26. La scatola di metallo
Aiden zoppicava, per il calcio sferratogli da Voce Squillante, verso la scatola di metallo.
I nostri passi riecheggiavano a ritmo costante in quello spazio vuoto, facendomi salire la paura e la tensione.
Mi stavo scordando qualcosa e quel qualcosa poteva rivelarsi una grossa minaccia.
Mi guardai attorno, alla ricerca di qualche dettaglio che mi aiutasse a capire cosa mi sfuggisse.
Il sole era calato e il buio stava prendendo il sopravvento mangiando piano piano la luce che filtrava attraverso le finestre che facevano da perimetro alle pareti.
I miei passi erano più veloci della lancetta dei secondi dell'orologio.
Temevo che da dietro quei mobili arrugginiti o dal legno marcio di tappezzeria potesse sbucare qualcosa di pericoloso.
O qualcuno.
Aiden appoggiò delicatamente Jo a terra e prese a tastare la scatola, esaminandola.
La porta era fusa e non erano presenti altre uscite.
«Come l'apriamo?» chiesi.
Aiden non mi rispose e non dette segno di aver sentito, troppo immerso ad ascoltare i suoi pensieri.
Non ebbi il coraggio di interromperlo di nuovo.
Sentii qualcosa che mi fece voltare di scatto ma non c'era niente, era solo paranoia.
Era stato probabilmente l'eco di qualche animaletto o del vento.
Però il cuore mi batteva ancora forte per la paura e la preoccupazione.
Voce Squillante avrebbe potuto risvegliarsi da un momento all'altro. Senza contare la sensazione di essermi dimenticata qualcosa di importante.
«Ragazzi? Ci siete? Mi sentite?» chiamò Aiden bussando sul metallo.
Ritirò la mano di scatto e sibilò dal dolore.
«Dannazione, brucia. È stato al sole per tutto questo tempo... Saranno disidratati.» mormorò il ragazzo.
«Oddio...» bisbigliai con le mani alla bocca.
«Aid?» sentii Skyler in risposta.
«Seth è svenuto... Non so quanto potrebbe resistere ancora» disse con voce flebile.
«Ragazzi, hanno fuso la porta... E non si apre» Aiden aveva un'aria preoccupata e disperata, non sapeva come fare.
«Ma troverò una soluzione.» rispose ugualmente.
Avrei voluto mettergli una mano sulla spalla per confortarlo ma prima che ne avessi la possibilità qualcuno mi travolse.
L'impatto con il terreno mi tolse l'aria dai polmoni e il peso di qualcuno sopra di me non faceva che peggiorare le cose.
«Se ti muovi le taglio la gola» sibilò una voce vicina all'orecchio.
La lama penetrò la carne provocandomi un dolore acuto alla gola.
Non riuscivo a pensare ad altro, solo alla mia vita appesa ad un filo sottile.
Mi venivano le lacrime agli occhi per il terrore.
Era lei che avevo dimenticato: Lola.
«Sei spacciata e lo sai anche tu. Stanno arrivando i rinforzi, non hai speranze. Allontanati da lei e ti risparmieremo» l'avvertì Aiden con voce calma e chiara, le mani protese in avanti come per tenerla a bada.
Qualcosa mi bagnò il volto.
Ebbi il coraggio di alzare lo sguardo e vidi che la donna stava piangendo.
Inizialmente erano solo lacrime solitarie, ma presto cominciò a singhiozzare violentemente.
Il suo corpo era scosso da tremiti che si ripercuotevano sul mio. Sembrava un pianto così disperato. Però a me non interessava e non mi importava quanto dolore provasse. Speravo che questa distrazione le impedisse di premere più a fondo la lama.
D'un tratto, il pianto si trasformò in risata.
Non una risata di gioia, bensì di derisione.
«Cos'hai da ridere» chiese Aiden cupo.
«Voi, stupidi membri della B.L.C.» disse con la ridarella «vi credete tanto superiori»
Si alzò e mi tirò su per il colletto della felpa, sempre tenendo il coltello puntato alla mia gola.
«Avete distrutto più di quanto avete creato. E poi siamo noi i mostri» La donna scoppiò di nuovo a ridere.
«Ogni azione della B.L.C. è stata a fine positivo» disse Aiden risoluto «mentre le vostre sono a scopo distruttivo»
«No, mio bel giovane. Non per tutti, e lo sai.» disse la donna enigmatica.
Si avvicinò al mio orecchio e sussurrò: «Mia piccola Lady... Loro sono tutti bugiardi, non hanno fatto altro che mentirti, piccola Lady».
La sua voce aveva qualcosa di ipnotico e una parte di me credeva che parole fossero in qualche modo veritiere.
«Ti nascondo un sacco di cose. Lady Blackwood ha grandi progetti per te. Tu sei speciale... Lascia che ti portiamo da lei».
«Lola, rischierai di ammazzarla, allontana il coltello da lei, il ragazzo è un Imperium dell'acqua, è indifeso» intervenne la Voce Squillante.
Fantastico.
Devo solo decidere se morire per mano di una pazza o di un pervertito.
Lui stava avanzando saltellando su un piede. Pensai che sarebbe stato ridicolo se il suo viso non avesse fatto tanta paura.
Aveva occhi sgranati e sporgenti e mi fissavano con un'insistenza inquietante. Il labbro inferiore era spaccato e macchiava il mento aguzzo di sangue. Anche sulla fronte aveva un'appariscente ferita dalla quale colava un rivolo rosso, ma lui sembrava non accorgersene.
«Hai ragione Bit» mormorò Lola. Rimise il coltello nella tasca posteriore senza, però, lasciarmi.
Bit sorrise.
«Ora uccidiamo il ragazzino e facciamola finita» disse voltandosi verso Aiden.
Accese immediatamente le fiamme.
Sul suo volto era comparso un sadico sorriso che prometteva vendetta.
«No, Bit. Voglio ucciderlo io! È troppo carino, e sai che mi piace uccidere ragazzi carini» scoppiò a ridere divertita.
Quella donna era proprio fuori di testa.
«Oh, Lola. Sempre la parte divertente vuoi, eh?» sospirò Bit. «Solo perché vuoi compiacere il Capo. Credo che ti stia piacendo troppo fare la sua sgualdrina.»
«Non osare paragonarmi alle altre che usa!» esclamò Lola riavviandosi i capelli.
La presa della pazza si fece più stretta e trasalii.
Lo sguardo di Aiden si fece più cupo e quando i suoi occhi incrociarono i miei.
Mimai con le labbra "scappa".
La sua testa scosse in modo impercettibile e sulle labbra comparve l'ombra di un sorriso.
Sembrava volesse dire "fidati di me".
Non sapevo se lo potevo fare. Avevo troppa paura anche solo a pensare a cosa sarebbe successo.
Annuii concludendo la nostra muta conversazione.
La donna tirò nuovamente fuori il coltello e lo infiammò.
«Va bene. Fa come ti pare.» commentò Bit facendo due passi indietro.
Lola mi spinse di lato e si lanciò contro Aiden che non aveva intenzione di muoversi.
Il cuore mi batteva a mille, avevo la bocca aperta, pronta per strillare, quando Aiden si mosse all'ultimo secondo.
Il coltello si piantò nel metallo della scatola, sciogliendo una parte della porta. Una montagna si formò proprio sotto la donna, squarciando il pavimento e scaraventandola in aria come una catapulta.
Cadde con un tonfo sordo poco lontano.
Due braccia di terra allargarono il buco e
Skyler uscì dalla scatola come una tigre dalla gabbia.
Lola non ebbe il tempo di rialzarsi e nemmeno Bit ebbe la possibilità di muoversi, il terreno li inghiottì fino al ginocchio.
Dal volto stupito di Skyler dedussi che non fosse opera sua.
«Ragazzi, state bene?» disse un Imperium della terra dai capelli color carota dall'aria vagamente familiare. Da tutte le parti di quell'edificio abbandonato spuntarono Imperium della squadra prescelta, raggiungendoci con fastidiosa calma. Come se fossero stati loro a sistemare la situazione.
«Meglio tardi che mai» scherzò Aiden.
Lola cercava di liberarsi dal terreno ma era totalmente bloccata.
Osservava la squadra prescelta avvicinarsi a lei con timore, ma poi percepì il mio sguardo fisso su di lei e sorrise.
«Non siamo noi il peggio» gridò a nessuno in particolare, ma sapevo che stava parlando con me.
Poi guardò l'uomo che la sovrastava, negli occhi, tirò fuori il coltello e se lo piantò nel cuore.
«Lola!» urlò Bit. Era scioccato quanto tutti gli altri.
«Dimmi per chi lavorate. Lo Yeti? Il Geminus? Altrimenti finisci come la tua amica.» minacciò l'uomo che ci aveva raggiunto, senza alcuna pietà nell'aver appena visto una donna che si era tolta la vita.
Intanto, gli altri Imperium sopraggiunti, circondarono Bit.
«La pagherete, tutti alla fine devono pagare per le proprie azioni» sibilò il Ribelle. Poi venne portato via.
***
Eravamo in un ospedale anonimo di non so dove. Non era importante saperlo.
Ero troppo stanca e troppo confusa per chiederlo.
Mi avevano fasciato la ferita alla gola ed ero seduta accanto al letto di Jo che si stava mangiando un pacchetto di patatine.
Sembrava così di buon umore, come se niente di tutto ciò che avesse passato fosse successo. Senza pensieri tormentati come i miei.
«Jo, tu hai mai ucciso qualcuno?» chiesi ad un tratto.
Jo smise di masticare e mi guardò.
«Sì», rispose semplicemente.
Trattenni il fiato e strinsi la presa sul mio ginocchio.
Me lo sentivo.
Eppure, sentirselo dire aveva un effetto completamente diverso.
«È una cosa normale quando si è un Imperium che desidera difendere i suoi valori» Jo mi guardò intensamente, sapeva sempre a cosa pensavo.
«lo so che è difficile per te saperlo in questo modo e non voglio sembrare macabra, ma le morti sono inevitabili, Sof. Erano cattivi, non provare pena per loro» affermò con una freddezza che non le avevo mai associato.
Mi sembrava così insensibile.
Erano così sbagliate quelle parole...
«Uccidere non è mai giusto» sussurrai abbassando lo sguardo, incapace di guardarla come prima.
«Come?» chiese lei.
«No, niente.» replicai.
Mi sarebbe piaciuto subire il Flash in quel momento, per dimenticare quell'esperienza orribile.
Salutai Jo e mi diressi verso l'uscita.
Aprendo la porta mi ritrovai faccia a faccia con Aiden che aveva una mano alzata per bussare.
«Ehi» disse.
«Ehi» risposi.
«Ehi!» disse Jo dal letto «sicuramente non stavi cercando me, vero?» chiese ironica.
Aiden le sorrise per scusarsi.
«Non ti dispiace, vero? So che sei in buone mani» affermò piegando la testa per guardare oltre me.
Jo alzò gli occhi al cielo.
«Sparite» disse semplicemente.
E così facemmo.
Non avevo molta voglia di parlare con Aiden, ma lo seguii ugualmente.
Camminava tre passi avanti a me, senza mai accelerare. La sua ferita alla gamba sembrava non disturbarlo e lo zoppicare era diventato impercettibile.
«Mi dispiace» disse tutto ad un tratto senza voltarsi.
«Per cosa?» chiesi d'impulso.
«Per non aver pensato abbastanza a te» rispose come se fosse ovvio.
Giungemmo nel cortile dell'ospedale all'aperto.
La luna risplendeva in cielo e l'aria fresca del giardino faceva dimenticare la puzza di cloro dell'ospedale.
C'erano alcune infermiere che spingevano i pazienti sulle sedie a rotelle e due bambini giocavano a pallone, infastidendo un gruppo di dottori che discutevano a bassa voce.
Ma nel complesso era piuttosto vuoto data l'ampiezza.
«Dovrai essere più chiaro» gli dissi raggiungendo l'unica panchina all'ombra, abbastanza lontana dagli altri.
«È stata la prima volta in cui hai visto la morte... Non dev'esser stato facile» mi disse guardandomi di sottecchi.
«No, non è vero» lo interruppi, la frase mi uscì senza che fosse passata nell'anticamera del cervello.
«Come?» chiese lui.
Sul volto di Aiden non c'era confusione, ma un'espressione preoccupata e forse anche di paura.
«Cioè, sì, mi hai spaventata» mi corressi, senza capire da dove mi fosse uscita quella frase.
Intanto, l'espressione strana di Aiden svanì come l'avevo vista apparire.
«Uccidere è sbagliato Aid. Potevamo catturarli, come con Bit» continuai.
«Sof, devi capire che è necessario.» sospirò. «è questione di sopravvivenza, soprattutto quando hai a che fare con degli individui che vogliono ucciderti o peggio, che vogliono fare del male a qualcuno a te importante»
Mi guardò dritto negli occhi. Forse si stava riferendo a me.
«Sono attimi che ti fanno capire o te o lui.» sussurrò guardandomi direttamente.
Potevo capire il suo punto di vista. Si trattava di una percezione completamente diversa delle cose e di conseguenza una considerazione della vita assai differente. Come per i nazisti che uccidevano e trattavano peggio degli animali gli ebrei nella seconda guerra mondiale. Avevano un modo di pensare diverso e la loro società non solo permetteva loro di pensarla a questo modo ma lo istigavano.
Probabilmente, in un ambiente come la B.L.C., Aiden e Jo erano cresciuti con un clima bellico dove vedevano il mondo in guerra e l'assassinio legittimo.
«È lo stesso motivo che ti ha fatto lanciare il mio pugnale, lo stesso che ti ha portato in quei boschi» continuò il ragazzo.
Man mano che parlava il tono si abbassava e lui si avvicinava a me.
Le sue palpebre si socchiusero, inducendomi per riflesso a fare lo stesso.
Appena le serrai, le sue labbra si posarono sulle mie, delicate come un tocco di piuma.
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