura, ma potevo credergli? Se fosse veramente così allora mia madre... Non avrebbe mai fatto del male alla sua stessa figlia, no? Forse era possibile trattare con lei... Forse il nonno voleva solo che stessi dalla sua parte.

Ma i Ribelli non potevano essere tanto meglio della B.L.C. Se lo fossero stati non avrebbero causato l'incidente e non avrebbero preso mia madre.

L'immagine dell'incidente mi si parò nuovamente di fronte.

Oh, mamma... Voglio solo che torni da me.

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