Capitolo XXXI (R)

Il vero pericolo non erano i concorrenti sparsi per la foresta, pronti ad attaccarci, ma crollare la sera e sapere di doversi abbandonare completamente a due sconosciuti, manipolatori doppiogiochisti. Ancora più duro era il risveglio, quando riemergevo dalla buca oscura in cui venivo trascinata e dovevo ricostruire gli avvenimenti persi attraverso le risposte schive dei miei soldati.

"Non è successo niente" era solito dirmi Esral.

"Abbiamo continuato a camminare lungo il fiume come concordato. Nessuno si avvicina qui, almeno non con queste piogge ad intermittenza" esplicava più dettagliatamente Shawn.

Il tragitto sembrava infinito e immutabile, per quanto camminassimo durante il giorno e per quanto loro sembrassero spostarsi di notte. Il secondo giorno di viaggio, poco dopo mezzogiorno, Shawn disse che eravamo quasi alla meta. Neppure una volta riuscii a toccare con mano, o vedere con i miei occhi, il palmare e la mappa. Divenni sempre più sensibili ai loro cambiamenti, che dal giorno alla notte diventavano ancora più marcati: Esral sembrava sempre sulle spine, mosso da una fretta che immaginai avesse poco a che fare con la prova; Shawn non mi guardava più negli occhi, straparlava del tempo e, cosa ancora più strana, non mi chiamò mai Vèna. In realtà, non mi chiamò affatto.

Quando ci addentrammo nuovamente nel folto della foresta, mi aspettai di trovare Brunuas e il suo gruppo appostati dietro qualche albero, pronti a saltare fuori e ridere di me. Invece, l'unica cosa che vidi fu l'imbocco del B6. Ero scettica sul nostro arrivo, mi dovetti ricredere quando il militare di turno ci accolse.

La nostra era una visita breve, giusto il tempo di timbrare, poiché il bunker 7 si trovava non molto lontano dal B6. Raggiunto quello avremmo riposato fino al giorno dopo, raggiunto il B8 gli altri erano a un passo di distanza. Timbrato tutto ci restava solo il punto di arrivo.

Nessuno ci aveva spiegato cosa fare una volta arrivati lì, quindi decisi di chiederlo all'unica persona istruita: il militare.

Mentre gli consegnammo i tesserini feci le mie domande. «Una volta arrivati alla zona di arrivo, cosa succederà?»

Il militare, un uomo troppo alto per un bunker sotterraneo e troppo magro per essere parte del corpo speciale dell'Isola, rispose con il tono di chi si era appena svegliato da una lunga letargia. «Troverete la cabina di recupero ad attendervi».

«Quella della piattaforma Omicron? Si troverà lì sopra?» insistetti io.

«Sarà visibile già dal bunker 7, alberi permettendo» replicò. Aspettò qualche istante per vedere se c'erano altre domande – lo strano atteggiamento di Shawn lo portò a non aprire bocca – poi si avviò verso la sala a noi preclusa, piegando con naturalezza il capo per passarne la soglia.

«Se vuoi fare una piccola pausa...» tentò Shawn. Dei due io ero quella più riposata, eppure non perdeva occasione di mostrarsi apprensivo nei miei confronti. Quasi fosse una forma di riscatto per ciò che stavano entrambi omettendo. Serviva solo a farmi arrabbiare ancora di più.

«Aspettiamo che il militare ci riporti i tesserini e ci rimettiamo in marcia» ordinai a entrambi. Mi chiesi poi se, come io avevo notato certe cose, anche loro stessero cogliendo qualcosa in me. Speravo si accorgessero da soli che avevo intuito tutto, che uno dei due intavolasse il discorso e mi spiegasse. Volevo davvero credere che avessero un minimo di rispetto per me, non come loro Comandante, semplicemente come persona.

«D'accordo» rispose, lasciandomi sempre più interdetta.

Un'altra cosa ad essere cambiata nel corso di quelle sere, fu il loro rapporto. Ammesso che ne avessero mai avuto uno... I primi due giorni si erano divertiti a prendermi i giro, una complicità non pianificata, quasi spontanea, che aveva cominciato a dissolversi con l'arrivo delle scosse. Adesso erano molto più seri, come se ne andasse della loro vita.

Aspettammo il ritorno del militare in silenzio, lo stesso che ci aveva accompagnati per tutto il viaggio. L'unico suono che poteva intercorrere tra di noi era solo il nulla più assoluto. Non eravamo una squadra, non eravamo alleati, somigliavamo più a singoli concorrenti costretti a seguire lo stesso percorso fianco a fianco, uniti dalla sola voglia di arrivare quanto prima alla fine.

Solo in un silenzio così soffocante riuscii a trovare sollievo in una voce a me antipatica.

«Quiana...?» dissi incredula. Era stato per un attimo, ma potevo giurare di aver sentito quel flebile vocio lezioso.

«Come?» intervenne Shawn. «Impossibile» aggiunse poco dopo, ma io ero già corsa a controllare. Nello stretto corridoio tutte le porte delle stanze si susseguivano nella semi oscurità, tranne una. La più distante era aperta e sulla soglia, investita dalla luce, c'era una ragazza. C'era Quiana.

«Ehvena!» emise lei in un gridolino.

Neppure il tempo di lasciarglielo terminare che mi fiondai sulla soglia della stanza, gli occhi catturarono come prima cosa la capigliatura riccia di Maximilian, sdraiato sulla brandina più prossima. Su quella in alto, una figura muscolosa balzò giù nel momento in cui arrivai. Un'istante dopo ero avvolta nel caldo abbraccio del mio unico amico.

«Ero così preoccupato per te» disse stringendomi più forte.

«Anche io» confessai.

Normalmente avrei messo fine io a quell'abbraccio, eppure non riuscii a lasciarlo. Era così confortevole sapere di essere al sicuro, di essere importante per qualcuno senza secondi scopi. Dopo quattro giorni passati insieme a quei due apprezzai come non mai quel contatto.

Fu Maximilian a dividerci, con una frase cupa, quasi apocalittica. «Se sono qui è meglio che ce ne andiamo.»

«No» replicai d'istinto. Sapevo di non avere il diritto di intromettermi, ma neppure volevo separarmi così presto da William. Tutti e tre colsero la disperazione e la collera che avevo intrisa nella voce, ma solo il volto del biondino si contorse per l'apprensione. «Ce ne andiamo noi. Riposatevi.»

«Allora dovremmo affrettarci» ribatté.

«Avanti non prendetela così seriamente. Questa è una zona neutrale» intervenne William.

Maximilian scosse il capo non convinto ma in qualche modo divertito dal suo tentativo. Capivo la sua posizione in quanto Comandante, anche io me la sarei data a gambe levate se quei due fossero entrati nel bunker.

Mi voltai, aspettando di trovare i miei due soldato sulla soglia; le posture rigide, le espressioni coperte da uno spesso strato di indifferenza quasi inumana. Invece c'era solo Quiana a guardarmi con i suoi occhi languidi e pieni di sollievo. Non era rivolto a me tanto affetto, sapere di Shawn doveva averlo smosso. Ma tutto diventò insignificante alla luce del fatto che nessuno dei due mi avesse seguita. Esral potevo capirlo, ma Shawn perché non era lì? Lui era la mia ombra, e quando non poteva Esral non mancava di sostituirlo.

Un brivido mi corse lungo la schiena, il tipico zampettio molesto di un problema.

Lasciai quei tre dov'erano e andai a controllarli, i passi di William proprio dietro i miei. Non gli dissi di non immischiarsi, la sua sola presenza mi stava dando coraggio e vista la brutta situazione in cui mi trovavo ero certa che me ne sarebbe servito di più.

Mi fermai all'angolo del corridoio, quasi nascondendomi. William rimase dietro di me e osservò da sopra la mia nuca. Il militare era tornato, la sua figura torreggiava su quelle improvvisamente esili dei due.

«La prossima volta dateli tutti insieme» si stava lamentando l'ufficiale.

«Ci scusi» rispose Esral sommessamente, afferrando in fretta e furia un pila di tesserini.

Sgranai gli occhi e ne seguii gli spostamenti: quegli affari erano spessi ma anche a distanza si capiva che ce n'erano alcuni in più. Quattro sparirono nel giaccone di Esral, uno in quello di Shawn e l'altro, che sperai fosse il mio, rimase tra le sue mani. Si sussurrarono qualcosa e poi Shawn fece per venirmi a cercare. D'istinto spinsi indietro William che, da buon amico, mi fece il favore di tacere. Quando Shawn imboccò il corridoio, fece anche di meglio: mi abbracciò nuovamente e mi consolò con piccoli buffetti sulla testa. Nascose il tremore che avevo alle mani e mi impedì di scagliargli contro tutta la rabbia che avevo accumulato in quei giorni. Non ero solo stata raggirata dal mio gruppo iniziale, si stavano facendo beffe di me insieme da altri concorrenti aggiunti chissà quando al mio gruppo. Soldati che non conoscevo ma di cui immaginavo già i volti.

«Vèna» pronunciò sfacciatamente. Dovetti afferrare un lembo della maglietta di William per ingoiare il vortice emozioni che minacciava di abbattersi su chiunque e comportarmi normalmente. Forse mettere subito le cose in chiaro sarebbe stato più facile ma avevo da giorni il desiderio inestinguibile di ripagarli con la stessa moneta. Era il mio turno, ora.

«C'è il gruppo di Maximilian» dissi. Non c'era gioia ne entusiasmo, fu una frase piatta e fredda che detta da me avrebbe insospettito chiunque, figuriamoci quel piantagrane di Pel-Di-Carota. Per fortuna c'era William ad aiutarmi.

William si rivolse a Shawn con la tranquillità di quando ci trovavamo alla Base Alpha. «Speravo di non doverti incontrare durante la prova, e invece...»

«Paura delle sfida?» gli occhi di Shawn scintillavano nella penombra. Glieli avrei cavati con le mie mani se William non mi avesse inchiodata a lui con un braccio.

«Non esattamente» tagliò corto. «Vèna, ti va di cucinarmi qualcosa?» disse poi. In un primo momento sentirlo usare quel nomignolo mi stranì, sgranai gli occhi e lo fissai dubbiosa; nessuno al di fuori di Shawn e la mia famiglia lo aveva mai usato. Ma poi vidi il cambiamento sul volto di Shawn e stetti al gioco. Si era piegato in un'espressione arcigna, rancorosa e del tutto inusuale. Sembrava che William l'avesse privato di un suo speciale diritto e che a momenti avrebbe potuto prenderlo al collo come Esral aveva fatto con lui. Quella di Esral però era stata una rabbia calda e impulsiva, quella di Shawn era sempre fredda e ponderata e forse per questo vederlo così sciolto mi lasciò il segno. Mi impressi quell'istante nella mente, ogni sfumatura, ogni tratto, tutto meritava di conservarsi esattamente com'era perché sapevo che quello sarebbe stato il mio punto di partenza.

«Perché c'è una cucina?» chiesi lui spezzando la tensione. Stavo iniziando a godermi la mia prima vera vendetta vera quella Testa Rossa.

«No, ma anche una scatoletta di cibo precotto avrà un gusto migliore se sarai tu ad aprirla.» Mi diede un altro buffetto sulla guancia e mi spinse verso la sala comune.

Shawn non si mosse, non era tipo da azioni fisiche e le sue parole normalmente facevano lo stesso effetto. «Ce ne andiamo» annunciò.

D'improvviso mi venne da sorridere. «Sono io il Comandate, e sempre io vi dico quando ce ne andiamo. Grazie per avermelo riportato». Mi ripresi il tesserino con uno strappo netto, non avrei lasciato che si prendesse altro da me. Avevo già sprecato troppi anni per lui.

Gli sfilammo accanto e, per un lungo istante, mi sentii finalmente un grandino più in alto di lui. Per la prima volta avevo vinto, lo avevo schiacciato e non potevo sentirmi meglio di così. Poi vidi Esral, fermo accanto al portellone di uscita, e mi ricordai che non avevo ancora vinto del tutto. La soddisfazione si attenuò e pensai la prima cosa in linea con l'Elezione da quando tutto era iniziato: "Non permetterò che superino la prova". Mi serviva un buon piano, perché o ero legata a loro e così anche la mia possibile visita al penitenziario.

Lui, a differenza di Shawn, non fece caso alla presenza di William. «Andiamo?» mi intimò.

«Non ancora. Fatevi un sonnellino, una doccia, un pasto tranquillo, quello che volete. Partiremo con un po' di ritardo.»

Sospirò, indubbiamente innervosito. Non capivo proprio con quale diritto continuasse a comportarsi così. Lui e Shawn erano due raggiratori, bugiardi patentati che si erano uniti alle uniche persone senza scrupoli dell'Elezione. Ma forse solo tra complici si poteva andare d'accordo, per questo mi avevano tenuta alla scuro e lontana dal palmare. Secondo loro ero facilmente gestibile, così ingenua da non capire cosa stava accadendo e troppo debole per metterli in ginocchio.

Se c'era una cosa che l'Elezione mi aveva insegnato era che tutti erano capaci di tutto durante le prove, e dopo averne superate quattro devastanti riuscire a vendicarmi di loro doveva essere semplice. Ero sopravvissuta tanto nella competizione solo per il mio istinto di sopravvivenza, ma forse tutta quella pressione aveva sboccato qualche mia altra abilità. In fondo ero io ad aver tirato fuori Eddie dal fiume, doveva pur significare qualcosa.

Aprii una conserva a William e giocai all'amica davanti a loro finché non la terminò. Quando Maximilian e Quiana ci raggiunsero l'aria nella stanza era già satura della giusta dose di odio. I due avevano gli zaini in spalla, l'aria di chi stava per uscire in fretta e furia, ma Maximilian era tutt'altro che stupido e notò da subito lo stato del mio gruppo. Questa cosa lo incuriosì abbastanza da inventarsi una scusa banale per restare.

«Andiamo?» chiese William.

Lui scosse il cespuglio di ricci. «Facciamo rifornimento.»

Quiana si limitò a mantenere la sua aria da beota e adattarsi alla situazione così come le si presentava. Ergo, volò tra le braccia di Shawn. Pel-Di-Carota si perse in chiacchiere frivole senza mai far cadere davvero lo sguardo da me e William. Maximilian prese a riempire gli zaini con una lentezza inumana e, probabilmente già al suo limite di sopportazione, Esral si alzò borbottando e si chiuse in una stanza. Aggiunsi l'averlo infastidito alla tabella delle vittorie, anche se forse metà del merito veniva dalla vocina di Quiana.

Quando William blaterò di essere pieno e di volersi fare una bella dormita, colsi al volo l'occasione per staccarmi da Shawn e avere un po' di privacy. L'utilità di Quiana aumentò di cento punti quando rimase a tenere compagnia a Shawn.

Neanche il tempo di chiudere la porta della stanza che William diede in escandescenza.

«Che diamine sta succedendo? Cosa stanno combinando quei due? Perché sembravi fuori di te prima? Perché Shawn aveva l'aria di volermi ammazzare in corridoio? Ah, no. Questo già lo so. Esral, invece, che problema ha? Fa sempre così? Come siete sopravvissuti tutti insieme e con le scosse? Il militare che centrava prima? Ti hanno tratt-» blaterava a tono basso. Dovetti tappargli la bocca con il palmo della mano per farlo tacere.

«Will, smettila di parlare e ascoltami» sussurrai. Annuii sotto la presa, gli occhi azzurri concentrati sui miei. «Non so perché il mio gruppo sia ancora insieme, non so perché non mi abbiano eliminata, ma so per certo che si sono presi gioco di me fino a poco fa. Da giorni avevo il sospetto che stessero architettando qualcosa alle mie spalle con un altro gruppo, Shawn mi ridava più il palmare e ho pensato subito ad un allenza per i punti extra di cui parla la guida. Ma non è così. Ho visto chiaramente, prima, nella mani di Esral, due tesserini in più. Se li portano dietro e li fanno timbrare alle mie spalle non so da quanto.»

A quel punto William tolse la mano da davanti la bocca. «Scherzi? Perché farlo quando è più semplice eliminarti. Senza offesa.»

«Lo so, infatti non capisco. Lo possono fare? Non infrangono qualche regola?»

«No, no. Se sono più della metà ad entrare nel bunker con il Comandante e tutti i tesserini, certo che si può fare.»

«E dove sta scritto?» mi lamentai. «Sulla guida dice colo che il comandante con i tesserini può chiedere l'immunità e che, in caso di immobilità del Comandante i soldati, con il suo tesserino, possono richiedere l'accesso.»

«Sì, e sotto in piccolo dice anche che se la metà più uno del gruppo, compreso il Comandante, richiede l'accesso al bunker e ha tutti i tesserini, può farli timbrare anche se questi non sono all'interno. Hai letto solo metà pagina?»

«Ah» esalai. «Le cose scritte in piccolo le ho saltate...»

William mi diede una botta in fronte, dolorosa e rinvigorente. «E brava Johns!»

«Tu non hai idea di come sia averli intorno! Due paia di occhi che ti giudicano e seguono ogni tua mossa» mi lamentai.

«Lo sapevo che sarebbe finita così. Lo sapevo!» La sua drammaticità rendeva bene anche in una conversazione fatta di sussurri. «Sai chi posso essere queste tue nuove reclute?»

«Immagino siano Brunuas e Iruwa, i due spietati amici di Esral. Sono soldati semplici e dopo la prima scossa c'è stato il rinnovo dei gruppi. Siccome a loro piace avere il comando e nessun Comandante è raggirabile quanto me, ecco fatto! Praticamente gli ho alleggerito la prova.» Se avessi avuto davanti la voce l'avrei presa a schiaffi.

Ci fu una breve pausa in cui mi autocommiserai e lasciai che William facesse altrettanto. Ero stata una stupida ingenua per tutto il tempo e ora dovevo cavarmela da sola, lui non poteva aiutarmi anche se avrebbe voluto. Glielo leggevo negli occhi chiari che, se ne avesse avuto la facoltà, mi avrebbe presa nel suo gruppo. «Ora che farai?»

Era domanda che mi ponevo più o meno da quando l'Elezione era iniziata. Mai una volta avevo avuto la risposta pronta, ora non era diverso. «Facciamo che intanto ti lascio questo» dissi allungandogli il mio tesserino.

«Cosa? Perché?» Scansò la mano, quasi gli avessi offerto pane stantio.

«Le cose andranno sempre peggio e da questo dipende tutta la loro prova, voglio che sia il più lontano possibile da loro. Se lo vogliono se lo dovranno sudare.»

Riluttante tese la mano perché glielo consegnassi. Riuscì appena a sfiorarlo che la serratura della porta fece clack e sia io che William sobbalzammo per la sorpresa. Nascosi il tesserino in tasca per paura che fossi stata scoperta, poi vidi il cespuglio di Maximilian e mi sciolsi.

«Serve un aiutino, Johns?» domandò.

Rimasi a fissarlo per qualche istante, decidendo. «In effetti sì.»

• • • • •

L'ultima cosa feci prima di lasciare in tutta fretta il bunker fu sussurrare a William queste parole: "Fa in modo che la paghino".

Realizzai solo più tardi il reale peso di quelle parole. Non me ne pentii, neppure per un istante, ma capii ciò che comportava una richiesta simile. Per me e per chi aveva deciso di aiutarmi. Il piano avrebbe funzionato, raggiunto l'ultimo bunker nessuno dei due mi avrebbe più guardata nello stesso modo. In un solo colpo avrei posto rimedio ai miei due insubordinati soldati e quelle persone che si erano infiltrate nel gruppo senza il mio permesso.

La voce mi aveva posta davanti ad una scelta e io avevo preso la mia decisione, l'avevo incolpata dei problemi di quell'ultimo giorno ma solo a un passo dalla vittoria avevo realizzato che la colpa era solo mia. Avevo salvato la vita di un concorrente infischiandomene di quei due, e sì, valeva davvero qualcosa. Li avevo guidati verso un bunker brulicante di senza-gruppo arrabbiati, e anche questo valeva di certo qualcosa.

Io valevo qualcosa. Dovevo solo dimostrarlo ancora e assicurarmi che questa volta tutti guardassero.

Arrivammo al bunker 7 in meno di venti minuti, Shawn però non lasciò sfuggire l'occasione di darmi noia.

«Avremmo fatto prima se qualcuno non si fosse fermato ad amoreggiare con il nemico» sentenziò aspramente.

«E perché tu non hai fatto lo stesso con Quiana?» lo punzecchiai a mia volta. Questo riuscì a zittirlo, l'ipocrisia in lui non era poi così radicata alla fin fine.

«Smettetela di litigare come una vecchia coppia di centenari, non vi sopporto» brontolò Esral, dando finalmente voce a quel pensiero che ero certa fluttuasse più e più volte in una giornata nella sua testa.

«Geloso perché noi due abbiamo incontrato dei nostri amici in un altro gruppo e tu no?» punzecchiai anche lui. Ero proprio in vena di attaccar briga quel giorno. «Ti mancheranno Brunuas e Iruwa, siete sempre stati così uniti nelle prove» esagerai.

Mi lanciò una brutta occhiata. «Se non sai di cosa stai parlando, allora taci» mi consigliò.

Fu un peccato, speravo approfondisse la cosa ma vista la strana situazione con quei due qualunque cosa avesse detto avrebbe potuto farmi intuire troppo. Anche se io sapevo già.

Entrammo e timbrammo. Alla fine il tesserino me l'ero tenuto, ma solo per lasciarlo poi in questo bunker così che Maximilian lo prendesse. Per fortuna i bunker erano tutti uguali e avevamo già concordato il posto: nella dispensa della passata di cipolle, quella poltiglia disgustosa che nessuno toccava mai. E se anche qualcuno dai gusti orribili e uno stomaco di ferro l'avesse voluta, non sarebbe mai arrivato in tempo. Oltre al posto avevamo anche previsto le dinamiche. Una volta usciti loro ci avrebbero seguiti a debita distanza, avrebbero aspettato di vederci uscire e sarebbero poi entrati a timbrare e prendere il mio tesserino. Avevo fatto vedere loro come attivare la localizzazione e avevo dato loro il codice del tesserino di Shawn. Non ricordavo il mio, ma mi ero presa la premura di studiarmi il suo quando ne avevo avuto l'occasione. Ero certa che mi sarebbe servito, non per questa prova ma l'importante era che l'avessi fatto. Seguirci e fare quanto deciso da lì in poi sarebbe stato semplice, bastava aspettare le scosse. Perché proprio quelle? Be', l'avevo chiesto anche io a William quando lo aveva proposto e la sua risposta mi aveva illuminata.

"Perché siamo tutti più vulnerabili in quel momento. Anche loro, altrimenti non avrebbero fatto tanto in queste ultime notti".

Ricordarmi di essere la loro debolezza mi aveva sempre infastidito perché erano loro a farmelo pesare, in realtà avrei dovuto gioirne.

Tutto il piano era nelle mani di Maximilian e il suo gruppo, anche la permanenza nella prova lo era. Se avesse voluto avrebbe anche potuto eliminarci tutti, io però puntavo sul fatto che il vantaggio nel caso non lo avesse fatto era maggiore rispetto alla soddisfazioni di vederci eliminati. Al suo posto io avrei scelto l'eliminazione, quindi nel caso fosse accaduto non me la sarei presa con lui. In qualunque caso non me la sarei presa con nessuno.

La mia ultima mossa era quella di convincerli a non riposarsi e continuare a muoverci anche durante la notte. Avevo imparato che anche io potevo essere persuasiva se sapevo dove fare leva. Quei due erano molto diversi, l'unica cosa ad accomunarli era la voglia disperata di vincere. Questo mi rendeva le cose fin troppo semplici.

Mi bastò nominare il gruppo di Maximilian e la possibilità di altri concorrenti in arrivo, un piccolo accenno alla distanza tra il bB7 e B8, che subito i due si rimisero le giacche. Quando poi parlai loro di vantaggio i due si smaterializzarono fuori dal bunker. Per una volta le cose sembravano facili, forse perché ora li conoscevo un po' più che il primo giorno. Entrambi.

Una volta fuori l'unico imprevisto, l'unica deviazione dal piano che avevo ideato insieme a William e Maximilian fu Shawn O'belion. Lasciò passare in testa Esral e si avvicinò per dirmi qualcosa.

«Lo so che non andiamo d'accordo», iniziò dalle ovvietà, «ma so che sappiamo intenderci meglio di come abbiamo fatto oggi.»

«Cosa vuoi?» tagliai corto.

«Siamo all'ultimo stadio della prova quindi le cose potrebbero farsi pericolose» spiegò puntando Esral. Cercava di farmi credere che tutto il pericolo risiedesse nell'affidabile e sconosciuto terzo membro, Esral Rivas, e che, tanto per cambiare, lui non c'entrasse niente. «Sai che siamo dalla stessa parte, quindi se dovesse succedere qualcosa ho bisogno che tu me lo dica.»

Aspettò impazientemente una risposta e io temporeggiai solo per il gusto di vederlo in ansia per qualcosa. Mi chiesi se avesse intuito qualcosa ma solo il fatto che fosse lì ad elemosinare la mia lealtà mi diceva che aveva esaurito le sue carte.

«Certo Shawn, se succede qualcosa tu sarai il primo a saperlo. Ammesso che tu te lo sia guadagnato» risposi alla fine. «Pensi di meritare questo privilegio?»

«Se lo chiami privilegio allora direi di no» disse in onestà, forse la prima volta dopo il suo egocentrico tentativo di dirmi addio. «Per te è sempre tutto bianco o nero, vero Vèna?»

«Perché per te non è lo stesso?»

«No. Ci sono categorie e persone distinte. E durante le prove è bene distinguere queste cose. Prendilo come un consiglio.»

«Dei tuoi consigli ne faccio a meno, soprattutto quando tu per primo non li segui. Parli di categorie e persone distinte, ma io dove sono? Mesi passati a trattarmi come se non esistessi e quando ti servo divento importante. Sempre coerente, vero O'belion?» Girai attorno a un cespuglio nel tentativo di allontanarmi, lui però allungò il passo e tornò a tormentarmi.

«Credi di non essere abbastanza importante per essere inserita da qualche parte?» domandò a sua volta.

«Ora non venirmi a dire il contrario perché sanno tutti che è così. Lo sa anche Esral e lui ci conosce da appena quattro giorni» ribattei.

«Be', Ehvena Johns, ti sbagli di grosso. Ci sei anche tu.»

Mi voltai di scatto, colpita in pieno da quelle parole. Ora lo diceva? Avrebbe dovuto provare a guadagnarsi quel privilegio molto prima. Lo guardai in tralice da sopra un bozzo del terreno, senza più nulla da dire. Il sole tramontava e presto avrei sentito il pizzicore stordente delle scosse.

Ormai era fatta.

• • • • •

Il mattino seguente faticai a capire cos'era successo in mia assenza. Non mi svegliai come al solito avvolta nel telone ma su un manto di erba e terra inumidita. L'odore del terriccio mi riempì le narici, accompagnato da un disgustoso effluvio chimico che mi costrinse ad alzarmi con un unico doloroso slancio: l'odore di fango e D.A.N.N.I. non lo avevo dimenticato, si era impregnato così radicalmente da diventare una sorta di campanello d'allarme.

Capii di trovarmi in riva al fiume ancora prima di metterne a fuoco le sponde rinsecchite. Ero stata adagiata nel primo tratto di foresta e potevo vedere quelle insenature secche che si diramavano come vene tra le macchie paludose. Dall'altra parte lo scenario era ben diverso: vegetazione folta e rigogliosa, un dedalo di cespi e radici che rigonfiavano il terreno e si intrecciavano ai ciuffi d'erba. Tutto normale, eccetto il fatto che accanto a me ci fosse solo Maximilian, ancora nel mondo delle scosse.

Gli zaini non cerano, le tasche di entrambi erano vuote e non c'era traccia dei nostri gruppi. Inizialmente credetti fossimo stati entrambi eliminati, poi mi chiesi da cosa si distingueva un concorrente eliminato da uno ancora in gara quando non si aveva il proprio tesserino. Fino a prova contraria mi considerai in gara e mi comportai come una normalissima concorrente. Aiutata dai tronchi mi mossi per la foresta, non troppo e a caso, sperando di trovare qualcuno. Sperando di trovare William.

La prima fase del risveglio dopo le scosse era la più delicata, il mondo girava qualunque cosa facessi e le energie riaffioravano lentamente, come se le scosse le bloccassero e d'un tratto quel blocco si sciogliesse. Era difficile da capire, figuriamoci spiegare, però era certo che l'equilibrio era l'ultima abilità in mio possesso a quell'ora. Per quanto mi sforzassi era impossibile velocizzare quel processo di ripresa ed ero quasi abituata ad abbracciare la terra.

Scivolai tra le radici di un albero e mi accasciai a terra come un sacco di verdure; aspettai pazientemente che il blocco passasse prima di pensare di rimettermi in piedi.

«Mmh» sentii mugugnare. «Non sarai mica svenuta?»

Senza neanche cercare la fonte bisbigliai: «Shawn... sei tu?»

«Allora sei sveglia, bene» disse. Il suo tono aveva qualcosa di strano ma non avevo la forza di cercarlo, di muovermi. «Sai, Véna, ora ricordo perché sin dall'inizio ho cercato di buttarti fuori dall'Elezione: sei una piaga, un grosso problema fatto di stupide variabili che mi sarei anche potuto risparmiare. Già, perché sono un'idiota. Pensavo che il mio ultimo tentativo civile di darti il benservito fosse chiaro e invece sembri proprio essere dura di comprensorio. E poi, lo ammetto, non me lo aspettavo che mi avresti chiamata nel tuo gruppo ma giuro di averci provato a fare il bravo soldato solo che tu sei così dannatamente...»

Continuò a blaterare ma smisi di ascoltarlo veramente già a "piaga". Sentivo il corpo formicolare e la terra assestarsi, finché qualcosa non scattò e le energie non corsero in tutta normalità. Da povera vittima allungata al suolo ero tornata ad essere la solita Ehvena gagliarda.

«...di cose stupide te ne ho viste fare ma giuro che questa le batte tutte» continuò. Seguii il suono irritante della sua voce e finalmente lo trovai, legato pietosamente ad un albero che intratteneva un monologo iroso nel tentativo di sentirsi meglio.

«Smettila» lo interruppi. «Sei ridicolo.»

«E tu sei una piaga!» si lamentò.

«Ora diventi anche ripetitivo... Sei caduto davvero in basso, O'belion» gongolai un po'. «Io te lo avevo detto che certi privilegi andavano guadagnati, e non mi pare che voi due siate stati così sinceri con me da meritarvi la mia pietà.»

«Oh, certo! Fate tutti un applauso alla Comandante Johns per aver ideato il piano più stupido e inutile della storia della Quinta Prova dell'Elezione!» esclamò a gran voce. Dire che era arrabbiato era un eufemismo. «Io mi faccio in quattro e l'unico ringraziamento che ricevo è un pugno da quella scimmia bionda e un albero a cui venire legato!»

Guardai il danno che William gli aveva lasciato, un tozzo violaceo sul sopracciglio destro. «Devi averlo proprio averlo fatto arrabbiare perché ti picchiasse.»

«Potrei non essermi prostrato ai suoi piedi quando si è presentato con il tuo tesserino tra le mani!» sbraitò.

«E dai, non fare così. Non è da te.»

«Perdere non è da me» mi corresse.

«C'è sempre una prima volta. Guarda me? L'ho fatta in barba a due tra i più temuti concorrenti dell'Elezione. E sono la stessa persone che tu ed Esral vi divertivate a deridere e prendere per il naso ogni volta che cadeva a terra per le scosse.»

«Mi sono distratto» disse.

«Ora accampi anche scuse?»

«Mi sono distratto... Davo per scontato che lavorassimo insieme» proseguì, d'un tratto non più arrabbiato ma deluso.

Mi accovacciai vicino a lui, perché sentisse meglio. Per tutto il tempo mi aveva guardata dal basso e questa cosa aveva contribuito a nutrire la mia soddisfazione, ora però volevo guardarlo negli occhi. «Tu ed Esral avete fatto i vostri comodi alle mie spalle. Avete aggiunto membri al mio gruppo, persone che detesto, avete timbrato i loro tesserini mentre non guardavo, avete scelto di tradirmi piuttosto che parlarmene. Io questo non lo chiamo lavoro di squadra.»

«E tu non ti sei chiesta perché io mi sia accodato a quelli?» chiese.

«In effetti no, perché non mi interessa. Tra tutti Shawn tu sei sempre stato quello in svantaggio e visto che non ci sei abituato hai fatto degli errori. Io, invece, che mi sono sempre sentita in minoranza, alla giusta occasione e con il giusto aiuto, ho fatto la mia mossa. Quella vincente. Potrei anche dire che il merito è vostro, se non mi aveste fatta arrabbiare così tanto probabilmente avrei continuato a fare finta di niente. Quindi grazie, Shawn.»

Rimase a scrutarmi, in silenzio. Pensai stesse ragionando su cosa dire, invece rimase semplicemente lì, a guardarmi. Rese inutile il mio discorso epico su come li avevo messi entrambi in ginocchio.

«Hai una foglia tra i capelli» disse. Mosse il braccio come nel tentativo di togliermela, poi si accorse di essere legato e ridacchiò.

Io mi prendevo la mia rivincita e lui pensava alle foglie tra i miei capelli inumiditi e pasticciati di terra... Era insopportabile. Me la tolsi in fretta sperando che ora si concentrasse.

«Tu e lui siete tanto affettuosi l'uno con l'altra ma dopo le scosse ti lascia dormire a terra tutta la notte, in mezzo alle foglie. Dopo averci presi poteva almeno avvolgerti nel telone» brontolò.

«Lo facevi tu, allora.» Lo sospettavo già, averne la conferma però era diverso.

«E chi sennò? Esral? Se fosse stato per lui ti avremmo abbandonata dopo aver incontrato Brunuas e Iruwa, la prima notte. Non serve il Comandante per entrare nei bunker, basta il suo tesserino. Tu eri un peso inutile e questo poteva capirlo chiunque.»

«Allora perché sono stata con voi così a lungo?» domandai.

«L'ho convito io a tenerti. Li ho convinti tutti che era meglio presentarci tutti insieme al traguardo invece di abbandonarti come avevano fatto con il loro Comandante. Ti ho dipinta io come manipolabile e ti ho resa indispensabile ai loro occhi per raggiungere i primi posti.»

«Perché?» chiesi ancora.

Non aveva senso che, proprio alla fine della Quinta Prova, io e lui riuscissimo a parlare. Che io capissi qualcosa di quel nuovo lui che tanto mi aveva fatta penare. Che capissi che, in realtà, non era mai cambiato. Non del tutto.

«Sono stato tante cose con te durante l'Elezione, spesso anche meschino. Ma non sono cattivo e tu lo sai.»

«E il senso di dirmelo ora che sei letteralmente con le mani legate?» risposi aspramente.

«Volevo che sapessi come sono andate le cose prima di lasciare che i tuoi nuovi compagni decidano di me.»

«Loro non decidono niente. Voi siete i miei soldati e di voi decido solo io» dichiarai.

«Lo so. Lui però resta sempre un metro e ottanta di avvenenza, feromoni maschili e adorabili buffetti sulla nuca, mentre io sono il malvagio ragazzo che ha ucciso il tuo amico d'infanzia. Secondo te chi vince?»

Finalmente mi aveva resa partecipe della sua antipatia verso William e mi stava mostrando qualcosa. Il "Vèna" detto col solo proposito di irritarlo gli aveva lasciato il giusto segno. E sarà stato anche cattivo da pensare, ma volevo che restasse così ancora un po'.

Mi alzai e cercai di capire dove potessero essere William, Quiana ed Esral. Shawn non ci mise molto prima di iniziare a supplicarli.

«Almeno slegami! Non posso scappare, avete voi il mio tesserino, quindi cosa ti costa?»

«Torno tra un po'» lo avvertii.

«Le corde fanno male!» gridò. Io però me l'ero già asciato alle spalle.

Qualche albero più aventi trovai l'accampamento di William e Quiana, montato attorno a una catena di siepi che facevano da barricata. La natura nella foresta ibrida era come amica della Quinta Prova e dei concorrenti che la svolgevano.

«Ehvena!» squittì Quiana.

William, che stava trafficando con il kit medico, non mi accolse con lo stesso entusiasmo. «Sei già sveglia?»

«Sono felice anche io di vederti, Will. Come hai passato la serata? Io bene, ero stesa paralizzata in mezzo a un cumulo di fango e sporcizia.»

«Certo che sono felice di vederti, non fraintendermi. È che è strano, Maximilian non si è mai svegliato prima delle dieci...»

«Sono mattiniera da una vita, delle scosse non mi cambieranno» spiegai.

«Mmh» emise in risposta. Come risposta non lo convinceva molto ma era la sola sensata che avessi. «Sarai felice di sapere che tutto è andato secondo le nostre previsioni, eccetto per qualche colpo di troppo, e che siamo addirittura in anticipo rispetto alla tabella di marcia.»

Quiana mi consegnò il tesserino e il palmare, quello che non vedevo praticamente dal primo giorno e che Shawn si era impegnato a nascondermi.

«Ti sei persa una zuffa con i fiocchi! Con un gancio destro ho steso Pel-Di-Carota e l'ho legato all'albero. Lo hai visto?» mi spiegò tutto esaltato. «Anche Esral è andato giù in un attimo.»

«William» lo riprese Quiana, il tono da maestrina benevola. «Ma se stava per scapparti... Gli ha anche fatto tutti quei lividi, è stato orribile da vedere.»

«Però mi sono difeso bene e l'ho atterrato» continuò con un sorriso smagliante. Vederlo tutto contento di aver picchiato qualcuno mi metteva i brividi. Lui era il Dottor Born, la persona che aveva aiutato un concorrente che non conosceva senza battere ciglia. Forse dipendeva dal fatto che ora Shawn ed Esral erano visti come i cattivi, quando in realtà gli altri due membri del mio gruppo lo erano molto di più.

Avevo i loro volti sul palmare, insieme ai codici e un pronostico dei loro dati. Stavano proseguendo lungo un sentiero interno molto distante da noi. Tutto il loro viaggio era basato sulla parsimonia di Esral nel timbrare anche i loro. Avevo capitò perché Shawn lo aveva fatto, anche se non gli credevo del tutto, ma quale poteva essere il motivo di Esral? Erano alleati sin dalla loro comparsa nelle prime classifiche ma nulla gli impediva di infischiarsene e arrivare da solo al traguardo.

La risposta arrivò armeggiando con il palmare. Non solo Brunuas e Iruwa risultavano come miei soldati, ma l'intero gruppo di Javar Kapoor, quello in cui si trovava Eoen, era nostro alleato. Un gruppo che da soli tre membri ora risultava di sette. No. Con un bip improvviso un nuovo volto si aggiunse agli atri: Hammon.

«Ora dov'è?» chiesi.

«Dietro quell'albero lì.»

Con il palmare sotto braccio andai a constatare quanto pesante fosse stata la mano di William. Dovevo immaginare che uno come Esral non avrebbe accettato il cambiamento tanto facilmente e mi sorprende, in realtà, la vincita di William.

Anche lui era legato stretto all'albero, il volto segnato più profondamente di quello di Shawn dalla zuffa. William era pur sempre William, dunque su entrambi si potevano notare i segni delle pomate lenitive e su Esral anche un piccolo bendaggio. Mi ricordai invece dei segni con la quali avevo trovati la mattina del secondo giorno: non c'era stata cura o delicatezza.

Picchiettai sulla spalla per svegliarla. Quando aprì gli occhi non fu entusiasta di vedermi.

«Mi avete eliminato?» domandò come prima cosa.

«Non ancora. Tutto dipenderà dalle risposte che mi darai.»

«Cosa vuoi ora? Non ti basta aver generato un disastro?»

«Questo è il tuo modo di vedere le cose. Dal mio punto di vista quel che ho fatto le ha sistemate.»

Presi il palmare e gli feci vedere la panoramica del nostro gruppo.

«Io ho un'ipotesi riguardo tutto questo e ora vorrei che tu mi dicessi la verità. Da Shawn l'ho già sentita, apprezzerei se ora lo facessi anche tu.»

Esral non accennava a volermi assecondare. «Sai già tutto mi sembra.»

«Io dico che dopo la scossa, il panico generale e il via vai di candidati, quella notte siete stati sorpresi del gruppo di Javar, quello in cui c'è Eoen, un dei tuoi amichetti, e che aveva già stretto un accordo con Brunuas e Iruwa. Vado bene fino a qui?»

«Abbastanza, Johns. Impegnati di più» mi istigò.

«Io dico che tu e Shawn non avevate voglia di immischiarvi con loro perciò avete tentato di aggirarli. Io ero d'intralcio e senza via d'uscita vi siete messi a parlamentare. Loro ti volevano reclutare e Shawn non voleva perdere la prova o me, così avete deciso di farvi carico della prova di Brunuas e Iruwa e mantenere un'alleanza con Javar, che ora è in maggiorana numerica e si sta spostando con i miei nuovi soldati. Vi ho dipinti troppo buoni oppure ho ragione?»

«Troppo buoni» disse risentito. «Dalla Quarta Prova i loro metodi non mi sono più piaciuti. Voi due mi date sui nervi ma almeno mi lasciate parlare, loro invece sono più preoccupati di farla pagare ai concorrenti che del premio finale. Avere Shawn come alleato era meglio di niente, solo che lui non voleva saperne di abbandonarti.»

«E io ho rovinato i vostri sforzi. Perché vi deve essere costato molto faticare anche per quei due sapendo che passeggiavano per indisturbati per la foresta.»

«Avevamo anche dei vantaggi: noi andavamo avanti nei bunker e loro restava indietro e facevano quello che gli veniva meglio.»

«Sabotare gli altri gruppi...» Mi vennero i brividi, quella storia aveva dell'irreale. «Ho capito, grazie per la sincerità» dissi.

«E ora che farai?»

«Per prima cosa farò pulizia, dopodiché passeremo nei bunker rimasti come da programma e la faremo finita con questa stupida prova.»

«Non mi elimini?»

«No» dissi facendo spallucce. «L'idea era di rimettervi in riga non di eliminarmi. Mi avete fatta arrabbiare e mi sono vendicata quando ne ho vista l'occasione. Tutto qui. E poi, non fare così il sorpreso, sapevi già che non vi avrei eliminati. Altrimenti perché farsi prendere da Will?»

Lo fissai attentamente ma lui non si tradì, neppure per un istante.

«Hai una bella immaginazione» disse poi.

«Chiamala come vuoi. Ti ho visto in azione e so per certo che se non avessi voluto, William non avrebbe potuto far molto.»

Prima di allontanarmi presi i tesserini di Brunuas e Iruwa dalla tasca del giaccone di Esral. Con quelli tra le mani mi sentii finalmente soddisfatta, anche se certe cose non erano andate come me l'ero immaginate. Come prima cosa tolsi l'alleanza con Javar e il suo gruppo, poi eliminai dalla gara, senza troppi scrupoli, Brunuas e Iruwa.

Sentivo che quella era la prima decisione da vero Comandante che avevo preso da inizio prova. Molto più della scelta di dare ai miei soldati una sonora lezione perché, per quello, sarebbe davvero solo bastato parlarne.

Tornai all'accampamento ma non ci restai allungo. Presi del cibo dai nostri zaini e chiesi a Quiana di occuparsi di Esral. Avrebbe preferito farlo a Shawn, ma con lui dovevo sbrigarmela io.

«Già di ritorno?» disse quando gli filai davanti.

«Non ancora» risposi passando. Prima di iniziare la negoziazione con lui dovevo prendere in prestito il pollice di Maximilian per consolidare l'alleanza tra i nostri gruppi. Fatto ciò tornai al prigioniero scalpitante.

«Ti farai male se continui così» gli dissi. Si dimenava come un pesce appena sottratto all'acquario.

«Ho visto Esral e il palmare, ho capito tutto. So tutto. Ho annullato l'alleanza con Javar ed eliminato Brunuas e Iruwa, per sempre» riassunsi. Lasciai i due tesserini ai suoi piedi, entrambi oscurati dopo l'eliminazione.

«Ma che brava la mia Vèna» constatò genuinamente colpito dalle mie gesta.

Una volta attirata la sua attenzione iniziai la contrattazione. «Allora, il punto è questo: Esral resterà nel gruppo perché ha qualcosa da offrirmi, conosce quella gente e sa come reagisce quando furibonda. Tu, invece, cos'hai da offrirmi, oltre un nomignolo irritante?»

«Il mio bel cervello. Lo so che ti piace» disse subito.

«Mmh» feci un'espressione poco convinta. Forse stavo esagerando ma era raro che avessi la situazione sotto controllo così decisi di approfittarne.

Si prese tempo per rispondere, tempo che andò allungandosi quando si accorse di non avere altro per le mani.

«D'accordo, tempo scaduto» dissi rialzandomi.

«No» esclamò. «Aspetta. Ho qualcosa da offrirti, l'unica in realtà.»

Mi rimisi a terra. «Ti ascolto.»

«Se mi fai arrivare al traguardo con il tuo gruppo, risponderò a una tua domanda. Una qualunque, purché non riguardi la mia guarigione.»

Dannazione, pensai, a me interessa proprio quella. «Perché non proprio quella lì?»

Scosse il capo. «Non ho altro, Vèna.»

Feci un enorme sospiro. «Va bene, mi accontenterò. Affare fatto. Rimangiati la parola e ti lascio in mezzo al bosco» gli assicurai.

Un grosso sorriso sornione gli illuminò il volto, ridando vita alle gemme verdastre che aveva al posto degli occhi. Era tornato il vecchio Shawn amante delle sfide, non quel pezzo di roccia che mi faceva ammattire.

«Ecco da mangiare.» Gli lasciai vicino il cibo e mi allontanai.

«Non mi liberi?»

«Ho detto che ti avrei tenuto nel gruppo e fatto arrivare al traguardo, il come non lo abbiamo negoziato» spiegai, ridacchiando tra me e me.

«Almeno imboccami!»

«Sei tu quello con il bel cervello, fatti venire qualche brillante idea.»
Ora ero pienamente soddisfatta.

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