17. Inspiegabili dubbi

«Ahi!»

«Che succede?» chiese Aiden.

«Mi fa male il polso. Non me n'ero accorta prima» spiegai cercando di muoverlo, ma una fitta di dolore mi percosse tutto il braccio.

«Lo sapevo che Skyler aveva esagerato. Fammi vedere.»

Aiden fece un passo verso di me, prendendo delicatamente il mio braccio.

Nonostante quel tocco leggero, tremai dal dolore.

«Scusa, forse è meglio che ti faccia controllare. Spero che la Dottoressa Lynn sia libera.» mi sorrise rassicurante.

Quel sorriso mi lasciava sempre senza fiato. Come se il mondo fosse costretto a fermarsi davanti a lui.

Forse annuii, poiché Aiden iniziò a guidarmi da qualche parte.

Mi tenni a pochi passi indietro, rispetto a lui. Non potevo di certo fare la figura della babbea ogni volta che mi ci trovavo accanto, quindi era meglio mantenere certe distanze.

Prima di riuscire ad attraversare una porta di un metallo azzurrognolo, da essa ne uscì una dottoressa in camice da laboratorio a passo veloce.

Andò addosso a Aiden e perse l'equilibrio. Sembrava molto seccata per i suoi rapporti sparsi per terra, ma senza dire niente si chinò a raccoglierli in fretta e furia.

«Le diamo una mano.» si offrì Aiden chinandosi accanto a le e stesso feci io.

Le mie mani vennero attirate da una radiografia di una gamba rotta, ma prima che potessi afferrarla un'altra mano me la soffiò da sotto il naso.

Alzando lo sguardo vidi la dottoressa fissarmi a bocca aperta.

Era una donna sulla quarantina con i capelli castani stretti in una crocchia, ma da essa, sfuggivano parecchi ciuffi ribelli. Alcune striature grigie comparivano in alcune ciocche e le rughe sotto gli occhi cerchiati da un paio di occhiali sul naso a punta, la facevano sembrare vecchia e stanca.

Non mi parlò, rimase semplicemente chinata davanti a me a fissarmi con quell'aria stupita.

Il fatto che non si muovesse di un millimetro era inquietante. Forse era un androide se era capace di restare ferma in quella posizione tanto a lungo. Eppure respirava, dato che sentivo il calore del fiato.

«Dottoressa Lynn» intervenne Aiden passandole i fogli che aveva raccolto lui.

La donna li prese senza togliermi gli occhi di dosso, ma almeno l'espressione incredula era svanita.

«Dottoressa Lynn, non è che potrebbe controllare il polso di Sophie, forse se l'è slogata.» continuò Aiden normalmente come se il comportamento della donna fosse assolutamente normale.

«Come dice, Ryder? Ah! Il polso! Sì, venite pure con me» si riprese la dottoressa smemorata.

Allora parlava.

Entrammo nella stanza dalla quale era uscita e la distinsi immediatamente dalle altre infermerie, perché quella era una clinica.

La dottoressa Lynn mi fece dei controlli che mi fecero stringere i denti, ma poi mi mise una pomata verde e mi fasciò il polso.

«Ho sentito che Mr. Barker sta per partire.» parlò ad un tratto la dottoressa mentre lavorava ancora su di me.

«Esatto.» replicò Aiden.

Sembrava a disagio.

«Quindi deduco che Mr. Steel sia in viaggio per il Centro in quanto suo vice.»

Aiden confermò anche questa volta.

«Quindi dovrete rientrare alla Base 5 al più presto. Il vostro soggiorno è stato così breve...» sospirò la donna.

«Mi chiedo perché sia proprio Robert Steel il vice di Mr. Barker. Io ho sempre pensato che Sandy Storm fosse più competente ed esperta. Dopotutto fa parte della prima generazione di Imperium come Barker stesso.» continuò la donna.

Era diventata stranamente loquace per essere una che fino a poco prima credevo muta.

«Non saprei cosa risponderle, Dottoressa Lynn. Sta di fatto che Mr. Barker ha visto crescere Mr. Steel e lui era un membro della prima Élite. È una scelta plausibile.» replicò Aiden educatamente.

«Nonché il solo rimasto. Eppure ha visto crescere anche gli altri tre e dimmi, Ryder, ora dove sono?»

Aiden non rispose a quella domanda e attese che la dottoressa finisse di sistemarmi il polso.

Quando terminò, mi ordinò di non muoverlo troppo per almeno ventiquattro ore e che domani sarebbe tornato come prima.

Quando salutai la dottoressa, lei distolse lo sguardo e non mi rispose, intenta a sistemare i documenti di prima.

Non ebbi nemmeno l'opportunità di ringraziarla che Aiden mi portò via.

«Non sembra molto... Affabile» dissi. «Non come la dottoressa Austin.» aggiunsi ripensando alla dottoressa della Base5.

«Ha avuto tempi duri» si scusò Aiden.

«Ma tu conosci tutte le persone che lavorano qui?» chiesi osservando la gente attorno a me.

L'intera Base era in fermento per la partenza improvvisata del nonno e dell'arrivo del vice Steel.

«La maggior parte. Anche se ho vissuto molto tempo qui non posso conoscere tutte queste persone. Inoltre ci sono molti volti nuovi. Alla Base5 conosco più gente e poche persone delle altre Basi» mi spiegò.

Annuii comprensiva.

Mr. Steel comparve accanto a Aiden come un fantasma annunciandosi:«Aiden ho bisogno di parlarti» Non sapevo nemmeno da dove fosse arrivato e quando. Dopotutto pensavo fosse ancora a San Francisco.

Si era teletrasportato?

Quando alzò lo sguardo freddo su di me mi corse un brivido lungo la schiena.

«Signorina Hunter, è qui anche lei. Le spiace se le rubo Aiden per un tempo indeterminato?» mi chiese come se credesse veramente di esser stato educato.

«Certo che sì, non c'è nessun problema a mollarmi da sola in un luogo sconosciuto così grande che anche con una bussola ci si potrebbe perdere.» dissi di getto.

Mi accorsi troppo tardi di aver parlato senza pensare.

«Ottimo. Le auguro una buona visita» e trascinò via Aiden che tentò di protestare invano.

Non potevo crederci.

Mi aveva veramente mollato da sola?
Davvero non aveva colto il mio sarcasmo?
Ma come poteva un uomo simile sostituire mio nonno?

Probabilmente me la stavo prendendo troppo, così feci dietrofront e approfittai della situazione per la grande esplorazione.

Era alquanto divertente girare per quei corridoi, salire e scendere le scale e lo sarebbe stato ancora di più se avessi potuto accedere ad ogni porta in cui mi imbattevo.

Scoprii che senza un accesso autorizzato non potevo nemmeno raggiungere i piani sotterranei. I luoghi a cui ero autorizzata rimanevano molto limitati.

Quando mi imbattei per la quinta volta in una sala Ristoro, pensai che probabilmente avevo girato intondo tutto il tempo, poiché la stanza era sempre identica alla precedente. Eppure mi ero appurata di non girare sempre a destra e andare dritto ogni volta che potevo.

Arrendendomi finalmente, entrai in quella sala Ristoro e come la prima volta in cui misi piede in un posto simile, mi ritrovai gli occhi dei presenti scienziati addosso.

Ora capivo che il motivo di quella strana popolarità era la mia parentela con il nonno, ma tutte quelle occhiate mi rendevano ugualmente a disagio.

Sedendomi ad un tavolo, iniziai a ordinare qualcosa, realizzando di trovare una vasta scelta di dolci freschi.

Mi si illuminarono gli occhi solo a vedere le immagini virtuali su quel tavolo di vetro.

«È lei, vero?» sentii sussurrare flebilmente. Mi bloccai in ascolto.

«Sì, è incredibile che sia qui»

«Silenzio voi due, non vorrete mica che ci senta»

No! Continuate! Ditemi perché siete così stupiti della mia presenza.

Avrei tanto voluto gridare, ma mi accontentai di premere il dito sopra l'immagine di una torta con panna e pezzetti di cioccolato.

In attesa dell'arrivo del mio dolce, mi resi conto che tutto ciò che stava succedendo era sospetto.

Il fatto che fossi la nipote del capo della B.L.C. non spiegava tutto questo interesse da parte degli altri scienziati. Inoltre, non mi capacitavo della libertà che mi avevano dato.

Mi avevano rivelato tutto solamente perché io ero difficile da controllare? Inoltre James Sharp sembrava interessato a far uccidere solo me, non i miei genitori.

C'era sicuramente qualcos'altro dietro.

Qualcosa di non detto.

Era anche possibile che non me lo stessero dicendo per proteggermi, ma per me l'idea di non sapere nulla era qualcosa di insopportabile.

Mangiai con poco entusiasmo il mio dolce e uscii in fretta, allontanandomi dai bisbigli di quegli sconosciuti.

Entrai in ascensore e schiacciai il pulsante per l'ultimo piano.

Qualcuno fermò le porte mentre si stavano per chiudere facendo entrare un uomo dai capelli color carota.

«Lei sale?» mi chiese.

Mi limitai ad annuire a disagio.

L'uomo portava una divisa, la divisa che avevo ormai associato alle guardie Imperium.

Sul braccio aveva impressa la stella della B.L.C. gialla sul nero di quel completo strano ma dall'aria comoda.

Pensandoci bene, ogni Imperium aveva la stella di colori differenti.

Tirando ad indovinare si trattava probabilmente del loro elemento di appartenenza.

Quindi Pel di Carota qui presente è un Imperium della terra?

L'uomo premette il pulsante che lo avrebbero portato ai piani più bassi, ma con il suo Badge ebbe l'accesso acconsentito a differenza di me.

Le porte si chiusero e l'ascensore prese a salire. Mi sentivo a disagio accanto a quell'uomo silenzioso, rigido nella sua posizione da soldato.

Come si può stare così dritti?

Mentre la porta si apriva, fui combattuta tra il salutarlo o meno.

Era considerata maleducazione non salutare una persona che aveva condiviso con te l'ascensore?

Non ebbi tempo di fare alcuna mossa perché quella si chiuse dietro di me. Sospirando mi voltai, ritrovandomi un meraviglioso soffitto coperto solo con il vetro.

Vedevo il cielo nuvoloso dell'Alaska lontano, ma con l'intenzione di schiacciarmi sotto il suo peso.

Abbassando lo sguardo trovai l'area praticamente vuota.

Uno spazio in vetro e acciaio riempito perlopiù di scale trasparenti che davano al piano inferiore. Eppure quando avevo visto quel piano il soffitto era normale.

Qualcosa in quel piano mi spinse a scendere le scale, portandomi proprio davanti ad un'altra vetrata.

Riconobbi l'area come quella dedicata all'allenamento degli Iniziati, poiché era identica a quella che avevo visto alla Base 5, solo più grande e con più macchinari d'allenamento.

Un'altra differenza era che quella sala era completamente vuota e sembrava che non venisse usata da tempo.

Provai ad entrare ma la porta era sigillata. Così mi appoggiai alla vetrata e guardai verso il basso l'enorme Sala allenamenti degli Iniziati.

Non capivo perché fosse vuota, forse in Alaska non c'erano molti orfani, ma se non ce n'erano molti, allora perché è tanto più grande rispetto alla sala della Base5?

Quella domanda mi ossessionò tanto che non mi accorsi che qualcuno mi aveva ormai affiancata.

«Ti stavamo cercando.»

Feci un salto sul posto, spaventata.

«Ma dico, sei impazzito? Mi vuoi far prendere un'infarto?» esclamai.

«No. Muoviti, dobbiamo partire.» replicò Seth freddamente, voltandomi le spalle.

«Cosa? Di già?»

Seth non si voltò nemmeno e continuò ad allontanarsi.

Non ero pronta ad andarmene, non avevo ancora finito di ispezionare quel luogo.

Mi voltai, fissando nuovamente la palestra dalla vetrata e sentii che quel luogo mi sarebbe mancato.

Senza il nonno sarei tornata difficilmente in Alaska.

Ma io volevo saperne ancora di più, però il tempo era già scaduto.

Mi venne in mente una mezza idea di interrogare Seth, ma la freddezza che sprigionava quel ragazzo mi impedì di sparare domande a raffica.

Mi affrettai a raggiungerlo.

Non mi parlava e non mi guardava nemmeno, teneva semplicemente i suoi occhi neri fissi davanti a lui.

Non è la fine del mondo se gli faccio una domanda.

«Com'è che la Sala Iniziati è vuota?» chiesi di getto.

Seth mi lanciò una mezza occhiata raggelante, come a chiedersi perché gli avessi rivolto la parola.

Però rispose:«Gli ultimi Iniziati che hanno studiato direttamente al Centro è stata la generazione mia, di Annie e Aiden. Quattro anni fa questa Base è stata violata per la prima volta da Susan Blackwood in persona, per portarsi con sé alcuni Iniziati come noi, tra cui James Sharp. Dopo allora, Mr. Barker non ha più voluto accoglierne altri.»

«Come mai?» chiesi nonostante Seth sembrasse irritato.

«Non lo sa nessuno. Gli Iniziati usciti dal Centro sono più preparati rispetto a quelli delle altre Basi. Perdere soldati in questo modo dev'essere stato un duro colpo.» concluse con un tono che non ammetteva altre domande.

Così rimasi in silenzio, assorbendo quell'informazione.

E così Susan ha attaccato la Base1 quattro anni prima. Solo per arruolare quegli Iniziati tanto speciali?

Giungemmo alle porte di un passaggio sotterraneo che ci avrebbe portati al Bunker.

«Annie non c'è?» chiese Seth quando salì su un jet privato con Aiden come pilota. Skyler era già seduta con le cinture allacciate e ignorava tutti con le cuffie alle orecchie.

«Pazienta. Lo sai che è sempre in ritardo.» commentò Aiden premendo qualche pulsante, poi si voltò verso di me e mi sorrise.

Probabilmente arrossii e mi dimenticai di ammirare il jet.

Era la prima volta che ne vedevo uno, eppure sarei dovuta essere più entusiasta di così.

«Scusate il ritardo!» esclamò Jo correndo dentro.

«Oh! Quindi voliamo a casa col Jet?» chiese divertita accomodandosi e iniziando ad armeggiare con le cinture.

«Già. È notte e ci dovrebbero essere meno problemi ad arrivare a San Francisco con questa, considerando che può mimetizzarsi.» replicò Aiden chiudendo lo sportello. Anche io mi accomodai.

«Per essere la senior più veloce di tutti sei sempre in ritardo, eh, Annie?» scherzò Aiden prima di avviare il motore. Il mio stomaco andò sotto sopra quando il jet partì e in un attimo fummo in cielo.

«Per essere il Senior più forte di tutti sei piuttosto rompiscatole, te» commentò Jo arricciando il naso.

«Mi spiace dirtelo, Annie, ma tra l'essere rompiscatole e l'essere il più forte non c'è un vero collegamento.» intervenne Seth ad occhi chiusi. Sembrava piuttosto sofferente.

Il suo volto sembrava più pallido del normale.

«Dettagli.» replicò Jo altezzosa.

«Chi soffre di mal d'aereo non dovrebbe parlare.» intervenne la voce di Skyler concludendo la conversazione.

***

Il viaggio di ritorno fu più veloce e piacevole.
Non ero riuscita a salutare nonno Chris. Lui era troppo occupato a riparare i danni causati dal fratello di Jo e a prepararsi per la partenza.

Era incredibile che una persona sola fosse riuscita a mettere a soqquadro l'intera Base.

Il jet atterrò nel giardino della Base5 ancora invisibile finché non fu parcheggiato nel Bunker.

La differenza di spazio era notevole tra questo e quello del Centro.

«È quasi l'alba. Siamo stati svegli più di ventiquattro ore! Non potevamo dormire al Centro?» borbottò Jo scendendo dal jet.

«Andiamo a dormire adesso, di che ti lamenti? Siamo fortunati ad essere stati esonerati dagli allenamenti mattutini.» replicò Skyler affiancando la mia amica. «Oh! Ma che dico, tu sei esonerata finché c'è lei, me n'ero quasi scordata.» continuò con fastidio la ragazza prima di rientrare nell'edificio.

«Non la sopporto.» sibilò Jo.

«Siamo compagni di squadra, Annie, non fare storie.» disse Aiden.

«Io vado a dormire.» annunciò Seth allontanandosi.

«Tu stasera dormi con me.» sorrise Jo prendendomi per un polso.

Notai che Aiden si stava dirigendo verso la direzione opposta.

«Ehi, ma dove vai? La Base e qui.» dissi sollevando il dito per indicarla.

Aiden si voltò verso di me e sorrise.

«Lo so, è difficile da non notare sai?» replicò facendomi arrossire.

«Ti precedo dentro. Vado a dare la buonanotte a Seth.» mi sorrise Jo prima di mollarmi con Aiden.

«Uh, non avevi una camera qui?» chiesi abbassando lo sguardo imbarazzata.

«No, ad un certo livello oltre al denaro ti assegnano anche un'abitazione. Vivo poco lontano dalla tua scuola in realtà. Ho un appartamento nel quale mi sono trasferito da poco.» rispose.

«Ah, già, lo stipendio. Me ne ha parlato Jo» affermai.

«Già. Non mancano soldi a questa organizzazione.» ridacchiò divertito.

«Ah, uh, be', allora ciao.» balbettagli alzando lo sguardo e incontrando le sue iridi blu oceano.

«Ciao.» mi sorrise divertito.

«Ci rivedremo ancora?» chiesi guardandomi i piedi.

Seguì uno strano silenzio che mi costrinse a guardarlo di nuovo.

«Prima di quanto pensi, ormai non possiamo più stare separati» e con questo se ne andò.

***

«Ti piace Aiden.» mi accusò Jo non appena varcammo la soglia della sua camera.

«Cosa?» esclamai arrossendo di nuovo.

Diventavo rossa così facilmente che mi avrebbero potuto scambiare per un pomodoro.
Considerando poi la mia pelle pallida si notavano ancora di più le chiazze rosse sulla gote.

La camera di Jo era piccola e graziosa.

Nonostante fuori da quella stanza sembrasse tutto così freddo e rigido, la ragazza aveva arredando quel luogo in modo da dargli un'aria vintage.

Le pareti erano state coperte da legno chiaro e anche i mobili erano del medesimo materiale.

Tranne che per gli enormi pouf a fiori e la sedia girevole di pelle nera.

Non si direbbero che fossero questi i gusti della mia amica riguardo l'arredamento, considerando il suo abbigliamento prevalentemente nero.

Era la prima volta che vedevo la sua stanza.

Il suo letto era a due piazze ricoperte di candide lenzuola bianche e aveva decisamente troppi cuscini per una sola persona.

Accanto alla parete con la finestra a tende di pizzo rosso c'era una libreria con qualche libro, pronta ad essere riempita di più.

«Ho detto che a te piace Aiden.»

Mi buttai sulla sedia girevole e iniziai a ruotare.

«Perché non dovrebbe piacermi? È figo.» dissi.

Avrei potuto mentire ovviamente, però lei era la mia migliore amica, non ne avevo bisogno.

Anche se probabilmente lei la pensava diversamente.

«Wow! Come lo ammetti velocemente! Pensavo che avrei dovuto cavartelo a forza!» disse divertita.

«Non penso che con me ne avrai bisogno. Ora che so che sei una specie di ninja non avrò il coraggio di oppormi a te in alcun modo.» scherzai.

Dopo che ci fummo lavate e infilate il pigiama, entrammo nel letto che si riscaldava automaticamente a differenza del mio. Ormai fuori era già spuntato il sole, mentre noi stavamo andando a dormire.

«Oh! Che bel calduccio!» ridacchiai.

«È la prima volta che vedi la mia camera, vero?» mi chiese Jo. Era strano vederla senza il pesante trucco che ornavano i suoi occhi nocciola. Non ci avrei mai fatto l'abitudine.

«Già.»

«Sai, mi sono sempre sentita in colpa quando mi invitavi a casa tua e mi facevi dormire da te, quando tu non sapevi nemmeno che ho un fratello... Non so se ci crederai, ma era dura anche per me mentire alla mia migliore amica.» sussurrò.

Non ricevendo risposta da me si voltò dall'altra parte e spense la lampada del comodino, immergendoci nell'oscurità totale della stanza.

Le finestre di camera mia non si sigillavano così bene, lasciavano comunque filtrare la luce maledetta che mi svegliava ogni mattina.

«Non sentirti più in colpa.» dissi. «O non riuscirai a dormire e io ho tanto, tanto, tanto sonno.» sbadigliai e chiusi gli occhi, lasciandomi sopraffare dalla stanchezza.

«Okay. Buonanotte, Sof.»

«Buonanotte, Jo».

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