Capitolo 9.

Charlotte's pov.

Esco di corsa da quell'ascensore, percorrendo in pochi secondi il lungo corridoio che mi porta verso la porta d'uscita di questo palazzetto a Brooklyn.
Estraggo dalla borsa le chiavi della macchina, parcheggiata poco lontana, ed aziono l'apertura automatica di quest'ultima.
Il viaggio verso casa, sembra essere più lungo del solito, mentre i miei pensieri viaggiano in modo del tutto confusionale nella mia testa.
Sto lentamente impazzendo, e tutto questo perché sto cercando un qualsiasi modo per reprimere quella parte di me che si ostina a voler pensare a ciò che è appena successo dentro il suo loft. 
Non posso ancora credere che sia successo per davvero.
Ma che diavolo mi è saltato in mente? 
Non avrei dovuto lasciarglielo fare.
Io non sono così. 
Non sono quel tipo di persona che si lascia ammaliare in questo modo. Bensì sono io a sedurre un uomo e a farlo impazzire lasciandolo in bianco.
Non avrei dovuto concedermi in quel modo, non avrebbe dovuto divorarmi in quel modo.

Entro in casa, ancora completamente sconvolta. Poggio le chiavi della macchina e la borsa sulla mensola di fianco all'ascensore d'entrata e ci appoggio anche le mani con tutto il perso del mio corpo.
Il mio corpo è fisicamente provato da quello che è successo, mentre dentro la mia testa una parte di me è felice e soddisfatta di aver avuto un orgasmo come quello, per lo più causato dalla sua bocca e non dal suo cazzo.
Devo ammettere a me stessa che è stato bellissimo, anche se lo odio, ma è stato davvero fantastico.
Mi dirigo immediatamente verso il piano superiore, con l'obiettivo di lavare via ogni singolo alone del suo profumo via dal mio corpo.
Mi fermo per un attimo davanti allo specchio di questo ultimo e guardo il mio riflesso.
Sono ancora rossa in viso, il respiro corto e i capelli arruffati, come se fossi uscita da una straordinaria maratona di sesso sfrenato. 
Questa giornata è stata davvero infernale. 
Mi hanno licenziata a causa sua, mi stavano per sparare a causa sua, e infine ho avuto un orgasmo a causa sua.
Non riesco ancora a crederci. Più penso a Tommy e alla sua bocca sulla mia vulva, più penso che tutto questo sia estremamente surreale.
Sono del tutto incredula e odio la mia faccia che sembra non faccia altro che ricordarmi quello che è appena successo.
Mi guardo negli occhi attraverso lo specchio e non posso far altro che notare quanto io sia ancora eccitata al solo pensiero delle sue labbra di nuovo sulla mia fica.
Oh dio. 
Ma chi me l'ha fatto fare? 
Perché ho dovuto incontrarlo in questa fase delicata della mia vita? Che poi a pensarci bene, è delicata proprio a causa sua. 
I miei capezzoli sono sull'attenti contro il tessuto in pizzo pregiato del reggiseno, le mie labbra vaginali sono aperte e grondanti contro il tessuto soffice delle mutandine e la mia testa sta per scoppiare. 
In questo momento avrei solo bisogno di essere scopata e sbattuta come l'impasto per il pane.
Ma non posso dargliela vinta, e il pensiero di portare le mie dita all'interno delle mie mutandine e stimolare il mio clitoride mi ronza in testa.
Ma non mi toccherò pensando a lui.
Non lo farò.
Mai.

Entro in fretta nella doccia, dopo aver lanciato i miei vestiti da qualche parte sul pavimento in marmo del bagno, e apro l'acqua fredda al massimo. 
Devo assolutamente frenare i miei ormoni impazziti. 
Ma ripensandoci, nessuno era mai riuscito a imprimersi così nella mia testa solo toccandomi o baciandomi proprio lì. 
Provo a chiudere gli occhi e cerco di rilassarmi sotto il forte getto dell'acqua fredda, ma l'immagine della sua faccia in mezzo alle mie gambe non fa che ripresentarsi davanti a me. 
E la miriade di sensazioni che si alternavano nel mio corpo in quel momento, riaffiorano, facendomi venire la pelle d'oca.
Brividi di eccitazione, nonostante il getto dell'acqua, percorrono la mia schiena, causandomi ulteriori perdite dal mio centro.
Il mio battito è al massimo, quasi come se il cuore volesse uscirmi dal petto. 
Come diavolo ho potuto permettere che succedesse una cosa del genere? 
Ora come ora, è come se avessi le sue labbra, le sue mani, i suoi baci tatuati sulla mia pelle e, cazzo sono così arrabbiata con me stessa.
Avrei dovuto respingerlo fin da subito, e non lasciare che le cose mi sfuggissero dalle mani.
Odio perdere il controllo e, lui mi fa fottutamente perdere il controllo.
In questo momento lo disprezzo, anche se mi ha fatto avere un intenso orgasmo in meno di cinque minuti. 
Cazzo. 
Basta, devo smetterla di pensare a ciò che mi ha fatto.
Esco dalla doccia, dato che non sta affatto funzionando e mi infilo nell'accappatoio, per poi avvolgere i capelli in un asciugamano pulito. Vado verso la cucina decisa a prepararmi una tazza di tè o, meglio ancora una camomilla, in modo da provare a calmare i miei bollenti spiriti, almeno esternamente.
Accendo il bollitore, e mentre fa ciò che deve decido di richiamare Cheryl, visto anche il modo in cui l'ho trattata prima. In primis per scusarmi, ma anche perché ho bisogno di parlare con qualcuno di tutta la confusione che ho in testa al momento.
«Ti sei calmata?» risponde indaffarata.
«Scusa per prima, è che avevo un po' di fretta.» abbozzo una stupida scusa, poco credibile.
«Ti avevo già perdonata, ma comunque ti capisco, sei stressata e io che ti chiamo nel bel mezzo di una giornata lavorativa non è proprio il massimo.» cazzo. 
Solo adesso realizzo che non ho ancora aperto bocca con nessuno, a parte Tommy, riguardo il mio licenziamento.
Cosa dovrei fare? 
Raccontarle ciò che è successo o continuare a fingere e non dirgli niente?
«Non ero al lavoro oggi. O meglio non nel momento in cui mi hai chiamato.» biascico, prendendo una tazza dal pensile sopra il secondo lavabo della cucina.
«Ma avevi detto che avevi un'emergenza..» il tono della sua voce, dall'altro capo del telefono, sembra confuso, e oserei dire, quasi deluso.
«Senti, che ne dici di raggiungermi nel mio nuovo appartamento? Ho alcune cose da raccontarti, ho bisogno di parlarne con qualcuno.» 
«Ti sei trasferita?» urla dall'altro capo del telefono. 
Merda, ma si può sapere che diavolo mi prende? 
Davvero non l'avevo ancora informata riguardo alla mia nuova sistemazione aspettando il ritorno di mio padre? 
Ancora mi chiedo, come faccia a essermi ancora amica, dato che in pratica quando non sono con lei e Michel, loro della mia vita non sanno un bel niente.
«Appunto, ho delle cose da raccontarti, ti mando la posizione.» rispondo, portando i miei occhi sul bollitore che inizia a fischiare.
«Charlotte, ma che ti prende? Stai dando i numeri? Stai male? Ti sei innamorata? Parla!» borbotta agitandosi.
«Calmati, raggiungimi a casa, e ne parliamo, così ti aggiorno.» lei accetta un po' titubante. 
Così riaggancio il telefono, che lancio come sempre da qualche per casa, rendendomi conto che non le ho mandato la mia posizione e quindi mi tocca mettermi alla ricerca di quest'ultimo. 
Per mia fortuna lo ritrovo sul divano poco lontano, nascosto tra un paio di morbidi cuscini che non mi ricordavo neanche di avere.
Torno verso la cucina, con l'acqua del bollitore che è quasi evaporata del tutto, mi appresto a versarla in una tazza, e vado alla ricerca delle bustine di camomilla. Ne rovo solo qualche d'una di tisana rilassante e mi accontento, non avendo voglia di continuare le mie ricerche.
Mi siedo sul divano e accendo la tv, cercando di distrarmi dai mille pensieri che mi passano per la testa, intanto che aspetto l'arrivo di Cheryl.

«Tu mi devi delle spiegazioni!» urla, irrompendo nel mio appartamento. 
«Per questo sei qui.» affermo divertita, spegnendo la televisione. 
«Innanzitutto perché non sei da tuo padre? È successo qualcosa? Bryce fa ancora l'insopportabile?» 
«Datti una calmata.» mormoro guardandola soffocare con le sue stesse parole.
«Eddai, inizia a parlare.» continua guardandosi intorno, mentre io continuo a guardarla dal divano su cui sono comodamente seduta.
«Non è che poi ci sia molto da dire. Ho deciso di trasferirmi qui, perché mio padre partiva e non avevo voglia di stare a casa da sola con Bryce.» biascico, portandomi la tazza alle labbra per sorseggiare l'ultimo sorso di tisana, ormai fredda.
«Non potrai evitare tuo fratello per sempre.» sospira, mentre gironzola per la cucina. 
«È lui in primis a non cercare di avere un rapporto con me, perché dovrei sprecarci le mie energie?» infondo è anche vero. Bryce mi ha sempre odiata, fin da quando sono arrivata a casa dall'ospedale in Russia, dove i nostri genitori mi hanno adottata. 
«Questo è vero, ma fino a un certo punto. Secondo me, dovresti affrontare l'argomento con lui e cercare di riniziare da capo. Insomma siete fratelli, che lui lo voglia o no.» continua. 
«Ma lui non mi ha mai considerata tale, sicché smettiamo di parlare di Bryce, per favore.» la supplico, smettendo di seguirla con lo sguardo o mi farà venire il mal di mare in pieno centro a Manhattan.
«Va bene, ma secondo me dov..»
«Basta smettila.» la interrompo prima che ricominci. Cheryl in pratica è come un pappagallo, parla costantemente e vuole sempre avere ragione, ma non in questo caso. 
Non cercherò un contatto con un fratello che non considero tale. Lui è così testa di cazzo che non ne varrebbe la pena neanche provarci. 
Da piccola soffrivo molto questo suo distacco da me, soprattutto dopo la scomparsa della mamma, e le cose sono ulteriormente peggiorate. Il suo odio nei miei confronti è diventato tangibile, questo perché non passava giorno in cui non mi ricordava quanto io fossi colpevole di ciò che era capitato alla nostra mamma. 
Tutta questa situazione mi portò ad avere un esaurimento nervoso a soli nove anni.
Fui, infatti, ricoverata e imbottita di farmaci in un istituto psichiatrico infantile, perché stavo letteralmente dando i numeri. 
Ci ho messo un po' per ritrovare me stessa e, da lì a questa parte, ho smesso di provare a cercare un qualsiasi tipo di rapporto con Bryce. Come si può nutrire così tanto rancore per una persona? 
Poi si ostina anche a ricordarmi che io non sono frutto del matrimonio tra mamma e papà. E che quindi sono solo un'estranea che non ha niente a che fare con loro, e che hanno voluto prendere solo perché gli facevo pena.
Ma non voglio pensare a questo al momento. Non potrei sopportare altro, oltre a tutto quello che già mi sta succedendo in questa giornata.
«Mi piace un sacco quest'appartamento.» mormora, sfiorando con le mani il piano di lavoro in marmo bianco di Carrara dell'isola della cucina. 
«E scommetto, e conoscendo i tuoi gusti, che questo è vero marmo pregiato.» sorride in modo furbo, della serie: "Ti ho beccata". E io le sorrido di rimando, annuendo alla sua affermazione.
«Si, è marmo di Carrara, è costato una fortuna. Ma voglio parlarti anche di un'altra cosa.» sospiro. 
«Peró vieni, andiamo in camera, così mi vesto.» continuo indicandole il mio stato, ancora in accappatoio.
La trascino verso la camera da letto al piano di sopra, prendendole la mano, e la porto dentro la cabina armadio. 
La vedo accomodarsi sull'ottomana di velluto Cremisi imbottita grigio chiaro, e guardarmi con un'espressione d'attesa. 
«Sto aspettando.» gesticola, guardandomi con quei suoi occhioni tondi. 
«Non ci girerò intorno, mi hanno licenziato.» annuncio, infilando un paio di jeans scuri. 
«Che cosa hai detto?» urla alzandosi e afferrandomi per un gomito. 
«Non lavorerò più, mi hanno licenziata.» asserisco, infilando un paio di jeans.
«Non è vero, smettila. - Ride in modo isterico, mentre mi guarda negli occhi. - Charlotte, dai non scherzare.» 
«Vorrei che fosse uno scherzo.» non sa davvero quanto vorrei che tutto questo fosse un fottuto scherzo, ma è successo davvero, e cazzo, quanto odio Tommy!
«Non è possibile, tu vivi per la chirurgia, non è possibile Charlotte..» continua con un fil di voce, sembra che si stia per mettere a piangere e io riesco solo a rallegrarmi in quanto non mi ha chiesto quale sia il motivo, così non dovrò raccontagli di Tommy e di tutte le sue stronzate.
«Non fare così Cheryl, sto bene, credo..» l'ultima parte  della mia frase è un mormorio appena udibile. Perché in realtà io ancora non ho affatto realizzato questo fatto. Cioè ho fatto l'università in quattro anni, ho studiato come una matta, affondando, nel senso letterario della parola, nei libri.
Come diavolo riesco ad affermare di stare bene, quando è abbastanza evidente, che non sto affatto bene?
Non voglio piangere, io non sono una che piange. 
Ma vedere lei, che è la mia persona, in queste condizioni, quasi di panico, mi fanno pensare che davvero dovevo aver dato il massimo di me in quell'ospedale. Ospedale da cui sono stata sbattuta fuori, a calci in culo, per un motivo che se ci penso è banalissimo. Se un paziente scappa non è affatto colpa mia, cioè insomma l'America del duemila diciassette è un paese libero e se un paziente non vuole stare in ospedale, per qualsiasi siano i suoi motivi, non è una cosa che mi riguarda. 
Ma adesso basta, sono esausta di pensare a questa merda, e penso di aver proprio bisogno di attaccarmi ad una bottiglia di Tequila, all'istante.
«Senti, smettiamola di piangerci addosso, voglio spaccarmi a merda. Andiamo ora a ballare.» sputo.
«Domani è venerdì, io lavoro.» 
«Ti prego, ne ho bisogno.» la imploro, facendogli gli occhioni dolci. 
«Ma non ho intenzione di fare after, Luke è pur sempre il mio capo e potrebbe spezzarmi l'osso del collo se arrivassi con dei postumi a lavoro.» arriverà ad ogni modo con i postumi, ma non glielo ricordo e chiamo Michel, attraverso il telefono fisso attaccato al muro, in quanto il mio telefono, ancora una volta, non so dove sia. 
Non esiste far festa senza Michel, anche se so che ci scoleremo qualche bottiglia fino ad un certo punto, ossia finché non inizierà a dare di matto, costringendoci a tornare a casa, dove ci aspetta un bel post-sbornia di vomito dappertutto.

«Puta, vestiti, una mezz'ora e siamo da te. Andiamo a fare baldoria.» le comunico, non appena mi risponde.
«Charlotte, ma stai bene? Tu non esci mai, e domani non devi lavorare?» lei pensa che davvero mi beva la sua domanda non domanda? Cioè dai, Michel non si è mai interessata ai miei turni o al fatto che non mi prendessi mai un giorno di riposo, forse troppo fusa dall'alcool che le scorre nelle vene, costantemente. 
«Fai anche la finta interessata al mio lavoro?» le domando in modo sarcastico.
«Mhh, hai ragione, mi preparo.» ride.
«Ecco, muoviti, se non scendi appena arriviamo, resti a casa.» l'avviso, in quanto ha l'abitudine di iniziare a farsi la doccia nel momento esatto in cui arriviamo sotto casa sua. 
«Si, okay, ciao.» risponde, prima di riattaccare.

«Sei davvero geniale, non pensavo fossi così intelligente da chiamare un taxi invece che prendere la macchina.» biascica la mora, camminando verso la macchina.
«Forse non ti ho detto che devo sfracassarmi di alcool.» le annuncio, sorridendole in modo perverso.
«Mh, bene. Che è successo? Hai finalmente fatto sesso?» chiede entrando in macchina. Io sbianco, è non so che dirle, cioè non ho ancora raccontato niente degli avvenimenti con Tommy e non mi sembra affatto il momento di tirare fuori l'argomento.
«Io faccio sesso.» rispondo in modo ovvio.
«Certo, ogni morte di papa e ragnatele a gogo.»
«Ah-ah, almeno io non ho tipo diecimila malattie veneree, puttana.» dico in modo scherzoso, però nel mio tono di voce c'è una sorta di verità. Michel si scoperebbe chiunque, il problema è che il suo cuore vive nella sua vagina, chiunque ci entri e considerato fidanzato a vita.

Arriviamo al Truth, un locale che ha aperto da poco, in piena Manhattan. La fila all'esterno del nuovo e moderno locale è pazzesca, ma per via delle mie conoscenze, l'omone che sta in piedi alla porta ci lascia subito entrare. E per ringraziarlo, mi avvicino a lui con fare da civettuola e gli infilo una banconota da cento nella tasca anteriore dei jeans scuri che indossa, per posargli poi un bacio sulla guancia.
Entriamo nel locale, il quale è ormai nel pieno della sua attività. 
Posiamo le giacche e le pochette al guardaroba, e passiamo un attimo in bagno, per la revisione trucco, non vorrei che nessuno mi vedesse con dei bei denti macchiati di rossetto. 
Mi guardo allo specchio e mi complimento con me stessa, il mio fisico asciutto racchiuso in questi short in ecopelle color burgundi, abbinato a un crop-top nero in pizzo, che racchiude i seni prosperosi, sono da urlo.  Da quel che posso notare ho perso un po' di peso in quest'ultimo periodo, sicuramente a causa del fatto che i miei pranzi sono fatti unicamente di caffè o tè, o ovviamente cappuccini alla vaniglia.
«Su Charlotte, andiamo hai tutto al posto giusto.» urla Michel emozionata e un po' scocciata, perché la sto trattenendo in bagno. Le do ascolto e scendiamo la grande scalinata che porta alla pista da ballo, adoro il Truth, ci sono stata tipo una quindicina di volte, ma ogni volta scopro dei nuovi buchi nascosti in questo posto. 
Michel e Cheryl, si immergono subito in mezzo alla folla sulla pista da ballo, mentre io vado da Matthew, verso il bancone. 
«Una tequila.» ordino, appena mi nota. 
«Giornata pesante?» 
«Guarda, fanne due.» gli rispondo, il solo ricordo di questo stupido giorno mi fa solo incazzare al momento. 
«Ne vuoi parlare?» 
«Perché avresti il tempo di ascoltarmi?» domando portando i miei occhi sui suoi. Lui si guarda intorno e sorride tornando ad asciugare dei bicchieri da Bourbon. 
Ingurgito tutto quel che c'è nel bicchierino, uno dopo l'altro, e poi succhio la fetta di lime, lanciandola dentro il bicchiere, centrandolo.  
Ora che sento di essere un po' più carica, mi butto in pista anche io. 
La musica non è male anche se il deejay sa fare di meglio a volte, ma non gliene faccio una colpa. 
Cerco di rilassarmi e mi lascio andare muovendo i fianchi in modo provocante, andando a sbattere qua e là, con alcune delle persone già presenti sulla pista da ballo, che devo dire sono molte, essendo solo giovedì. Finché qualcuno non afferra i miei fianchi in modo famigliare.


Tommy's pov.




«Cazzo, merda. Merda.» porto le mani al viso, disperato. 
Perché ho permesso che se ne andasse? 
Avrei dovuto trattenerla e scoparla, proprio lì contro al muro, oppure sull'isola in cucina.
Saranno all'incirca le sei di sera, e ormai il sole è quasi tramontato, ornando il cielo di nuvole bianche e colori caldi. Lei se ne è andata da più o meno mezz'ora e io ho ancora una fottuta erezione da soddisfare. 
Nel momento in cui se ne è andata, volevo tanto corrergli dietro e farmela, farmela anche in ascensore se è possibile, ma cazzo, come può lasciami così? E certamente non è perché è pudica, altrimenti non si sarebbe lasciata leccare in quel modo.
Sono stufo di contemplare la fottuta tv in muto, non voglio guardare assolutamente un porno, perché cazzo, lei è un fottuto porno.
Penso che se l'avessi qui davanti, verrei solo a vederla nuda dalla vita in giù, come meno di un'ora fa. 
Inevitabilmente, porto una mano sull'erezione che libero dai pantaloni della tuta.  
Lei accende qualcosa in me, o meglio smuove qualcosa, non so cosa sia, ma so che sicuramente riguarda il sesso. Non posso vederla e non farmelo venire duro, merda. 
Non so se sono i suoi occhi che mi guardano in quel modo fottutamente sexy. O quei capelli che immagino racchiusi nel mio pugno mentre spingo con forza dentro di lei, prendendola fino in fondo. O quelle labbra, così carnose e larghe, che sarebbero perfette intorno al mio cazzo. 
Afferro l'erezione e tiro piano, cominciando a stimolarmi, immaginandomi un finale diverso riguardo quello che è successo poco fa. 
Immaginandomi soprattutto lei, in ginocchio davanti a me, con il mio cazzo in bocca, mentre la tengo per la nuca dettando un ritmo duro e veloce, facendola quasi soffocare con il mio membro fra le labbra. Sono fottutamente sicuro che lo leccherebbe da dio, con quella lingua esperta che ho già avuto modo di provare.
Mi spingerei forte contro la sua lingua, arrivandole alle tonsille, con i coglioni duri che le sbattono forte contro il mento, dandole la sensazione di non aver altra scelta che accoglierlo dentro di sé con quella lingua affusolata. 
Facendole prendere in considerazione l'idea di soffocare.
Oh porca puttana. 
La mia mano ha aumentato il ritmo, andando su e giù veloce, in modo impressionante. 
Perché infondo è questo l'effetto che mi fa Charlotte. 
Mi fa fottutamente impazzire e dare i numeri. 
Continuo a masturbarmi immaginandomela davanti mentre si tocca, e lì, non ci vedo più niente, la vista si annebbia, mentre copiosi schizzi di sperma zampillano fuori dal mio uccello eretto e numerosi brividi attraversano la mia schiena che si inarca contro il tessuto morbido del divano.
Merda.

Entro al Truth che come al solito è stracolmo di persone, pur non contando tutte quelle che stanno aspettando in fila fuori dal locale. Mi chiedo come ancora non sia crollato tutto a terra, visto le folle che si riuniscono qui dentro ogni santo giorno.
Odio fottutamente le discoteche, e odio ancor di più Tobias.
Dico io, hai un cazzo di ufficio, un cazzo di magazzino e perfino una cazzo di casa in cui ci occupiamo dei nostri affari e devi convocarmi proprio qui? 
Ma soprattutto qui non ho molta via di scampo, visto che ancora non ho recuperato i suoi soldi e lui ancora non lo sa. 
«Qualcosa di forte.» ordino al barista, con quella faccia da beduino. 
«Ecco a te.» mi passa così uno shot di un liquido trasparente, che scopro poi essere vodka. 
Schifo totale. 
La ingurgito e gli chiedo una birra, che mi serve subito. Almeno anche se è stupido, è efficiente. 
Dal bancone mi volto verso la pista in cerca di Tobias, o più che in pista, nei dintorni. 
Una bionda, perfetta e con due tette da urlo, che ho visto non molto tempo fa, cattura il mio sguardo. 
Non ci posso credere.
Se avessi saputo che l'avrei incontrata un'altra volta in questo giorno avrei aspettato a farmi una sega. 
I miei occhi si socchiudono, mentre studio ogni suo movimento. I suoi fianchi si muovono in modo provocatorio mentre le mani viaggiano per tutto il corpo. E quel culo favoloso è messo in risalto da quei pantaloncini rosso scuro, facendo crescere in me la voglia di prenderla subito, perfino in mezzo alla pista, davanti a tutti. 
È sexy da morire, e nella mia testa scorrono tutte le posizioni in cui vorrei farmela.
Si gira verso di me e noto i suoi occhi chiusi, sembra divertirsi, in viso ha un'espressione rilassata mentre si fa trasportare dalla musica. 
«È proprio sexy, vero?» dice il barista, che scopro chiamarsi Matthew, dalla targhetta spillata alla camicia.
«Smettila, è impegnata.» sbraito guardandolo in modo truce.
«Non è la prima volta che la vedo qui, e non è mai stata accompagnata.» ammicca., sollevando un sopracciglio.
«Questo non ti dà alcun diritto di guardarla.»
«Non mi sembra sia una tua proprietà. Anzi non mi sembra neanche che sia il tipo da relazione.» 
«Perché non pensi a preparare i tuoi stupidi drink e smetti di fissare ciò che è mio?» ringhio.
«Forse perché non è tua?» ribatte. Lo salva il fatto che Tobias sia appena apparso, perché ci avrei messo poco a sparargli. 
«Guarda un po', te lo lascerò pensare, finché non andrò lì da lei, e sarà lei stessa a buttarsi tra le mie braccia.» sputo acido verso di lui. 
«Vedremo.»
«Tu continua a guardare.» mormoro prima di alzarmi e dirigermi verso di lei. 
Mi avvicino da dietro e le stringo i fianchi con le mani, «Sei qui tutta sola?» 
Lei inizialmente sussulta, probabilmente non riconoscendomi, dopo poco si volta e mi fulmina con lo sguardo.
«Stai lontano da me.»
«Che c'è? Ti sei forse pentita?» le domando sorridendole in modo provocatorio.
«Non avrei dovuto lasciartelo fare, ora voglio rilassarmi e tu..»
«E io posso aiutarti.» ammicco interrompendola.
«Tommy, sparisci.» afferma, dirigendosi verso un tavolino poco lontano.
«Su andiamo, Tobias vuole parlarti.» sputa Alex, spuntando alle mie spalle.
«Dammi due minuti.» lo ammutolisco.
«Adesso.» mormora al mio orecchio.
«Sparisci Alex.» sputo, tornando a posare la mia attenzione su Charlotte, che aveva già incrociato le braccia al petto.
«Guarda che se hai da fare puoi anche andartene.»
«Solo se mi prometti che ci rivedremo.» affermo, avvicinandomi al suo orecchio.
«Non ti assicuro niente.» ribatte convinta.
«Allora ti troverò, come sempre.» sussurro sul suo collo, stampandole un bacio a fior di labbra per poi andarmene.

Seguo Alex, salendo un'altra rampa di scale, situata nel retro del locale. Dopo aver attraversato qualche stretto corridoio illuminato da fioche luci blu, giungiamo ad un'altra sala del posto. Tobias è affiancato da altri componenti del nostro cartello e sembra pronto alla guerra. 
«Quando ti dico niente cazzo di distrazioni, cosa diavolo non capisci?» urla verso di me, appena mi vede entrare. 
«Io mi sto rompendo veramente il cazzo, smettila cazzo, se ho bisogno di scopare, ho bisogno di scopare! Tu non fracassarmi la minchia.» gli rispondo di rimando, sedendomi in una poltrona lì vicino. Lo sguardo che mi rivolge è di pura rabbia, ma ad ogni modo sa che all'interno di questa stanza, io sono quello di cui può veramente fidarsi. Ignora ciò che gli ho appena detto e continua a spiegare quello per cui ci ha riunito qui.
«Abbiamo una talpa.» questo è l'unica cosa che ho sentito, in quanto ero troppo impegnato a pensare a lei. 
«Cioè?» domanda Daniel dall'altra parte della stanza.
«Cioè i nostri soldi sono scomparsi perché qualcuno ha fatto una soffiata allo stronzo di Vlada.» spiega Tobias. Il tono della sua voce è basso, è come ho già detto, quando il tono della sua voce è basso, c'è da preoccuparsi.
«Cosa vogliamo fare?» domando, guardandolo. Noto quella sua classica espressione di quando ha qualcosa in mente.
«Voi andate, ce ne occuperemo noi.» annuncia, indicando gli altri presenti nella stanza.
«Alex, tu vai a fare quello che ti ho chiesto. - Ordina verso Alex, che annuisce e lascia la stanza, - tu, invece.» indica me stavolta, interrompendosi. 
«Andiamo a risolvere questa faccenda.» continua, finendo di bere l'ultimo sorso di Bourbon che era rimasto nel bicchiere.



Charlotte's pov.




Oltre a rovinarmi la vita, oggi, ha voluto far finire la mia giornata, rovinandomi anche il mio momento di relax, dopo settimane di duro lavoro. 
Ma una cosa l'ho capita. Devo smetterla di prenderlo troppo sul serio, cioè, se lo dovessi rincontrare ancora, lo ignorerò e cercherò di evitare di pensare a quello che mi ha fatto e, a quello che ha alluso poco prima. 
Torno nuovamente verso il bancone, decisa a imbottirmi fino all'ultima cellula di alcool.
«Vuoi che chiami la sicurezza?» mi domanda Matthew, non appena mi accomodo su uno sgabello libero.
«Senti, io e te ci conosciamo da un po', ma non prendere tutta questa confidenza con me, servimi da bere e lasciami stare.» gli rispondo irritata.
Mi serve altra tequila, che ingurgito all'istante. 
Un bicchierino dopo l'altro, perdendo completamente il conto di quanti ne abbia mandati giù. So solo che la mia testa ora è leggera, sono totalmente spensierata, o meglio sto pensando solo a quanto è bello ubriacarsi fino a prendere la cognizione del tempo e della vita che ti scorre davanti in modo così di merda. 
E la sensazione, è a dir poco unica. 
Michel mi raggiunge e si siede accanto a me, ordinando un Daiquiri al mango.
«Dovresti andarci piano, o sarò io a dover reggere a te i capelli mentre vomiti l'anima.» urla al mio orecchio per farsi sentire.
«Potrebbe essere la cosa migliore che mi sia capitata oggi.» dichiaro, scoppiando a ridere dal nervoso. 
«Dov'è andata Cheryl?» domando alzando la testa dal bancone, a cui mi ero precedentemente appoggiata.
«E' andata un attimo in bagno, dovrebbe tornare tra poco, gli ho detto che ci saremmo ritrovate vicino al guardaroba.» sono completamente imbambolata, mentre lei continua a parlarmi. 
La vedo alzarsi e prendermi dalle braccia, mentre finisce di bere il suo cocktail, mi aiuta così ad alzarmi. 
Non appena sono in piedi, sulle Dr. Martens basse, barcollo un po', perdendo l'equilibrio, che cerco di riprendere subito. Seguo Michel, in direzione del guardaroba, ma Cheryl ancora non è arrivata. 
«Perché non sei andata con lei?» chiedo appoggiandomi alla parete dietro di me socchiudendo gli occhi.
«Ha voluto andarci da sola.» 
«Vabbè, dai tornerà tra poco.» dico.
«Oddio, ragazze, oddio.» Cheryl si dirige verso di noi di corsa, e quando apro gli occhi noto la sua espressione del tutto sconvolta e gli occhi pieni di lacrime. Il viso è completamente pallido, e le mani le tremano dalla paura.
«Che c'è? Che ti hanno fanno?» il mio tono di voce si alza ulteriormente, e tutto a un tratto riprendo completamente la lucidità. 
«Dobbiamo andare via di qua.» mormora a bassa voce, guardandosi intorno.
«Okay, ma spiegaci che è successo. Qualcuno ti ha fatto del male?» le domanda la mora preoccupandosi. Il fatto che siamo in quest'area del locale ed è deserta, mi fa rabbrividire e non mi rassicura per niente.
«Hanno appena sparat» non fa in tempo a finire di comunicarci ciò che è appena successo, che qualcuno alle nostre spalle, ci posa dei tovaglioli imbevuti sul viso.
Ed è subito buio.



Spazio autrice. 🌺

Sono tornataaaaa.
Un po' in ritardo devo ammetterlo, ma comunque eccomi qua. Allora, come state miei piccoli lettori?
Dall'ultimo aggiornamento siete cresciuti un sacco e ve ne sono immensamente grata.
In questo capitolo succedono un paio di cosette che ci catapulteranno nel vero e proprio spirito di questa storia. (Musichina inquietante)
Beh, ad ogni modo spero di essere riuscita a farvi immedesimare nei personaggi, soprattutto durante il momento "privato" di Tommy, che devo ammettere è stato parecchio difficile descrivere, ma credo di essere andata piuttosto bene.
Mi raccomando continuate a commentare e a lasciare tante stelline.
Vi adoro.

Kiss kiss.

Alex:


Se avete dubbi, o qualche domanda da farmi, potete contattarmi su Instagram: nicoldelacruzalvarez, o su Twitter @imnastygirln.

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