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Scudi mentali

Il giorno seguente andai a scuola ed iniziai una giornata scolastica come molte altre: la professoressa di storia aveva assegnato il primo lavoro di gruppo dell'anno, avevo svolto l'ennesima verifica di inizio quadrimestre e mi ero iscritta alle selezioni per le olimpiadi di matematica a squadre. Ashley aveva comunicato alla classe il suo trasferimento e i nostri compagni, dispiaciuti per sua partenza, le avevano proposto di salutarla quella sera in pizzeria. Io, lei, Matthew e Clara, subito dopo le lezioni, avevamo preso il treno diretto verso la Luddington School.

«Non vedo l'ora di fare pratica con i miei poteri. Mi hanno detto dei miei compagni di Divisione che oggi riusciremo finalmente a fare delle vere magie.» disse Ashley al gruppo.

«Inizierete accendendo dei fiammiferi...stai tranquilla che, nel caso accidentalmente qualcuno appicchi un fuoco, gli istruttori interverranno subito.» disse Clara guardando dal finestrino.

«Menomale, la mia paura sarebbe stata quella di bruciare i vestiti.» rispose la mia amica ridendo. La scena che lei aveva immaginato aveva fatto ridere anche dei ragazzi seduti qualche posto dietro di noi.

«Mi sono persa qualcosa i giorni scorsi alle lezioni? Mi è venuto solo in mente adesso di chiederti cosa avete fatto. Hai per caso degli appunti?» chiesi ad Ashley.

«Certo, sono nello zaino.» mi disse lei, aprendo la zip e tirando fuori un quadernetto con la copertina gialla.

«Grazie mille, faccio la foto così te li restituisco subito.»

Presi il cellulare, scattai le foto e restituii gli appunti. Poco prima di spegnere il telefono però, mi comparse sullo schermo una notifica. Matthew, che era seduto di fronte a me, mi aveva mandato un messaggio.

MATTHEW Quella collana al collo chi te l'ha data? Mi sembra di averla vista nel mio libro sugli oggetti elementali.

MILENA Le Sibille me l'hanno data durante la sera della festa. Mi hanno detto che con quella posso tornare indietro nel tempo.

MATTHEW Qui siamo tra amici ma ti conviene nasconderla sotto la maglietta. Credo che ci siano persone che farebbero di tutto pur di togliertela dal collo.

Il treno era giunto a destinazione. Non risposi a Matthew ma feci quello che mi aveva consigliato di fare. Aveva ragione sul fatto che poteva essere pericolo mettere in mostra un talismano così potente e anche conosciuto.

Mi ricongiunsi con Alex e insieme ci dirigemmo nella nostra aula. Il professore spiegò quel giorno le varie abilità che nello specifico poteva avere ogni singolo Elemen. Scoprii che molto presto avrei potuto curare con la mia essenza vitale le persone, leggere i pensieri altrui, plasmare la materia e persino diventare invisibile. Non avrei mai creduto di poter fare così tanto con il mio potere.

Dopo la lezione teorica susseguì l'esercizio pratico: le Divisioni, che prima erano unite insieme nella classe, di divisero in diversi gruppi. Io non partecipai ad alcuno di loro perché Carlos improvvisamente fece ingresso nell'aula e mi convocò nel suo ufficio. Appena giunsi lì, lui mi fece sedere nella sedia davanti alla scrivania e mi fece aspettare per diversi minuti la persona che sarebbe stata il mio insegnante personale alla Luddington School. Non avrei mai potuto immaginare di incontrare il padre di Matthew. Diversamente dall'ultima volta in cui l'avevo visto nella sua casa, aveva non solo gli occhi verdi ma anche di colore blu intenso e castano chiaro. Era un Elemen come me e scoprirlo fece scomparire ogni mia preoccupazione creatosi nell'attesa di prima.

«Paul Hyde si è offerto come tuo mentore. Farai lezioni individuali con lui per riuscire a gestire il tuo potere e scoprire le tue migliori abilità.» mi disse Carlos interponendosi tra me e il mio nuovo insegnante personale. Ci invito a stringerci la mano e lo assecondammo. Anche se io e il padre di Matthew ci eravamo già conosciuti prima, in quell'istante sembrava che ci presentassimo per la prima volta.

«Sono estasiata all'idea di averla come professore, signor Hyde. Ho saputo che ha progettato lei il meraviglioso labirinto nei giardini scolastici. Sono stupefatta dal suo lavoro. Non vedo l'ora di seguire le lezioni con lei al mio fianco.» dissi sorridendo.

«Sono molto contento anch'io, Milena. Spero soltanto che tu sia una alunna diligente perché dovremo lavorare sodo per sostenere il passo con l'incremento scostante del tuo potere di giorno in giorno.» mi informò il signor Hyde.

«Senz'altro mi impegnerò.» risposi per poi salutare poco dopo Carlos e uscire dall'ufficio con il mio insegnante. Ci dirigemmo, per terminare la mattinata, in un appartamento molto grande, disposto nella zona remota della scuola. Era immerso nella fitta boscaglia che circondava il complesso scolastico e, accanto ad esso, c'era un torrente che scendeva da un pendio. Nell'abitazione, trovai un immenso salone arredato con solo un divano vecchio e un grosso tappeto rosso logoro. Le finestre, che erano ben quattro, erano grandi, rettangolari e prive di tende. La luce entrava da esse diffondendosi nell'atmosfera e creando un effetto accogliente. Le pareti erano in stato molto grezzo: si vedevano in alcuni punti i mattoni di costruzione e in altri il solo stucco bianco. La stanza sembrava un enorme garage adattato ma soprattutto vecchia dei secoli.

«I lavori qui non sono mai stati completati o è una scelta stilistica quella di lasciare la costruzione senza rifiniture?» chiesi dopo aver vagato con lo sguardo in ogni angolo della stanza e aver sistemato il mio zaino in un angolo sul divano.

«Un po' e un po'. Questa è l'unica stanza che abbiamo lasciato incompleta ma questo perché ci è sembrato avesse uno stile piuttosto vintage e originale.» mi rispose il signor Hyde.

«Abbiamo...Quindi lei e chi altro?» chiesi incuriosita dal verbo che aveva utilizzato il mio professore. Lui abitava forse qui?

«Questa è la casa mia e dei miei figli. So che può sembrare molto diversa da quella che hai visto accanto a casa tua... però è la nostra dimora. È qui che faremo pratica con le tue abilità, visto che ho imparato a mio modo in questo luogo. Ritengo che sia il posto più adatto per non avere sguardi indiscreti.»

Non riuscivo a credere di essere nella casa di Matthew. Era qui che lui si rifugiava dopo scuola e dopo aver partecipato alle feste tra ragazzi. Era il luogo dove probabilmente era cresciuto e aveva vissuto la sua infanzia.

«Wow, questa casa fa praticamente parte della storia della vostra famiglia, se lei ha imparato qui a gestire i suoi poteri quando era giovane, giusto?»

«Esatto, i miei genitori l'hanno costruita e ancora adesso sta in piedi tutto l'edificio. Posso dire che è una gran fortuna abitare in un luogo così nascosto dal bosco. Ci sono a volte incursioni nel territorio della Luddington School e da qui la mia famiglia può restare al sicuro ma anche intervenire sugli invasori in tempo, prima che si venga a scoprire della nostra comunità di Elemen.» mi raccontò il signor Hyde.

«Invasori? Non capisco.» dissi, esprimendo la mia ignoranza nell'argomento.

«Ci sono molte cose da spiegare di questo mondo, Milena. A tempo debito verrai a sapere di tutto. Adesso concentriamoci sulla tua lezione.»

«D'accordo, con cosa iniziamo?» chiesi interessata.

«Gli scudi mentali.» rispose lui. «È importante che li controlli: servono per non permettere ad altri di leggere i tuoi pensieri e vedere i tuoi ricordi ma, da quanto posso notare, tu li hai già da molto tempo e anche molto resistenti. Probabilmente sarà stato tuo padre a crearlo, per renderti protetta da ogni pericolo, e, visto che lui è molto potente, sarà davvero difficile infrangerlo. Noi lavoreremo sul mio scudo che, per il nostro esercizio, dovrai prima spezzare e poi ricreare. Io sentirò nella mia mente la tua presenza se ci riuscirai.»

Il signor Hyde si sedette sul divano e mi fece segno di fare altrettanto, dopodiché, mi prese una mano, dicendomi che all'inizio sarebbe stato più facile attraverso il contatto fisico. Mi disse di immaginare un muro e di romperlo con un oggetto. Pensai allora a un martello ma non riuscii nel mio intento di rompere la parete. Non mi scoraggiai e, dopo diversi tentavi, mi venne un'idea. Perché rompere un muro e non smontarlo pezzo per pezzo? Immaginai la costruzione e di eseguirla dalla fine all'inizio. Tolsi il primo mattone e sentii un brivido dietro la nuca. Che strano, pensai. Continuai con il secondo e improvvisamente udii il rumore di un motore, quello di una moto. Istintivamente mi girai ma non trovai niente e nessuno dietro di me. Cosa stava succedendo?

Il mio professore mi guardò scettico e mi incitò a riprovare. Tolsi il terzo mattone.

***

Ero in una strada di campagna circondata dai campi di girasole. Il sole era luminoso e il cielo senza alcuna nuvola. A fianco a me, c'era Jenny, la mia ragazza, che mi stava abbracciando da dietro mentre montavamo la sella della mia moto. Eravamo soli e insieme ammiravamo un castello che sorgeva su una collina in vista. Avevo portato lì la mia fidanzata perché quello sarebbe stato un giorno speciale: le avrei dichiarato il mio amore e le avrei chiesto di sposarmi. Eravamo tanto innamorati ed ero certo che la mia vita non avrebbe avuto più un senso senza di lei. Il mio futuro da quel momento in poi sarebbe diventato il nostro. Scesi dalla moto e misi la mano in tasca, avevo il discorso preparato da mesi. Guardai Jenny negli occhi, sorrisi e le accarezzai il volto.

«Ho capito di amarti dal primo istante in cui ti ho incontrata. Eri in biblioteca e stavi prendendo un libro con una scala perché era su uno scaffale molto alto. Io stavo osservando i tuoi indomabili riccioli d'oro che non riuscivi a mettere dietro le spalle e che ti andavano davanti agli occhi. Quando toccasti la copertina del romanzo che cercavi e la scala oscillò, non potetti che alzarmi dalla sedia in cui ero per precipitarmi da te. Cadetti tra le mie braccia, come in una scena di un film, e io fui rapito immediatamente dal tuo sguardo fugace. Il destino ci aveva fatto incontrare e in quel momento aveva anche scritto nel firmamento il nostro amore e il nostro futuro insieme. Ora mi inginocchio qui di fronte a te e ti chiedo di sposarmi. Io ti amo e niente mai potrà cambiarlo.»

Jenny pianse alle mie parole e si mise la mano sul viso.

«Paul, non posso.» disse in lacrime. «Sono malata e non riuscirò ad arrivare all'estate prossima.»

***

«Milena, vuoi riprovare? Mi sembri stanca. Hai provato ad abbassare i miei scudi per ben due ore senza riuscirci.» mi disse il signor Hyde con preoccupazione.

«Ma io...» provai a dire al mio insegnante di esserci riuscita, diversamente da quel che credeva. Avevo visto un suo ricordo, forse uno di quelli più importanti della sua vita, ma nemmeno se ne era accorto.

«So che vuoi riprovarci ancora ma spenderesti le tue energie inutilmente senza una pausa. Ti vado a prendere qualcosa per riprendere le forze. Vado in cucina.» mi disse lui alzandosi dal divano.

«Io ci sono riuscita» insistetti a dire ma lui già si era allontanato. Come mai non aveva avvertito la mia presenza nella sua mente? Qualcosa forse era andato storto, anche perché il tempo che io pensavo di aver trascorso nella sua mente era soltanto di qualche minuto.

Nel mio zaino il mio telefono squillò e, appena lo presi in mano, vidi l'orario. Erano le 13, l'orario concordato da Matthew per vederci e andare a Cervantes insieme.

Risposi alla chiamata: «Matt, non posso venire ai giardini. Potresti venire a casa tua?»

«Cosa? Non so come hai fatto tu ma non posso venire a Cormons adesso senza il treno e, comunque, dobbiamo andare nella zona d'indagine nel paese.» disse Matthew dall'altro capo della linea.

«No, intendevo nell'altra tua casa. Ci sono venuta insieme a tuo padre per le mie lezioni individuali.» gli riferii.

«Non lo sapevo, comunque arrivo subito.» disse lui che chiuse la chiamata subito dopo.

Passarono cinque minuti e il signor Hyde arrivò con un bicchiere di spremuta d'arancia. La bevvi tutto d'un sorso e poi riferii nuovamente il mio successo nell'esercizio. Il mio professore era impressionato di quello che ero riuscita a fare e mi chiese che cosa avessi visto entrando nella sua mente. Gli raccontai del ricordo e delle sensazioni sensoriali che avevo provato, ovvero i suoni, gli odori e le immagini che avevo visto.

«È straordinario quello che sei riuscita a fare. Non hai spezzato i miei scudi ma senza alcuna difficoltà sei entrata nella mia mente vedendo proprio ciò che io avevo provato a oscurare dalla tua visione, questo non era mai successo a nessuno. Credo che il tuo potere, sviluppandosi, possa arrivare alla grandezza degli Antichi.» mi disse orgoglioso.

«Non so che dire, non credevo di essere capace di tanto. Ho solo tolto tre mattonelle del muro e si è svelato il suo passato, non avevo nemmeno intenzione di farlo.»

In quel momento la porta si aprì e Matthew fece ingresso nel salone. Guardò me e poi suo padre. «Ciao papà, sono finite le lezioni a scuola. Posso andare a pranzo con Milena o voi avete ancora da fare?»

«Si, noi abbiamo finito per oggi. Se non ti dispiace Milena, faccio rapporto alla presidenza su quello che è successo oggi.»

«Nessun problema.» dissi al signor Hyde per poi andarmene con il figlio dalla casa.

«Che cosa avete fatto oggi?» mi chiese lui incuriosito, una volta che si chiuse la porta d'ingresso alle sue spalle. Aveva messo il suo braccio intorno alle mie spalle, come lo scorso giorno all'acquario.

«Ti spiego tutto dopo, dobbiamo sbrigarci se vogliamo assistere alle indagini di Chris.» dissi io accelerando il passo e dirigendomi verso Cervantes.

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