Capitolo 7.
Charlotte's pov.
Oggi è proprio una bella giornata.
Non appena è suonata la sveglia, nonostante avessi dormito poco più di tre ore, mi sono svegliata bella pimpante e allegra.
La sera precedente ero riuscita a studiare altri tre capitoli intensi per il giorno dell'esame che non tarda ad arrivare.
Non appena sveglia, per la prima volta ho provato la cucina del mio appartamento e mi sono preparata una sana colazione che non facevo da tempo.
A dirla tutta era solo una tazza di tisana e qualche biscotto ormai malandato trovato nella dispensa che neanche sapevo fosse piena, ma è già un ottimo traguardo per una che non mangia quasi niente.
Con la tazza in mano mi sono avvicinata alla grossa vetrata del salotto che dava sul magnifico paesaggio di una New York che si stava appena svegliando.
Infondo erano solo le sette e un quarto, e nonostante questo il sole stava a malapena sorgendo.
Regalandomi un magnifico panorama, con il cielo tempestato di colori che sfumano dal rosa, all'arancio e infine al giallo, ma ovviamente non può mancare il rosso.
Il colore della passione.
Il colore dell'amore.
E anche quello del sangue.
E questo mi riporta sulla terra ferma, dove i miei pensieri devono concentrarsi sul prepararmi, ed anche in fretta, se non voglio arrivare per l'ennesima volta in ritardo al lavoro.
«Buongiorno.»
«Hey, come stai?» saluto Ellis, una delle altre specializzande del mio stesso anno e anche una delle poche che riesco veramente a sopportare.
«Tutto bene, la Baylie ti cercava.» mi comunica mentre continua a cambiarsi, sicuramente sarà perché sono leggermente in ritardo, nonostante avessi dei buoni propositi stamattina, o probabilmente perché magari stavolta posso finalmente tornare al mio vero lavoro di specializzanda di chirurgia cardio toracica.
Si, potrebbe essere per questo che la mia giornata sembra andare così bene.
Anche se conosco il filone guida della mia vita, una gioia, indica solo altri giorni di pura sfiga. Ma cercherò di essere il più positiva possibile e di rilassarmi.
«Ti prego, dimmi anche tu che sei nella merda con lo studio.»
«Oh non sai quanto, solo ieri ho potuto studiare altri tre capitoli, ma in pratica mi manca tutto il libro.» dico scommettendo che è sicuramente messa meglio di me.
«Ah beh, io devo ancora iniziare e mancano solo tipo tre settimane.»
«Cazzo amica, fattelo dire»
«Che sono nella merda fino al collo? - domanda ovvia prima che io riesca a finire - Si, decisamente.»
Continuiamo a chiacchierare ancora per un po', mentre tolgo i jeans e la camicetta, per indossare il camice celestino, tolgo anche i tacchi, che non ho idea del perché gli abbia indossati dato che già iniziano ad infastidirmi e gli sostituisco con le scarpe da ginnastica, molto più comode e pratiche. Ripongo tutti i miei vestiti e la borsa nel mio armadietto che mi appresto a chiudere, per andare alla ricerca della Baylie.
Giro per i corridoi di quest'immenso ospedale, ma non la trovo da nessuna parte, così decido di andare in pronto soccorso a occuparmi di qualche paziente, ed aspettare che si faccia viva lei.
«Manuele Bozzetti, ventisette anni, è arrivato con respiro corto e forti dolori al petto.» mentre l'infermiera mi aggiorna sul caso, metto in fretta i guanti e mi presento al paziente. Con lo stetoscopio ausculto i toni cardiaci e polmonari, notando dei toni cardiaci irregolari. Faccio una veloce anamnesi al paziente, per quanto possa parlare, per via del respiro corto e della mascherina che indossa sul volto per aiutarlo a respirare.
«Prenota un emocromo completo e tutte le analisi del sangue, portami l'ecografo e prenota un consulto cardiotoracico.» ordino all'infermiera. Si dirige fuori dal trauma due e rientra poco dopo con l'ecografo portatile che mi porge, la ringrazio e informo il paziente su quanto sto per fare.
«Ora le farò un'ecografia al cuore, l'avverto che il gel è un po' freddo.» mormoro cercando di rassicurarlo. Verso il gel sul torace e mi preparo ad eseguire l'ecocardiografia.
«Bene, ora aspettiamo il cardiochirurgo e le sue analisi.» lo informo cercando di non farlo agitare, e dato che sono già nella merda fino al collo con la Baylie, preferisco aspettare il chirurgo, in modo che sia lui a dire al paziente che ha bisogno di essere operato seduta stante. .
«Morirò dottoressa Owen..?» mi domanda guardandomi dritta negli occhi.
«Io.. Ascolta Manuele, io non posso farti promesse che non posso mantenere, non vorrei darti false speranze, ma avrai sicuramente bisogno di un intervento chirurgico, e tutti gli interventi hanno dei rischi, tra cui la morte. Ma qui abbiamo dei medici molto bravi in ciò che fanno, quindi sta tranquillo e aspettiamo l'arrivo del chirurgo di turno. Intanto vuoi che informiamo la tua famiglia?»
«Si.. nei.. contatti d'emergenza c.. ci sono.. i numeri.» dice con voce a stento udibile indicando il telefono tra i suoi effetti personali.
«Che abbiamo qui?» la Dr.ssa Edwards entra nella stanza prendendo dalle mie mani la cartella clinica che stavo giusto aggiornando.
«Hai eseguito l'ecocardiografia?» domanda rivolgendosi a me, annuisco verso di lei che prosegue a rifare l'esame.
«Signore, lei ha una pericardite costrittiva. In sostanza, il suo pericardio, che è il muscolo esterno che ricopre il cuore si è ispessito. Dovremmo eseguire un intervento chirurgico di decorticazione pericardica.» lei continua a parlare spedita riguardo all'intervento e visto che a malapena guarda il paziente non si rende conto che non sta capendo una sola parola di quello che sta blaterando. Ad ogni modo mi spedisce a prenotare la sala, quindi sono costretta a lasciare la stanza.
«Nell'ufficio del primario, subito.» la Baylie spunta all'improvviso alle mie spalle, spaventandomi, giusto nel momento in cui avevo messo giù la cornetta.
Merda.
L'ultima volta che mi sono ritrovata davanti al primario era quando la nanetta qua accanto a me ha deciso di costringermi a consulti e medicazioni, come se fossi una semplice matricola. E il fatto che adesso debba ritornare lì dentro, dove giace ancora il ricordo di mia mamma che se ne stava seduta e indaffarata dietro la scrivania che oggi occupa il suo migliore amico e collega all'epoca, è sempre un colpo al cuore.
Non spreco il fiato cercando di domandarle per quale ragione stavolta, ma c'è una piccola parte di me che spera che questa chiamata significhi solo che potrò finalmente tornare ad operare. E sinceramente non vedo l'ora di infilare le mie mani dentro a qualcuno, di sentir battere un cuore tra le mie mani. Non vedo l'ora di tornare a lavarmi per ben cinque minuti le mani, per poi asciugarle in fretta in quelle salviette che non assorbono niente, per poi infilarle nei guanti di lattice e iniziare a salvare una vita.
Dio, mi manca davvero tanto operare anche come semplice assistente ad un qualsiasi chirurgo.
Sarei disposta perfino ad andare in ortopedia, che odio con tutta me stessa, ma rompere qualche ossa, potrebbe fare al caso mio, ma ad ogni modo, devo smetterla e concentrarmi.
Non vedo una sala operatoria da quasi un mese ormai, e dato che sono una drogata di chirurgia, sono in astinenza e sto per avere delle crisi e sto anche per dare di matto, perché il primario vuole parlarmi nel suo ufficio? Oh cazzo.
Faccio un bel respiro a pieni polmoni e seguo la dottoressa davanti a me, che mi accompagna verso il mio futuro in un completo silenzio. Alimentando la mia ansia e la mia strizza.
Arriviamo davanti all'ufficio e lei bussa piano, aprendo successivamente la porta.
Ci sono milioni di possibilità e di possibili conseguenze che mi frullano per la testa, riempiendomi la mente di cazzate di ogni tipo.
E dato che conosco i modi in cui agisce il Dr. Parker, sono stra preoccupata.
Oddio, non posso proprio farcela.
«Buongiorno Charlotte, accomodati.» il Dr. Parker mi invita a sedermi davanti alla sua scrivania, che una volta apparteneva alla mamma, mentre la Baylie se ne sta in disparte dietro di me.
«Buongiorno.» rispondo, sperando che continui ad esserlo.
Mi accomodo su una delle due poltroncine e mi volto un attimo a guardarla, e cazzo, non avrei dovuto farlo. La sua espressione non dice niente di buono e sto cercando tutti i motivi possibili per i quali io mi trovi in quest'ufficio, e al momento non me ne vengono in mente nessuno, tranne il caso di Williams, del quale però mi era già stata data una punizione.
«Andrò dritto al sodo, sei stata sospesa dalle attività chirurgiche per un tempo indefinito per quello che hai combinato qualche tempo addietro, una settimana fa hai peggiorato la tua situazione lasciandoti sfuggire un paziente e guarda caso ieri pomeriggio è successa la medesima cosa.» afferma con tono deciso.
Cazzo, vorrei urlare in questo momento.
«Nel giro di due settimane, sei riuscita a perdere due pazienti a te assegnati Dr.ssa Owen.» continua, mantenendo il contatto visivo. Il suo tono di voce è abbastanza alterato, come se lo avessi deluso ancora una volta, e Dio, in questo momento sento di poter crollare seduta stante se dovesse prolungare il mio periodo fuori dalla sala operatoria.
Non riesco a proferire parola, riesco solo a notare quanto sia deluso da me, e sinceramente per la prima volta ho veramente paura che qualcosa possa andare nel modo sbagliato. Forse stavolta finirà davvero male per me.
«Dr. Parker, non ho la minima idea di che cosa stia dicendo.»
«Sto parlando del paziente della stanza 764, al terzo piano, un certo Winkworth che era arrivato qualche giorno fa con»
«Un'ustione all'inguine, si, ho capito perfettamente di chi sta parlando.» affermo mentre il mio corpo viene invaso da una scarica di rabbia assurda.
«Era un tuo paziente, giusto?» domanda, guardando, suppongo, la cartella clinica di Tommy.
«Si, giusto, ma Signore io neanche mi trovavo in ospedale durante l'accaduto.. Non ero di turno.» lo informo.
«So che questo non mi giustifica e non lo voglio usare neanche come tale, ma non mi sento del tutto responsabile dell'accaduto..»
«Charlotte»
«No, mi ascolti.» cerco di interromperlo, non riuscendoci.
«Capisco che non essendo in ospedale non potevi occuparti di questo caso, ma era sotto la tua responsabilità, anche se non eri di turno. Ma se fosse solo il primo caso in cui capita qualcosa di simile, lascerei correre, ma è già la seconda volta in poco più di una/due settimane.» continua.
«Signore, per favore, lo so che non è una cosa facile da gestire, ma»
«No Charlotte, niente ma. A riguardo di questo, sei qui, perché ormai ho preso una decisione riguardo la tua specializzazione e il programma dell'ospedale.»
«Cosa c'entra adesso la mia specializzazione?» chiedo confusa, avvicinandomi al bordo della poltroncina, mentre le mie gambe tremano, e i piedi sbattono sul pavimento coperto di moquette in modo nervoso
«Charlotte, ci conosciamo da quando eri una bambina e correvi spensierata per i corridoi di questo ospedale, sperando di trovare un momento con la tua mamma, ma ad ogni sono io il primario è non posso farmi influenzare dai nostri rapporti personali.» inizia mantenendo ancora una volta il contatto visivo. E al ricordo della mamma, gli occhi iniziano a riempirsi di lacrime, e in questo momento inizio a capire tutto, inizio a capire che andrà tutto a puttane.
«Gliel'ho sempre chiesto, non voglio favoritismi. Forse non merito di continuare a stare qui dopo tutti i guai che ho causato.» dico, asciugando una prima lacrima.
«Ti meriti assolutamente di stare qui, tu diventerai un ottimo chirurgo. Sei fatta per la chirurgia. La chirurgia fa parte di te da sempre, e sono fiero di averti insegnato tutto quello che non avevi appreso già da tua madre.» la sua voce da arrabbiata e delusa, ora sembra commossa e rammaricata. E il suo viso adesso è rivolto verso il basso, come se non fosse abbastanza forte per affrontare questa conversazione.
«Lo dica.. per favore..» mormoro con un filo di voce, mentre cerco di smorzare un singhiozzo.
«Ti licenzio, con effetto immediato.» risponde, cercando di non far prevalere l'emozione e guardandomi con occhi pieni di lacrime. «Mi dispiace, non trovo le parole per esprimere ciò che provo a dirti queste parole..» continua cercando di rincuorarmi. In tutta risposta, mi alzo e gli porgo la mano, «È stato un piacere lavorare per lei.» gli sorrido e lo saluto, volendo lasciare quell'ufficio il prima possibile.
Mi avvio verso la porta, affianco alla Baylie, che ovviamente non sta piangendo, ma d'altro canto non me lo aspetto neanche. Però compie un gesto che non mi sarei mai aspettata.
«Torna tra qualche mese, vedrai che cambierà idea.» mi sussurra stringendomi a se. Non mi aspettavo che mi abbracciasse, figuriamoci quello che poi mi ha sussurrato.
«Sono fiera di te e del bravissimo medico che sei diventata in così poco tempo, sei stata la specializzanda che più mi ha sorpreso, e non lo dico per il momento che stai attraversando, è la pura verità. Charlotte Grace Owen, tu sei preziosa. Hai delle mani strepitose, sei una persona meravigliosa e hai dato molto alla mia persona in questi anni. Sono veramente orgogliosa di te, tanto quanto lo è tua madre che ti guarda da lassù.» delle grosse lacrime solcano il suo viso, ed è inevitabile per me, trattenere le mie.
Non riesco a proferire parola, così cerco il suo sguardo e mi concentro per un attimo nelle sue iridi. Con lo sguardo le comunico tutto il dolore che sto provando, distolgo lo sguardo da lei e apro quella porta, uscendo definitivamente dalla stanza.
Sento come se il mondo mi fosse improvvisamente crollato addosso. Mi sento vuota, senza nessun tipo di ambizione.
Il mio sogno è andato a puttane e tutto per colpa di quel grandissimo figlio di puttana. Non gli era bastato impedirmi di operare per un tempo indefinito.
No, lui doveva rovinarmi la vita.
Una parte di me sa che probabilmente sto esagerando, ma questo era il mio sogno più grande.
Diventare un chirurgo cardio toracico è da sempre stato il mio unico sogno, fin da quando vedevo la mamma che correva via la mattina per andare in ospedale, a quando papà mi portava da lei durante la pausa pranzo e io piangevo perché doveva correre via per il cerca persone che non faceva altro che illuminarsi nel taschino del suo camice bianco.
Mia madre mi ha trasmesso la sua passione per la cura dei pazienti, per le suture continue, per le sale operatorie, perfino per lo spogliatoio degli specializzandi. Mi ha trasmesso tutto l'amore che provava per la chirurgia e oggi io so di averla delusa.
Non so dove si trovi, ma so per certo che lo sguardo di gioia che aveva per me quando mi sono laureata a solo diciotto anni, con un centodieci e lode, non c'è più, e non so se mai tornerà.
Oggi ho deluso lei, me stessa e la Baylie, che si è sempre battuta per noi specializzandi come fossimo i suoi figli, nonostante fosse un po' bacchettona.
Mi asciugo velocemente le lacrime che sgorgano come un fiume in piena e mi dirigo verso lo spogliatoio. La tristezza è decisamente l'ultimo sentimento che voglio che si abbatta in me, così mi concentro sulla rabbia che provo per Tommy.
Tolgo con rabbia il camice e lo lancio lontano da me, vorrei urlare, urlare forte, e picchiare quel figlio di puttana. E fargli male, molto, ma molto male.
Lo odio con tutta me stessa e questa non gliela lascerò passare.
Metto velocemente i jeans e la camicia leggera, infilo anche i tacchi, fottutissimi tacchi del cazzo. Prendo la borsa e tutto quello che possa essermi utile da questo stupido armadietto. Prima di uscire definitivamente da questa stanza, afferro il cappotto beige e mi fermo un attimo per guardarmi intorno.
È la prima volta che noto che c'è un enorme quadro qua dentro, non lo avevo mai notato in tre anni. Un quadro che raffigura cosa sia la medicina in due semplici linee, una blu e una rossa. Esattamente come vengono raffigurate le vene e arterie nei libri di medicina.
Non riesco ancora a rendermi conto che non vedrò mai più questa stanza, che non tornerò più a correre tra questi corridoi per accaparrarmi gli interventi migliori. Lascio quella stanza e percorro in fretta quegli stupidi corridoi, con la voglia e la sete di vendetta per essersi permesso di farmi questo.
Attraverso quelle porte automatiche ed esco per sempre da quell'ospedale, dirigendomi verso la macchina nel grande parcheggio.
Non appena mi accomodo sul sedile del passeggero mi viene in mente l'unica cosa che posso fare, andare a spaccargli quella testa di cazzo.
Tommy's pov.
«Buongiorno amore di papà.» lo saluto, carezzandogli il muso.
Blue mi viene incontro felice, abbaiando e saltandomi addosso. Lo prendo in collo e lo spupazzo, mentre mi dirigo in cucina.
Prendo un bicchiere dalla mensola e mi verso un po' di succo d'ananas, il mio amore tropicale.
Guardo l'orologio a muro del salotto ed è davvero l'ora di andare. Devo uscire di casa o farò fottutamente tardi e Tobias mi taglierà il collo.
«Papà deve andare a fare delle commissioni, ma torna presto.» lo saluto posandogli un bacio sul pelo morbido. Poso il bicchiere nel lavello e prendo le chiavi del mio nuovo gioiello. Esco in fretta di casa e una volta arrivato al parcheggio sotterraneo dell'edificio, mi dirigo verso la nuova arrivata in famiglia, una Maserati Granturismo, nera opaca. Potrei venire solo a guardarla, ma devo correre a recuperare quei fottuti soldi.
«Salve, qualche giorno fa dev'essere stata portata una Jeep Renegade, un suv 4x4, cinque porte nera. Era la mia auto e avrei bisogno di prendere qualcosa che è rimasto all'interno.» spiego all'uomo peloso e sporco di olio di motore, dietro al lurido bancone del deposito.
«E' stata sfasciata.» afferma leggendo da un blocchetto, masticando una stupida gomma.
«E' stata portata qui solo due o tre giorni fa, ho bisogno di prendere la mia auto. Quindi le opzioni sono due, o mi indica dove si trova, - estraggo la pistola, mettendola sul bancone - o le faccio saltare il cervello in meno di un secondo.» continuo puntandogliela alla tempia.
«Scusa, ti porto subito da lei.» alza così il culo lercio da quella sedia traballante e con le mani alzate, si dirige verso le auto.
Mi mostra il mio vecchio gioiello e vorrei mettermi a piangere per come è stata ridotta, ma cerco di rimanere obbiettivo. Esternamente non sembra che il bagagliaio sia stato raggiunto dalle fiamme, e questo mi rincuora. Lo apro, e porco cazzo, le borse contenenti i soldi non ci sono.
«Illuminami, manca qualcosa. Dov'è?»
«Amico, non so di cosa parli. - afferma, sudando freddo - La tua macchina è stata portata qui, due giorni fa, non è stata aperta da nessuno.» continua guardando in basso. Odio la gente.
Perché è così difficile per loro mentire?
«Hai pochi secondi per dirmi la verità, oggi non è proprio giornata e non vorrei aggiungere un'altro omicidio alla mia fedina.» sorrido in modo divertito, dato la sua espressione da cagasotto.
«Non so niente, amico.» dato che non si decide ad aprire la bocca, carico la pistola e gliela punto sotto al mento, sembra prendere paura, anche più di quella che aveva prima.
«Sono venuti degli uomini, erano armati e volevano prendere qualcosa che gli apparteneva dalla tua macchina.»
«Descrivili.»
«Non saprei, erano mori, carnagione olivastra, sembravano latini, credo parlassero spagnolo. Erano armati e portavano tutti le stesse scarpe.»
«Qualche segno particolare?»
«Avevano un tatuaggio al collo, un simbolo strano, non saprei dire cosa fosse.»
Socchiudo gli occhi, mentre decido se ucciderlo o lasciarlo vivere.
«Se proferisci una sola parola a qualcuno, torno qui e incido il tuo nome sulla prossima pallottola che uscirà da questa pistola.» minaccio, puntandogliela al petto, spingendo. Lui annuisce, mentre sento chiaramente il classico rumore di quando qualcuno si piscia addosso.
«Sei proprio un coglione amico.» borbotto, allontanandomi da quel lurido posto.
Estraggo in fretta il telefono e compongo velocemente il numero di Tobias, il quale però non risponde, e decido di mandargli un messaggio.
"I Soldado Nation, hanno i tuoi soldi."
"Non mi interessa chi gli abbia, tu riportameli." Risponde secco.
Ovvio, per lui è tutto facile.
«Senti piscia sotto, avete delle telecamere di sicurezza?» domando all'uomo che è ancora fermo nella stessa posizione in cui l'avevo lasciato.
«Si, alcune.» balbetta.
«Dammi tutte le registrazioni.» ordino, avvicinandomi nuovamente a lui.
«Sono in cassetta.»
«Ti ho forse chiesto come sono?» mi precipito addosso a lui afferrandolo per il colletto della tuta sporca, puntandolo ancora con la pistola.
«Scusami, te le darò subito.» dice infine tremando dalla paura.
Spazio autrice. 🌺
Sono tornata.
Scusatemi per l'attesa, ma sono stata un po' impegnata nell'ultima settimana.
Anyway, che ve ne pare del capitolo?
La povera Charlotte è stata licenziata a causa di Tommy e per questo gliela farà pagare cara, o forse no, ma lo scoprirete nel prossimo capitolo.
Comunque state crescendo tantissimi ultimamente, abbiamo raggiunto le 200 visualizzazioni e io non posso che esserne felicissima, anche perché iniziavo già a demoralizzarmi un po'.
Ad ogni modo, mi raccomando commentate e fatemi capire se la storia vi piace. (Su forza, non vi mangio.)
Comunque ringrazio tutti voi che continuate a leggere la storia, anche se in modo silenzioso.
Grazie a tutti.
Kiss kiss
Se avete dubbi, o qualche domanda da farmi, potete contattarmi su Instagram: nicoldelacruzalvarez, o su Twitter @imnastygirln.
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