33. Base 8 di Boston

Nonostante le parole di Aiden, l'esistenza di una cugina di cui non avevo mai sentito parlare mi disturbava.

Mi sentivo come un animale in gabbia alla quale impedivano di tornare alla propria terra d'origine. Come se fossi allo zoo e volessi tornare nella Savana, anche se non l'avevo mai veramente vista.

Per il giorno dopo, Aiden mi aveva invitata a prendere la metropolitana come tutti i giorni, in modo da non destare sospetti ai miei genitori. Però avrei dovuto dire loro che Jo mi aveva invitata a studiare a casa sua.

Che faticaccia. Solo per andare fino a Boston dovevamo sollevare tutto questo polverone.

«No. Non se ne parla.» rispose mia madre mentre cucinava qualcosa di saltato in padella.

«Ma mamma! Non mi ha mai invitata e finalmente ho la possib...»

«Sophie, io ti voglio a casa. Non recare disturbo a Joanne. Sono certa che si sia sentita obbligata ad invitarti perché passa tanto tempo con noi. Ti basta dirle che per me è un piacere quando viene a trovarci.» disse mia madre senza nemmeno voltarsi.

«Ma che stai dicendo? Lei mi invita a dormire a casa sua per la prima volta e pretendi che le dica di no?» esclamai con più enfasi.

Ero arrabbiata, anche se stavo mentendo. Semplicemente, era la logica di mia madre a irritarmi.

«Secondo te perché non ti ha mai invitata? Sicuramente avrà problemi in casa ed è imbarazzata.» rispose mia madre facendomi scattare in piedi dalla furia.

«O forse perché sa che ho una madre insopportabile!»

Il fuoco dei fornelli emise una vampata che arrivò al soffitto. Indietreggiai urtando la sedia e caddi dallo spavento, mentre mia madre aveva già in mano l'estintore per spegnere tutto.

«Stupido olio di mais.» commentò la donna mentre cercava di far fluire il fumo addensato nella cucina.

Mi rimisi in piedi.

«Mamma... È tutto okay?» chiesi preoccupata temendo che si fosse bruciata.

La donna mi guardò, con gli occhi verdi colmi di preoccupazione.

«Vai.» disse freddamente, mascherando il suo bel volto nella calma.

«Come?» chiesi perplessa avvicinandomi a lei.

«Se vuoi andarci vai.» disse abbassando lo sguardo e iniziando a ripulire la cucina.

«È giusto che ti lasci andare. Certe cose non te le posso insegnare io. Devi vivere la tua vita.» sospirò.

Percepii una nota di delusione.

Non chiesi più a mia madre come stesse. Semplicemente mi voltai e uscii dalla cucina.

Quell'improvviso cambio di decisione mi aveva stupita, era vero, ma non ero tanto stupida da chiedermi il perché e non approfittarne.

Attraversai il salotto proprio mentre mio padre rientrava in casa dopo le sue lezioni in palestra e corsi su per le scale, raggiungendo infine la mia camera.

***

Aiden mi accompagnò alla Base5.

Ma non entrammo nell'edificio.

Entrammo direttamente nel bunker dove passammo per un portone più ampio, che ci trasportò in un enorme atrio pieno di velivoli volanti.

Mi sembrò un deposito aerei di qualche base di un riccone futuristico. La presenza di tutti quei jet privati e elicotteri metteva soggezione.

Molti velivoli erano coperti da teloni neri che mi impedivano l'identificazione, ma non ci feci nemmeno caso, tanto ero presa da quel jet degno di Tony Stark sulla quale stavo salendo assieme ad Aiden.

Il resto della squadra Élite attendeva già all'interno, in compagnia di un'Arianne con il broncio e un vecchio dai capelli bianchi sorridente. Quello doveva essere Hugo.

«Chi pilota?» chiesi.

«Mr. Steel ce ne ha assegnato uno. È importante portare Arianne Barker sana e salva a casa.» mi spiegò Aiden mentre si sedeva su un sedile accanto a me.

Era di pelle bianca. Mai vissuto tutto questo lusso.

Nella postazione in cui mi ero messa, vedevo solamente Arianne, stretta nella sua cintura in coda al jet che mi salutava con entrambe le mani.

Al mio fianco c'era Skyler, da sola davanti ad un tavolino vuoto, ad occhi chiusi e con le cuffie alle orecchie.

Aiden andò a parlare con il pilota, lasciando il sedile davanti a me vuoto. Jo sbucò dietro esso.

«È uno dei migliori. Solitamente non lo possiamo nemmeno utilizzare dato che serve più per viaggi d'affari dei piani alti.» mi disse la ragazza appoggiando la guancia sui dorsi delle mani.

«Ma oggi trasportiamo carichi preziosi. Fastidiosi ma preziosi.» commentò facendomi l'occhiolino.

«Annie, siediti, per favore.» disse la voce di Seth dietro di lei.

La ragazza alzò gli occhi al cielo.

«Andiamo Seth! Non siamo nemmeno in volo e hai già il mal d'aria?» la sentii sbuffare mentre si rimetteva seduta.

«No. Ma tu smettila di muoverti.» disse Seth con un filo di voce. Sembrava la voce di uno che si trattenesse a stento dal vomitare.

Sporsi la testa per vederlo, ma scorsi solo la manica della giacca e una scarpa.

«Hai preso le medicine?» chiese Jo premurosa.

«Sì. Devo assolutamente addormentarmi prima che questo coso inizi a prendere quota.»

«È assurdo. E dire che esci con un Imperium dell'aria.» squittì allegramente Arianne.

«Miss Barker. La prego di non essere così indiscreta.» le disse passivamente Hugo.

Capii perché era stato così facile convincere quell'Hugo a portarla dall'altra parte della costa statunitense. Quell'uomo sembrava così gracile e vecchio, rappresentava la personificazione della debolezza. Poteva aver benissimo duecento anni.

«Perché sono membri dell'Élite? Che importa? Sono certa che anche io da grande ne farò parte.» sbuffò la piccoletta con tono di superiorità.

«Piccoletta, non è mica facile essere come noi.» rimbeccò Jo.

Aiden tornò al suo posto. Mi sorrise mentre si sedeva davanti a me.

«Si parte.» disse.

«Ah! Che peccato! Ora che mi avevate scoperto e trascinato qui mi aspettavo di poter sfruttare le belle palestre di questa Base! Qui è tutto molto più... Com'è che si dice?»

«Accademico» rispose Hugo al posto di Arianne.

«Ecco, quello.» confermò la piccola facendo dondolare le gambe.

«Boston è una tana di un coniglio! Anche se è meglio di quella del Kansas. Non so proprio come facciano quelli a stare là sotto tanto tempo, okay che devono imparare a stare a contatto con la terra e studiare i fenomeni sismici o roba simile, ma il sole è importante!» disse allegramente.

«Seth dice che la Base 3 non è male. Ci ha passato due anni là sotto, penso che, Piccoletta, lo sappia meglio di te.» commentò Jo puntando un dito contro la mini-biondina.

«Allora vuol dire che non avete visto bene le altre Basi! Insomma, vuoi paragonarla a quella di Cleveland? Quella sì che è bella! Forse la più bella dopo il Centro. Nonno mi ci ha portato anche d'inverno e ti dico certe cose non le vedresti mai!» esclamò Arianne come a voler sfidare Jo.

«Hai visto tutte le Basi, Ary?» chiesi senza far trasparire nulla dalla mia voce.

Non trovavo giusto che lei potesse essere così a stretto contatto con quel mondo mentre io... Io no.

Avevamo lo stesso nonno. Lo stesso uomo che era a capo dell'organizzazione.

Allora per quale motivo avevamo vite tanto diverse?

«Sì! Be', tutte tranne la Base di Philadelphia. Nonno non mi ci ha mai voluto portare. Anche se vorrei tanto! Lì...»

«Basta così, Arianne.» intervenne Aiden gentile ma deciso.

«Il viaggio sarà abbastanza lungo e se continuate a parlare, Seth non riuscirà a riposarsi a dovere.» commentò incrociando le braccia e chiudendo gli occhi, come ad invitare tutti a farlo.

«Ho già sentito parlare di Philadelphia... Da Bit... Era terrorizzato da quel luogo.» dissi con finta noncuranza.

«Perché ci sono i mostri!» ridacchiò Arianne.

La guardai inarcando le sopracciglia facendola sorridere ancora di più.

«È questo che dice il nonno.» affermò prima di zittirsi miracolosamente.

Proprio quando volevo che continuasse a parlare.

Atterrammo in uno degli aeroporti di Boston.

Mi trovavo dall'altra parte degli Stati Uniti ed era una sensazione totalmente diversa dell'andare in Alaska. Lì andavano verso il nulla. Ma Boston era gremita di gente.

Appena misi piede fuori dall'aeroporto, venimmo accolti da un taxista dall'espressione serissima che ci invitò tutti a salire sulle due auto messe a disposizione.

«Abbiamo un sacco di contatti nel mondo Popolano.» mi spiegò Aiden, riferendosi ai tassisti, senza che glielo chiedessi.

Mi invitò ad entrare nel veicolo prima di lui.

«Molti di loro sono Imperium o gente che deve un favore a Mr. Barker.» mi sussurrò il ragazzo una volta al sicuro.

Durante il viaggio, guardavo a bocca aperta gli enormi edifici, la gente per strada, i negozi, semafori, cani a passeggio con tanta meraviglia. Anche San Francisco era bella e sapeva di mare, ma Boston possedeva un fascino differente.

O forse ero semplicemente io che esageravo.

Man mano che proseguivamo, i palazzi diventavano costruzioni sempre più degradanti.

La gente per le strade diminuiva e lo splendore passò all'incuria.

Mi aspettavo di andare chissà dove, magari in un hotel a cinque stelle con vista su mare o magari un sottomarino ci avrebbe portato verso la Base in fondo al mare...

Insomma, mi ero creata veramente tante aspettative dopo aver visto la bellezza della Marcey Academy, aka Base5, una scuola immersa nella foresta o l'enormemente infinita Base1 in Alaska.

Invece, i due taxi si fermarono davanti ad una lavanderia.

Sulla porta di vetro c'era un grande adesivo con una goccia d'acqua che mi faceva l'occhiolino e un fumetto esclamativo che recitava "anche lavaggio a secco!"

Mi guardai attorno, ma i negozi di fianco erano un minimarket ed una sala giochi con l'insegna al neon spenta.

Arianne si fiondò dentro allegramente seguita a passo lento da Hugo.

Anche i ragazzi dell'Élite entrarono tranquillamente, senza alcun cesto con i panni sporchi.

All'interno regnava un silenzio interrotto solamente da qualche lavatrice in uso.

Due coppie di file di esse dominavano sia la destra che la sinistra dell'enorme stanza.

Appena all'entrata c'era una macchinetta che cambiava gettoni.

Arianne era davanti e stava facendo passare un badge davanti al lettore delle carte di credito.

La vidi premere diversi pulsanti contemporaneamente e poi finalmente accadde la magia.

Devo ammettere che non fui sorpresa quando la macchinetta cambia gettoni si spostò di lato, liberando un ascensore di metallo dalla quale usciva una musichetta irritante.

Andammo tutti ad infilarci in quel cubicolo, fortunatamente spazioso, e in men che non si dica stavamo già scendendo diversi metri verso il basso.

L'ascensore andava molto più velocemente rispetto a quelli normali e la rapida discesa mi faceva tremare il cuore dalla paura.

Venni sopraffatta da un pericoloso senso di claustrofobia.

«Pensa che la Base 3 va ancora più in profondità.» commentò Arianne guardandomi in faccia.

Mi meravigliai che si fosse accorta del mio disagio.

Le sorrisi piena di gratitudine.

Quando l'ascensore si aprì, rimasi spiazzata per diversi secondi.

Mi ritrovai in un enorme atrio con pareti e pavimento di metallo che riluceva brillante e riflettente.

Le dimensioni erano simili a quelli del Bunker alla Base5, ma al contrario di quello, quest'atrio era totalmente vuoto.

Tutto quello spazio mi diede uno strano senso di claustrofobia.

Mi sembrava di vedere i miei limiti, ma allo stesso tempo sentivo di non riuscire a raggiungerli.

Mi sembrava di scorgere una porta in fondo all'atrio, ma per raggiungerlo avrei dovuto attraversare chissà quanti metri di vuoto.

L'istinto mi fece desiderare di correre, ma l'andatura calma dei miei compagni di viaggio mi trattenevano.

Mentre avanzavamo attraversando, sentii solo l'eco dei nostri passi rimbombarmi nelle orecchie, alimentando un'inspiegabile ansia nel mio petto.

«Dove sono tutti?» sussurrai ad Arianne, ma la mia voce echeggiò tra le pareti facendomi sussultare.

Ary sorrise e si posò le dita sulle labbra suggerendomi di rimanere in silenzio.

Poi fece un gesto con il dito indice creando piccoli spirali in aria intendendo che l'avrei capito più tardi.

Non mi azzardavo nemmeno a parlare di nuovo, troppo intimorita e a disagio.

Semplicemente camminavo e sembrava che la porta non arrivasse mai.

Però alla fine giungemmo a destinazione.

Quella che sembrava una porta da lontano, in realtà era la bocca di un corridoio ad arco delle dimensioni dei battenti principali di una chiesa. Ampia, ma misera in confronto al deserto di metallo appena attraversato.

Aylen ci aspettava al centro, con il bel volto distorto dalla preoccupazione.

A pochi metri, la ragazza si tuffò nella nostra direzione e abbracciò Arianne di slancio.

«Ehi! Così mi soffochi!» protestò la piccoletta cercando di districarsi dalla presa.

«Non provare mai più a fare una cosa del genere!» esclamò Aylen con la sua voce incantata, prendendo la piccola Imperium per le spalle e fissandola negli occhi.

«Okay, okay... Scusa» mormorò Arianne a bassa voce.

Aylen sorrise si rimise in piedi.

«Grazie per averla riportata indietro» ci disse con un sorriso, guardando perlopiù Aiden.

«Non ringraziarci» replicò Aiden con tono professionale.

Forse fu solo la mia immaginazione ma mi sembrò che ci fosse rimasta male da quel trattamento distante.

«Comunque sia, mi vorrei scusare per avervi fatto passare per l'entrata principale che è così scomoda.

Persino i nostri la evitano.

Il nostro atrio è stato concepito per disorientare le persone che entrano, amplificando i suoni da loro emessi.» spiegò dispiaciuta sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio «una persona disorientata è più facile da sottomettere».

Ed ecco la risposta alla mia domanda.

Ma se un attacco Ribelle con centinaia di persone?

Non credo che un gruppo molto numeroso si lascerebbe impressionare da un atrio vuoto pensai.

«Vi avrei fatto prendere l'entrata del Bunker, ma sarebbe stato più complicato.» si scusò.

«Non importa. Con il Bunker in ristrutturazione avete problemi anche voi. Non volevamo complicare le cose.» la tranquillizzò Aiden.

Intanto ci stavamo avviando lungo il corridoio, diretti verso un'unica destinazione.

Ovviamente a me ignota.

Ma la passeggiata fu relativamente breve, perché immediatamente ci trovammo davanti ad un bivio. Seguii gli altri a destra senza chiedere nulla, ma quel giorno doveva essere speciale, poiché le risposte arrivavano da sole.

«Sai la struttura della Base 8 è a polmone. In pratica si entra dall'atrio e poi si divide in due strutture formate da corridoi come bronchioli e stanze come alveoli. Ma fortunatamente non sono tante come quelli dei polmoni veri.» mi disse sottovoce Jo accanto a me. Sembrava particolarmente contenta di trovarsi di nuovo in quel luogo.

«Questo luogo ti piace molto, eh?» ridacchiai.

«Più che il luogo, ci sono le persone che ti vorrei far conoscere.» mi disse con un sorriso.

«Sono certo che anche loro non vedono l'ora di conoscerla» commentò Aiden davanti a noi, voltandosi appena.

«Prima di dileguarvi ognuno per la vostra strada, dovreste far rapporto a Mr. Moose. E comunque credo che Stephen e gli altri non siano ancora rientrati» intervenne Aylen.

«Ci stanno già pensando Seth e Sky»

Stupita mi voltai indietro e realizzai che quei due erano effettivamente spariti. Non me n'ero nemmeno resa conto. Anche il vecchio Hugo non c'era più.

Mi sentii come una vittima di un film horror scadente.

«Ma prima consegniamo questa peste ad una persona» dichiarò Aylen bussando ad una porta bianca in fondo ad una ramificazione del corridoio.

Quella si aprì in automatico, mostrando un'ampia infermeria, simile a quella in cui mi ero svegliata mesi prima. Ma era vuota.

«Strano, aveva detto che mi avrebbe aspettata qui» commentò la giovane tecnica.

«Non ho bisogno di controlli. Posso iniziare ora ad allenarmi» protestò Arianne.

«Non se ne parla. Sono io che mi occupo di te e decido io» replicò Aylen.

Non riuscivo a farmi piacere quella sua bellissima voce.

Ero proprio una brutta persona. O era l'invidia la brutta cosa?

Istintivamente, lanciai uno sguardo verso Aiden che era già entrato.

«Oh, cielo!» esclamò Aylen ad un tratto attirando la nostra attenzione.

«A proposito di Iniziati! Dovevo tenere una lezione sulle nostre ultime invenzioni ai laboratori!»

«Vengo con te.» propose la piccola.

«Non se ne parla. Tu aspetti da dottoressa per i controlli!»

Arianne mise il broncio e incrociò le braccia andando a sedersi sul letto.

«Vi spiace se la lascio a voi? Devo proprio andare. Se attendete almeno l'infermiera Keller penso che poi potrete andare in Sala Grande ad accogliere Stephen e gli altri.» esclamò indietreggiando.

Continuava a guardare Aiden, come se si aspettasse che l'avesse fermata.

Ma invece disse: «Certo, vai pure. Qui ci pensiamo noi.»

Mi dispiacque per lei quando si voltò per andarsene. Si vedeva che teneva al ragazzo.

Da una parte ero felice, ma dall'altra mi rendevo conto che Aiden era stato troppo insensibile nei suoi confronti.

«Quindi stiamo qui ad aspettare come babbei?» chiese Jo sbuffando appoggiandosi al muro.

«Potete anche lasciarmi andare.» commentò Arianne con finta innocenza.

«Ti piacerebbe, piccoletta. Per chi ci hai presi? Degli stupidi?» replicò Jo sbuffando.

«Sì? Esclusa mia cugina, ovviamente» disse con un sorrisetto birbante.

Ancora non credevo fosse veramente mia cugina.

«Come osi! Tu, piccola...»

«Calmati, Annie. Non te la prendere» intervenne Aiden distratto dall'armadietto delle medicine.

«Ma l'hai sentita?!» protestò la mia amica.

«E tu le dai corda? Molto maturo» la presi in giro. Jo mi guardò male.

«Molto matura» ripeté Arianne a pappagallo annuendo.

«Voi due potete andare. Non c'è bisogno che aspettiamo tutti e tre.» intervenne Aiden intento a controllare alcune lastre di una radiografia.

«Allora ciao» se ne approfittò Jo.

Le porte automatiche si aprirono rivelando una donna bionda in camice bianco al telefono.

«Sì, certo. Ci penso io.» stava dicendo per nulla sorpresa.

«Eccoti qui, piccola birbantella.» sorrise ad Arianne ancora imbronciata.

Continuavo a fissarla ossessivamente con la netta sensazione di averla già vista da qualche parte.

Lo chignon in cima alla sua testa era pettinato talmente bene da sembrare finto o intriso di lacca per capelli. Il suo portamento rigido e fiero trasmetteva autorità e sicurezza.

«Sono Amber Keller» si presentò.

Persino la sua voce mi sembrava di averla già sentita da qualche parte.

«Lei è nuova? L'ultima volta non c'era.» chiese Jo ad un tratto sospettosa.

«Mia cara, lavoro qui da molto tempo. Non pretenderai di conoscere tutti i dipendenti di ogni Base, Joanne Sharp.» commentò Amber voltandosi appena e sorridendoci da dietro gli occhiali squadrati.

Notai che aveva veramente dei begli occhi ambrati che rilucevano intelligenti e misteriosi.

«Ci siamo già viste prima?» non potei non chiedere.

Aiden mi guardò stupito al mio fianco.

«Sono felice che tu non ti sia scordata di me. Ci siamo incontrate per caso in libreria, ti ricordi?» disse dolcemente assumendo un tono molto più delicato e gentile con me.

«Oh! Ricordo! Non pensavo fosse un membro della B.L.C.» affermai con un sorriso, contenta di aver risolto uno dei miei dilemmi.

Come ho potuto scordare la persona che mi aveva comprato un libro e che avevo pensato fosse l'autrice dietro il nome di Michael McEwan?

«Non è qualcosa che dico ad un primo incontro. Sono responsabile infermiera di questa Base e mi occupo anche delle cure mediche dei nostri Iniziati, assicurandomi che siano in salute e in forma.

Prescrivo diete per ogni abitante di questo luogo e cose così.

Sono molto impegnata e non ho avuto modo di incontrare l'Élite al completo prima d'ora.» spiegò la donna.

«Vi ringrazio di averci riportato la piccola Arianne» ringraziò cortese.

«Sarebbe dovuta stare sotto osservazione, avendo appena subito l'Operazione.» disse in tono materno.

Arianne sbuffò.

«Non c'è di che» rispose Aiden.

«Ma ora tutti fuori. Affidatela a me. Poi la riconsegnerò ai suoi amici Iniziati.

Sai Ary che Nathan è stato in pensiero per te tutto il tempo?» chiese poi rivolto alla ragazzina.

«Quel Rubinetto rotto temeva soltanto di non potermi sfidare di nuovo.» replicò Arianne altezzosa.

«Come vuoi tu.» replicò la donna mentre noi tre uscivamo di scena.

***

Aiden preferì andare ad incontrare il Consigliere della Base, Kent Moose, invece di seguire me e Jo verso l'esplorazione del polmone della B.L.C.

Passammo davanti alle palestre degli Iniziati che, a differenza di quelle di San Francisco e soprattutto a quella del Centro, era strapiena di ragazzini in allenamento.

Era sicuramente impressionante vedere quei giovani muoversi agilmente quanto gazzelle.

«Qui ci sono più Iniziati» commentai mentre seguivo Jo verso l'uscita per raggiungere la Sala Grande.

«Già. Perché tutti gli Insegnanti si sono spostati a Boston dopo che la sezione del Centro è stata chiusa. Ogni Base ha le sue specialità. Solitamente alla Base5 e 8 si occupa di avviamento. Poi ci sono le Basi 2, 3, 4 e 7 che si occupano di perfezionamento di ogni elemento» spiegò alzando quattro dita.

«Per esempio gli Imperium del fuoco vanno mandati alla Base2 che si specializza in esso o quelli della terra alla 3 come è successo a Seth e Skyler.»

«E tu?» chiesi «Hai detto che sei stata allenata al Centro.» commentai.

«Io ed Aiden siamo diversi. Abbiamo seguito l'allenamento particolare...» commentò senza guardarmi.

«Solo tu e lui?» chiesi.

«E anche altre due persone» disse senza guardarmi.

«E guarda un po' una di queste è qui!» esclamò Jo iniziando a correre.

«Ciao Kym!» esclamò Jo raggiungendo una ragazza dai corti capelli castani raccolti in una coda.

Ella si voltò verso di noi, con la divisa degli Imperium sgualcita.

Era intenta ad andare verso i dormitori, come suggeriva il cartello con la freccia appesa al muro. Sembrava parecchio provata, ma ci sorrise comunque.

«Joanne! Che ci fai qui? Non che non sia felice di vederti di nuovo» esclamò la ragazza sistemandosi gli occhiali ovali sul naso.

«Abbiamo portato Arianne Barker indietro, e ne stiamo approfittando per far conoscere la Base a Sophie.»

A quel punto la ragazza si accorse di me e sgranò gli occhi stupita.

«Sophie...»

«Hunter?» Ma non era stata lei a concludere la frase.

Una bellissima ragazza dai riccioli biondi lunghi fino alla schiena e grandi occhi azzurri aveva abbracciato Kym da dietro.

«Già» commentò Jo per nulla sorpresa.

«Sophie, lei è Kym Cox ed è un Imperium della terra. È l'altra persona che ha studiato assieme a me e Aiden. Mentre la nuova arrivata è....»

«Lynette Flores! Piacere di conoscerti!» esclamò la bionda afferrandomi la mano destra con entrambe le sue.

La agitò vigorosamente estremamente emozionata.

«Sono un Imperium dell'aria e sono la sua ragazza.» si presentò indicandosi le spalle proprio mentre comparivano altri due ragazzi.

«Mia ragazza Lynette? Sarei veramente onorato, ma non pensavo avessi cambiato sponda. Kym non ne sarebbe felice» esclamò il ragazzo senza la giacca della divisa.

Indossava una maglietta bianca di cotone sopra ai pantaloni scuri della divisa.

Anche lui sembrava provato, nonostante l'allegro sorriso che gli illuminava gli occhi castani.

Dietro di lui c'era un altro giovane. Il suo aspetto, però, spiccava di più. Aveva i capelli di un particolare grigio chiaro (questa volta ero sicura che non fossero naturali) e una parte della testa rasata. Essa era tatuata dalle parole "Sans contrôle".

Gli occhi castani spiccavano curiosi e svegli sotto i ciuffi sulla fronte.

«Ed ecco che arriva anche il resto della banda» commentò Jo alzando gli occhi al cielo.

«Heron Allen» disse il primo ragazzo con un cenno della mano.

«Anche io come Joanne sono Imperium dell'aria e il tipo strano alle nostre spalle è quello che si definisce nostro Leader, Stephen Martin, Imperium dell'acqua come Aiden.»

Com'è che tutti i Leader sono Imperium dell'acqua?

«Vi ho già chiesto scusa. Non ho causato l'incidente apposta.» commentò il diretto interessato.

«Se avessi frenato non sarebbe successo nulla.» sbuffò Lynette.

«Perché? Che è successo?» chiese Jo.

Entrando nella conversazione, mi sentii di troppo tra loro.

Non facevo parte di quel mondo.

«Ne potremmo parlare in mensa più tardi. C'è anche Aiden, vero? Ora preferiremmo riposare e cambiarci, giusto ragazzi?» spiegò Stephen.

«Io puzzo di benzina» concordò Lynette prendendo per le mani Kym e andandosene senza salutare.

Anche i ragazzi ci salutarono, prendendo il corridoio verso i dormitori.

«A me piacerebbe molto parlare con voi. Soprattutto con te, Sophie. Mi permetti di offrirvi un tè?» intervenne una voce alle nostre spalle, rivelandosi Amber.

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