Capitolo 6.

Charlotte's pov.



Abbandono la sua stanza, lasciandolo sbalordito e pensieroso.
Spero seriamente di non vederlo più, almeno per oggi, ma da una parte è divertente vederlo provarci spudoratamente, più che altro perché mi diverto un sacco a rifiutarlo.
Ma a parte tutto è una grande distrazione e devo cercare di tenerlo il più lontano possibile da me.
«Salve Charlotte.» questa voce mi sembra di averla già sentita. Mi volto verso la persona che mi ha chiamato e si, la conosco decisamente, è sua sorella.
«Ciao.. Summer, giusto?» le domando un po' titubante, anche se so benissimo come si chiama.
Anche se devo ammetterlo, ancora non ho fatto nessun tipo di ricerca su di lei.
«Si esatto, - sorride- ti ho vista nella stanza di Tommy e non volevo disturbare. Va tutto bene?»
«Tutto bene, non preoccuparti.» le sorrido toccandole la spalla. Da quel che ho potuto notare Summer, è una persona molto ansiosa e protettiva nei confronti del fratello. Almeno lei ci tiene, e in più sembra che abbiano un ottimo rapporto, sicuramente non come me e Bryce.
«Oh grazie al cielo.» afferma, raccogliendo una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Il mio cerca persone inizia improvvisamente a lampeggiare in modo insistente, così la saluto velocemente, spiegandole che ho un'emergenza e la lascio alla postazione delle infermiere dove stavo giusto finendo di compilare la cartella del fratello.
Non appena vedo il 911 inviato dal pronto soccorso, inizio a correre verso l'ascensore, pregando ogni Dio esistente, che sia solo qualcosa di poco grave in modo da non dover rimanere più a lungo in ospedale.
Sono veramente esausta da questo turno che sembra infinito.

Nonostante il lavoro costante e le dodici ore in piedi, oggi è stata una buona giornata. Tutti i miei pazienti respirano, stanno bene e nessuno è morto oggi, almeno non sotto le mie mani. E anche se neanche oggi la Baylie mi ha permesso di entrare in sala è stata una buona serata, più che giornata.
Appena uscita dal lavoro opto per passare dal bar, dato che stanno giusto per aprire e con il traffico della Manhattan delle otto del mattino, arrivo giusto in tempo.
«Ma guarda un po' chi si rivede.» esclama Jordyn, mentre tenta di preparare un cappuccino, fallendo miseramente.
«Buongiorno anche a te, e dovresti stare attento a non ustionarti con quel latte.» lo saluto, sedendomi su uno sgabello al bancone, appoggiando la borsa accanto a me.
«Come stai, bionda?»
«Tu piuttosto?» li domando io, cercando una possibile risposta alla sua domanda. Sinceramente non ho idea di come io stia. Pensandoci sono letteralmente esausta, le mie capacità mentali stanno rallentando, in quanto il mio corpo non resiste a tutto il lavoro a cui lo sto sottoponendo nell'ultimo periodo. Sono così stanca, e odio sentirmi così, perché mi manca la mamma.
Me la ricordo ancora, quando tornavo esausta dalle lezioni di kung fu, infamando il mio insegnate per essere stato troppo severo, e lei che mi aspettava già a casa con un bel bagno caldo, con tanto di paperelle e petali di violette che galleggiavano nella schiuma, le mie preferite allora.
Dio, amavo così tanto quella donna.
«Sto bene, tranne per il fatto che faccia veramente schifo come barista, sia a preparare i cocktail che un cazzo di cappuccino.» Jordyn mi riporta alla realtà, e più lo guardo più mi ricorda la sorella, Cheryl.
«Mi chiedo come ancora tu non ti sia fatto licenziare.» esclamo sorridendo, mentre lui continua a "provare" a servire un cappuccio decente, alla signora accanto a me.
«E' un'ottima domanda sai?» si volta verso di me e sposta il suo sguardo verso la signora che aspetta e le rivolge un sorriso imbarazzato.
«Michel?» continuo, cercando di non far notare quanto la sua inettitudine mi faccia ridere.
«E' in ritardo, come sempre d'altronde.» afferma, riuscendo finalmente a servirle il cappuccino. L'anziana Signora lo ringrazia e si va ad accomodare ad uno dei tavolini borbottando "sottovoce" che spera almeno che sia decente dato quanto ha dovuto aspettare per gustarselo.
«Cheryl invece? É un po' di giorni che non la sento.» domando incuriosita.
«Continua a fare la sorella stupida, niente di nuovo.»
«Stronzo io non sono affatto una stupida.» sento esclamare dall'entrata del bar.

Mi volto verso una Cheryl luminosa come sempre, che mi viene incontro abbracciandomi forte, sono solo pochi giorni che non ci vediamo, ma rivederla così mi fa scappare un sorriso.
Lei è così solare, radiosa, luminosa, fantastica.
E' tutto ciò che si può dire in positivo di una persona.
E' quella tipica ragazza che diresti che è una pazza scatenata, anche se è un po' timida a volte, ed effettivamente ci completiamo.
Lei è quel tipo di donna che in mezzo ad una sala di persone, riuscirebbe ad attirare l'attenzione su di se con un solo gesto, questo soprattutto a causa del fatto che parla in continuazione. È proprio quel tipo di donna che non sopporta il silenzio, un po' come me, ma lei riempirebbe il vuoto con qualsiasi cavolata, arrivando perfino ad inventarsi un qualsiasi argomento pur di non mollare la conversazione.
E su questo punto è tutto il contrario di me, che invece sono quel tipo di donna che se ne sta in disparte. Quel tipo di persona che ti contempla, ti osserva fino a sfinirti, cercando di captare ogni tua minima debolezza.
Sono una donna dal carattere forte, abituata ad ottenere tutto quel che voglio, senza se e senza ma.
Cheryl, è una delle mie persone, e la nostra amicizia è così unica e forte.

«Come stai?» chiede sedendosi di fianco a me.
«Sono stanchissima, e tu?»
«Sono euforica, - afferma, e io la guardo in modo divertito, - si più del mio solito.» mi sorride in modo esagerato e un po' mi incuriosisce, capisco subito che sicuramente si tratta di Luke.
«Che è successo?» si intromette Jordyn.
«Non sono affari tuoi, cerca di non perdere il lavoro piuttosto.» gli risponde a tono Cheryl non degnandolo neanche del suo sguardo. Lui fa una classica smorfia alla sorella, per poi tornare verso la macchina del caffè.
«Comunque niente di che, ma ieri abbiamo passato tutta la giornata insieme, siamo stati a fare un bel picnic in mezzo a Central Park, ci siamo rilassati e ha provato anche a baciarmi.»
«Oh mio dio, quindi? Ci sei stata vero?» le domando ancora più incuriosita.
«Ovvio, non potrei mai rifiutare un figo da paura.» afferma, con gli occhi che le brillano d'amore.
Sono contenta per lei, si merita un bravo ragazzo come lui, anche se spero che non la usi e la ferisca, perché in tal caso ci metto meno di due minuti ad investirlo e tagliarglielo con un bisturi 10.
«Sono veramente felice per te, spero che le cose vadano bene tra di voi.» mi congratulo, vedendo in lei un po' il fallimento vivente delle mie relazioni.
Non sono mai riuscita a portare avanti una relazione seria e stabile. In ventuno anni della mia vita, non mi sono mai innamorata, ho sempre fatto solo del buon sano sesso.
Il più delle volte perché ho sempre trovato "uomini" già impegnati o che avevano una paura fottuta nel farlo, esattamente come me.
Non sono affatto pronta ad avere una relazione, non sono fatta per le smancerie, come il San Valentino, le cene al lume di candela, gli anniversari.
No.
Non fanno per me.
Sono più uno spirito libero.
Ho bisogno dei miei spazi e dei miei tempi per dedicarmi a me stessa e mettendo anche in mezzo il lavoro non è molto. E non ho affatto intenzione di sprecare il mio tempo.

«Buongiorno bellezze, sono fottutamente in ritardo.» annuncia entrando di corsa Michel, mentre cerca di sistemare la borsa sulla spalla. Si sistema in fretta dietro al bancone infilandosi il grembiule nero senza pettorina, dopo aver lanciato la borsa sotto quest'ultimo.
«Ti ho vista.» spunta all'improvviso Tobias, dalla porta sul retro, vicino al suo ufficio, spaventando un po' tutti e con quella sua classica espressione da stronzo immane.
«Sono solo un quarto d'ora.» esclama lei.
«Si, aggiunto agli altri quarti d'ora di tutta la settimana scorsa, e di quella prima ancora.» asserisce abbastanza incazzato. Si avvicina al bancone e la guarda in modo torvo, come se non si notasse la tremenda cotta che ha per Michel. Data la sua vicinanza, gli scruto meglio il viso, soffermando il mio sguardo su quella cicatrice, che rende la sua figura già robusta e muscolosa, più misteriosa e affascinante. Nonostante io l'abbia guardata un paio di volte, non sono ancora riuscita a capire da cosa provenga, so solo che deve aver fatto un male cane, e inoltre deve essere stata una ferita parecchio profonda per lasciare una cicatrice simile.
«Okay, scusami, non succederà più.» dichiara la ragazza, scusandosi, più che altro per farlo andar via, perché tanto domani è un altro giorno, altro giorno in cui arriverà tardi e in cui lui le farà la ramanzina, ma senza mai licenziarla, perché segretamente non vede l'ora di esplorarla.
Lui la guarda ancora per un attimo e poi si volta, mentre il suo sguardo si posa per un attimo sulle curve della mia amica, e non posso che notare il suo labbro inferiore tra i denti.
Cazzo.
Nonostante non sopporti quest'uomo, non posso dire che non gli aprirei le gambe seduta stante se solo me lo chiedesse.
Mi volto verso di lui, che col suo fare misterioso se ne ritorna verso il suo ufficio, dove a quanto pare passa le sue intere giornate.
«Quanto lo odio, ma è così sexy.» afferma, mordendosi il labbro inferiore, mentre anche lei lo guarda chiudersi la porta dell'ufficio alle spalle.
«E' uno stronzo acido e bipolare, dovresti lasciarlo perdere.» insisto io, sapendo che un santo non è. Michel nel frattempo ha preso il suo posto alla macchina del caffè, sostituendo Jordyn e il suo grande fallimento come barista. Ci prepara in fretta il nostro solito continuando a parlare del più e del meno, mentre inizia il via vai delle persone che entrano ed escono, senza neanche pensare a ciò che fanno. Io e Cheryl, ci scambiamo altre novità, anche se non ho molto da dire, essendo chiusa sempre in ospedale, e certamente non gli svelerò le mie ricerche riguardo Luke, Tobias, e perfino Tommy. Lei, come al solito, cerca di farmi riflettere sul fatto che dovrei provare a farmi una vita nonostante il lavoro, ma io rifiuto con gentilezza l'invito.
«Non sono fatta per le relazioni, sono una persona solitaria, mi piace il sesso, ma quello occasionale, con uomini che non rivedrò mai più nella mia vita.» rispondo convinta.
Non sono una puttana, per carità, ma semplicemente non ho voglia di perdere il poco tempo che ho a disposizione per vivere la mia vita, al pensare di provare dei sentimenti o a litigare con una persona che alla fine mi mollerà comunque, perché non riesce mai a vedermi. Perché infondo un chirurgo deve iniziare a costruirsi una famiglia, una volta che è diventato qualcuno, ossia quando ha la possibilità di gestire meglio i propri orari, cosa che io non posso assolutamente fare.

«Hey Signora.» la nostra conversazione si interrompe all'improvviso a causa di una piccola bambina.
«Ciao Signorina.» la saluta Michel, sporgendosi dal bancone in modo da farsi vedere meglio dalla piccola.
«Vorrei un cappuccino, senza caffe, senza schiuma, freddo.» ordina spedita con la voce molto dolce e sbagliando qualche parola.
«Tesoro, dove sono i tuoi genitori?» le domanda Michel, guardandosi attorno, cercando i possibili genitori o parenti della piccola, in quanto sembra essere completamente da sola.
«C'è il mio papà da qualche parte. Ora mi puoi dare per favore un cappuccino, senza caffe, senza schiuma, freddo?» insiste la piccola, cercando di sedersi sullo sgabello, il quale è molto più alto di lei.
«Vuoi del latte freddo?» sollecita la ragazza, cercando di accontentare la bambina.
«Noo, voglio un cappuccino, senza caffe, senza schiuma, freddo.» continua insistente la piccolina, riuscendo da sola, dopo un po' di sforzo ad accomodarsi sullo sgabello.
Michel l'accontenta e le serve il bicchiere di latte freddo, lei lo prende e lo consuma in modo veloce e altrettanto velocemente scende dallo sgabello e corre via.
«Oh merda, che dovrei fare? Non ha pagato, ma è una bambina.» Michel sembra nel panico, ma effettivamente in una situazione del genere che dovresti fare? Infondo è una bambina di poco più di cinque anni, vestita con abiti firmati e pure da sola. Lei opta per cercare di raggiungere la piccola all'esterno del locale, ma ovviamente è troppo tardi. Mentre torna verso di noi, dietro lei spunta Tobias.
«Avete visto una bambina? Bionda, esile, con un cappottino rosa?» reclama il capo.
«Si, ha appena ordinato un cappuccino, senza caffe, senza schiuma, freddo e poi se ne è andata. Dimmi che sai con chi è andata, per favore?» asserisce Michel gesticolando in preda al panico. Lui non le risponde e si volta ridendo sotto ai baffi mentre si dirige verso l'uscita. Poco dopo torna, con la bambina tra le braccia.
«Amore, ti sei dimenticata una cosa.» le sussurra dandogli qualche banconota.
«E' vero, scusa papi.» dice lei prendendo quest'ultime dalle sue mani e passandole poi a Michel.
Restiamo tutte abbastanza confuse da questa scena, per non dire del tutto scioccate, chi diavolo è questa bambina?
E perché lo chiama papi?
Oddio.
«Lei è Adele, mia figlia.» afferma, rispondendo alla nostra domanda come se ci avesse letto nel pensiero.
Restiamo tutte a bocca spalancata, mentre lui si dirige verso il suo ufficio con la bambina ancora in braccio.
Oh porca puttana, lo stronzo immane, componente di una gang che sicuramente spaccia, se non produce, droga da un capo all'altro della città, e nonché capo di una delle mie migliore amiche, e che è anche uno stronzo sexy ed affascinante, ha una figlia.
Mio dio.



Tommy's pov.



Sono passati un paio di giorni da quando raggio di sole, mi ha inchiodato a questo fottuto letto d'ospedale ed ancora nessuno di loro si è fatto sentire.
Summer è venuta a trovarmi ieri sera, prima di ripartire di nuovo per Dubai, dove quel porco del marito l'ha trascinata. Come ogni singola volta che mi deve salutare, ha pianto fino a prosciugarsi tra le mie braccia. L'ho stretta forte a me e le ho detto quanto mi abbia fatto piacere averla, anche se per quei pochi giorni, vicina e che la prossima volta, andrò io da lei, così posso finalmente uccidere quella testa di cazzo di suo marito che l'ha portata lontano da me.
Prima di andarsene, è riuscita a recuperare il mio telefono, e solo adesso, sono riuscito ad accenderlo. Noto diverse ma diverse chiamate perse, sia da Lja che da Tobias, merda. E io che mi preoccupavo che nessuno mi cercasse.
Richiamo in fretta Tobias, il quale mi risponde al primo squillo.
«Spero che tu sia dieci metri sotto terra, maldito azaroso.» afferma dall'altra parte del telefono. Effettivamente avrei dovuto chiamarlo prima e spiegargli cosa fosse successo, ma sono stato impegnato a lanciare frecciatine al cuore di ghiaccio di Charlotte e non mi è passato affatto per la testa.
«Allora intanto ti calmi.»
«Dovrei calmarmi? Porca puttana Tommy, dove cazzo sono i miei soldi?» il tono della sua voce è basso e alquanto calmo, e questo non fa che farmi cagare sotto, perché infondo c'è sempre da preoccuparsi di un Tobias calmo e pacato in situazioni del genere.
«Ho avuto un'incidente, non ho idea di dove siano finiti.» so che probabilmente non è certamente la risposta che si aspettava di sentire, ma d'altronde non posso mentirgli.
«Dove cazzo sei? Guarda ti giuro che vengo lì e ti ammazzo.» stacco la telefonata senza pensarci due volte e mi alzo, so che non dovrei, ma non posso affrontare questa conversazione con lui per telefono.
Indosso velocemente i jeans con cui sono arrivato, anche se hanno un cazzo di buco e puzzano di bacon tostato e la maglietta, metto velocemente anche le scarpe e mi dirigo verso la porta.
Infondo al corridoio, nella postazione delle infermiere del reparto, ci sono due donne, intente a parlare tra di loro, mentre il reparto sembra molto tranquillo. Approfitto di questo loro momento di distrazione per raggiungere l'ascensore, nel momento in cui lo chiamo, attraverso il tasto, una di loro però si accorge di me.
«Signor Winkworth, dove sta andando?» cerca di raggiungermi, iniziando a correr verso la mia direzione, mi volto verso di lei, ed è ancora lontana. Il fottutissimo ascensore è solo a un cazzo di piano di distanza, mentre l'infermiera si avvicina sempre di più a me.
Le porte metalliche per fortuna si aprono, entro in fretta e premo ripetutamente il pulsante per il piano terra, sperando che questa latta di metallo si muova e mi faccia uscire rapidamente da qui. L'infermiera riesce a raggiungermi, ma non appena si ferma davanti a me e si appoggia con le mani alle ginocchia per riprendere fiato, le porte le si chiudono in faccia, mentre le sorrido compiaciuto e la saluto con la mano.


L'ascensore mi porta al piano terra a una velocità impressionante, e non appena riesco a superare la sicurezza dell'ospedale, corro verso l'esterno dell'edificio. Nel mentre contemplo il parcheggio, mi ricordo di non avere più una fottuta macchina, opto così per prendere un taxi e dirigermi in qualsiasi posto si trovi Tobias.

Il taxi si ferma giusto davanti al palazzo del suo appartamento, estraggo veloce qualche banconota da venti dalla tasca dei jeans e lo ringrazio, scendendo in fretta dall'abitacolo. Mi dirigo così all'interno di quel palazzo lussuoso in cui ha deciso di trasferirsi qualche tempo fa.
«Salve Signor Winkworth, dal Signor Sorensen?» domanda il portiere dietro al bancone rivestito di legno e super lucido.
«Si, è in casa?»
«Aspetti che controllo.» sorride cordialmente, alzando la cornetta del telefono.
«Signor Sorensen, c'è per lei il Signor Winkworth, lo faccio salire?» chiede a Tobias non togliendosi dal viso quello stupido sorriso.
«Perfetto, arrivederla.» afferma, concludendo la telefonata. «Può salire.» avvisa. Mi congedo salutandolo e salgo ancora una volta in ascensore.

Le porte metalliche si aprono, dandomi accesso al suo appartamento immacolato. Ogni volta che entro qua dentro, sembra di stare su una nuvola, c'è bianco dappertutto, con solo alcuni mobili in legno, tenuti perfettamente al loro colore naturale.
Percorro l'ingresso con passo spedito, trovandomi poi in salotto, dove una piccola peste inginocchiata sul tappeto scuro colora su una serie di fogli appoggiati al tavolino davanti al divano.
«Ma chi è questa bambina?» dico guardandomi intorno, attirando la sua attenzione.
«Ciao zio Tommy.» urla abbracciandomi le gambe, finché non la prendo in braccio, baciandola ovunque.
«Ma come sta la principessa dello zio?» le sorrido guardandola dritta in quei suoi occhioni verdi.
«Io sono una regina, zio!» esclama, giocando con le mie guance, mentre continua a sfoderare quel suo sorriso contornato da una chioma liscia di capelli biondi. Quanto mi era mancata questa piccola peste. Erano mesi che non la vedevo a causa del padre testa di cazzo, che non fa che lasciarla con la nonna.
«Quando sei tornata?» le domando sedendomi sul divano, con lei in braccio.
«Ieri.» risponde, confondendo ancora la L per la r.
Le prendo il naso tra l'indice e il medio, continuando a farle delle facce buffe, mentre una risatina lascia le sue piccole labbra, facendo sorridere anche me.
«Dov'è il tuo papà, regina?» domando. Lei mi indica la porta dello studio. Così la rimetto a terra e la vedo correre via verso la sua cameretta.
Entro nello studio senza bussare, anche perché non penso proprio che si stia scopando una puttana, è talmente casto ultimamente. Non faccio in tempo a chiudermi la porta alle spalle, che lo stronzo mi attacca al muro, prendendomi per il collo.
«Hai due secondi per spiegarmi che cazzo di problemi hai in quella testa di cazzo?» sputa guardandomi negli occhi.
E' nero di rabbia, ma cazzo, non mi dà neanche il tempo di spiegare che mi sferra un cazzotto dritto nella mandibola.
«Eh no, cazzo.» gli sferro una ginocchiata nello stomaco, in modo da liberarmi dalla sua presa sul collo. Alza lo sguardo verso di me, raddrizzandosi, per sferrare un altro colpo verso di me, ma riesco a bloccarlo.
«Cazzo, calmati Tobias. Posso spiegare.» Gli lascio il polso e per un attimo sembra calmarsi, anche se continua ad insultarmi.
«Apri quella bocca, figlio di puttana.»
«Ho preso i soldi dal bastardo di Josh e l'ho spedito da te come d'accordo, ho caricato tutto in macchina, dal porto ho preso la FDR Drive per portare il tutto a LJA per il riciclaggio, ma non ci sono mai arrivato.» cerco di spiegargli.
«E per quale cazzo di ragione, maricòn?»
«C'è stato un'incidente, per via di un cazzo di camionista e ho tamponato una e sono stato tamponato, il punto è che mi è andata a fuoco la macchina e non ho fottutamente idea di dove sia la macchina, ma soprattutto non ho idea se quei soldi siano arrivati a bruciarsi o siano ancora nel bagagliaio.»
«No, maricòn, tu eres especial, estupido.» urla, cominciando a parlarmi in spagnolo, come se capissi anche la metà di quel che sta blaterando.
«Parla comprensibile amico, non riesco a capirti.» lo informo, cercando di non farlo scaldare ulteriormente.
«Sei un figlio di puttana, che ho tanta voglia di uccidere. Mi devi due cazzo di milioni di dollari, coglione.» urla alterato.
«No cazzo, non ho intenzione di sborsare tutti quei fottuti soldi di tasca mia, ti ho già detto che non sappiamo se, si siano bruciati o se i cazzo di pompieri siano arrivati in tempo per spegnere le fiamme.» continuo, cercando di farlo ragionare. Che poi non mi cambierebbe niente pagarlo di tasca mia, ma non ho la minima intenzione di correre in banca per ritirare due milioni in contatti perché il signore ha bisogno di pulircisi il culo.
Effettivamente il ragionamento è anche giusto, io non ricordo come siano andate le cose, dato che ero talmente stordito dal fumo che entrava dai condotti di areazione. Mi ricordo solo di aver aperto gli occhi, quando ormai mi trovavo in ambulanza. Quindi ci potrebbe essere ancora una possibilità, che quei soldi, siano esattamente dove gli avevo lasciati, sicuramente non saranno intatti e immacolati, ma c'è ancora la possibilità che siano lì.
«Voglio che sparisci dalla mia vista e che vai a recuperare i miei soldi, non mi interessa come, ma hai quarantotto ore, dopo le quali, io ti taglio le palle, ti è chiaro?»
«Non ho bisogno delle tue cazzo di minacce, stronzo.»




Spazio autrice. 🌺


Salve a tutti.
Abbiamo raggiunto le 100 views e non posso che esserne molto felice.
Volevo ringraziarvi per i voti e per i vostri commenti, mi fanno molto piacere e mi fanno anche dedurre che la storia vi piaccia.
Ad ogni modo, eccovi un nuovo capitolo, spero che continuiate a seguire la storia, anche perché stanno per succedere molti imprevisti.
E adesso adiós, vi lascio con un po' di suspence.

Ps. Per chi non conoscesse lo spagnolo, vi traduco qui alcune delle frasi presenti nel capitolo.
Maricón, vorrebbe dire letteralmente finocchio, coglione.
"«No, maricòn, tu eres especial, estupido.»", No, coglione, sei veramente speciale, stupido.
Maldito azaroso, starebbe per fottuto idiota, anche se non letteralmente.
Con questo vi saluto, mi raccomando commentate in tanti.

Kiss kiss.

Se avete dubbi, o qualche domanda da farmi, potete contattarmi su Instagram: nicoldelacruzalvarez, o su Twitter @imnastygirln.

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