Capitolo XXX (R)

Fuori era già notte. Non avevamo tenuto conto del fattore tempo, perciò uscire da un tunnel sotterraneo, totalmente oscurato, e trovare solo altro buio fitto ci lasciò con l'amaro in bocca. Muoverci di notte era lo sbaglio peggiore che potessimo fare ed era proprio la gravità della situazione che ci impedì di accusarci a vicenda.

Accendemmo le torce e proseguimmo spediti, tutto un altro passo rispetto all'andata. I tre puntini lampeggiavano sulla mappa segnando una grande vittoria. Nonostante fosse alla mia portata, decisi di lasciare il compito di guidarci sempre a Shawn e quello di ispezionare il perimetro ad Esral. Dargli qualcosa da fare e farli sentire importanti era l'unico modo che avevo per tenerli buoni. E tenerli buoni era un mio dovere in  quanto Comandante.

Eravamo diretti al primo bunker, quello che saggiamente avevamo deciso di saltare per via della calca. Visto il limite di tempo, volendo supporre che fosse lo stesso per ogni bunker, era probabile che la maggior parte dei concorrenti stesse lasciando in quel momento il rifugio. Con il vantaggio della mappa implementata azzardammo un percorso secondario fuori da quello segnato in rilievo. Così facendo speravamo – almeno io – di risparmiarci incontri indesiderati e arrivare in silenzio alle spalle del bunker.

Ancora una volta intraprendemmo un viaggio all'insegna del silenzio. Shawn non sprecò  più parole per darci inutili indicazioni, lo seguimmo alla cieca, nello stesso modo in cui lui si accodava alla mappa. Il silenzio servì solo aumentare i miei timori: nella mia testa esplose un caos  assordante di intrighi della prova, parole di Esral e Shawn, rimasugli della voce. Cercavo dei collegamenti, qualche soluzione, ma soprattutto delle certezze. Ne ero così presa da dimenticarmi dove mi trovavo, chi mi accompagnava e il luogo che cercavamo così affannosamente di raggiungere. Mi accorsi del limite che stavo superando con il mio morboso atteggiamento quando, più di una volta, inciampai in punti del terreno ormai asciutti.

Nel confusione che regnava nella mia testa riuscii a trovare dello spazio per William. Dopo la giornata che avevo trascorso in giro per la foresta e l'incubo del fiume non potevo che domandarmi se stesse bene; sperare che a lui fosse andata meglio che a me. Maximilian era bravo, lui anche di più, se avevano evitato la carneficina l'unico problema restava quella palla al piede di Quiana. Troppo debole per sopravvivere a qualunque prova ma che continuava inaspettatamente a farcela. Per un attimo fui tentata di intavolare una conversazione con Shawn per sapere qualcosa di lei, i due ero così affiatati da mettermi in imbarazzo. Già, perché era imbarazzate e umiliante sapere che Pel-Di-Carota aveva più considerazione per lei che per me. Magari Quiana sapeva da sempre della sua guarigione, infondo lei era rimasta nella nostra vecchia città, e forse conosceva anche il perché.

Solo a pensarci mi passò la voglia di curiosare.

Facemmo una pausa per bere tre ore dopo essere partiti. Potevo dirlo con certezza perché la prima cosa che feci fu sbirciare l'orario sul palmare, quasi sperando di affrettare l'arrivo dell'alba. In realtà i cadetti rimasti alla Base stavano cenando. I puntini si erano mossi a stento, il bunker era ancora troppo lontano e la sera era calata in fretta. L'aria si rinfrescò tanto da farmi chiudere il giaccone fin sotto il mento, e battere i denti quando riprese a piovere. Non l'acquazzone di prima, solo della normale pioggia che però ci cadeva dritti in faccia per via del vento. Ancora una volta mi chiesi perché non stessero attivando la cupola protettiva. Quando era periodo di piogge, forti o leggere quali fossero, la cupola veniva attivata, gli impianti di traspirazione ripuliti e la quantità d'ossigeno delle piante ibride abbassata un po' per permettere ai cittadini una vita confortevole. Nonostante l'Elezione non avesse nulla a che fare con le agevolazioni, la cortesia e l'accoglienza, trovavo assurdo che stessero disturbando tutta la Nazione solo per rendere la nostra prova più insidiosa.

«Quanto manca?» chiese Esral, la fronte perlata di sudore nonostante la pioggia e il freddo.

«Troppo» borbottai. Avevo nascosto le mani nelle ampie tasche del giaccone, lasciando che la torcia sbucasse quanto bastava per illuminare qualcosa. Meglio inciampare che avere freddo, soprattutto quando i vestiti che portavo erano ancora umidi. Febbre e raffreddore erano le ultime cose che mi servivano, anche se raramente ne prendevo.

«Ancora un po'» mi smentì Shawn. «Abbiamo camminato per tutta la mattinata, incidente a parte, se non rallentiamo  il passo ci vorranno almeno altre tre ore per arrivare.»

«Il coprifuoco» disse Esral, ricordandosene solo adesso. In effetti non mi ero posta il problema delle scosse da quando eravamo saliti sulla Piattaforma Omicron, davo per scontato che almeno durante la prova ci avrebbero lasciati in pace. Esral, però, mi fece venire il dubbio, che  Shawn riuscì prontamente ad estirpare.

«Non possiamo arrivare al bunker se ci stordiscono, e se non ci arriviamo la prova si mette in pausa. Non penso che loro vogliano questo.»

Esral non era d'accordo e proseguendo il discorso riuscì solo ad incrementare i miei dubbi. «Se ci stordiscono avremo meno tempo per arrivare ai bunker, quindi la prova diventa più difficile e il traguardo ancora più distante. Così  come le classifiche.»

«Anche se corressimo non ce la faremmo in meno di due ore, due ore e mezza. Se le scosse arriveranno dovremo aspettare in mezzo alla foresta fino alla mattina dopo e saremo inermi.»

«Le scosse colpiscono tutti» dissi, sperando di mettere un fermo alle teorie.

«E se decidessero di non colpire tutti, ma solo piccoli gruppi per aumentare le eliminazioni?» proseguì Esral. Sembrava volerci spaventare con tutte quelle previsioni catastrofiche. Magari la sua era un tattica per farci diventare paranoici, o Shawn con il suo discorso lo aveva fatto impazzire.

«Allora saremmo nei guai» ribatté Shawn con sufficienza. «Io comunque non credo che faranno nulla di simile.»

Esral passò alle accuse. «Tu non puoi sapere quello che faranno, a meno che...»

«A meno che, cosa? Non sia stato messo al corrente dagli organizzatori?» Lo disse con leggerezza e superbia, una superbia che lo fece sembrare colpevole.

«Questo spiegherebbe i tuoi posti in classifica» lo accusò.

Shawn rise alla sua affermazione e di scatto Esral lo afferrò per il colletto del giubbotto. Rimasi impietrita. I due si guardavano negli occhi come due belve pronte a scannarsi, le torce puntate a terra, meno la mia che ne illuminava i volti furiosi.

«Sei uno stupido se credi che quelli direbbero qualcosa a qualcuno» disse Shawn, ancora scosso da quella risata insopportabile. Quando faceva così ero la prima ad avere l'istinto di prenderlo a schiaffi. Ma non aveva tutti i torti e per questo Esral si limitò lasciare la presa.

«Le prove devono essere superabili. Difficili ma non impossibili. Ecco perché credo che non metteranno mai in pratica quelle assurdità. Anzi, ne sono certo: ci sono troppi bunker per delle scosse a campione.»

«E io sono certo che le scosse ci saranno» insisté Esral. «E che tu sai più di quel che dici.»

Quell'accusa mi colpì in volto come uno schiaffo. Perché lo pensava? Perché io non lo avevo mai sospettato? Tutta l'Elezione di Shawn era stata strana, eppure non mi era mai venuta in mente che potesse sapere qualcosa. Ma perché fosse vero qualcuno doveva per forza averlo aiutato e nell'Elezione nessuno ti aiuta, per nessuna ragione. A meno che...

Neppure il tempo di pensarlo che Shawn mi smentì.

«Ti assicuro che se sapessi quanto basta non mi troverei qui» bofonchiò, d'un tratto di pessimo umore. Poi mi lanciò un'occhiata, qualcosa di fulmineo e mai visto prima.

Vidi la bocca di Esral dischiudersi nel tentativo di controbattere ma, inaspettatamente, questa si richiuse e lui si mosse in avanti, rapido e deciso, di nuovo pronto ad attaccare. Senza pensarci troppo, questa volta mi frapposi tra i due.

«Basta così! L'ora delle teorie è finita, dobbiamo rimetterci in marcia» dissi, due toni sopra il normale. «E poi dite a me che perdo tempo.»

Spinsi Shawn in avanti e lo seguii per coprire la visuale che Esral aveva di lui. Camminai non più con un piede nel mondo dei sogni, ma perfettamente vigile e in ansia per quei due. Bastava che mi distraessi un attimo e se le sarebbero date di santa ragione, allora sì che avrei dovuto affrontare dei veri problemi.

Il passo divenne veloce il triplo, forse a causa della rabbia, e iniziai a faticare. La coda dell'occhio di Shawn era sempre su di me, mentre lo sguardo tagliente di Esral mi perforava la schiena come tanti coltelli. Mi presi tutto senza lamentarmi, almeno io ero in grado di mitigarli. Da pensare era ridicolo: io che diventavo la più razionale, pacifista e moralista del gruppo. Questo significava solo che al mondo esistevano due individui peggiori di me e, anche se non avrebbe dovuto, la cosa mi sollevò.

«C'è qualcuno» disse Esral d'improvviso. La sua torcia saettava tra i tronchi bagnati e fendeva la pioggia alla ricerca di qualcosa.

«Dove?»

Lui non rispose, rimase immobile per qualche istante. Stava ascoltando quei rumori che la pioggia e i miei respiri avevano coperto: scarponi che si infrangevano tra le pozzanghere e il fango, rami e foglie scansate. Ed erano vicini.

Shawn capì prima di me e come Esral spense la torcia. Feci altrettanto senza discutere e in pochi istanti ci acquattati tra il fogliame più fitto. Shawn sulla sinistra che mi teneva stretta per lo zaino, Esral sulla destra che si sporgeva per guardare. Due soldati che collaboravano per tenere al sicuro il loro Comandante, o per lo meno il suo tesserino.

Il gruppo ci sfilò vicino abbastanza da riuscire a vederne gli scarponi attraverso i rami che ci coprivano. Tre paia incrostate di fango e foglie, le torce saettavano in tutte le direzioni.

«Non c'è nessuno» disse una voce femminile.

«Io però ho visto della luce poco fa» si difese un ragazzo.

«Avrai visto male, quattrocchi!» lo rimproverò lei. Aveva una voce squillante e conosciuta.

Erano pochi i candidati che portavano gli occhiali da vista, la maggior parte li indossava solo alla mensa o quando erano a riposo. Uno solo di loro li teneva sempre, un ragazzo magrolino dalla pelle color caffè; Babu il Quattrocchi, così lo chiamavano alla mensa. Gli occhiali spessi e bianchi contrastavano la carnagione ed erano motivo di continue prese in giro. Era uno degli ultimi sopravvissuti al Quarto Gruppo, nonché l'ultimo ad essere scelto per formare i gruppi. Me lo ricordavo perché il capo di quel gruppo era Adele.

Mi aspettai di vedere Shawn alzarsi e cercare di convincermi a formare un'alleanza visto quanto quei due andavano d'accordo, ma Shawn non batté ciglio. Forse per lui io ed Esral eravamo anche troppo da dover sopportare.

«Adele, così rallentiamo» gli fece notare l'altro membro del gruppo.

«Sì lo so, è tutta colpa sua!» si giustificò lei.

È sempre la solita irritante, pensai. Poi mi ricordai di lei rannicchiata sul lettino dell'infermeria e d'un tratto mi chiesi se si fosse rimessa in tempo per superare quei giorni all'aperto. D'istinto portai lo sguardo alla mano di Esral, nascosta tra il buio e il fogliame. La fasciatura non c'era più da un po', sembrava essersi ripreso.

«Torniamo sul sentiero principale, non vorrei ci perdessimo» le suggerì il suo soldato, non Babu il quattrocchi. Lui si prese solo una sfilza di interminabili insulti e un po' mi dispiacque per lui: lui e le sue lenti ci avevano veramente visti.

Aspettammo un po' prima di uscire nuovamente allo scoperto, sperando che nessun altro avvistante per quella sera le nostre torce. Era un timore reale ormai, tutti quei candidati in giro per la foresta pronti ad attaccarci. Un gruppo come quello Adele potevamo anche riuscire a tenerlo a bada – ero grata ai ragazzi per non averci neanche pensato – ma cosa avremmo fatto se ci avvero trovati concorrenti più pericolosi? Dubitavo che Brunuas avrebbe accolto Esral con un abbraccio ora che era nella squadra avversaria, men che meno la persona che glielo aveva sottratto e uno tra i primi classificati dall'inizio dell'Elezione. Il nostro gruppo non era compatibile con quello di nessuno, eravamo uno svantaggio e una minaccia per chiunque.

Dopo aver letto della mia facoltà di stringere alleanze con Comandanti di altri gruppi avevo subito pensato a Maximilian, ma forse nemmeno lui era disposto ad allearsi con questi due. William doveva aspettare.

«Dobbiamo accelerare» ci spiegò Shawn. Aveva la mappa nella tasca interna del giaccone e la controllava ogni due passi.

«Prima hai detto che accelerare non serviva a niente» gli feci notare.

«Prima stavo ancora sperando che nessuno passasse di qui» rispose. «Loro hanno visto le torce, qualcun altro potrebbe fare altrettanto e questa volta il Signor Superudito potrebbe non accorgersene. Potrebbero perdersi, sbucarci davanti per sbaglio o attaccarci alle spalle e le tue chance di uscirne intera sono molto scarse. Dobbiamo arrivare il prima possibile, Vèna.»

«È per questo che vi siete nascosti invece che fare razzia di tesserini?» domandai. «Mi credete un'incapace?»

«No» disse Esral. Sgranai gli occhi per la sorpresa. «Sappiamo che lo sei, altrimenti perché ci avresti scelti?»

«Come?» bofonchiai.

«Shawn posso capirlo, vi conoscete e chiunque passi cinque minuti con voi riuscirebbe a capirlo. Ma io? Dovevi essere disperata per avermi scelto.»

Disperata lo ero, ma solo perché avevo seguito il consiglio della voce e avevo deciso di sceglierlo. Di sceglierli entrambi. "Scegli l'utile, anche se ti è nemico. Tienilo vicino anche se può ferirti", mi ripetei. Pensavo intendesse delle ferite fisiche, come se averli con me poteva risparmiarmi incontri spiacevoli nel corso della prova, ma non si trattava solo di quello. Le persone si potevano ferire in mille modi diversi, darmi dell'incompetente era solo uno dei tanti.

«Vèna, lo so che ci stai provando ma questo non è per te» infierì Shawn.

«Aspettate... Ora siete dalla stessa parte?» esclamai sorpresa. «Com'è possibile? Fino a qualche istante fa stavate per picchiarvi.»

«Ne riparliamo una volta arrivati al bunker» insistette Shawn.

«No! Avete tirato fuori il discorso adesso e lo terminiamo qui e ora» ribattei.

«Abbassa la voce» m'intimò Esral. I lineamenti del suo volto si erano induriti, forse a causa della situazione e lo stressi per gli altri candidati, oppure gli stavo solo dando sui nervi.

Shawn mi prese per un braccio, tirandomi perché ricominciassi a muovermi. «Vèna, andiamo.»

Io però non mi mossi. Lo avrei anche fatto, se solo avessi potuto. Prima che me accorgessi qualcosa mi aveva punto dietro al collo, un dolore acuto che mi aveva tagliato il respiro e paralizzata dalla testa in giù. Mentre cadevo in ginocchio sul terreno le sagome dei due si facevano sempre più vicine, i volti chiari illuminati e le bocche che si muovevano. Non sentivo più alcun suono, pioggia e foresta si erano ammutolite; anche io con loro.

Provai ad articolare un'unica parola, perché anche loro capissero.

«Sco-s-se.»

Scosse. Tante piccole vibrazioni energetiche mi attraversavano, racchiuse in un unico meschino colpo che mi tolse mobilità, voce, udito e vista.

Ero stata colpita alle spalle, ma non era un concorrente ad aver sferrato il colpo.

L'Elezione restava il nostro peggior nemico.

• • • • •

Aprii gli occhi a causa di un ronzare frenetico, un crescendo di bzzz che si ripetevano nella testa sempre più morbosi e seccanti. La luce mi investì come il giorno della prima scossa, un sole troppo caldo e luminoso perché potessi sopportarlo.

Avevo male alla testa come se da un momento all'altro potesse esplodere. E a furia di prendere scosse poteva anche accadere. Mi buttai su un fianco, i muscoli non più così mal messi. Fortunatamente gli effetti delle scosse sparivano in fretta.

Presto riuscii a tirarmi su; il mondo roteò un po' prima di riacquistare senso: mi trovavo ancora nella foresta, il sole brillava nel cielo limpido e io ero sdraiata su dei... teloni? «Giacca» dissi. La voce roca e mostruosa mi fece impallidire, non sembrava neppure la mia.

Quella che avevo addosso non era una giacca ma un lembo del telone, di quelli impermeabili che ci avevano consegnato insieme all'attrezzatura. Qualcuno mi ci aveva arrotolata dentro, forse per proteggermi dalla pioggia dell'altra sera. Già, sera... Quando le scosse mi avevano colpita così meschinamente ci trovavamo in un momento molto delicato, con la pioggia e il buio a rallentarci. Ora invece era giorno, faceva caldo ed era bel tempo. Avevo passato tutta la notte così, avvolta nel telone? Mi guardai attorno, ero nascosta tra due tronchi e un grosso cespuglio mi copriva la visuale. Dei miei due soldati neppure l'ombra.

Addosso portavo ancora la giacca, i vestiti sporchi più di quanto ricordassi mi stavano facendo sudare. Frugai tra le tasche alla ricerca del tesserino, fu un enorme sollievo trovarlo esattamente dov'era. Le lucine c'erano ancora tutte, quindi ero ancora in gara.

Mi alzai con cautela, appoggiandomi ai tronchi quando il mondo ricominciava a vorticare. Degli strani formicolii mi solleticavano dalla vita in giù, ancora insensibile a causa della micidiale scossa. Il mio zaino ero stato incastrato nel cespuglio, la cinghia pendente sopra al telone in cui avevo dormito. Chiunque avesse realizzato quel piccolo rifugio era stato geniale e premuroso, ma non volli azzardarmi a fare congetture su chi dei due fosse stato. Solo l'idea era nauseante. Ero grata, però, che si fossero presi la briga di sistemarmi invece di lasciarmi a marcire nel posto in cui ero crollata senza attrezzatura e tesserino.

Non andai molto lontano, a causa dei postumi da scossa ma soprattutto perché sentii delle voci schiamazzanti arrivare da molto vicino. D'istinto mi acquattai a terra così repentinamente da restarci per un po'. Avevo la zona cervicale in fiamme e delle vene pulsavano frenetiche sulle tempie. Gli organizzatori non ci avrebbero mai uccisi, ma di sicuro ci stavano provando con ogni mezzo.

Ascoltai da terra il suono di quelle voci, sperando di capire con quali concorrenti stavo per avere a che fare. Due ragazzi, senza dubbio, ma non riuscivo a sentire quello che dicevano dicessero. Strisciai lungo il terreno per avvicinarmi di più, in quel tratto di foresta fogliame e cespugli non mancavano e la copertura era ottima. Raggiunto il massimo della vicinanza, massaggiai le orecchie sperando di recuperare quel restava del mio udito.

I due discutevano discutere, tutti i suoni erano rimasti ovattati ma chiaramente litigiosi.

«Possiamo proseguire fino al bunker e timbrare» stava suggerendo uno dei sue.

«E poi cosa? Per tornare qui impiegheremo molto più tempo!» dissentì l'altro.

«Ci siamo già allontanati troppo per colpa sua» insistette il primo.

La conversazione era strana, il ronzio che avevo in testa mi impediva di collegare voci a possibili volti. Stupide scosse.

«Come se lo avesse fatto intenzionalmente...» Sospirò. «Non possiamo lasciare Vèna qui da sola.»

Al pronunciare del mio nome schizzai in piedi come felino. «Shawn, Esral?» chiesi, la voce rauca e sofferente.

I due si voltarono di soprassalto, poi il mondo ricominciò a vorticare e i due piroettarono insieme alla foresta. Feci per cadere al suolo ma qualcuno corse a sorreggermi.

«Sto bene» dissi strizzando gli occhi, qualcuno che mi rimetteva dritta come una leva. L'equilibrio altalenante mi stava provocando terribili conati di vomito, o forse era solo la fame. Perché stavo morendo di fame. «Più o meno...»

«Sei sveglia finalmente» disse Shawn, nella sua voce c'era una punta di sollievo.

Era davanti a me, il che significava solo che quello che mi stava sorreggendo era Esral. Alzai il volto e lo vidi lì, tutto pesto che mi teneva su con un braccio come fossi qualcosa di sgradevole ma necessario. Non era il solo ad avere un brutto aspetto: il labbro tagliato e sanguinolento di Shawn la diceva lunga su come si era svolta la nottata in mia assenza. I lividi non mancavano a entrambi, per Shawn ce n'erano anche di più. Mentre io stavo bene.

Mi allontanai da lui il più rapidamente possibile, riacquistando fiducia nelle mie gambe tremanti. Dovevo riprendermi il prima possibile.

«Che vi è successo?» domandai poi. Non ero certa di voler sapere come si erano procurati quelle ferite, l'idea di scoprirmi in qualche modo immischiata mi stava già logorando. «Cos'è successo dopo che sono crollata?» aggiunsi subito.

«Niente» si sbrigò a rispondere Shawn. Sapeva, però, che come spiegazione non bastava. «Abbiamo proseguito verso il bunker come da piano.»

«Portandomi con voi?»

«Certo» rispose lui, quasi fosse una cosa ovvia. Ma per loro due non lo era affatto, anzi, mi metteva a disagio che lo pensasse. «Sei il nostro Comandante.»

«Ora lo sono?» chiesi stizzita. Avevo già portato le braccia al petto quando mi accorsi di star nuovamente provando a discutere, le cose che mi avevano detto la sera prima le ricordavo ancora perfettamente. Le sciolsi e cambiai discorso prima di ricominciare. Mi ero appena ripresa da la scossa peggiore della storia dell'Elezione, avevo fame e anche una tremenda sete, litigare ora non mi interessava. Avevo tutta la giornata per farlo, meglio iniziare togliendomi dubbi su ciò che mi ero persa. «Quale gruppo vi ha pestato? Oppure ve li siete fatti tra di voi?»

«Se lo avessi colpito io non potrebbe parlare» commentò Esral inasprito.

«Simpatico, davvero» rispose Shawn. I due sembravano molto più in confidenza di quando li avevo lasciati. E questo era pericoloso, per me.

«Mentre ero svenuta dovete aver legato tanto, ora andate così d'amore e d'accordo» li canzonai. Lasciai cadere lo zaino e rovistai all'interno in cerca dell'acqua. Sorseggiai un po' e visto il silenzio insistetti di più. «Non ditemi che è stato il gruppo di Adele...»

«Javar Kapoor» disse Shawn.

«Ah» fu l'unico suono che riuscii ad emettere. Quel ragazzo faceva spavento, in ogni senso. I suoi occhi rilucevano sempre di pura follia, come alla formazione dei gruppi. Certe volte superava persino Brunuas.

«Non ve lo chiedo neanche se avete vinto. Come mi avete trasportata? Il bunker è qui vicino?» domandai ancora.

«Non abbiamo vinto ma quando li abbiamo lasciati uno di loro piangeva come una ragazzina. Al bunker ci siamo arrivati ieri sera e, se ti interessa, ti abbiamo portata in spalla. E sappi che sei pesante» rispose Pel-Di-Carota tutto d'un fiato. Andava di fretta il ragazzo. «C'è dell'altro?»

Non risposi al commento sul peso, era già abbastanza imbarazzante immaginare la scena. Se poi avesse saputo che avevo anche perso chili – un po' recuperati ma sempre meno del mio peso iniziale – non avrebbe più smesso.

«Andiamo di fretta, ricordi?» s'intromise Esral, prima che potessi chiedere altro.

Allora è vero che hanno fretta, mi insospettii. «Dove andiamo?»

«Bunker 3» rispose Esral.

«Quello era vicino al B1, giusto? Quando manca?»

«È a quattro metri da qui a dire la verità» spiegò Shawn, l'espressione afflitta. Lo sguardo di Esral finì d'improvviso sul terreno.

«Così vicino? Allora perché stavate discutendo sull'abbandonarmi, prima?»

Per un po' non risposero, poi Shawn mi fece segno di seguirlo e ci incamminammo verso il bunker. A poco di distanza da questo i due mi fecero sdraiare a terra, avanzammo strisciando verso un cespo rigoglioso e mi fecero osservare l'entrata attraverso i suoi rametti. Mi ero svegliata da poco ed era già la seconda volta che mi rotolavo a terra e mi davo allo spionaggio.

L'imbocco del bunker era identico a quello che avevo visitato da cosciente, i gruppi stesi a terra però non me li ricordavo. Inizialmente pensai fossero tutti svenuti, invece stavano solo riposando, accampati come tanti profughi.

Shawn si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò qualcosa. «Ieri non sei svenuta solo tu, tutti i Comandanti dei gruppi sono finiti come te. La pioggia è aumentata e c'è stato il caos per la foresta. Javar Kapoor e il suo gruppo sono stati il minore dei problemi. Vista la vostra vulnerabilità di capi tutti hanno puntato ai tesserini per... rimodernare i gruppi. Solo che nessuno aveva capito un granché di quello che c'era scritto sulla guida e si sono dimenticati passaggi necessari» spiegò. «Molti gruppi si sono sciolti e quelli che vedi sono i soldati rimasti a vagabondare solo per la foresta.»

Secondo la guida non c'era modo di passare il titolo di Comandante a dei soldati semplici, questi potevano solo spostarsi da un gruppo ad un altro. Solo i capi potevano eliminare o ammettere nuovi membri, e per entrare in nuovo gruppo bisognava distaccarsi prima di eliminare il proprio Comandante, altrimenti si finiva come lui. Era un processo complicato che prevedeva il palmare, impronte, pulsanti e tempo a disposizione. Farlo sotto un diluvio con l'ansia pressante dei candidati era un buon modo per commettere errori.

«Alcuni si sono eliminati da soli, altri credevano di essersi liberati del gruppo ma una volta tentato di unirsi ad uno nuovo sono stati rifiutati. Alcuni non devono essere stati neanche accettati in nuovi gruppi. E sai la cosa più divertente? Nei bunker può entrare solo chi è membro convalidato di un gruppo.»

«Quindi loro sono bloccati lì fuori» dissi.

«Senza possibilità di rifornirsi, alcuni senza più sapere dove sia finito il loro Comandante per recuperarlo o dissociarsi. Inoltre sono tanto arrabbiati e assonnati» continuò.

Quello era il giusto livello di meschinità dell'Elezione: candidati a terra, sfiniti e senza alternative. «Perché non andiamo? Non possono farci granché nel loro stato.»

«Intendi eccetto picchiarci fino a farci perdere i sensi e poi fare i loro comodi con i nostri tesserini?» intonò Shawn, un pelino fuori si sé. «Li abbiamo visti farlo con un gruppo per questo ci siamo ritirati lontano per discutere sulla prossima mossa.»

«Se ci avviciniamo con te sapranno già di dover attaccare» mormorò Esral. «Visto che dormivi volevamo lasciati lì e andare a timbrare i tesserini. Si può fare finché sono almeno due membri convalidati con tre tesserini a richiedere l'accesso.»

«Lui lo voleva» specificò Shawn. «Io volevo aspettare che qualche altro gruppo arrivasse o uscisse così da tenerli occupati mentre tutti e tre entravamo.»

«Sprecheremmo solo tempo» ribatté subito Esral.

«Shhh!» feci loro. Riuscivano a litigare bisbigliando anche con me in mezzo. «Sono sveglia perciò non c'è più motivo di discuterne. Ci arriverò con le mie gambe.»

«Sì, così ci farai eliminare tutti» brontolò Esral. Repressi l'istinto di premere su quel bozzo tumefatto che aveva sulla fronte.

«Io penso che dovremo mettere in pratica il mio piano, ormai alcuni gruppi saranno costretti ad uscire a causa del limite di tempo» insistette ancora Shawn.

Esral stava per ripetersi, Shawn per continuare a parlare, così decisi di prendere la situazione in pugno e rimetterli al loro posto. «Metteremo in pratica il mio piano e basta. Sono io il Comandante.» Sottolineai con un sibilo l'io, in modo che fissassero il concetto.

«E quale sarebbe?» chiese Esral. Shawn mi fissava dal suo lato, il sopracciglio alzato in attesa che dicessi di non averne uno. Per una volta, non era così.

«Sulla guida c'è scritto che se il Comandante varca l'entrata del bunker con tutti e tre i tesserini, i membri del suo gruppo acquistano l'immunità. Ergo, se voi li distraete il tempo necessario ad entrare nessuno potrà toccarvi.»

L'espressione inebetita di Esral mi fece sentire come la vincitrice del premio culinario più ambito di tutta l'Isola. Se fossi stata un'incapace avrei fatto come tanti altri concorrenti e non avrei letto la Guida fino in fondo. O quasi.

«Perché non ci ho pensato...» mormorò Shawn sconfitto dalla mia brillante idea.

«Perché io sono il Comandante e tu un soldato semplice» rimarcai.

Ridacchiò. «Lo so perché non ci ho pensato: eri svenuta!» polemizzò. Perdere non gli piaceva affatto.

Ci ritirammo in un posto in cui non potevamo correre il rischio di essere scoperti anzitempo e ci preparammo a mettere in pratica il mio piano. Mentre loro confabulavano, io aprii una scatoletta di cibo precotto e la divorai come il più gustoso dei banchetti. Quando i due mi guardarono di sbieco dovetti anche giustificarmi.

«Sono stata tramortita da una scosse letale prima che cenassi, ricordate? Devo essere in forza per attuare il piano» spiegai tra un boccone  e l'altro.

«Mangia, mangia pure. Basta che ascolti» mi graziò Shawn. Perché, senza il suo consenso, tutto quel cibo rischiava di restarmi sullo stomaco per i sensi di colpa...

«Io e Shawn andiamo per primi, fingiamo di essere come loro e li distraiamo con tante inutili chiacchiere. Questo dovrebbe venirti bene, giusto?» Lanciò una frecciatina a Shawn, che la accolse a braccia aperte.

«Sarà un piacere» asserì.

«Cercheremo di tenere i loro sguardi lontani dall'imbocco del bunker, ma sono in sette perciò più rapida sarai prima  finiremo.» Pensavo lo dicesse per via dei bunker ancora da timbrare, invece era per quei segni di stanchezza che prima non ero riuscita a cogliere. In fondo io avevo dormito tutta la notte mentre loro tentavano di andare avanti.

Ripulii quel che restava nella lattina e mi alzai, l'espressione abbastanza decisa da convincere i due che potevo farcela. Si trattava solo di correre veloce fino al portellone, e quella era l'unica cosa che sapevo fare bene: scappare da qualunque cosa reputassi un pericolo. Con riluttanza si ricordarono di lasciarmi i loro tesserini. Misi nella tasca interna del giaccone insieme al mio.

Se prendevano me, eravamo tutti eliminati. Niente più collaborazione forzata, Elezione o sorrisetti compiaciuti da parte di Shawn. Se avessi fallito la Rappresentante e Abeliji non ne sarebbero rimasti sorpresi, avrei potuto lasciarmi tutto alle spalle.

Quando mi nascosi nuovamente tra gli alberi in attesa del momento giusto, l'idea di commettere un piccolo errore diventò sempre più allettante. Vedere quanto convincenti fossero nel fingere di avermi abbandonata ed eliminata mi faceva pensare che, in fin dei conti se lo meritassero.

Uno dei concorrenti senza gruppo si alzò nell'istante in cui li vide affiorare dalla foresta. Spalle larghe, sguardo cattivo, capelli raccolti in un codino semi rasato. «Ma tu guarda un po' chi abbiamo qui...»

«Ciao Hammon» lo salutò Esral. Prevedibile che quei due si conoscessero, tutti i brutti ceffi dell'Elezione sedevano allo stesso tavolo di Esral. Gli altri spostarono subito l'attenzione verso i nuovi arrivati, meno una ragazza che dormiva appoggiata al portellone di entrata. Lei poteva essere un problema.

«Che ci fate qui?» chiese loro. «La ragazzina che vi ha scelti che fine ha fatto?»

«L'abbiamo scaricata dopo le scosse di ieri» gli assicurò Shawn. «Era una grossa palla al piede quella lì.»

Detta da lui quella frase non sembrava più una bugia, piuttosto una verità svelata al momento giusto.

«Ah sì?» ghignò lui. «Quindi siete dei senza-gruppo?»

«Già. Anche voi?» indagò Esral. Stavano fingendo di non sapere niente fin troppo bene, quasi mi aspettavo di vederli tutti girarsi verso di me e inseguirmi come un unico gruppo.

Uno dei senza-gruppo si avvicino ad Hammon. «Come mai sono ancora insieme? È sospetto.»

«Diciamo che ci siamo alleati» si affettò Esral a rispondere. Lanciò un'occhiata complice a Shawn, già immerso nel suo personaggi super irritante.

«Un po' quello che state facendo voi» continuò Pel-Di-Carota. «Possiamo entrare o dobbiamo usare la forza?» aggiunse poi.

«La forza non vi servirà, non ci ammettono senza un Comandante» spiegò loro.

«Ottimo! Tanta fatica a capire come sbarazzarci di lei e ora ci serve!» esclamò Shawn d'improvviso. Se non avessi saputo che fosse tutto un piano avrei creduto facesse sul serio.

«Sta calmo» gli ordinò Esral, colpendolo al petto con il braccio. «Ci sarà un modo, no?»

«Le abbiamo provate tutte, per entrare bisogna solo entrare a far parte di un nuovo gruppo» spiegò il compagno di Hammon.

«Unitevi a noi. Stiamo aspettando che i codardi chiusi lì dentro escano per farci reintegrare» li invitò Hammon.

Io iniziai a fare il giro per raggiungere le spalle del bunker. Più mi avvicinavo e maggiore era la consapevolezza che non avrebbe mai funzionato, così come la rassegnazione all'idea di essere presa. I concorrenti erano troppo sparpagliati, distratti da quei due ma pur sempre in vantaggio numerico.

Zigzagai tra i tronchi fino ad arrivare al cespuglio che fiancheggiava l'entrata a cupola sommersa del bunker, il fogliame che si diramava e arrampicava sulla costruzione e la avvolgeva in un abbraccio di foglie e rametti. Malgrado i miei dubbi quello era il posto perfetto da cui partire, coperto e vicinissimo all'imbocco. Se anche mi avessero notata sarebbe stato troppo tardi.

«Sarà un piacere» accettò Esral.

«E tu?» chiese Hammon a Shawn.

«Perché no» rispose, la gola graffiata da una delle sue risate.

«Allora consegnatemi i tesserini» disse loro. Non vedevo lui ma tra i fori del cespo potevo vedere i miei soldati e la mano di Hammon tesa verso di loro.

  Oh, no... i tesserini no.

Shawn ci scherzò su, l'unico modo possibile per sbrogliare quella situazione. «Non siamo ancora abbastanza amici per questo.»

Hammon scoppiò a ridere e per estensione anche gli altri. Una ragazza si spostò coprendo i miei subordinati. «Immagino che la diffidenza faccia la differenza nell'Elezione. Non preoccupatevi, è solo per un attimo.»

«A costo di sembrare offensivo, temo di dover rifiutare ancora» calcò ancora la mano.

La situazione stava degenerando e tutto il vantaggio sembrava essersi dissolto. In qualunque modo provassi a immaginarmi la scena finiva sempre con la mia cattura, che non era poi una tragedia. Ma dopo quella? Dolore, tanto dolore. E quello proprio non lo volevo.

«Ah, sono bravi. Loro non ci cascano, a differenza tua Rinore.»

La ragazza si mosse ancora, inghiottendo del tutto i due. «Questo perché io già ti conosco» si giustificò lei.

«Diciamo che un cervellone con cui ero in gruppo ha scoperto una cosa interessante. Se inserisci i codici dei tesserini puoi vederli apparire sulla mappa, e visto che stiamo per diventare un unico gruppo può tornarci utile» spiegò.

Non potevo vedere l'espressione di Shawn ma immaginai la irritazione lo stesse logorando, sapere di non essere l'unico genio dell'Elezione doveva essere dura.

«E tu hai un palmare?» chiese Esral. Ora sì che temporeggiavano.

«L'ho sottratto a quell'idiota con cui ero finito in gruppo.»

«Ma non è collegato ai Comandanti?» disse Shawn. «A saperlo Esral potevamo portalo con noi.»

Volevo davvero muovermi ma il tempismo mi sembrava sempre quello sbagliato.

«No, sono accessibili a tutti. Ora avanti, datemeli.» Il braccio si allungò di nuovo e capii di non avere più chance di farcela. I secondo passavano e il silenzio si caricava di tensione.

«Allora?» insistette Hammon. «Che vi prende?»

Non so cosa successe con certezza, d'un tratto tutti si ammassarono tra di loro. Qualcuno dei miei doveva aver colpito uno dei senza-gruppo e la rissa era scoppiata velocemente. Colsi al volo l'occasione e sgusciai fuori dal mio nascondiglio, svoltai e corsi verso il portellone. Il pulsante era in bella vista, mi ci buttai sopra e nella fretta inciampai in qualcosa. O meglio qualcuno.

La ragazza addormentata, mi ero dimenticata di lei. Si svegliò di soprassalto e diede l'allarme. Per fortuna il portellone era già in apertura.

«Johns!» sbraitò. «Ehvena Johns!»

Nonostante la rissa grazie a lei Hammon e gli altri si accorsero di me. Due di loro provarono a piombarmi addosso all'istante. Li schivai per un pelo rotolando su di un fianco, al resto ci pensò Esral. Era abile e veloce, ma non bastava a tenere tutti a bada. Shawn dall'altra parte se la cavava discretamente.

«Bastardi!» gridò Hammon nell'istante in cui il portellone stridette.

Non era aperto del tutto, solo quel che bastava perché ci strisciassi dentro. Al primo tentativo qualcosa mi afferrò una gamba, buttai lo sguardo e vidi la ragazza che cercava di tirarmi indietro. Le unghie che premevano nella carne mentre questa gridava come una forsennata. Davanti a me gli una dozzina di scarponi nascosi nel buio.

Iniziai a scalciare finché la ragazza non si staccò. Le diedi un calcio in pieno viso, l'impatto che filtrava attraverso lo stivale. Colpire qualcuno faceva un suono raccapricciante...

Passai l'ingresso e con un urlo chiamai l'immunità. «Ho tutti i tesserini!»

Il tempo di dirlo e i militari non c'erano già più. Mi sfilarono accanto e con grande rapidità fermarono la rissa. Hammon e sui erano a terra, le armi dei soldati premute contro le loro schiene. Esral e Shawn, seppur malconci, stavano bene.

«Non dovreste immischiarmi!» protestò Hammon.

«Hanno l'immunità» esclamò il militare che lo teneva in pugno. «Leggi il manuale.»

Shawn ed Esral vennero verso di me, i volti di entrambi segnati anche dall'ultimo scontro. Scivolarono accanto alla ragazza che avevo colpito, ancora stesa a terra, le mani premute contro il naso e i gemiti di dolore a riempire il silenzio.

«Bel colpo» mormorò Shawn superandomi.

«Sta zitto» gli ringhiai dietro.

Ero partita con l'idea di farmi prendere ed ero finita a colpire una ragazza. Quella prova stava diventando troppo imprevedibile: il primo giorno salvai una vita, il secondo ruppi un naso. Al quinto cosa sarebbe successo?

• • • • •

All'interno si soffocava. C'erano troppe persone, troppi occhi malevoli a scrutare i visi tumefatti dei miei soldati e il mio illeso. Troppe voci bisbiglianti che tacevano quando passavamo. Tra tutti i presenti, l'unica persona che volevo vedere mancava all'appello.

Per fortuna c'erano i militari, che dopo aver lasciato andare i senza-gruppo erano tornati alle loro postazioni da statue neutrali. Ne bastava uno per fare gli onori di casa e far timbrare i tesserini. Questa volta ci assegnarono uno scomparto a tre: un letto a castello con una terza brandina a cassettiera. Bagno grande come quello nell'alloggio della Base Alpha.

Dopo tutto quel tempo all'aperto mi andava bene qualsiasi cosa, meno avere a che fare con quei due.

Mi aspettai che si sdraiassero quanto prima possibile, invece Shawn riprese a trafficare con il palmare mentre Esral estraeva dallo zaino il suo kit medico.

«Ho trovato una scorciatoia per il bunker 4. Ci vorrà molto per raggiungerlo, ma il 5 e il 6 sono vicini. Tra il 6 e il 7 c'è un po' di stacco, ma raggiunto quello per gli ultimi tre dovremmo percorrere una distanza quasi imbarazzante.»

«Quanto pensi ci voglia per il B5?» domandai.

«Due giorni, se non di più.»

«È tanto da passare allo scoperto, soprattutto con lei...» commentò Esral. Stava applicando i medicinali sulle ferite con la tranquillità di chi ci era abituato.

Ce l'avevo con lui per il pessimo commento dell'ultima volta, ma quasi ero curiosa di scoprire cos'altro pensava di me. «Cosa intendi adesso?»

«Sei una disgrazia» esclamò troppo diretto. Dalla semplice incompetenza ero evoluta fino a diventare una disgrazia ambulante, forse mi sarei dovuta complimentare da sola per il traguardo. «Hai aspettato troppo, stavi per farci ammazzare.»

«Ve la siete cavata benissimo, invece» asserii. Esral era capace di dare fondo al lato più insopportabile del mio essere. Proprio non riuscivo a non rispondergli, un po' come facevo con Shawn, solo in un modo totalmente diverso. Quei due si somigliavano molto per certi versi, mentre per altri erano agli antipodi. Questo mi rendeva più difficile il compito di sopportarli.

Sospirò seccato. «Non solo dobbiamo passare la notte trascinandoti a destra e sinistra, ma quando sei sveglia diventi persino più inutile.»

«E cosa ti trattiene dall'andartene?» lo istigai. In realtà mi chiedevo cosa trattenesse me dal buttarlo fuori dal gruppo. Il mio gruppo. Ora che sapevo quanto svantaggiati erano i senza-gruppo potevo usarla come leva perché mi ascoltassero.

«Niente» confessò. Le azioni dicevano l'opposto della sua affermazione, infatti lasciò stare il medicamento e si mise a riposare; il volto rivolto al muro e la schiena a tenermi compagnia.

«Direi che siamo sulla buona strada per diventare una squadra con i fiocchi» commentò Shawn. In realtà lui ci si crogiolava in quel clima litigioso.

Alzai gli occhi al cielo e mi diedi alla macchia. Un istante in più con quei due e mi sarei lanciata tra le braccia di Hammon e i suoi compagni per la disperazione. Fuori c'era ancora troppa gente e non sapendo dove andare rimasi appoggiata allo stipite della nostra stanza. Di dormire non se ne parlava, avevo riposato abbastanza grazie alle scosse. Rimasi in quell'angolo a rimettere insieme i pezzi della giornata.

Dopo le scosse i due avevano deciso di non abbandonarmi, separarsi dal gruppo ed eliminarmi; mi avevano trasportata in spalla fino al bunker 1 e si erano presi cura di me. Più ci pensavo più mi sembrava assurdo e impossibile. Perché complicarsi la vita quando, come fuori gioco, avevano accesso al mio tesserino e tutte le sue convenienze? Esral a maggio ragione avrebbe potuto cercare Brunuas e unirsi a loro. E Shawn, poi? Che motivo aveva di aiutarmi visto l'astio che covava nei miei confronti? Era tutto troppo assurdo, così tanto da sembrare un sogno. Però il dolore era indubbiamente reale, la presa della ragazza ancora bruciava.

«Ehvena?» Qualcuno mi chiamò. Ruotai il capo e vidi il bel sorriso di Opal a pochi centimetri da me.

«Opal» dissi a mia volta.

«Finalmente una faccia amica!» esclamò sollevata. Non eravamo proprio amiche ma sedendo sempre allo stesso tavolo e dopo la collaborazione nella Quarta Prova, potevamo dirci in confidenza.

Si avvicinò ancora e vidi meglio sul mento i graffi che le sfioravano la guancia. «Questi me li anno fatti i miei soldati mentre dormivo» disse senza che chiedessi nulla. «Diciamo che sul trasporto umano hanno ancora da lavorare» continuò ridendoci sopra.

Non era qualcosa per cui io avrei riso, ma a differenza sua io non avevo un singolo graffio e perciò non mi espressi.

«Ti trovo bene. Quei due sono qui con te?» domandò. Era chiaro che le importasse conoscere più lo stato del mio gruppo che il mio, ma come darle torto? Se prima qualcuno non conosceva ancora il mio nome, dopo averli scelti era diventato di dominio pubblico.

«Riposano, hanno avuto una lunga nottata.»

«Immagino...» la sua voce ebbe un calo. Sembrava avermi avvicinata per dirmi qualcosa, in attesa di sapere cosa provai a seguire la conversazione.

«Il gruppo di Maximilian è stato qui?»

«No, non li vedo dalla partenza. Immagino ce l'avrai con lui per averti sottratto William.»

Scossi il capo. «Mi sono arrangiata in altro modo.»

«In uno migliore, direi. O forse...» Sospese lì la frase.

Tutti quei giri di parole non mi piacevano perciò imboccai la via più diretta sperando facesse altrettanto anche lei. «Se hai qualcosa da dire, dimmela.»

Incrociò le braccia al petto e si avvicinò ancora. Un concorrente era uscito dalla sua stanza e stava passando per il corridoio, troppo lentamente. Aspettò che si allontanasse per parlare. «Sai, li volevo io quei due. Non fraintendermi, tu mi sei simpatica e non ce l'ho con te per averli chiamati, sapevo che fino al mio turno non c'era speranza di averli. Poi ieri sera i miei li hanno visti nella foresta con Brunuas e il suo gruppo, e ho pensato "Ehvena mi ha fatto proprio un favore prendendoseli!".»

«Aspetta, aspetta. Cosa? Con Brunuas? Questa mattina li ho trovati pieni di lividi, forse stavano...» cercai di giustificarli. Capii il grosso errore quando la frase mi era scivolata già in parte di bocca.

«A quanto mi hanno detto non stavano litigando» si affrettò a dire. «Ehvena, come ti ho già detto tu mi sei molto simpatica. E siccome mi hai fatto un favore prendendoli, mi è sembrato giusto avvertirti. Non so cosa sia successo tra quei due e il gruppo di Brunuas, i miei non sono rimasti abbastanza per scoprirlo, però a loro sembrava stessero stringendo una sorta di accordo.»

Mi presi qualche istante per elaborare le informazioni, per capire chi tra quei tre si stesse prendendo gioco di me. «Perché me lo dici? Siamo tutti rivali.»

«Te l'ho detto, volevo sceglierli io e se, per caso ci fossi riuscita, a quest'ora sarei in guai seri. Anche non se non volutamente, hai aiutato molti di noi "concorrenti minori" prendendoteli. I ragazzi che ho scelto saranno anche imbranati», si indicò i graffi sul viso, «però di loro mi posso fidare. Mi dispiacerebbe se venissi colpita alle spalle da loro. E poi, questa è zona neutrale.» Mi fece l'occhiolino, guardò l'orologio di una delle serrature e si sfregò le mani concitata. «E ora che io e il mio gruppo usciamo di qui. Spero di non rivederti fino alla fine della prova, Johns» mi salutò.

Quello era il migliore degli auguri da farsi tra concorrenti. «Anche io.»

Mentre si allontanava pensai a quanto detto. Poteva essere tutto un suo piano per farci litigare più di quanto già non facessimo normalmente, eppure il mio sesto senso mi diceva che non era così. Opal era molte cose, ma non una spietata concorrente che usava quel genere di sotterfugi. Quell'onore spettava ai due che sonnecchiavano beati dietro quella porta, gli stessi a cui d'ora in avanti mi sarei dovuta affidare ogni sera.

Iniziai a camminare avanti e indietro per l'agitazione. Esral conosceva Brunuas e quello poteva essere il loro sin all'inizio. Shawn poteva essersi accodato a loro per convenienza, quel testa rossa era meno leale tra tutti.

Sospirai, presa dall'esasperazione.

Bastava togliersi dal gruppo prima di eliminarmi e unirsi direttamente a loro, quindi perché sprecare tempo seguendo me? Mi sforzai di ricordare cosa di ciò che c'era scritto sulla guida potesse spiegare il loro comportamento. Si parlava di eliminazioni, passaggi tra i gruppi, trucchetti come quello dei tesserini per entrare nei bunker, alleanze e punti extra...

Già, pensai. I punti extra.

I bunker erano il nostro obbiettivo, ma ciò che importava agli organizzatori era come ci muovevamo all'interno della foresta, nei gruppi e tra i gruppi. Sulla guida veniva specificato che un'alleanza tra due o più gruppi ben stipulata garantiva punti extra durante il colloquio finale, quello dove, immaginai, ci avrebbero piegati fino a spezzarci. Se già la prova non li avesse anticipati...

Prima di saltare alle conclusioni e imboccare una discussione da cui non sarei mai uscita vincitrice, decisi di accertarmi dei loro piano.  Rientrai in camera alla ricerca del palmare, se era in corso un'alleanza dovevano figurare sulla mappa i nostri segnali e i loro. I due sembravano profondamente addormentati, Esral ancora a rivolgei la schiena. Setacciai silenziosamente il mio zaino senza risultati, poi passai a quello di Shawn e, non trovando nulla, rovistai anche in quello di Esral. Mi accorsi tardi che Pel-DI-Carota doveva averlo nella tasca interna del giubbotto, un posto per me inarrivabile.

Le braccia di Shawn erano chiuse al petto così che non potessi avvicinarmi, ma non stava più dormendo. I suoi occhi verdi erano perfettamente aperti e mi studiavano con tutto l'interesse del mondo.

Prima che intuisse da solo cosa stavo facendo trovai una scusa. «Sto controllando le provviste, voglio fare rifornimento.»

«Ma che Comandante affettuoso» mi punzecchiò.

«Qualcuno deve pur farlo» continuai. «Torna a dormire.»

Uscii dalla stanza, il cure che balzava nel petto per la paura di essere stata scoperta. Corsi nella saletta comune e, facendomi strada tra i concorrenti rimasti, recuperai cibo e acqua per tutti. Ci riuscii solo grazie a uno dei militari che, in piedi davanti alla porta di uscita, si accertava che la neutralità del bunker restasse invariata. Era sempre lui a ricordare ai singoli gruppi quando stava per scadere il loro tempo, infatti molti dei concorrenti in quella stanza stavano per uscire.

Entrai in stanza e come da me supposto trovai Shawn ancora sveglio. Infilai le provviste negli zaini di tutti e controllai anche le attrezzature. Non fu un enorme sacrificio, mi serviva qualcosa con cui tenermi occupata per non pensare al resto e a Shawn. Non mi tolse gli occhi di dosso, per tutto il tempo. Feci avanti e indietro dal bagno per pulire le torce incrostate di fango. Volevo provare a ripulire anche i teloni in cui mi avevano avvolta, con tutta probabilità mi sarebbero serviti in quelle prossime notti. Nonostante tutto, lui era sempre lì, sdraiato su di un fianco, le braccia serrate che nascondevano la prova delle loro macchinazioni, gli occhi verdi puntati irrimediabilmente su di me.

«Non dormi più?» chiesi a un certo punto.

«No» disse solo. Mi lasciò assaporare il silenzio per un lungo attimo. «Non lo hai ancora chiesto» aggiunse criptico.

«Cosa?»

«Perché ti stiamo aiutando. Perché al tuo risveglio eravamo ancora con te».

«Ah» esalai, noncurante. Sapevo già quelle cose, o almeno lo sospettavo. «Sinceramente non mi interessa il perché, basta che tutto funzioni fino alla fine della prova».

«Questo non è da te, Vèna».

«Te l'ho detto mille volte di non chiamarmi più così» lo ammonii. Iniziavo ad averne abbastanza di lui e i suoi giochetti.

«Giusto, detesti quando lo faccio» disse. In quell'unico istante portò lo sguardo altrove.

«Visto che lo sai, smettila» infierii.

Annuì sommessamente, le pozze verdastre ancora rivolte altrove. «Non lo so neanche io» mormorò così lievemente da farmi temere di essermelo immaginato.

Il silenzio che ne scaturì era schiacciante, assordante e per certi versi direi quasi imbarazzante. Prima che ne venissi inghiottita proposi qualcosa che solo un vero Comandante avrebbe potuto pensare.

«Forse dovremmo andare.»

Shawn tornò a guardarmi. «Io e te?» pronunciò speranzoso. Ero certa che Esral, dal letto di sopra, avesse avuto un fremito. Forse non stava realmente dormendo e questo poteva solo aiutarmi. Se quei due si erano coalizzati contro di me, farli dubitare l'uno dell'altro era mio compito. Anche se non di proposito.

«Tutti» specificai. «Due gruppi stanno per lasciare il bunker. Hammon e gli altri senza-gruppo saranno ancora fuori, quindi credo sia saggio uscire con loro ora e approfittare del caos per allontanarci.»

«Usarli come difensivo... Sembra una brutta cosa» disse.

«Come se voi due vi faceste scrupoli» mormorai. Lo sguardo di Shawn vibrò, stava già cogliendo dettagli che era meglio non notasse. Non volevo che nessuno dei due scoprisse quel che sapevo, almeno non prima di averne le prove e un piano per fargliela pagare. «Hai detto che ci vorranno due giorni di viaggio per arrivare al prossimo bunker, con le scosse di mezzo forse anche di più. Siamo già al secondo giorno e abbiamo completato solo tre bunker su dieci, ci restano solo tre giorni alla conclusione della prova e altri sette bunker. Più tempo recuperiamo, più bunker riusciremo a collezionare.»

«Questo sembra il piano di qualcuno che vuole vincere» disse.

«Infatti» confermai io.

«Vèna, non devi farlo solo perché io-» cominciò lui a replicare, ma Esral si mosse da sopra il suo letto e non riuscì a terminare. Il ragazzo si mise seduto, le gambe a penzoloni e lo sguardo di qualcuno che non si era appena svegliato.

«Finalmente un buon piano. Muoviamoci a metterlo in pratica.»

Senza indugiare misi lo zaino in spalla e uscii dalla stanza, andai poi dal militare di guardia e mi feci ridare i tesserini timbrati. Nella saletta i due gruppi si erano già radunati, nessuno felice all'idea di lasciare quel posto. Quando quei due mi raggiunsero ci appostammo in fondo alla stanza per le ultime indicazioni.

«Accodiamoci per ultimi e aspettiamo che i primi distraggano Hammon, dopodiché corriamo finché abbiamo fiato» spiegai loro.

«Io so già dove andare» s'intromise Shawn. «Il fiume è posto meno ospitale al momento e anche il più semplice da tenere d'occhio senza gli ostacoli degli alberi ibridi. Se proseguiamo lungo il suo margine per la maggio parte del tragitto dovremmo risparmiarci molte seccature, soprattutto di notte.»

Non mostrò il palmare e questo accrebbe il mio timore e la mia rabbia. Entrambi aspettarono una mia risposta e io non avevo di buone da dargli. «Quello che succede dopo le scosse è a vostra giurisdizione.»

«Quindi ora ti fidi?» chiese Pel-Di-Carota.

«No. Mi sto solo adeguando, come avete fatto voi» risposi.

Fu l'ultima cosa che dissi loro. Il portellone venne aperto e scivolammo silenziosi dietro il secondo gruppo. Indugiammo qualche istante, solo per assicurarci che Hammon e gli altri fossero impegnati, dopodiché scattammo. Shawn in testa, io al suo seguito ed Esral alle mie spalle. Corremmo così velocemente e così lontano da ritrovarci a costeggiare il fiume screziato senza aver udito una sola delle voci di tutti i concorrenti che si trovavano lì con noi.

Il resto fu una lunga e faticosa scarpinata verso il buio e l'incertezza. Le cose funzionavano, anche se era solo una facciata. Ma al mio risveglio quante altre lame avrei trovato infilate nella schiena? E chi di loro avrebbe dato il primo colpo?

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