7. "Ehi, mozzarella!'
A volte mi domando perché la maggior parte dei miei risvegli siano piuttosto traumatici. Poi mi ricordo che non siamo in una fiaba di principesse - per fortuna aggiungerei, io non riuscirei proprio a starmene seduta in una torre nell'attesa che un idiota a cavallo venga a salvarmi - e che le persone normali come me non aprono gli occhi sorridendo radiose perché gli usignoli hanno iniziato a cantare. Al massimo io posso essere la pazza malvagia con i capelli gonfi e un pugnale nel reggiseno.
Mi stiracchio indolenzita, ritrovandomi distesa sul tappeto della camera da letto di Albus, con la testa dolorante e una gamba incastrata sotto quelle di Dominique. Non c'è quasi più nessuno, neanche il proprietario della caotica stanza. Siamo solo io, la mia migliore amica, i gemelli e un innumerevole quantità di bottiglie vuote e cibo sgranocchiato. Mi chiedo perché quegli idioti dei mei cugini mi abbiano lasciata stramazzata sul pavimento invece di svegliarmi, ma è della mia famiglia che si parla, perciò decido di sorvolare.
Il vago ricordo di zia Ginny in vestaglia scozzese, che domanda al Albus se suo marito abbia per caso infilato il pigiama nel bagaglio del figlio, mi si insinua nella mente. In poche parole abbiamo fatto tutto quel trambusto per nulla.
Decido che al momento alzarsi in piedi è la cosa più saggia da fare e, barcollando, apro la porta per poi inoltrami nelle tenebre del corridoio: il mio stomaco reclama la colazione.
•••
Scorpius
Tengo gli occhi incollati sul fondo della mia tazza di caffellatte corretto con del firewhisky - o meglio, firewhisky corretto con del caffellatte, se proprio vogliamo essere sinceri e fare caso ai dosaggi - perché i pensieri mi stanno intasando la testa e ho bisogno di sentirmi più leggero. Soprattutto adesso che due grandi problemi mi sono appena piombati in salotto.
Io vorrei solo rinchiudermi nella mia stanza e non uscire fino a che questa tortura di vacanza non sarà finita.
Albus mi guarda, sogghigna, e purtroppo so perfettamente quali pensieri melensi e sdolcinati stanno attraversando la mente del mio migliore amico, perché mia cugina Cassiopea Zabini, gli amici la chiamano Cassie, ma io non sono suo amico e il motivo è principalmente uno: è fuori come un balcone, si trova proprio qui, davanti a noi, con affianco due valige e suo fratello Xavi. Ed è risaputo che Albus Severus abbia la strana passione per le ragazze che non ci stanno con la testa.
«Scorpius, biscottino, siamo qui di buon mattino per scolarci un bicchierino e restare un pochettino. Ora avvicinati e abbraccia lo stecchino senza rovinarle il vestitino!»
Ecco: parla in rima da quando è caduta dalla scopa, due anni fa.
C'è però un altro motivo per il quale non riesco a sopportare né lei né Xavi. Guardarli in faccia mi risulta difficile, ad essere sinceri fa male, perché quella ad avere contratto la malattia del sangue che l'ha uccisa, è stata Astoria e non Daphne. Mia madre è morta al posto della loro per un semplice caso di cattiva genetica.
Faccio un passo avanti scocciato, stringendo Cassiopea tra le braccia mentre il cuore mi sprofonda nel petto. Preferirei, invece, che cadesse nel mio firewhisky e non riemergesse mai più.
Cerco con lo sguardo la testa vermiglia di Rose, che da lontano sembra della stessa tonalità carota di quella di quasi tutti i suoi cugini, ma che da vicino è di un rosso molto più scuro. Lei non c'è, constato. Nel frattempo non riesco a spiegarmi come mai ogni volta che sento l'impellente bisogno di fuggire, il suo viso mi si para davanti alle palpebre.
•••
Rose
Con il passo leggero da pazza malvagia quale sono - anche se non ho un pugnale nel reggiseno tengo la bacchetta nascosta in un calzino, spero che vada bene comunque - arrivo in soggiorno di soppiatto.
D'accordo, non proprio di soppiatto, visto che entrando nella stanza ho sbattuto il mignolo contro la porta e ora molte facce lentigginose si sono voltate a fissarmi.
Non mi sento in imbarazzo per il modo in cui sono vestita, anche se la faccia scandalizzata di Xavi, il cugino aristocratico di Malfoy, mi sta urlando che dovrei: indosso una maglietta su cui c'è scritto eau de toilette con sotto il disegno di un water. È alta moda ma i comuni mortali non possono capirlo.
«Rosetta birichina sei uno schianto di bambina!» urla Cassie, balzando in piedi e correndo ad abbracciarmi, nonostante io non mi ricordi di essere sua amica. Ma va bene, di prima mattina non riesco a ricordare neanche come mi chiamo, prima o poi mi tornerà in mente.
Ricambio il suo gesto, il viso appena contratto in una smorfia di stupore. Poi, notando che la sua stretta si sta prolungando più del dovuto, cerco Scorpius con lo sguardo, perché lui è particolarmente aggressivo e scontroso con i suoi cugini e magari può dirle di levarsi di mezzo. Inoltre, ho bisogno di nutrire la mia splendente persona, e per farlo devo trovare la cucina. Impresa che mi sembra quasi impossibile, vista l'innumerevole quantità di stanze che ci sono in questa stupida casa.
Cassie mi libera dal suo abbraccio soffocante proprio mentre intercetto Scorpius. È stravaccato come suo solito su una delle poltrone accanto al caminetto, tiene in mano una tazza contenente non so cosa. Subito assottiglio gli occhi indagatrice.
Riesco ad avvertire la freddezza del suo sguardo anche se tiene le pupille puntate verso il fuoco. Chiaramente detesta essere qui.
Lucy è seduta sul bracciolo della sua stessa poltrona. Le sue gambe fasciate da un gonna di jeans toccano quelle di Scorpius. È risaputo a tutti, persino a Louis che solitamente ignora i nostri pettegolezzi famigliari, che la mia cuginetta abbia una cotta per lui. Stanno chiacchierando, in realtà Lucy lo sta facendo, Scorpius si limita a pronunciare con voce annoiata frasi di massimo tre parole, come se parlare gli costasse un grande sforzo.
Il mio stomaco si attorciglia in una capriola, la fame inizia a farsi sentire.
«Ehi mozzarella» lo richiamo di getto, lui solleva la testa e mi pianta le iridi di ghiaccio in faccia, scocciato. «Non riesco a trovare la cucina, mi aiuti?»
***
«Come va?» tento un primo approccio pacato, consapevole quanto sia una mossa idiota fare una domanda simile al mio acerrimo nemico - e si, è un esagerazione, ma in quale altro modo dovrei chiamarlo? Testa catarifrangente? Abbagliante per auto? Non voglio sbilanciarmi troppo siccome so che otterrei come risultato quello di essere etichettata a vita come: carota ambulante, o peggio, fragolina.
Scorpius ha stampata in faccia un'espressione di pura indifferenza, mentre mi fissa come se si aspettasse che io facessi qualcosa in particolare. Ha la schiena poggiata contro il muro bianco della cucina, le braccia incrociate e alcuni ciuffi biondi davanti agli occhi.
Esprimiti, per la miseria. Vorrei dirgli, ma mi trattengo, perché in fondo io non sono nessuno per costringerlo a parlarmi.
«Okay, non va» mi rispondo da sola quando il silenzio inizia a farsi imbarazzante. Una contrazione impercettibile dei suoi muscoli facciali mi informa che sta trattenendo un sorriso.
Osservo la cucina, decisamente più grande e spaziosa di quella alla Tana, decidendo con attenzione quale tra i vari pensili aprire. «Cosa c'è da mangiare?»
Le sue sopracciglia schizzano verso l'alto, ed io mi rendo troppo tardi di avergli fornito un ottimo pretesto per dire qualcosa di idiota. «Me» esclama infatti sfrontato, spalancando le braccia.
«Malfoy!» sbotto inizialmente imbarazzata, anche perché lo preferivo quando stava zitto, poi decido di stare al gioco. «Non ti mangerei neanche se fossi ricoperto di pollo»
«Scommettiamo?» si stacca dalla parete e fa un passo avanti. È alto, statuario, indietreggio.
«Ti piacerebbe, so che sai che non riesco a resistere al fascino del pollo»
Scorpius continua ad avanzare con le labbra curvate verso l'alto in un sorriso oggettivamente attraente, ma che in me non scaturisce nessun effetto oltre a quello di portarmi ad indietreggiare, per mettere tra i nostri corpi la giusta distanza di sicurezza.
Sicurezza per lui, s'intende, potrei stenderlo con un calcio se volessi, e lui non riuscirebbe mai più a camminare in posizione eretta.
La mia schiena tocca il bancone della cucina, segno che sono arrivata a capolinea. Sussulto appena. «Stai invadendo il mio spazio personale» gli faccio presente, stizzita. Giusto per mettere in chiaro che non mi lascierò abbindolare da lui.
«Tranquilla Weasley, non ho alcuna intenzione di saltarti addosso» puntualizza rilassato, continuando però ad avvicinarsi. Sfila una mano dalle tasche, il suo braccio destro si solleva ed io calcolo brevemente il tempo che impiegherei per scattare in avanti, afferrare la grossa padella sul tavolo e colpirlo in testa con tutta la forza che ho in corpo, ma la matematica non è mai stata il mio forte e perciò ci rinuncio.
Il mio naso lentigginoso è a poco centimetri dal suo petto. Resto congelata sul posto mentre lui mi blocca ogni via d'uscita poggiando una mano sul bancone. Tiene gli occhi fissi nei miei, dannatamente divertito dalla situazione, impedendomi di insultarlo pesantemente come vorrei, siccome al momento è come se una nuvola stesse oscurando la mia brillante mente Granger. Non perché la sua vicinanza mi crei qualche effetto, è solo che ho momentaneamente dimenticato come si respira e potrei andare in iperventilazione.
Con l'altra mano apre il pensile sopra la mia testa: in tutta la mia vita non ho mai visto tanto cibo riposto su un solo scaffale.
«Scegli quello che vuoi» dice, fa un passo indietro e per poco non mi prende un infarto quando le sue dita mi spostano con naturalezza una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Avvampo, ma non perché lui mi piaccia, tutto il contrario, solo che non sono abituata a gesti del genere, i ragazzi con cui sono stata andavano dritti al punto, e il fatto che lui, la mia nemesi, sia stato così delicato mi fa sentire strana.
«Toccami ancora e giuro che darò fuoco ai tuoi preziosi capelli» lo minaccio, ricomponendomi.
Lui alza gli occhi al cielo, divertito. «Lo terrò a mente pasticcino. Sono in salotto se hai bisogno» detto ciò lascia la cucina, non prima di avermi rifilato un occhiolino del tutto fraintendibile.
«Fottiti, topo di fogna» gli urlo, e sono sicura che persino i vicini che non ha mi abbiano sentito.
***
Abbiamo deciso di andare a fare un giro per la Londra babbana che in inverno è particolarmente, diciamo, pittoresca, se vogliamo elogiare i suoi aspetti positivi e non le strade ricoperte di neve e il cielo costantemente tetro.
Ci siamo presi un ora intera per prepararci, come se a una come me ci volesse chissà quanto tempo per infilarsi al volo un paio di jeans strappati e un maglione - rigorosamente scuro e aderente quel che basta per mettere in risalto le mie forme - ma immagino che agli altri piaccia fare con comodo e indossare abiti più elaborati o che ne so io.
Sbuffo annoiata e lancio un'occhiata allo specchio appeso alla parete. Il riflesso che mi restituisce è quello di una ragazza dai voluminosi ricci rossi e le guance cosparse di lentiggini. Inclino appena il viso e, appurato che i mei occhi sono perfetti così, senza un filo di trucco, distolgo lo sguardo.
Mi incammino verso la porta chiusa della mia stanza, con in testa un unico pensiero malvagio: è il momento di andare a rompere le palle a Scorpius.
Guardo da una parte e poi dall'altra del tenebroso corridoio, giusto per controllare che non ci sia traccia dei mei cugini, anche perché se mi vedessero entrare nella camera del migliore amico di Albus, immagino già le cose scabrose che potrebbero pensare.
Non busso, abbasso semplicemente la maniglia ed apro la porta con un'elegante spallata.
La camera è piuttosto anonima, non ci sono foto o poster, solo un paio di vestiti piegati con cura e poggiati sulla scrivania e dei libri di scuola in bilico sul baule chiuso. Non sembra affatto che un adolescente viziato viva qui dentro.
Balzo dentro canticchiando; la mia attenzione subito viene attirata dalla porta del bagno accostata, da cui fuoriesce una nuvola di vapore che ha un intenso odore di bagnoschiuma.
Mi lancio sul letto a pancia in su, fissando il soffitto. «Hai finito di tingerti i capelli principessa ossigenata?» urlo.
Subito in risposta una risata graffiante mi arriva dritta alle orecchie. «Weasley, non riesci proprio a starmi lontana!»
Ed eccolo che esce dal bagno, avvolto in una nuvola di fumo profumato, con un solo asciugamano legato attorno alla vita.
Mi sento arrossire, ma faccio finta di niente. «Ah che paura... oh cavolo che spavento!» lo guardo, lui mi fissa con le sopracciglia aggrottate e ciuffi di capelli biondi che gocciolano acqua sul pavimento. «Cavolo scusa, è solo la tua faccia» sorrido angelica.
«Saresti più credibile se non fossi talmente rossa da sembrare ustionata» ghigna di rimando.
Alzo il dito medio e nel frattempo mi sistemo meglio tra i cuscini.
Lui, essendosi bruciato i neuroni con l'ossigeno, interpreta il mio innocuo gesto come un'invito a lanciarsi con tutto il suo peso su di me. Trattengo il respiro mentre gocce d'acqua calda mi bagnano il collo e le sue labbra si posano rapidamente sulla mia clavicola, con l'intento di lasciarmi un veloce bacio.
Un secondo dopo la mia bacchetta gli sta infilzando le costole, e il sorriso divertito sulle sue labbra si allarga a dismisura.
Hola gente
Come va? Io devo studiare biologia e la odio con tutto il mio cuore.
Baci
Ele💋
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