35. Guardare ma non agire
Decisi di approfittare delle due orette libere, in attesa che gli altri si preparassero, per andare a salutare Arianne.
Quella ragazzina aveva attraversato gli Stati per conoscermi e mi sembrava scorretto andarmene senza nemmeno avvertirla.
Speravo anche di incrociare Amber Keller. Avrei voluto parlare con lei perché sembrava una delle poche persone disposte a dirmi qualcosa.
Perché quelli che mi stanno accanto non mi parlano? Come pretendono che li ascolti incondizionatamente se mi dicono la metà di quello che voglio sapere? Invece quelli che parlano sono sempre introvabili.
Nel tentativo di cercare le stanze degli Iniziati, mi persi.
Nonostante le varie indicazioni e mappe sui muri continuavo a smarrirmi.
Iniziai a pensare di tornare indietro ma anche quell'opzione era andata perduta dal momento che non sapevo dove mi trovassi.
Mi fermai davanti ad un'altra mappa e iniziai a fare mente locale, mentre diverse persone percorrevano il corridoio ignorandomi del tutto.
Mi misi una mano sotto il mento e fissai il punto "tu sei qui" della piantina.
Ero sicuramente nel polmone giusto della Base, ma restava il fatto che non sapessi dove stesse di preciso Arianne e che quella base era molto grande.
Mi meravigliai che non ci fossero quei fantastici sedili che mi aveva mostrato Jo alla Base 5. Magari c'erano ma io non sapevo dove si trovavano.
Individuai una palestra del fuoco e provai a tracciarmi il percorso da dov'ero.
Mi voltai, pronta per prendere il corridoio dalla quale ero venuta e per poco non venni travolta da un ragazzino in fuga.
Mi spostai appena in tempo.
«Fate largo!» gridava quel biondino causando altrettanti problemi tra gli altri membri.
Alcuni scienziati gli urlarono dietro.
«Rubinetto! Fermo lì!» esclamò una vocina acuta.
Arianne stava correndo con entrambe le mani sull'elsa di una lunga spada e causava altrettanto trambusto.
«Ehi! Ferma!» esclamai preoccupata.
Non so quale coraggio mi fece parare di fronte alla bambina.
Il mio corpo si mosse da solo.
Sfruttando il suo slancio riuscii a farle perdere l'equilibrio e a farle cadere la lama a terra.
Acchiappai Arianne per la giacca prima che cadesse e si facesse male.
Fui la prima a sorprendermi di essere stata tanto brava.
Ero comunque campionessa di diversi tornei d'arti marziali, dovevo smettere di sottovalutarmi.
«Sei impazzita a rincorrere qualcuno con quella cosa? Avresti potuto farti male» la rimproverai.
Arianne mi guardò prima confusa e poi sorridente.
«Sophie!» esclamò tutta allegra come se non l'avessi appena rimproverata.
«Ary, perché diamine vai in giro con una cosa così pericolosa!» esclamai scandalizzata puntando un dito contro l'arma a terra.
«In che senso perché?» chiese innocentemente raccoglierla. «La usavo per minacciare Rubinetto» commentò convinta puntando un dito dietro di me.
Il ragazzino che prima mi aveva quasi travolto era stato acciuffato da alcune guardie per il colletto della giacca e stava cercando di spiegare perché stesse correndo come un pazzo. Ma udendo l'appellativo di Arianne si girò nella nostra direzione.
«Non puoi andare in giro a minacciare altri con un'arma.» affermai. Poi pensai alle mie parole e riformulai: «Non puoi avere un'arma a prescindere!»
«Ma è normale amministrazione» protestò lei con un broncio, come se le avessi negato un giocattolo.
«Normale amministrazione un corno! Non puoi portare le armi fuori dall'armeria senza permesso!» intervenne il ragazzino biondo, ma venne poi ripreso dalla guardia che non aveva finito di rimproverarlo.
«Dammi la spada, Ary. La rimetto a posto. Ora raggiungi il tuo amico e tornate a lezione o a quel che dovete fare»
«Non è mio amico» esclamò lei proprio mentre il ragazzino diceva: «Non è mia amica»
Alzai gli occhi al cielo.
«Okay, come volete» acconsentii mentre Arianne mi consegnava la spada riluttante.
«Oh, comunque ero venuta a salutarti Ary. Sto per partire per una missione» le dissi senza riuscire a trattenere un filo di emozione.
«Sul serio?» esclamò stupita e anche un po' scettica.
Non era la reazione che mi aspettavo.
Avevo immaginato più entusiasmo da parte sua. Ma era abbastanza ovvio che fosse stata quella la sua reazione. Io non avevo poteri.
«Probabilmente sarà qualcosa di sobrio» mi affrettai ad aggiungere.
Poi pensai che non dovevo alcuna spiegazione ad una bambina di dieci anni.
«è ora di andare bimbi pestiferi» riprese l'uomo che aveva smesso di sgridare il biondino. Lo trascinò per un gomito e stesso fece con Arianne quando le passò accanto.
Mi fece un cenno educato di saluto e iniziò ad allontanarsi mentre Arianne mi salutava con la mano libera ed un enorme sorriso.
Quando sparirono dalla visuale guardai la spada che avevo in mano, un fioretto più che altro, e dissi fra me e me: «E ora che ci faccio con questa?»
***
Dopo aver vagato un po' e rinunciato al mio orgoglio chiedendo indicazioni a dei membri di quella Base, riuscii a raggiungere il Bunker.
Decisi di non avventurarmi mai più per una base da sola. Era peggio di un centro commerciale.
«Oh! Eccola qui! Pensavamo ti fossi persa» esclamò Heron che fu il primo a scorgermi quando finalmente trovai la strada giusta.
Evitai di rispondere che effettivamente mi ero persa.
Loro stavano aspettando tutti davanti ad un furgone blindato con il logo della B.L.C. chiaro sulla portiera scorrevole, parcheggiato appena fuori l'uscio della porta dalla quale ero sbucata.
All'appello mancavano però ancora Skyler, Seth e il tipo mezzo rasato, Stephen.
Tutti quelli che hanno il nome che inizia per S!
Accidenti mente contorta! Non è il momento per pensieri insensati.
«Tieni, mettiti questa» si avvicinò a me Jo allungandomi dei vestiti.
«è la divisa che in genere mettiamo tutti quando andiamo in missione» mi disse mentre la prendevo tra le mani.
Mi accorsi solo allora che indossavano tutti la stessa tenuta nera. La divisa consisteva pressoché in una giacca che al tocco sembrava fatto di un misto tra pelle e materiale impermeabile, fermata da una spessa cintura dalla quale era possibile appendere foderi di qualsiasi lama. Aveva molte tasche, così come anche i pantaloni, ma non si vedevano tanto erano aderenti. Per finire c'erano gli anfibi.
I guerrieri e soldati indossavano sempre gli anfibi.
Scoprii che le tre S stavano attendendo sul furgone, che gli altri mi avevano gentilmente offerto per cambiarmi d'abito. I tre ragazzi scesero con un gran malcontento da parte di Skyler.
Mi emozionai all'idea che la giacca avesse veramente un sacco di tasche nascoste anche all'interno. Avevo un debole per certe cose, come adoravo anche gli armadi e i mobili con tanti cassetti. L'emozione venne meno quando realizzai quanto quegli indumenti mi si appiccicassero addosso. Non mi sentivo per nulla a mio agio. Ero sempre stata abituata a mettermi abiti larghi o felpe comode e giganti. Inoltre, la stella bianca a quattro punte rappresentante il logo della B.L.C. sul braccio mi sembrava troppo appariscente. Era come se mi avessero etichettata.
E infine, gli anfibi erano pesantissimi, soprattutto per le punte rinforzate di metallo.
Uscii dal furgoncino con quegli abiti fin troppo aderenti incrociando le braccia davanti a me, imbarazzata.
Heron fischiò e il suono si sentì così chiaramente in quell'enorme atrio che echeggiò.
Sentii il mio viso in fiamme, soprattutto dopo aver notato lo sguardo di Aiden che mi percorreva.
«Forse ha una taglia in meno...» mormorai per spezzare l'imbarazzo. Ovviamente non funzionò.
«Non dire sciocchezze, stai benissimo.» esclamò Jo avvicinandosi a me.
«E poi ora sei la più carina del gruppo, so per certo che non saremo noi i primi a morire. Sai com'è, in un film horror saresti la preda preferita.» commentò inopportunamente Stephen Martin.
«Testa quadra!» esclamò Lynette colpendo la nuca del suo leader.
«Ahia!» brontolò il ragazzo spezzando ufficialmente quel velo imbarazzante.
Ma la tranquillità non durò molto perché mentre salivamo tutti sul furgone e Aiden mi offriva una mano, lo vidi minare con le labbra: «Sei bellissima.»
Maledetto! Non prendermi così di sprovvista!
***
Forse era un mio problema d'attenzione ma ogni volta che mi trovavo in un mezzo oscillante che viaggiava lontano, mi veniva sonno. E ciò, nonostante l'ansia e la curiosità.
Mi risvegliai quando eravamo quasi arrivati a Providence. Avevo il collo dolorante per la strana piega che aveva preso quando mi ero addormentata.
Mi stropicciai tutta e nel farlo notai Skyler alzare gli occhi al cielo. Proprio non mi sopportava. E pensare che dopo quello che era successo con quegli Ignis pensavo che avessimo legato almeno un po'.
Evidentemente mi ero solamente fatta delle illusioni.
Ma oramai ci avevo fatto l'abitudine. Non mi dava più tutto questo fastidio.
«Bentornata dal mondo dei sogni.» mi sorrise invece Aiden.
Per un attimo mi sembrò un dejà vu.
Erano le prime parole che mi aveva detto e io ebbi la stessa reazione che ebbi quella volta: rimasi senza fiato.
Testa piegata di lato, occhi blu che rilucevano nonostante fosse controluce e quella particolare aureola dorata che si portava dietro. Aiden era quel tipo di bellezza che quasi faticavi a guardare, così distolsi lo sguardo imbarazzata.
«Grazie.» mormorai.
Fortunatamente l'auto si fermò e Heron annunciò felicemente che eravamo giunti a destinazione.
Il ragazzo scese dal posto del guidatore e fece il giro per salire dietro, mentre Stephen chiudeva la finestrella che ci permetteva di comunicare con l'autista.
Venimmo immersi nel buio ma presto alcuni terminali comparsi dalla parete che, fino a poco prima, sembrava perfettamente normale, illuminarono spettralmente i volti dei presenti.
Eravamo tutti più vicini di quanto pensassi, creando una sorta di claustrofobia in me.
Ma a quanto pare ero l'unica a preoccuparsi perché tutti erano presi da quello che lo schermo mostrava.
Diverse case in stile ottocento disposte a schiera, affacciati su una stradina che aveva come altro lato il fiume.
Noi eravamo appostati dall'altra parte del corso d'acqua.
«Dunque, ragazzi, la casa in questione è questa qui, la numero 216, è l'obiettivo. Siamo ormai certi che sia un Rifugio di Ribelli. Non sappiamo ancora a quale Luogotenente appartengano. Ma si suppone, come già detto prima di partire, che siano seguaci dello Yeti.» iniziò Stephen.
«Li avete visti all'opera? Sono tutti Ignis?» chiese Skyler.
«No, non li abbiamo visti all'opera, tranne per uno. E usava il fuoco.» commentò Lynette professionalmente.
«È un po' poco per definirli. Possono anche appartenente ad altri Luogotenenti. Hai detto che sono molto attenti. Non è dagli Ignis agire così di soppiatto. Non sarebbe male se questa volta si trattasse di qualcun altro.» intervenne Jo mordendosi il labbro inferiore.
«È quello che abbiamo supposto anche noi.» intervenne Heron.
«Ci abbiamo messo tanto a individuarli anche perché ogni volta che ci avvicinavamo, i nemici si volatilizzavano.» continuò Heron. Alternavano il loro turno per parlare.
Ordinati e composti, persino Heron era serio in quel momento, lui che pensavo fosse uno scalmanato.
«Spiegati meglio.» fece Skyler accigliandosi.
«Ovviamente non li abbiamo osservati solo da lontano. Ci siamo avvicinati, e quando abbiamo ritenuto opportuno, siamo anche entrati per effettuare sopralluoghi.» spiegò Heron.
«Ma il fatto strano è che la casa è deserta. Effettivamente avevamo atteso che i Ribelli che avevamo contato fossero per la maggior parte fuori, aspettandoci all'interno i pochi che avremmo potuto zittire. Il problema è che l'interno era deserto. Niente mobili, niente cibo, anzi, c'è anche un bello strato di polvere. Sembrava una casa abbandonata da anni e non un luogo in cui si ritrovano dei criminali.» spiegò Heron. «E questo accadeva ogni volta. Entravano e poof, sparivano.»
«L'ultima volta abbiamo atteso che fossero rientrati tutti e abbiamo seguito l'ultimo che ebbe varcato quella soglia.» intervenne Kym. Mi ero scordata della sua presenza e il suo intervento improvviso mi colse totalmente di sorpresa.
«Ma appena dentro è scattata una trappola e sono partite frecce da ogni direzione. Siamo scappati e ci hanno seguiti fino ad un certo punto. Il resto lo sapete, dato che ci avete visto tornare.» concluse.
Frecce? Ma che siamo? Nel medioevo? Effettivamente, però, delle mitragliatrici fanno tanto rumore... E il gas potrebbe essere controproducente. Sì, forse sono meglio le frecce.
Aiden fissò intensamente gli schermi mentre tutti gli altri restavano in religioso silenzio. Persino i loro respiri sembravano coordinati, tanto che quasi si annullavano immergendo tutti nel silenzio.
«Okay, passiamo il primo tempo a fare un sopralluogo. Io e Heron controlleremo la situazione da sud e dintorni. Jo e Seth da nord. Sky e Stephen ad est e Lynette e Kym da ovest.» ordinò infine Aiden.
Stavo giusto per protestare quando il suo sguardo incastrò il mio.
«Sophie. Rimarrai qui a monitorare gli schermi e ci aggiornerai sulle attività di entrata e uscita da quella casa.»
«In sostanza devo restare qui a fissare una porta.» commentai.
«Non prendere alla leggera questo compito.» mi ammonì.
Ma non aggiunse nulla.
Si rivolse in seguito verso gli altri.
Le luci all'interno si accesero e lo osservai aprire con l'orologio che aveva sul polso un cassetto fino a quel momento invisibile sulla parete.
All'interno c'erano diverse penne dorate, molto simili a qualcosa che avevo già visto in precedenza, ma meno elaborate.
Dedussi che fossero i Mini-Flash. In effetti erano anche più piccoli dell'originale.
«Prendetene uno ogni gruppo in caso di evenienza. Anche se sono pochi i Popolani, è meglio essere cauti.» ordinò Aiden autoritario.
Da quello che avevo capito, anche Stephen era un leader, ma per qualche motivo avevano accordato silenziosamente entrambi i gruppi di nominare Aiden come il capo temporaneo per tutti.
Quando avevano parlato di collaborazione avevo pensato più a ruoli alterni dei due, ma sembrava che Aiden avesse tutto sotto controllo appena avuto il caso tra le mani.
Non potei che provare ammirazione per il suo metro giudiziario e la capacità naturale di comandare. Sembrava che nulla potesse scalfirlo e ad ogni domanda aveva la risposta esatta pronta.
«Teniamoci in contatto con le ricetrasmittenti e tenetevi pronti per introdurvi nell'abitazione. Avendo la squadra Martin già attaccato in precedenza è possibile che si siano preparati ad un eventuale contrattacco da parte nostra o, peggio ancora, che abbiano lasciato questo Rifugio.» disse mentre si infilava nella tasca interna della giacca il Mini-Flash.
«La migliore ipotesi che possa accadere con questa missione è scoprire nuove informazioni sugli altri Luogotenenti e quindi sul luogo in cui si trova il Rifugio principale della Blackwood.» concluse accennando ad un sorriso.
«Cazzo sì! Facciamo vedere alla vecchia baldracca di che pasta siamo fatti!» esclamò con un ghigno Heron.
Lynette alzò gli occhi al cielo.
A due a due, a distanza di dieci minuti l'uno dall'altro, scesero dal furgone e sparirono dalla visuale dei monitor.
Seth fu il penultimo a scendere e io e Jo rimanemmo sole. La ragazza esitò prima di seguire il suo ragazzo.
Jo si voltò verso di me e mi guardò.
«Qualsiasi cosa accada non scendere da questo furgone.» mi disse trattenendo il mio sguardo.
«Tranquilla, non farò niente di stupido.» la rassicurai.
«No, Sof. Dico sul serio, non farlo.» insistette la ragazza.
«Okay! Non sono mica idiota. Perché dovrei immischiarmi? Io sono qui per osservare.» commentai sorridendo.
«Promettimelo, Sof.» volle incastrarmi.
«Suvvia Jo. Siete super ninja stra preparati, se vi succedesse qualcosa io non potrei fare comunque nulla. Mi limiterò a chiamare rinforzi. È quel pulsante rosso luminoso, no?»
Jo abbassò lo sguardo e strinse le mani a pugno. Poi senza dirmi niente si voltò e si chiuse le porte alle sue spalle.
Appena fui immersa nel silenzio, ormai totalmente sola in un posto in cui mi sentivo a disagio, sospirai. Poi guardai sconsolata lo schermo puntato sulla porta di quella casa.
«Se dovevo rimanere qui ad annoiarmi potevo restarmene a casa mia.» borbottai tra me e me.
Il tempo passava e le immagini negli schermi continuavano a rimanere immutati.
Sbadigliai, mi girai i pollici, curiosai i pulsanti segreti e i cassetti, mi arricciai i capelli con le dita, mi arrotolai la cordicella della collana con sopra appesa i doni della morte, mi riallacciai diverse volte i lacci degli anfibi, controllai tutte le tasche della divisa e altre cose per passare il tempo.
Mi chiesi se i monitor rappresentassero effettivamente la realtà, poi notai le foglie dei vasi mossi dal vento e qualche uccellino volante per accertarmene.
Non c'era anima viva. Almeno, davanti a quella casa non passava nessuno.
Non sapevo quanti minuti o ore erano passate da quando se n'erano andati ma ad un certo punto vidi comparire davanti alla porta Skyler e Stephen che entrarono facilmente.
Capii che erano entrati in azione e probabilmente anche gli altri stavano facendo irruzione. Mi raddrizzai e fissai la porta colta dall'entusiasmo. Ma esso scemò in fretta, poiché la staticità del momento prima ritornò.
Passarono diversi minuti senza che succedesse niente. Controllai che la radio fosse effettivamente accesa e mio malgrado lo era. Aiden non aveva contattato nemmeno una volta.
Ad un tratto quella si accese e sobbalzai sul posto colta alla sprovvista.
«Squadra Élite, Squadra Martin mi ricevete?» parlò quella facendomi andare nel panico.
Che faccio adesso?
«Squadra Élite, Squadra Martin rispondete! Qui è il consigliere Kent Moose che parla.»
Cavoli! È il capo della Base di Boston! Ma perché non si è connesso sulla loro linea?
«Andatevene immediatamente da lì, è un ordine. Ripeto, andatevene immediatamente da lì.» disse il capo severamente agitato.
Perché non rispondono?
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