37. Fuori dall'acqua

Iniziammo a trascinarci fuori dall'acqua. Non avevo nemmeno la forza di sollevare i piedi.

All'ultimo inciampai ma Aiden mi afferrò al volo per la vita.

«Oh, grazie.» mormorai senza sollevare lo sguardo.

Troppo esausta e ancora perplessa per tutto ciò che era appena successo.

Mi voltai ancora indietro, sul fiume, mentre Stephen e Aiden si apprestavano ad asciugare gli altri.

Sagome umane galleggiavano prive di vita sulla superficie del fiume, illuminate anch'esse dalle luci notturne.

Erano le vittime della B.L.C. I Ribelli che erano stati sconfitti. I corpi trascinati dalla corrente.

«Ragazzi... Quei... Loro...» faticavo persino a concepire le parole.

Non avevo nemmeno accettato che fossero veri e propri cadaveri, che un attimo prima erano vivi e vegeti, finché i ragazzi accanto a me non avevano fatto il lavoro sporco.

«Non ti preoccupare. Se ne occuperà la B.L.C.» disse Skyler.

«Abbiamo qualcuno dei nostri infiltrati tra le forze dell'ordine. Solitamente aiutano a mantenere segrete le attività della B.L.C.» spiegò Stephen passandosi una mano tra i capelli argentei ormai asciutti. Sembrava persino annoiato di avermi dovuto dare spiegazioni.

«Torniamo a casa?» chiese Kym accovacciandosi a terra.

Sembrava triste e abbattuta con la testa incassata tra le braccia.

La sua ragazza si avvicinò a lei e iniziò ad accarezzarle la schiena.

«L'ho sempre detto che sei una pappamolla, Kym. Come tu sia stata scelta inizialmente per entrare nell'Élite non lo capirò mai.» scherzò Heron.

«Kym è tra le Imperium di terra più forti della nostra generazione. Mi sembra ovvio che abbiano voluto lei per prima.» intervenne fieramente Lynette in difesa. «Senza offesa per voi due, sia chiaro.» aggiunse rivolta a Seth e Sky.

«Anche noi siamo stati scelti. Abbiamo lavorato sodo per venire inseriti nell'Élite. C'è un motivo se alla fine siamo noi quelli della terra nel gruppo e non lei.» si infuriò Skyler a pugni stretti.

«Sky. Lynette non voleva offenderci. Datti una calmata.» intervenne proprio Seth per fermarla.

«Non sopporto quando pensano che non ci siamo meritati questi posti. Non sarò stata allenata al Centro, ma mi sono sempre impegnata...»

«Lo sappiamo Sky. Adesso basta.» intervenne pure Aiden.

Fermata ancora prima di accendersi del tutto. Costretta a soffocare le sue emozioni e i suoi pensieri.

Skyler sbuffò e si voltò per andarsene.

«Skyler ha ragione. Anche se inizialmente sono stata scelto io. Alla fine, ci siete voi perché non sono stata abbastanza forte da seguire quel regime d'allenamento.» intervenne Kym. Si aggiustò gli occhiali sul naso, i quali, miracolosamente non si erano rotti nel trambusto.

«Quindi siete infiltrati nella società?» chiesi perplessa.

«Solo per alcuni casi necessari. Questo non vuol dire che ogni poliziotto che incontrerai potrebbe essere un membro della B.L.C.» rispose Aiden con un sorrisetto.

«È ora di tornare alla Base a fare rapporto.» commentò Stephen facendosi strada verso il furgone.

«Perché sei entrata?» si informò Aiden, una volta che ci fummo avviati tutti. Si era attardato in ultima fila con me.

«Oh! Il Consigliere Moose aveva ordinato di uscire e sembrava che voi non aveste ricevuto il messaggio... Così ho pensato che foste in pericolo e che...»

«Moose deve esser stato informato di Kade.» sospirò il ragazzo interrompendomi, completamente esausto.

Nessun rimprovero.

Salimmo tutti sul furgone e partimmo, tutti troppo stanchi anche solo per fiatare.

***

Una volta alla Base 8 i ragazzi si diressero nell'ufficio del Consigliere per fare rapporto.

Jo rimase con me e mi portò a prendere una tisana per calmarmi.

A quell'ora, c'erano ancora lavoratori in attività che sorseggiavano un caffè nella sala ristoro di quel pomeriggio.

Ci ignorarono quando entrammo e prendemmo posto.

«Tua madre non ti ha chiamato? Mi sembra strano che non si sia ancora lamentata.» commentò Jo per fare conversazione.

Ma alle sue parole sbiancai.

Non ebbi nemmeno il coraggio di tirare fuori il telefono dalla tasca.

«Oh, non hai controllato.» realizzò Jo.

Non spiccicai parola.

«Guarda che è peggio.»

Dimmi qualcosa che non so!

«Sof...»

Con mani tremanti tirai fuori il telefono, prima di realizzare che non funzionava più.

Era completamente fuso.

«Rotto.» mormorai.

Jo mi sfilò il telefono dalle mani e lo controllò.

«Rotto.» ripeté.

«È quel che ho detto.»

«Ma se lo dico io è più vero.» scherzò. Però il sorrisetto sarcastico scomparve in fretta quando notò la mia faccia da funerale.

«Eddai! Lo facciamo aggiustare. È tutto okay. Dopotutto sono solo le undici e mezza. Ci metteranno dieci minuti ad aggiustarlo e migliorarlo.» mi consolò Jo.

Detto ciò mi prese per il braccio e prima che arrivassero le tazze di tisane, mi ritrovai a correre per i corridoi.

Non controllai nemmeno dove stavamo andando, troppo occupata a non inciampare sui miei stessi piedi.

Jo ignorò ogni mia richiesta di fermarsi.

Ormai non avevo più fiato quando arrivammo davanti ad una delle tante porte contrassegnate con un numero.

«Sono i dormitori.» mi spiegò Jo prima di bussare violentemente sulla porta contrassegnata con il numero 084.

«Ayleeeeen! Ayleeeeeen!» gridò.

La porta si aprì quasi immediatamente, scorrendo di lato.

«Non gridare! Sono sveglia!» esclamò la giovane indiana dalla lunga treccia scura.

Aylen indossava una vestaglia bianca e rossa che le arrivava fino alle caviglie, ma agli occhi aveva un paio di occhialini con diverse lenti sopra.

Facevano molto effetto steampunk, ancora di più se fossero stati anche in ottone. Peccato che sembravano totalmente metallizzati.

«Sapevo che ti avrei trovata a inventare qualche gingillo.» commentò Jo con un enorme sorrisone ed energia comparsa dal nulla.

Io ero esausta.

«Ssssh abbassa la voce! Lo sai che non sono autorizzata a trattenere il materiale fuori dai laboratori!» esclamò Aylen disperata.

«Okay, Okay. Mi serve aiuto. Non è che puoi dare un'occhiata questo?» Jo le mostrò il telefono, abbassando decisamente il tono della voce.

«Un telefono? Vuoi che ci piazzi una cimice? Un localizzatore istantaneo? Oh! Lo so! Un esplosivo!»

Si entusiasmò immediatamente Aylen come una bambina alla quale era stato promesso di andare al parco giochi.

Mi immaginai con il mio telefono. Mi immaginai mentre rispondevo alle chiamate e quello mi scoppiava in faccia. Rabbrividii.

«No. Ci serve che lo aggiusti e che apporti le migliorie recenti. Come quelle che avete apportato al mio l'ultima volta che siamo venuti.» si affrettò a dire Jo unendo le mani in segno di preghiera.

«Oh» Aylen sembrava delusa dalla proposta.

«Non c'è problema, entrate pure. Darò un'occhiata e non dovrei metterci più di mezz'oretta.» sorrise gentilmente.

Una volta dentro, la ragazza si mise immediatamente al lavoro, senza lamentarsi e senza chiedere nulla in cambio.

Prese il compito di aggiustarmi il telefono, non come favore, ma piuttosto come sfida personale.

La sua voce melliflua riempiva la stanza mentre lavorava e intratteneva intere conversazioni con Jo senza mai distrarsi dal lavoro.

Da parte mia non uscì una sola parola. Non sapevo se era per stanchezza o solo perché quella ragazza mi sembrava così perfetta e gentile da farmi provare invidia.

«Come sta Aiden?» chiese ad un tratto Aylen.

Jo era intenta a giocare distrattamente con il cubo di Rubik preso dal comodino dell'amica e alle parole di Aylen si fermò.

«Se la sta cavando bene, come al solito.» disse. Poi lasciò uno sguardo fugace verso di me.

«Bene...» rispose Aylen.

Riprese poi ad aggiustare il mio telefono. In silenzio.

«Hai trentasei chiamate senza risposta e cinquantatré messaggi.» affermò Aylen consegnandomi il telefono dopo avermi spiegato tutte le nuove funzioni.

Non avevo seguito le sue istruzioni, poiché ero mezza addormentata, ma sapere di avere tante chiamate e messaggi persi mi destò dalla mia sonnolenza.

«Sono più morta o defunta?» chiesi voltandomi verso Jo.

«Direi defunta.» commentò Jo con un sorrisetto divertito.

Brutta stronza.

«Non sono la stessa cosa?» chiese perplessa Aylen.

«Non importa sono morta in tutti i casi. Via il dente, via il dolore.» presi coraggio prendendo il telefono e chiamando nell'immediato prima di perdere tutta quella determinazione momentanea.

Mia madre rispose immediatamente. Non ero nemmeno sicura di aver sentito un solo squillo.

«Oh, quindi ti sei ricordata di avere una famiglia.» fu il commento di mia madre.

Se si era messa a fare del sarcasmo con quel finto tono noncurante significava che era più che furibonda.

Deglutii.

Cercai di fermare la tremarella e gambe.

«Mamma, sono rimasta a dormire da Jo. Lo sai che abita lontano e....»

«NON PROPINARE SCUSE! TORNERAI IMMEDIATAMENTE A CASA E....» ma non finì mai la frase iniziata perché le attaccai il telefono in faccia, condannandomi definitivamente a morte.

«Devo tornare a casa.» dissi rivolta a Jo.

«Sei pazza?» chiese lei giustamente.

«Probabile. So per certo che più il tempo passa, più si arrabbierà. Diciamo pure che la sua rabbia nei miei confronti è direttamente proporzionale al tempo che passa per covarla. E poi, forse, a quest'ora tarda si tratterrà di più per non disturbare i vicini.» affermai per nulla convinta.

Senza attendere risposta mi alzai e mi diressi verso la porta. Ogni passo mi sembrava un modo per accorciare la mia vita.

Appena fuori mi imbattei in Stephen con la mano alzata pronta per bussare.

«Oh, eravate qui. Aiden non capiva perché non rispondessi, Joanne.» commentò ignorando me che ero davanti a lui.

«Ero qui per chiedere a Aylen se sapesse di alcune camere libere per voi. So che è un periodo pienotto per i dormitori.» commentò.

«Io torno a casa.» dissi. «Sono certa che un'organizzazione attrezzata come la vostra ha anche gente che esegue turni notturni. Potete portarmi a casa.» affermai.

Solo dopo che tali parole uscirono dalla mia bocca notai con quanta arroganza le avessi dette.

Chi ero io per decidere tutto ciò? Il mondo non girava attorno a me.

Ma Stephen non sembrò offeso. Piuttosto era sorpreso.

«Sono certo che ci siano operatori a quest'ora. Ma non puoi muoverti senza la tua scorta personale, ovvero Joanne e gli altri. E se anche tu non avessi bisogno di riposo, sono certo che gli altri ne abbiano bisogno, anche se sono Élite.

Senza contare che San Francisco non è dietro l'angolo e noi non disponiamo ancora di portali.» mi disse dedicandomi un sinistro sorrisetto.

Arrossii.

Convinto di avermi zittita per bene Stephen si fece da parte per invitarmi ad uscire.

«Se ora permetti, ti accompagno nella tua stanza, Aylen sai se...»

«Ho appena controllato, quelle che avevano usato l'altra volta sono libere e per Sophie c'è la 069 o la 070» rispose prontamente riponendo il portatile.

«Sempre vuota la 069, eh? Fortuna che la 070 è vuota.» ridacchiò Stephen. La sua risata aveva qualcosa che metteva i brividi.

Trasudava di sadismo, come se qualunque cosa terribile fosse in qualche modo affascinante per lui.

«Puoi sempre dormire con me.» commentò Jo affiancandomi.

«Abbiamo letti da una piazza, Joanne. Non siamo mica alla Base 5 con i vostri letti super confort.» ricordò Stephen.

«Sempre ad impicciarti, Martin.» replicò seccata la mia amica.

Aylen ci salutò tutti e tre con un abbraccio non necessario prima di dedicarsi nuovamente ai suoi progetti.

Io e Jo seguimmo diligentemente Stephen giù per le scale e finimmo in un nuovo corridoio identico all'altro, illuminato da fastidiose luci al neon.

«Che ha che non va la stanza 069?» chiesi quando ci passammo davanti.

«Dovevi proprio chiederglielo?» sbuffò Jo alzando gli occhi al cielo.

«È infestata.» rispose immediatamente Stephen, stranamente eccitato.

Raggiunse un box che aprì con la sua tessera magnetica. All'interno vi erano appese alcune tessere con il numero delle stanze indicate sopra. Gli spazi vuoti erano occupati da una lucina rossa. Presumibilmente si trattava di stanze già occupate.

Prese il numero 074 e il 073 e li consegnò a Jo.

«Quando trovi Seth daglielo. Gli altri sembrano già nelle loro stanze.»

Stephen afferrò anche il numero 070 per consegnarlo a me.

Nel box rimase solo la tessera 069, solitaria in mezzo a tante luci rosse.

«Non voglio ascoltare di nuovo quella storia, vado da Seth. 'Notte» canticchiò Jo mentre si allontanava facendo fluttuare in una sfera d'aria le due tessere.

«Infestata da cosa?» ripresi mentre Stephen chiudeva il Box.

«Lo vuoi veramente sapere?» il sorrisetto del ragazzo non prometteva nulla di buono ma la mia curiosità mi fece annuire.

«Quando nacque la B.L.C., la Base 8 era la meno popolata. Era l'ultima ad essere nata e siccome l'organizzazione non contava ancora molti membri, non c'era un'equilibrata distribuzione tra le Basi.» iniziò Stephen appoggiandosi con la schiena al muro. Si infilò le mani in tasca e posò lo sguardo sulla porta della camera davanti a lui.

«Anche se non c'era molta gente, era necessario che fosse pulita e accogliente. Così il Consigliere di allora assunse un ingegnere di robotica perché inventasse dei robot autonomi che pulissero il luogo. All'epoca, anche per la cara Brain Limitless Company era una novità qualcosa del genere.» spiegò.

Annuii.

«Questo ingegnere inventò un prototipo che però aveva bisogno di essere telecomandato. Ne andava molto fiero e così mandava il robot per tutta la Base a pulire.»

«Mi sembra tanto un'idiozia» non potei non dire.

«Fammi finire.» insistette Stephen.

«L'ingegnere riposava proprio nella stanza 069 e il corridoio di questo piano e quello sotto erano completamente vuoti. Era il solo a dormire da questa parte. Una notte, venne svegliato da un continuo bussare alla porta automatica.» la voce di Stephen si era fatta più bassa e flebile. Il suo sguardo più serio.

Mi mossi nervosamente da un piede all'altro.

«Quando uscì si ritrovò solo nel bel mezzo di un corridoio vuoto. Pensando che si trattasse di uno scherzo ritornò a dormire. Ma il bussare non cessò. Proseguì ogni notte, facendo passare notti insonni al povero ingegnere il quale non riusciva più a far bene il suo lavoro e veniva accusato di essere paranoico. Una notte un suo amico decise di dormire nella stanza accanto per rassicurarlo.» Stephen si incamminò verso la porta 069.

«L'amico quella notte sentì un basso ronzio venire fuori dalla sua porta ma quando uscì non trovò niente. Lui non sentì il bussare incessante alla porta dell'ingegnere, quindi non gli credette quando la mattina dopo l'ingegnere diede di matto. La notte seguente, l'ingegnere attese sulla soglia della porta. E quella fu la sua ultima notte.» sorrise.

«Quella notte l'ingegnere gridò fuori la sua anima, ma nessuno nella base lo udì. Nemmeno l'eco giunse agli altri. Il suo cadavere venne ritrovato sulla soglia della porta una settimana dopo, con la gola squarciata da un rasoio. I lembi di carne macchiavano i vestiti candidi che aveva addosso e spiccavano macabramente. Il robot inventato dall'ingegnere non venne più ritrovato.

Da allora ogni persona che ha dormito in quella stanza, dichiara di aver sentito il bussare alla porta e ogni volta non c'era nessuno fuori.» concluse.

«È un'idiozia.» ripetei riscuotendomi dall'inquietudine.

«Dici?»

«Mi stai dicendo che è il suo robot che l'ha ucciso?» sbuffai.

«Non ho detto questo.» commentò Stephen. Poi iniziò a ridere apertamente. Una risata roca che metteva i brividi.

«Buonanotte, Sophie Hunter.» disse tra una risata e l'altra prima di allontanarsi.

Lanciai un'occhiata sul numero 069 mentre la mia fantasia correva all'immagine di un cadavere sanguinolento strisciare fuori da esso. Rabbrividii ed entrai nella stanza accanto, pronta a dimenticarmi la storia e dormire.

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