Capitolo XXIII (R)
Quando Oscar riuscì a liberarsi, m'impose un incontro molto mattiniero. Anche se non potevamo allenarci oltre gli orari, nessuno aveva ancora proibito incontri con i cadetti della Base. O, per lo meno, nessuno venne a sgridarci quel giorno.
La nostra più che una lezione fu una tranquilla chiacchierata. Mi aveva incontrata perché William non aveva più smesso di assillarlo. Da come mi aveva descritta il biondino, sembravo un caso perso in partenza.
Dopo avermi vista puntare di sfuggita, Oscar aveva già capito il mio problema.
«Ti tremano le mani» mi spiegò. «Hai paura di sparare e questo si ripercuote sul colpo. Le Queenser hanno bisogno di molta precisione e controllo, che nessuno si aspetta da ragazzi giovani come voi». Mi ricordavo di quanti anni avesse solo quando mi parlava con tanta serietà. Con William era diverso, la differenza d'età si percepiva raramente grazie alla sua personalità da
Gli istruttori, i Responsabili, gli Osservatori, ma soprattutto i Rappresentanti, si aspettavano proprio che dei ragazzi giovani come noi non avessero paura. «Se non imparo a colpire qualcosa durante la prova sarò spacciata». Per quanto provassi a essere ottimista riguardo a ciò che avremmo affrontato, la realtà dei fatti era inequivocabile. Se ci stavano allenando con quelle armi, era certo che le avremmo avute anche durante la prova. «Ti prego, insegnami come per la Terza Prova» lo supplicai.
Oscar aveva l'aria abbattuta. «Lo farei molto volentieri, ma il Comandante Benedikt questa volta ci ha vietato di aiutarvi. Posso solo incoraggiarvi, distrarvi e consigliarvi di pensare alla Queenser più come a uno scudo, che come a un'arma».
«Anche William ti ha chiesto aiuto, non è così?» Potevo leggergli in volto il dispiacere per averci voltato le spalle. Era soprattutto grazie a lui che io e William avevamo guadagno gli attuali posti in classifica. Aveva speso tempo, energie e sonno per aiutarci. Non era lui a doversi dispiacere.
«Ho potuto solo incoraggiarlo come oggi sto facendo con te» dichiarò. «So che non hai molta fiducia nell'Elezione, soprattutto dopo quello che hai dovuto affrontare, ma l'Elezione resta la nostra più grande, solida ed equa istituzione. Almeno questo puoi concederglielo».
Anche se Oscar non perdeva occasione per ricordarmi i lati positivi dell'Elezione, io non riuscivo più a vederli. Dopo aver fatto delle scosse e la perdita dei sensi una quotidianità, aver patito dolore in ogni forma e imparato ad aspettarmi il peggio in ogni momento, la grandezza ed equità dell'Elezione avevano perso d'importanza. Ormai ero diventata un concorrente a tutti gli effetti, sempre ossessionata dagli allenamenti e le prove. Consumata dalla stessa, agognata domanda: "Cosa accadrà ancora?". E non c'era mai fine alle sorprese, in quella base dimenticata ai margini dell'unico mondo esistente.
Qualche ora più tardi, quando iniziarono gli allenamenti, infierii su un punteggio già deprimente. Se fosse stato possibile sottrarre punti per ogni colpo sbagliato, mi sarei ritrovata metri sotto la media. Anche seguendo il consiglio di Oscar, ero riuscita a piazzare poco più di due colpi fortuiti al robovettore più vicino.
Presi in considerazione l'idea di spararmi da sola, solo per risparmiarmi gli sguardi esasperati dei miei due compagni di gruppo.
Osborne mi alitava sul collo, continuando a dirmi di mantenere la posizione. Ma non c'era nulla che non andasse, il problema erano le mani tremanti e la naturale pessima mira. Capii il perché di tanto accanimenti solo alla fine della giornata, quando, prima di recarci alla mensa, l'istruttore ci elencò i nomi di chi avrebbe ricevuto i fucili P0K-C2.
Prima di rendere noti i nomi dei pochi fortunati, vennero ricapitolati tutti i punteggi. Rimasi a bocca aperta quando Osborne lesse numeri a quattro cifre. Esral era uno dei prodigi del poligono, insieme a un'accanitissima Iruwa e un'ancor più letale Eoin Choen. Non mi stupii che fossero tutti ex membri del Quarto Gruppo e fidati compagni di Brunuas, il cui punteggio fu estremamente alto per i miei standard, ma non al pari dei suoi amici. Dall'altro fronte, ovvero di chi era membro dei Positivi da più prove, ad avere punteggi a cifre inarrivabili c'erano Karter, una delle poche facce nuove, Beyza Derim, e Shawn. Dal nostro ultimo scontro non lo avevo degnato di uno sguardo, e così mi ero persa le sue strabilianti performance con la Queenser.
Lessi nello sguardo di Esral quanto la bravura di Shawn lo divertisse, e in quello di Alexa la soddisfazione per il primato di Pel-Di-Carota. Quasi ci fosse sotto qualcosa. Tra i gruppi interni alla nostra classifica c'era stata un'insolita calma da quando avevamo messo mano alle armi, e qualcosa mi diceva che dopo la consegna dei fucili non si sarebbe protratta allungo.
William aveva racimolato circa 500 punti. Io, senza troppe aspettative, venni letta per penultima. A tratti mi sentii sollevata per non essere diventata peggiore in assoluto, posto riservato al caro vecchio Derek, che dopo le pretenziose insinuazione riguardo alle prestazioni femminili con le armi, aveva combinato un disastro dopo l'altro. Il timore per la carente prestazione, s'intensificò. I punti che mi distinguevano da candidati come Esral e Shawn erano troppo da tollerare.
«Coloro che verranno nominati, riceveranno i P0K-C2, da utilizzare nei prossimi allenamenti e, naturalmente, durante la prova». Osborne ci scrutò con aria visibilmente compiaciuta. «Adele Lebelons» esordì.
La bionda riccioluta corse ad appropriarsi dell'arma, dimostrando eccessiva gratitudine al povero cadetto costretto ad occuparsi dello smistamento. Quell'arnese era più grande di lei, lungo tanto quanto un suo braccio. Dall'espressione, sembrava anche parecchio pesante. Usò le fibbie all'estremità per legare la fascia e caricandoselo a peso sulle spalle. Il suo punteggio non era poi così migliore del mio, e anche le sue prestazione durante la scalata della Terza Prova non erano state così sorprendenti. Non aveva neppure premuto il pulsante. Mi domandai cosa l'avesse tenuta tra i Positivi per tutto quel tempo.
L'istruttore chiamò due altre persone nel nostro gruppo, e una delle due era Derek. In quell'istante capii che l'ultimo fucile era destinato a me. Come Oscar mi aveva ricordato, l'Elezione era equa, premiava gli svantaggiati perché concorressero a pari merito dei migliori nelle prove. Mi mossi verso l'istruttore nello stesso istante in cui chiamò il mio nome, recuperando il salvagente che, per la prima volta da quando era stata considerata idonea, gli organizzatori mi avevano lanciato. Un salvagente in metallo terribilmente pesante, preciso e letale molto più di una Queenser.
«Voi quattro siete risultati i candidati più bisognosi di aiuto per la Quarta Prova. Questi fucili non sono un premio, ma un implemento che vi consente di arrivare al livello degli altri candidati. L'Elezione non fa distinzioni, ognuno di voi ha il diritto di poter tentare le prove obbligatorie. Ricordatelo, voi che avete creduto di ricevere l'arma per i vostri punteggi alti».
Con un ghigno ricolmo d'arrogante, Osborne ci lasciò uscire dalla sala di allenamento. Fuori, dove gli altri gruppi si allenavano, le mani che stringevano i fucili erano il triplo rispetto alle nostre di Positivi. A un rapida occhiata, si poteva dire quasi che l'intero Quarto Gruppo ne avesse ricevuti.
«Ed io che mi stavo facendo tutti quei problemi». Varcata la soglia William mi fu accanto. Sospirò stanco, seppur sorridendo celatamente.
«Hai persino disturbato Oscar». Scossi il capo con disapprovazione. «Grazie».
«È sempre un evento così raro e inaspettato sentirti ringraziarmi, mi fa sentire una persona importante, privilegiata». Mi canzonò. Ormai sapeva che era così, perciò si divertiva a sottolinearlo ogni volta che ne aveva l'occasione. «E poi, chi ti ha detto l'ho disturbato?» aggiunse, con l'aria di chi voleva sottintendere qualcosa.
Passai il resto del tempo a pregarlo perché si spiegasse meglio.
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Un buco profondo, senza un singolo spiraglio di luce salvifica. Così fui costretta a passare le notti nella quarta settimana, del quarto mese alla Base Alpha. La voce sembrava improvvisamente scomparsa, dissolta in quello stesso buio, viscoso e asfissiante. Dopo le scosse non aveva mai saltato un sussurro, sempre dolce e rassicurante come l'abbraccio di un genitore. Un rimpiazzo per quelle figure che avevo dovuto abbandonare fuori dalle mura ferrigne, insieme al ricordo di una vita che, ora, mi sembrava sempre più lontano.
Qualunque fosse la ragione di quell'improvviso silenzio, sentivo che non era naturale. Come il mio dormire mantenendomi cosciente, incastrata tra il sonno e la veglia senza poterne uscire.
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Le settimane più vicine all'inizio della prova era sempre la peggiore, in tutti i sensi. L'ansia regnava sovrana tra i candidati, così come il malumore. Persino io, che non mi curavo del premio in palio, non potevo farne a meno. La paura di ciò che gli organizzatori avevano preparato, il timore di trasformarmi nuovamente in una vittima... Erano così forti da scavalcare qualunque altra cosa. Anche Shawn e le sue occhiate fugaci, quasi mi tenesse d'occhio.
Gli allenamenti con la nuovissima arma divennero una passeggiata. Il fucile P0K-C2 faceva tutto da solo, il mio ruolo era limitato al mantenimento della posizione per attutire i contraccolpi. I richiami di Osborne ora avevano senso: se non mantenevo saldamente la posizione, il fucile rischiava di ferirmi. Essendo un'arma da spalla, ogni contraccolpo si ripercuoteva tra la scapola e l'ascella. Era un'arma pesante e alquanto ingombrante, difficile da spostare ma molto più semplice da dover gestire rispetto alla Queenser, troppo imprevedibile per chi come me non aveva delle ottime abilità di fondo. Rispetto agli allenamenti con le infime pistole, divenne tutto troppo semplice per essere vero. Ogni giorno da quando ero stata agevolata, avevo l'impressione che l'istruttore potesse venire a riprendersi il fucile prima della Quarta Prova.
Se questo fosse accaduto, sarei stata spacciata.
Ogni mattina mi svegliavo con il timore che Asia fosse lì. Ormai sapevo fin troppo bene che il giorno previsto per la prova era Asia a svegliarmi. E questo l'Elezione doveva saperlo, perché per quella prova decisero di stravolgere la routine. Invece di cominciare la mattina, decisero di prelevare un gruppo assortito poco prima dell'inizio degli allenamenti. Con settimane di anticipo, e senza alcuna spiegazione, vidi scivolare via metà del mio gruppo e altrettanti per le altre classifiche. William, Shawn, Adele, Iruwa, Esral, Derek, Quiana... I nomi erano moltissimi.
Rimasi con i pochi scartati ad allenarmi per tutto il pomeriggio, senza la minima idea di cosa stesse accadendo. Ci riunirono tutti nella grande camera di tiro, ci avevano sfoltiti così tanto che ormai ci stavamo tutti e potevamo avere una postazione a testa. Cercai qualche volto familiare, realizzando quanti dell'attuale Quarto Gruppo ci avevano lasciato: più della metà era gli alleati di Brunuas, chiamato insieme al primo gruppo a svolgere la prova.
La tensione era alta. Ogni colpo inferto ai robovettori era come un grido nella mia testa, finché non iniziai a immaginarmi un'altra carneficina. Molto peggio dei ricordi che avevo della Prima Prova. A un certo punto dovetti smettere di sparare, mi sembrava di star contribuendo.
Un colpo, dieci punti di ricompensa. E un concorrente abbattuto.
Osborne non aprì bocca, neppure gli altri istruttori ci invogliarono a continuare quando la maggior parte smise di allenarsi. Maximilian, uno dei pochi rimasti che potevo dire di conoscere, venne a farmi compagnia. Non disse molto, anzi, non parlo affatto. Rimase seduto, accanto a me, fissando la sua arma. Sapevo cosa stava pensando: "Quando sarà il mio turno dovrò spararti, come loro staranno facendo adesso".
E tra i due, io avevo l'arma più grande, resistente e letale.
L'attesa divenne sfibrante. Nessuno rispondeva alle nostre domande, rimanemmo segregati all'interno del poligono come dei carcerati. Quando l'orario di allenamento finì, non ci permisero di andarcene. Ci portarono dei vassoi di cibo per la cena, una poltiglia confezionata che avrebbe fatto rabbrividire anche il militare meglio addestrato.
Qualunque domanda ponessimo agli istruttori la risposta non cambiava. «Stiamo attendendo ordini». Per cosa, potevamo solo immaginarlo.
Il tempo sia alternavano tra spari e pause smorza tensione. Opal, l'unica ad essere veramente rilassata, si avvicinò per chiedermi informazioni riguardo al fucile. Lei aveva la Queenser, e dopo averla vista sparare potevo dire che era piuttosto dotata. Dubitavo mi stesse facendo domande per pura curiosità, la stanza era piena di P0K-C2 e ad averli erano gli accanitissimi nuovi membri del Quarto Gruppo.
Ad ascoltare la mia breve introduzione al mondo de fucili dalla mira perfetta ci furono anche Maximilian e Josef; da lontano chiunque avesse una Queenser. Uno dei candidati possedente la mia stessa arma imprecò per farmi smettere di svelare loro tutti i trucchi. In realtà non c'era nulla di simile, la persona puntava e l'arma faceva il resto. La decisione di sparare era di chi la possedeva, esattamente come le Queenser.
«Secondo voi cosa avranno preparato?» chiese Opal, giocherellando con i rimasugli di cibo incrostati nel suo vassoio. «Normalmente non è così che gestiscono le prove».
«L'hanno fatto di proposito» dissi. «Le ultime tre prove seguivano uno schema preciso: sveglia presto, Assistenti, ritrovo e spiegazione. Avranno voluto demolire quelle poche certezze che avevamo riguardo alle Prove».
Rimasi scioccata nell'accorgermi di aver parlato esattamente come Shawn. Se fosse stato lì, avrebbe dette le stesse identiche cose.
«Forse uno dei Rappresentanti sta male e hanno deciso di affrettarsi». La congettura di Josef scatenò molte più perplessità della mia. «Secondo le leggi, se un Rappresentante si ammala in periodo di Elezione, possono anticipare le date».
«Non pensi lo avrebbero detto? Tutto ciò che riguarda l'Elezione passa per i canali pubblici» osservò Maximilian. Josef non lo contraddisse. «L'idea di Ehvena ha molto più senso, infondo il loro scopo principale è quello di metterci alla prova. Le routine sono perfette da schiacciare».
Non mi sopresi tanto del fatto che Maximilian mi stesse dando ragione, quanto della schiettezza con cui decise di affermarlo davanti agli istruttori. Dopo quattro mesi potevamo anche iniziare a smettere di prenderci in giro l'un l'altro e dire le cose come stavano.
«Di sicuro c'entreranno le armi» dichiarò Opal. La guardai di sbieco, speravo stesse scherzando ma sembrava averlo appena realizzato. «Magari una gara a punteggi, o un percorso... Forse qualcosa come le gare di tiro alle Olimpiadi dell'isola».
Josef valutò seriamente l'idea. «Forse hanno preparato un percorso con dei bersagli mobili impossibili da colpire, anche per chi è stato agevolato». Lo guardai perplessa, il modo in cui aveva detto la parola agevolati non mi piaceva. Dovevo avergli scagliato una di quelle occhiate che William definiva "assassine", perché tornò sui suoi passi. «Non che sia un male essere agevolati, anzi!»
Sorvolai sulla faccenda solo per non mortificarlo maggiormente. Se William mi avesse mista avrebbe sorriso compiaciuto dal modo in cui seguivo i suoi consigli.
«Sempre ammesso che sia una questione di punti» continuai io, sul viale delle ipotesi negative. Speravo come sempre di sbagliarmi, ma fino a quel momento gli organizzatori non avevano fatto molto per smentirmi.
«Se no riguarda i punti, cosa potrà mai essere?» domandò Josef, con aria innocente.
Nessuno volle dirlo, ma l'alternativa era chiara a tutti.
Con quell'umore incollato addosso, sopravvivemmo fino al momento delle scosse. Gli istruttori ci fecero avere dei sacchi a pelo, per evitare di farci dormi a terra fino all'indomani. Poi, senza alcuna pietà, gli organizzatori ci fecero crollare con le loro subdole scosse e le fauci della notte mi inghiottirono come una belva famelica. Le preoccupazioni per ciò che avrei trovato al risveglio mi premevano contro il petto anche in quello stato di anormalità onirica. Mentre non ero cosciente i militari potevano approfittarne per spostarmi ovunque volessero, una volta rinvenuta avrei anche potuto trovarmi davanti al massacro dei concorrenti chiamati per la nuova prova.
Dopo giorni di silenzio, non mi aspettavo che la voce tornasse, ma lo speravo. I suoi consigli era sempre stati decisivi per le mie prove, avevo bisogno che continuasse a farlo. Almeno finché non ci sarebbero state più prove da concorre, e la mia vita all'interno dell'Elezione non fosse finita.
Come sempre, la comunicazione con la misteriosa voce era unilaterale. Non poteva sentirmi pregarla di aiutarmi, così rimasi sola ad aspettare che qualcuno riaccendesse la luce.
• • • • •
Spalancai gli occhi, boccheggiando. La voce del Comandante Benedikt risuonava chiara per la stanza, mentre provavo a strappare la mia coscienza dall'effetto delle scosse. La vista offuscata dai resti del buio che mi aveva avvolta mi diede del filo da torcere. Per la prima volta tornare alla realtà era difficile.
«Forza candidati, è ora che anche voi eseguiate la prova!»
Sgusciai fuori dal sacco a pelo, scacciando via a forza i resti della nottata. Avevo i muscoli indolenziti dalle scosse e una profonda stanchezza annodata alle ossa. Gli occhi bruciavano, come se per tutta la notte li avessi tenuti ben aperti.
Ci scortarono lungo il dedalo sotterraneo, fino ad arrivare al luogo di svolgimento della prova. Ad attenderci c'erano anche i Rappresentanti, insieme ad una consistente équipe di Rappresentanti e Osservatori. Soprattutto Osservatori, tutti accalcati lungo un'immensa vetrata. In qualche modo mi ricordò la parete a specchio nella stanza della Seconda Prova, dalla quale gli Osservatori ci avevano spiati incessantemente.
Dopo averci consegnato una tuta dall'aspetto strano e poco promettente, ci chiesero di cambiarci in una stanza lì vicino. Prima donne, poi uomini. Ebbi tutto il tempo di esaminare quell'assurdo vestiario: una tuta aderente, di un materiale elastico e rivestito da strane sacche sparse in vari punto del corpo. Retro del collo, spalle, comiti, fianchi, ginocchia, caviglie, persino una lunga striscia che correva lungo la spina dorsale. I rigonfiamenti erano duri, compatti, e oltre a darci un'aria ridicola non sembravano avere alcuno scopo. Sul polso, incorporato alla tuta, c'era una specie di quadrante inattivo.
Ci servirono la colazione, brioches e una bottiglietta d'acqua. Opal lo chiamò "il pasto del concorrente". Troppo poco per sentirci pesanti e rischiare indigestioni durante la prova, ma abbastanza da evitare che la fame ostacolasse le prestazioni.
Aspettarono prima di consegnarci le armi, e anche dopo non ci lasciarono entrare subito nella sala. Tra gli Osservatori scovai Augusto Bogaert, che conversava tronfio con un suo collega. Qualunque cosa stessero dicendo, non lo rendeva felice. A qualche passo da loro c'era il Responsabile Chamber, che ascoltava interessato i suoi colleghi parlottare. Il Comandante Benedikt era al fianco della Rappresentante Engineer e il Rappresentante Tremblay.
Nessuno dei due ci aveva considerati da quando eravamo stati portati lì. Non si erano ancora degnati di spiegarci la prova, quasi temei che ci avrebbero fatto partire alla cieca.
Per ricevere qualche indicazione, dovemmo aspettare di essere collocati nell'enorme stanza incavata, accessibile da una ripida scalinata. Era deserta, non un bersaglio o un poligono, appena le luci e le quattro mura che ci circondavano come una scatola. A ognuno di noi diedero una postazione, poi chiusero la porta e attraverso un altoparlante una donna si prese finalmente il disturbo di chiarirci alcune perplessità.
«Ieri, in questo stesso luogo, i vostri compagni prelevati durante l'allenamento hanno svolto, nelle stesse identiche modalità, il test a cui stiamo per sottoporvi. Per consolidare il principio di equità dell'Elezione, a quelli di voi che hanno avuto difficoltà con le armi standard dei fucili di livello avanzato riadattate al livello di necessità. Per questa prova l'obbiettivo è semplice: dovrete colpire tutti i bersagli segnalati nelle varie colorazione, per racimolare punti. Questi verranno segnati direttamente sullo schermo incorporato alla tuta, con la quale potrete monitorare il vostro stesso andamento».
Potevamo vedere la fila di Osservatori accalcati al vetro, in alto a sinistra. Sbirciavano scribacchiando quello che vedevano, o quello che credevano di vedere. Per lo meno non stavano agendo di soppiatto come durante la Seconda Prova, nascondendosi dietro uno specchio.
«Al suono la prova avrà inizio. Vi sentire disorientati all'inizio, potrete soffrire di vertigini e avere un po' di nausea a causa del processo di attivazione della tuta. La prova non avrà limiti di tempo, quindi non tentate di rialzarvi subito» concluse la Responsabile.
Rialzarvi, ha detto.
La sirena d'inizio tuonò pochi istanti dopo. Gli Osservatori oltre la vetrata erano in fermento. Stavo ancora ragionando sulle sue parole quando iniziai a sentire le scosse. Brutali, istantanee, tutte scaturite dai rivestimenti della tuta. La pelle a contatto con questi bruciava, facendoci accasciare uno ad uno. Era come se mi stessero buttando addosso dell'olio bollente, fondendo con e scariche la pelle alla tuta.
Quando le scosse arrivarono contemporaneamente da tutte le fonti ero già rannicchiata a terra, scossa da tremori. Il fucile stretto in grembo e delle lacrime che scendevano senza controllo. Tutta la fatica fatta per svegliarmi dopo le scosse, era servita solamente a farmi ripiombare nell'oscurità. Tramortita, ustionata e... terrorizzata.
Un'istante di totale assenza, e iniziai a riprendermi.
La donna parlò un'ultima volta. «La prova è iniziata. Buon lavoro a tutti».
Feci dei profondi respiri, provando a dimenticare il dolore che mi inchiodava al pavimento. Mi guardai attorno, sperando di capire cosa mi aspettasse. Alzai il viso e ciò che trovai fu il mio riflesso distorto su di un vetro, oltre, montagne di metallo intersecate come un puzzle. Ero circondata da una cabina serrata, dalla forma cilindrica e lo spazio interno claustrofobico.
Il vuoto che prima riempiva la stanza era stato spazzato via in quei pochi istanti di incoscienza. Era come se fossi stata trasportata in posto diverso.
E non potevo più vedere gli altri concorrenti.
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