14. "Sei al sicuro adesso"
Albus
D'accordo Albus, tu puoi farcela. Sei bello, alto e vaccinato. Mi ripeto mentre cammino a testa alta verso il punto in cui è seduta Cassie. Indossa una strana vestaglia di piume nere - diamine ma perché se ne va sempre in giro conciata come un pennuto? - e ha legata attorno al collo la sua cravatta di serpeverde che sfoggia orgogliosa come se fosse una sciarpa o una collana preziosa.
Sta flirtando con Molly e la cosa dovrebbe sconvolgermi, perché Molly con quel suo sguardo arcigno quasi assassino, non è il tipo di nessuno. Spaventa persino me che sono suo cugino, ed è tutta la vita che quegli occhi azzurri assatanati mi scagliano contro fulmini e saette.
Mi sistemo la maglia del pigiama, che ho scelto appositamente con dei ricami infantili stampati sopra, in modo che Cassie pensi che sono fuori di testa quanto lei e questo ci permetta di avere una conversazione sulla stessa lunghezza d'onda.
Il mio è piano di rimorchio è semplice, non a caso vivere con la mia famiglia mi ha insegnato che sono sempre le cose meno elaborate ad andare per il meglio. Anche perché, smemorato come sono, mi sarebbe difficile ricordare qualcosa di troppo articolato. Mi sfugge persino se devo scaldare il latte dopo che l'ho messo nel bicchiere o se devo farlo quando è ancora nella confezione. Forse nessuna delle due opzioni è corretta.
Nella mia testa ho una scaletta dettagliata divisa in tre punti, che illustra quello che succederà da qui a pochi secondi.
Mi passo una mano tra i capelli, prendendo in considerazione l'idea di fare un salto in cortile, giusto per staccare delle piume ad un piccione ed offrirgliele come se fossero un mazzo di rose.
Decido che è meglio non esagerare, poiché i regali scenici tipo quello sono opportuni solo dal secondo appuntamento in poi.
Sono pronto a sfoggiare lo sguardo più ammiccante del mio repertorio, quando Xavi, il fratello di Cassie, notando dove sono diretto mi fissa rissoso incrociando le braccia al petto.
Fare dietrofront, al momento, è la scelta più saggia.
•••
Rose
Manca ancora qualche ora al pranzo, e io non so se iniziare a strapparmi i capelli in preda all'agonia - il profumo di cibo che aleggia in aria mi sta facendo sbavare come un lama, e se a breve non mangio qualcosa sono sicura che morirò soffocata dalla mia stessa saliva - o corrompere mio fratello Hugo per chiedergli di sgattaiolare in cucina per rubare un po' di pollo dal forno.
«Scordatelo» asserisce però quel mostro vestito di nero, quando glielo domando con tutta la dolcezza di cui una sorella è capace. «Se entro di nuovo lì dentro, nonna mi stacca le mani a morsi. Perché non usi la magia?»
Lo fulmino indignata. «Hugo, sei pazzo? Mamma mi uccide, ed io a differenza tua non voglio morire!»
«Non ho mai detto di voler morire» replica lui, pacato.
«Ma se te lo sei scritto con il pennarello sul braccio!»
«È poesia, non capisci niente»
Alzo gli occhi al cielo, rifilandogli un bel dito medio per poi di allontanarmi stizzita.
«Rose, hai visto Scorpius?» mi richiama Albus, strattonandomi una spalla per attirare la mia attenzione come se non mi avesse appena urlato in un orecchio.
«Prima della missione "infiltriamoci in cucina" era sbracato sulla sua solita poltrona a bere caffè, ma dalla sua espressione io dubito che fosse davvero caffè»
«Beh, ora non c'è più» mi indica con ovvietà il punto in cui prima era seduto il suo migliore amico. «Senza il suo aiuto non riuscirò mai a fare colpo su Cassie! Inoltre, sono preoccupato. Hai visto com'era ridotto?»
«Al» gli rifilo una pacca di commiserazione. «Te lo dico dal profondo del cuore: non me ne importa niente»
Cinque minuti dopo, con lo stomaco vuoto ma con una caramella alla liquirizia in bocca - se James dovesse mai chiederlo: non sono stata io a frugare nel suo baule, anche se, cavolo, lì dentro ci sono più dolci che vestiti - attraverso silenziosamente il corridoio del secondo piano.
Non so esattamente dove sto andato, tuttavia la mia coscienza continua a ripetermi "a cercare Scorpius" da quando ho salito di soppiatto la cinquantina di gradini che separa i primi due livelli della casa. Ciononostante, se qualcuno dovessi mai vedermi qui, io mentirei, fingendo di essermi misteriosamente persa.
Mi dirigo vero la sua camera da letto, perché è quello il primo posto a cui io penserei se volessi nascondermi. Albus, ovviamente, riteneva che fosse una perdita di tempo salire tutte quelle scale e perciò sta attuando la sua ricerca in cortile.
Quando arrivo davanti alla sua porta non busso, mi limito a socchiuderla leggermente per accertarmi se sia vuota o meno.
Come previsto dalla mia mente acuta e geniale, Scorpius è sdraiato sul materasso con la testa affondata tra i cuscini, i capelli biondi gli ricadono arruffati sulle palpebre che tiene socchiuse a causa della stanchezza. Ha una sigaretta accesa tra le dita, tiene il braccio disteso sul letto e della cenere ricade sulla coperta scura, sporcandola.
Non sembra essersi accorto della mia presenza o dello scricchiolare sospetto della porta, il che non mi stupisce visto che da assonnato non si rende conto mai di niente, come quella volta al quinto anno quando si è lanciato a peso morto sul pavimento, anziché sul suo letto. Non appena metto piede nella stanza, però, i suoi occhi corrono subito a posarsi su di me.
Beccata.
«Che vuoi?» sbotta burbero, ma decido di passare sopra al suo pessimo umore solo perché da quando Fred, dopo colazione, gli ha schiacciato i piedi, sembra voler uccidere chiunque osi parlargli.
«Cos'è quella?» lancio un'occhiata alla bottiglia di whisky sul suo comodino. «Stai di nuovo bevendo di prima mattina?»
Si mette a sedere di scatto e rotea gli occhi scocciato. «Senti, fammi il piacere di sparire. Non ho voglia di stare a sentire i tuoi stupidi rimproveri»
«Perché?»
«Come perché?» aggrotta le sopracciglia, il fastidio nella sua voce che rapidamente si trasforma in rabbia. «Te lo spiego, è semplice: non ho bisogno di te e di ascoltare quanto reputi sbagliato ciò che faccio»
Qualcosa nel mio petto si incrina, ma decido di non demordere. «Intendo per quale motivo lo fai, che cosa ti tormenta?»
I suoi occhi mi trafiggono. «Tu adesso mi stai tormentando! Smetti di parlare e vattene, sai dov'è la porta no?»
«Che cosa diamine c'è di sbagliato in te?» sbotto a mia volta, ferita. «Sto solo cercando di aiutarti, razza di imbecile. Se vuoi che me ne vada, alzati e buttami fuori, altrimenti io non uscirò da questa stanza»
Scorpius scende dal letto, sembra talmente furioso che per un attimo ho paura che possa farmi del male. Da i suoi occhi divampano scintille, stringe i pugni lungo i fianchi. Si avvicina rapidamente, ormai ci sono solo pochi centimetri a dividerci. Trattengo l'impulso che mi suggerisce di indietreggiare e me ne resto immobile al centro della stanza, lo sguardo arrabbiato e battagliero tanto quanto il suo.
«Io ti odio, Rose Weasley» sibila velenoso, con il collo e la schiena piegati per raggiungere la stessa altezza del mio viso.
«Vaffanculo» sbotto, le labbra che si schiudono in contemporanea con le sue.
Mi allontana con una spinta, e io sono tentata di ricambiargli il favore con un calcio ben piazzato il mezzo alle gambe, prima che possa fare qualcosa, però, mi attira contro di lui, circondandomi la vita con le braccia.
In un primo momento resto interdetta, gli occhi spalancati e le gambe pronte alla fuga. Cosa diamine sta succedendo?
Poi mi lascio stringere, sorprendendomi del suo viso che corre a nascondersi nell'incavo del mio collo.
Gli accarezzo la nuca, le spalle, la schiena, mentre faccio scivolare una mano tra i suoi capelli scompigliati. Inspira violentemente, aumentando la forza dell'abbraccio in un gesto disperato che mi spezza il cuore.
«Scusami» sussurra con voce tremante.
«Non importa, sei perdonato»
Sei al sicuro adesso, vorrei dirgli, ma immagino che dal modo in cui mi tiene stretta a lui, come se ne dipendesse la sua vita, lo sappia già.
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