Capitolo 17.

Capitolo 17. 





Charlotte's pov.





Poco dopo essere venuti insieme, le mie gambe e i miei gomiti cedono, così cado come una pera cotta sul materasso. Lui mi segue poco dopo, appoggiandosi alla mia schiena completamente esterrefatto.
Il mio fiato è andato a farsi benedire, così come il suo. 
La sua fronte è imperlata di sudore, come entrambi i nostri corpi. 
In questo momento avrei tanta voglia di entrare nella doccia, ma solo il pensiero di arrivarci mi affatica. 
Sono stanca e stremata da questa scopata magnifica che abbiamo appena fatto. 
Mentre cerco di prendere fiato e lui si accascia accanto a me, resto immobile a fissare un punto indefinito della stanza, mentre dal mio basso ventre il frutto della sua eccitazione inizia a colarmi tra le gambe. Qualche minuto dopo, mentre mi rigiro a pancia all'aria, un suo braccio finisce sotto la mia testa, in questo modo ho l'orecchio che preme contro il suo petto. 
Il battito cardiaco è alle stelle, mentre la sua espressione è totalmente pacata, nonostante sia visibilmente affaticato.
Il suo atteggiamento è cambiato completamente, la rabbia che provava verso di me sembra essere sparita. Forse l'ho appagato in modo così magnifico da averglielo fatto dimenticare, anche se ancora devo capire cosa sia successo tra Tommy e lui. E questo comporta riaprire quel discorso che abbiamo interrotto per dedicarci alla soddisfazione dei nostri corpi.
Mentre penso e realizzo tutto quello che è appena successo, le nostre gambe si incrociano, si legano in modo indissolubile tra loro, così come le nostre mani, che giocherellano l'una con l'altra come fossimo una coppia, una coppia dopo aver fatto giochi d'artifici per la medesima volta. 
«Sei magnifica» sussurra, girando la testa verso di me. Imito il suo gesto e gli sorrido, posando i miei occhi sulle sue labbra. Quelle labbra che mi hanno spremuta fino a svuotarmi completamente di tutto lo stress dell'ultimo periodo. 
«Grazie» cinguetto. 
Tommy porta una mano sul mio viso e lo accarezza piano. Questo suo gesto, non fa che ricordarmi quanto mi faccia impazzire. Non solo sessualmente, ma anche in questo strano modo che mi è difficile spiegare.
Lui ha questa capacità di farmi bagnare anche con un semplice sguardo, anche se credo che non lo abbia mai capito, o almeno lo spero. 
Molto più tardi, parlando del più e del meno, i miei occhi iniziano a chiudersi, prima di lasciarmi andare tra le braccia di Morfeo, gli stampo un bacio innocente sulle labbra e gli sussurro, «Buonanotte».

Le luci del sole attraversano fitte le finestre della stanza e qualche raggio raggiunge il mio viso, svegliandomi. 
Le palpebre si alzano piano e un raggio di sole mi colpisce gli occhi, facendomi incazzare già di prima mattina anche se non sono molto convinta che sia veramente mattina. 
Volto il viso verso il cuscino al mio fianco, ed è vuoto. Lo tasto, mentre una scia del suo profumo mi colpisce, è freddo, ciò significa che si è alzato da un po'. 
Questo scatena in me una sensazione di vuoto. Nonostante non mi aspettassi neanche che restasse qui dopo essere venuto, svegliarmi e non ritrovarmelo accanto mi fa sentire la mancanza di qualcosa o, di qualcuno. 
Mentre fisso un punto indefinito del lenzuolo bianco, cerco di riordinare i pensieri e di analizzare, ciò che è successo poche ore fa. 
Non ho la più pallida idea di quanto io abbia dormito, ma oltre i raggi del sole a svegliarmi sono state anche le dolorose fitte che investono il mio basso ventre. Il mio sesso è dolorante, così come i miei seni.
Dovrei alzarmi e fare un bagno caldo, così da rilassare i muscoli e liberare la mia mente da ogni sensazione che è riuscito ad accedere Tommy in una sola scopata. 
Ho bisogno di pensare, prima di affrontarlo. 
Non ho idea di come questo influisca ciò che si era creato tra noi. 
Non ho idea di come lo affronterò, ma la mia vera domanda e perché io mi stia facendo tutte queste seghe mentali. Non mi sono mai fatta problemi ad affrontare le mie avventure da una notte, anzi, solitamente non se ne sono mai andati fino al risveglio del mattino dopo. Eppure ora sono qui, dopo una magnifica scopata a pensare a come affrontare Tommy. 
Un'insistente vibrazione richiama la mia attenzione e alzando di poco il busto, noto un telefono sul piano del comodino azzurrino. 
Oddio.
Cazzo, cazzo.
Non sarà mica il telefono che mi ha dato lui ieri sera? 
Non posso esser stata così stupida da averlo lasciato in bella vista sul comodino. 
Porca puttana.
In preda al panico, mi siedo sul materasso, guardandomi intorno alla ricerca di Tommy o di qualsiasi cosa. 
Dovrei rispondere? 
Cosa mai devo fare?
E se rispondessi e fosse lui, e Tommy entrasse in quel preciso istante?
In preda all'ansia, mi alzo dal letto e afferrò l'arnese tra le mani, e non appena vedo il mittente della telefonata, i miei polmoni riprendono la loro normale attività. 
E' Summer, la sorella di Tommy, quindi è ovviamente il suo telefono.
Lo prendo saldamente tra le mani e i miei angeli interiori lottano tra loro per decidere se rispondere o no alla telefonata. 
Alla fine vince il mio angelo buono e decido di rispondere.
«Pronto?» rispondo dubbiosa, non vorrei che sua sorella si facesse strane idee su di me. 
«Senti grandissimo pezzo di merda, non ti permettere di mettere strane idee nella testa di tua sorella. Vuoi che divorziamo? Bene, tienitelo per te. So di non esserti mai piaciuto, so che non vedi l'ora di vedermi sparire, ma sei pregato di tenerti i tuoi cazzo di pensieri per te, visto che non ti sono stati richiesti. Io e Summer, stiamo da dio e tu non ti devi permettere di intrometterti nel nostro rapporto. Cazzo Tommy siamo sposati, sposati, mentre tu una donna te la sbatti e la abbandoni il giorno dopo, come fossero delle puttane. Sicché pensa per te e vivi la tua cazzo di vita» afferma urlando dall'altro capo del telefono. Io non so che dirgli, non so se dirgli che non sono Tommy e che sto solo rispondendo alla sua chiamata oppure lasciarlo sfogare. 
«Quindi smettila, non rompere più le palle» dice prima di chiudere la telefonata.
Rimango a dir poco sconvolta e meravigliata, non sapevo che ci fossero tutti questi problemi tra lui e il marito di sua sorella, e questo mi riporta a pensare che davvero io non lo conosco. 
Rimetto il telefono dov'era e cerco di dirigermi verso il bagno a piccoli passi. Le fitte al basso ventre sono davvero dolorose, e cazzo, mi ha davvero sfondata. Cerco di compiere falcate più piccole possibile, ma le gambe mi tremano.
Dopo qualche manovra per reggermi in piedi, cerco con lo sguardo la pochette. Raccolto la sua camicia, subito dopo la mia e i suoi pantaloni e non trovo niente, guardo per caso sul divano ma niente, sulla cassettiera al muro e ancora nulla.
Cazzo, devo assolutamente trovarla. 
Non posso permettere che lui la trovi, infondo è dove ricordo di aver messo il telefono. 
Merda. 
Perché mi sono addormentata? Cazzo. 
Decido di andare in bagno a cercare di rilassarmi e riprenderò le ricerche più tardi, quando potrò muovermi con più leggerezza, poi magari è solo rimasta in macchina.

Entro in bagno e mi fermo davanti allo specchio. 
Il mio riflesso è orribile, i capelli sono un vero disastro, mentre sotto al seno il succhiotto che mi ha fatto è evidentemente più grosso di quel che immaginavo. I colori si alternano, in alcuni punti è violaceo, in altri è invece di un rosso scuro. I seni sono gonfi e i capezzoli sono ancora ingrossati a causa della continua stimolazione.
Sulle gambe invece sono rimasti i segni delle sue dita. Chiunque dovesse vedermi nuda potrebbe pensare che sono seriamente stata stuprata, eppure era solo del magnifico sesso, completamente consensuale. 
Apro l'acqua della vasca in modo che si riempia in fretta, ho voglia di immergermi e di lasciarmi andare. Controllo la temperatura dell'acqua, prima di procedere al blocco dello scarico. Non appena la reputo perfetta, apro il rubinetto al massimo, e nel frattempo cerco un asciugamano con il quale avvolgermi.
Una volta trovato, lo appoggio al portasciugamani di fianco alla vasca, e una volta che quest'ultima si è riempita poco più di metà, mi immergo.
Non chiudo comunque il rubinetto, in quanto adoro il rumore dell'acqua che scorre. Aiuta la ma mente a immaginarsi di essere da qualsiasi altra parte. Magari in un posto lontano da qui, dove anima e corpo sono una cosa sola, e desiderano entrambe le stesse cose. Cosa che al momento non posso affermare con certezza. 
La mia anima vorrebbe trovarsi a casa, nel mio letto, pronta ad iniziare una nuova giornata sfiancata del terzo anno di tirocinio, anche se a questo punto penso che ormai sarei stata al quarto anno. Sono abbastanza convinta che avrei passato l'esame, se solo l'avessi tenuto. 
Il mio corpo invece, sembra essersi legato a questo posto. Infondo mi trovo in questo posto sperduto, circondato da un vastissimo giardino con tanto di piscina, e con tutti quei manzi che prendono il sole a bordo di quest'ultima sulle loro sdraio, mentre sorseggiano una Corona fresca con sale grosso e una fetta di limone. Al rumore dell'acqua, si aggiunge un chiaro cinguettio d'uccelli, che proviene dalla camera da letto, dove qualcuno ha appena aperto la finestra. 
«Buongiorno dolcezza» saluta entrando senza pudore in bagno. Apro gli occhi spaventandomi leggermente, non mi aspettavo che interrompesse il mio momento di relax. 
«Buongiorno» saluto un po' scontrosa, guardandolo torva.
«Sai per caso dirmi cosa sia questo?» chiede, mostrandomi il telefono che lui mi ha dato. 
Il suo tono di voce è duro, molto più di ieri sera e questo mi porta a sentire di nuovo quella strana sensazione addosso. 
«Cosa cazzo significa?» continua e io non posso che sprofondare completamente nella buca che mi sono scavata da sola.
La situazione sta decisamente andando a puttane, se dovessero scoprire chi io sia o che cosa stia facendo, non ci metterebbero due secondi a tirare fuori una Glock o una semiautomatica per spararmi dritto in fronte.
Tutto mi sta sfuggendo dalle mani e prima o poi farò un errore che pagherò caro. Sempre che quel momento non sia già arrivato.
Esco in fretta dalla vasca e afferro l'asciugamano, avvolgendo velocemente il mio corpo, nudo e martoriato, intorno al cotone leggero e mi preparo ad affrontarlo.
Che poi cosa dovrei dirgli? Che me l'ha dato lui?
E se dovessi farlo? 
Se gli dicessi la verità?
Cosa diavolo succederebbe?
Oh cazzo.
Merda.
Ma perché ha dovuto rapirmi e portarmi in questo stupido posto? 
Perché ha dovuto complicare così tanto le cose?
La mia mente lotta contro sé stessa, mentre si immagina i possibili finali che potrebbe avere questa storia.
Le meningi lavorano in fretta, cercando una scusa abbastanza plausibile per cercare di infangare il tutto. 
Oddio. 
Si cazzo, come ho fatto a non pensarci prima?
È molto semplice ciò che devo dirgli. 
«Me l'ha dat..» non faccio neanche in tempo ad iniziare la frase che il telefono che ha in mano inizia a squillare, peggiorando in modo assurdo questa stupida situazione.
Dio, no.
«Rispondi e metti in viva voce» sbraita, con un sorriso sfacciato dipinto in faccia.
Oh porca di quella puttana. 
Penso di essere sbiancata completamente a quelle sue parole. 
Velocemente cerco le possibili vie d'uscita che potrei avere, ma la realtà è che devo assolutamente rispondere senza inventarmi nessun tipo di scusa, in modo da non nutrire i suoi sospetti, qualsiasi essi siano.
Però è anche vero che se dovessi rispondere, non ho la più pallida idea di cosa il mio interlocutore potrebbe dire. 
Dio, che gran casino. 
Questa partita potrebbe finire in un solo modo, io distesa sul bel parquet di questo bagno, mentre sgorgo ogni litro di sangue che attraversa il mio corpo. 
Non ho nessun tipo di assicurazione di potermi salvare. Per lo più, penso che Tommy stesso abbia il coraggio di farmi fuori in una frazione di secondo. Infondo le cose tra me e lui sono semplicemente inesistenti. Entrambi ci troviamo irresistibili, ci piacciamo e si vede, ma in modo del tutto fisico, carnale, passionale, ma questo non mi assicura che appena scoprirà tutto non sia proprio lui a piantarmi una bella pallottola nel cuore.
Cazzo. 
Ma davvero, perché hanno dovuto rapirmi?
Non potevano prendere solo Cheryl? So che è orribile ciò che sto pensando, perché lei è la mia migliore amica, la mia persona come ho sempre detto, ma sarebbe stato tutto più facile. 
Sarebbe stato facile riprenderla con noi, anche dopo l'esperienza traumatica.
Ma no, loro ovviamente dovevano rendere la mia vita più impossibile di quello che già era. 
In questo momento potevo essere in Russia, a risolvere tutta la merda per cui oggi rischio il culo. 
«Perché dovrei rispondere? Non ho idea di chi sia» cerco di fargli cambiare idea, in un tentativo disperato.
«Charlotte, rispondi» insiste, passandomi il telefono, il tono sempre più duro.
Non riesco a muovere un singolo muscolo. 
Tutto il mio corpo sembra essere andato a farsi benedire, cosi come ogni singolo mio neurone. 
La testa viaggia, viaggia lontana, cercando una possibile soluzione a tutto questo.
Se lui parla e dice ciò che non deve dire, qui, siamo tutti fottuti.
Continuo a spremere le meningi e all'improvviso mentre Tommy sta già estraendo dal retro dei pantaloni la pistola, mi viene un lampo di genio. Mi affretto a prendere il telefono e rispondo inserendo subito il viva voce. 
«Pronto» la mia voce trema e spero che almeno questo possa servigli da segnale.
Oh, porca puttana.
«Tesoro, come stai?» domanda lui, dall'altra parte del telefono. 
Per un'attimo ho come la sensazione che andrà tutto bene e che non dirà niente di che. 
Come se mi avesse chiamata solo per sapere come stanno andando le cose, e una parte di me, ci crede con tutta me stessa. 
«Senti, devi smetterla di assillarmi, io non ti voglio, tra noi è finita, basta non so più come dirtelo» dico nervosa.
La mia unica speranza è che davvero tenga la bocca chiusa e che non sia così stupido da dire qualsiasi cosa che possa compromettere la mia posizione. 
Scommetto che se dovesse uscirgli qualcosa da quelle belle labbra carnose che si ritrova, mi ritroverò completamente fottuta da Tobias, Tommy e tutto il loro cartel.
«Ma che stai dicendo? Io ti voglio ancora» sembra reggermi il gioco o, almeno fino ad ora. 
«Beh, una coppia si fa in due, e tu sei da solo. Io non ti voglio. Devi smettere di cercarmi, ormai sono andata avanti e non c'è spazio nella mia vita per te».




Tommy's pov.





«Charlotte..» la chiama lo stronzo.
«No, smettila. Avresti dovuto pensarci prima, ora per favore».
«Ti prego» implora.
«Allora, io un biglietto te l'ho ordinato.» 
Il mio sguardo ritorna su di lei, teso e sospettoso. Che cazzo significa? Decido che è andata anche fin troppo avanti questa stupida conversazione e le strappo il telefono dalle mani. 
Mi affretto a staccare la telefonata ed a lanciare il telefono dritto nella vasca, in modo che non abbia nessun modo per recuperarlo, il tutto guardandola dritto in faccia. 
La sua espressione è di resa, come se avesse perso un'ottima occasione per fregarci tutti e organizzarsi con il famoso stronzo per andarsene.
«Che c'è ti serviva?» chiedo alquanto incazzato. 
Sono stufo di essere preso in giro da lei. 
Pur sentendo qualcosa, non mi farò abbindolare dalla voglia irrefrenabile di scoparmela contro qualsiasi cosa su cui poterla appoggiare. 
Charlotte non mi risponde, mi avvicino a lei mentre cerca di indietreggiare, finendo per sbattere la schiena contro la porta in vetro del box doccia. 
«Non hai niente da dirmi?» insisto, premendo il cavallo dei pantaloni contro il suo inguine coperto a malapena dall'asciugamano. I miei occhi sono ancora sul suo viso, mentre il suo sguardo è rivolto verso il basso, come se non avesse il coraggio di affrontarmi. 
«Ti ho fatto una domanda» esclamo, stringendo la presa sul suo collo. 
«No» risponde, continuando a non guardarmi, mentre il suo viso arrossisce.
«No, che cosa?» due dita dell'altra mano le finiscono sotto al mento, in modo da farle alzare lo sguardo su di me. 
«Pretendo di essere guardato mentre ti parlo». 
«Pretendo di essere lasciata in libertà» risponde a tono, fissando i suoi occhi nei miei.  
«Ci torneresti solo da morta». 
«Allora..» in un movimento furtivo, una sua mano finisce nel retro dei miei pantaloni, da cui estrae la pistola che mi poggia immediatamente tra le mani, «Fallo» supplica. I suoi occhi sono lucidi, sembra essere sull'orlo di una crisi di nervi. 
Le sue mani tremano, mentre l'asciugamano che aveva tra i capelli cade a terra, lasciando i lunghi capelli biondi umidi ricadere sul suo viso angelico. 
«No» rispondo deciso, rimettendo l'arma al suo posto, lasciandole il collo.
«Non hai abbastanza palle per farlo?» borbotta digrignando i denti. Questa sua frase fa scattare qualcosa in me, una rabbia improvvisa mi investe e in un'attimo sono nuovamente su di lei. 
La mia mano finisce di nuovo attorno al suo collo, mentre la pistola che ora ho ripreso finisce dritta in mezzo alla sua fronte. 
«Prova a ripeterlo» ringhio verso di lei. 
«Uccidimi se hai il coraggio» la sua voce trema, così come il resto del suo corpo. 
I suoi occhi sono iniettati di sangue. 
La rabbia sembra assalirla, mentre leggo nel suo sguardo la voglia di farmi sparire dalla circolazione per tutto ciò che sta passando. 
L'adrenalina mi pompa nelle vene, mentre la voglia di premere quel grilletto si fa irrequieta, ma la voglia di possederla ancora, è più forte di qualsiasi cosa. 
La rabbia e la paura che provo nei suoi confronti si mischiano tra loro, facendomi ritornare sui miei passi. 
«Prova a comportarti nuovamente così è finisci dritta sotto terra» l'avverto continuando a puntarle la pistola addosso. Charlotte alza nuovamente lo sguardo su di me e mi fronteggia. 
«Non vedo l'ora di vederti morto» sputa acida. 
Abbasso l'arma, cercando di non reagire alle sue parole. Faccio un passo indietro, in modo da allontanarmi. 
«Io non vedo l'ora di ucciderti» ribatto, prima di uscire da questo stupido bagno, prima di commettere una stronzata.

Le sue parole mi hanno ferito. 
Hanno provocato una reazione di ribrezzo per me stesso. 
Come può un'essere così minuto e indifeso, colpire nel punto giusto senza il minimo sforzo?
Dio, Charlotte. 
In questo momento vorrei urlare. 
Urlarle contro quanta voglia ho di farla a pezzi, eppure c'è qualcosa dentro di me che mi frena e mi impedisce di farlo, una forza che sovrasta qualsiasi altro desiderio e questo non fa che farmi incazzare al massimo.
Mentre mi allontano da lei, dalla sua stanza e dal suo profumo, mi torna in mente la prima volta che l'ho vista. Era così impacciata quella mattina. 
Che in realtà lei non sa che le sono andato addosso apposta, era l'unico modo che avevo per avere anche un minimo dialogo con lei e per poterla guardare negli occhi e capire veramente chi fosse questa ragazza tutta indaffarata e misteriosa. 
Charlotte è così dannatamente riservata che ad oggi, dopo varie settimane che ci "conosciamo", posso dire di non sapere un cazzo su di lei. Infondo non è che ci siamo seduti a bere un caffè in un bar nelle vie del centro e ci siamo messi a parlare delle nostre vite, quindi in fondo é abbastanza comprensibile come cosa. 
Eppure mi attrae in modo non solo fisico, ma è proprio qualcosa di irrefrenabile e irresistibile.
«Dov'è Tobias?» chiedo frettoloso a Luz che si appresta a togliersi le cuffie dalle orecchie per farmi ripetere la domanda. 
«Cosa signore?».
«Tobias? Dov'é?» domando stizzito, sperando che non sia fuori casa. 
«È nel suo ufficio, signore» dice tranquilla, mentre continua a tagliare le verdure per preparare il pranzo. 
«La smetti di chiamarmi signore? Ti ho già detto mille volte di smetterla» la riprendo incazzato, mentre me ne vado.


«Ho finalmente il piacere di vederti» afferma il Boss appena entro nel suo ufficio. 
«Ero occupato» rispondo mentre mi lancio a peso morto sulla poltrona davanti al caminetto. Caminetto che non ha un senso dato che siamo in Messico e si muore dal caldo, però okay. 
«È tutta la fottuta mattina che ti cerco» Tobias, si alza per venirmi incontro e sedersi davanti a me trascinando con sé il portatile. 
«Ora sono qui, risparmiati la ramanzina e vai al punto». 
«Oltre hai colombiani, i messicani e a tutti gli altri cartel che abbiamo contro, se ne è aggiunto un altro» inizia, catturando immediatamente la mia attenzione. 
«Che vorresti dire con questo?» domando raddrizzandomi sulla poltrona e poggiando i gomiti sulle ginocchia. 
«Che siamo fottuti» risponde Jordyn entrando nello studio. 
«Ma che significa?» chiedo ancora.
«Ti ricordi di Sin Rostro e il suo cartello?» fa una piccola pausa, dandomi il tempo di annuire, «Quelli stupidi, che ancora non sappiamo chi cazzo siano, ci hanno fatto fuori mezza tonnellata di roba, denunciandola alla dogana» afferma incazzato Tobias. «Y perdiendo toda estas merca, i numeri dei clienti sta scendendo».
«No merca, no dinero» affermo, guardando il grafico sullo schermo del portatile. 
«Le tue battute al momento, puoi infilartele su per dove non batte il sole». «Invece che rifartela con me dovresti cercare di capire chi cazzo è che si rifornisce con la nostra roba».
«Cosa pensi stia facendo? Pensi che sia qui a grattarmi le palle?».
«No, penso che stai a fartele grattare da qualcun'altra, no?» Tobias scatta a molla su di me, pronto a spaccarmi la mascella. 
«Basta! Finitela tutte e due. Probabilmente gli altri cartel si stanno approfittando del fatto che non andiamo d'accordo per fotterci tutti» Jordyn cerca di calmare le acque, ma a Tobias un buon pugno glielo tirerei volentieri, ma decido di trattenermi. 
«Mi fate sembrare una cazzo di maestrina d'asilo, sedetevi» afferma, mentre noi continuiamo a ringhiarci contro. «Ora, cazzo!».





Charlotte's pov.


«Devi stare tranquilla» cerco di rassicurarla.
«Non dovremmo fare una cosa del genere» afferma Cheryl abbracciandosi le ginocchia al petto.
«Basta, respirate, e fate piano, se dovessero sentirci, non ci riusciremmo mai più a fare una cosa del genere» annuncio, cercando di rassicurarle. 
Lentamente, apriamo la porta che da sul retro della cucina, la quale inizia subito a cigolare, spaventandoci a morte. 
«No, Charlotte, aspetta» afferma Michel, indicando qualcosa che sta al di là della porta. 
«Oddio, state giù» ordino, con voce sottile. 
Ci abbassiamo tutte, cercando di non farci scoprire. Alzo leggermente la testa, per vedere se siano ancora lì e noto con sorpresa che un paio di uomini stanno perlustrando l'intera area del retro.
Faccio dei segnali confusi, per informale di ciò che sta avvenendo.
«Tommy, aspetta, andiamo di sopra» sento sussurrare dal salotto, la voce è femminile e un impeto di rabbia improvvisa mi investe. Ma in realtà il fatto che sia con un'altra può giovare a nostro vantaggio. Questo ci permette di stare più tranquille, o meglio, permette a me di stare più tranquilla, senza la paura costante che venga a cercarmi. 
La voce della tipa però mi incuriosisce, così cerco di sbirciare da dietro l'isola della cucina i loro movimenti, studiandone i dettagli. 
Ha lunghi e fluenti capelli rossi come il fuoco, una pelle candida e bianca come il latte, le labbra, che sono poggiate su quelle di Tommy, sembrano essere carnose e truccate con un pesante rossetto scuro. 
Se questi sono i suoi standard con me è andato completamente fuori strada. 
Il fatto che se la stia limonando alla grande, fa attorcigliare completamente il mio stomaco. 
All'improvviso Tommy le prende i capelli, raggruppandoli in un pugno e tirandogli la testa all'indietro, in modo da staccarsi dalle sue labbra. 
La guarda dall'alto in basso, con la bocca schiusa e ansimante, riesco a malapena a vedere i suoi occhi, pieni di lussuria, di desiderio, di voglia di divorarla, esattamente come guardava me poco più di tre settimane fa. 
Qualcosa dentro di me si smuove, una sensazione mai provata prima mi investe, forse rabbia, ira, furia. 
Sono così incazzata al momento che sarei quasi disposta a far saltare tutto solo per spaccargli la faccia, perché questo stronzo, non ha fatto altro che usarmi per soddisfare la sua voglia di venire. 
Dio. 
In quest'istante vorrei alzarmi e andargli incontro, trovarmi davanti a lui e picchiarlo con ogni mia forza, non prima di aver scaraventato la rossa a terra, ovviamente.
Mentre lotto contro me stessa, lui appoggia nuovamente le sue labbra su quelle di lei e in uno scatto la prende per mano e si dirige verso le scale.
Mentre loro salgono, mano nella mano, e io rodo, mi affaccio nuovamente dalla porta e i due uomini non ci sono più. 
«Via libera» avverto. Apro di nuovo la porta, sperando che stavolta non ci siano più interruzioni e concentrandomi su ciò che dobbiamo fare. Nel frattempo che Cheryl e Michel escono, mi dirigo verso l'isola, apro velocemente il cassetto delle posate, con l'intenzione di prendere almeno un coltello da carne o da pesce, che sia tagliente, da poter utilizzare come arma. Non si sa mai. E si, sarei disposta ad uccidere per la mia libertà. 
In realtà però, prima ancora di intravedere il coltello perfetto per le mie intenzioni, trovo qualcosa di molto meglio: una pistola. Uno dei miei giocattoli preferiti.
Chi diavolo è che tiene una pistola nel cassetto delle posate? Senza neanche fare un minimo sforzo per nasconderla poi?
«Cazzo, Charlotte muoviti» sussurra Cheryl da fuori.
«Eccomi, andiamo» mi affretto.
Ci incamminiamo verso le mura di questo enorme giardino, sperando che a nessun altro gli venga in mente di intromettersi nel nostro cammino. 
Okay no. 
Spero veramente che nessun altro appaia all'improvviso o non rispondo più a me stessa. 
Sono ormai quasi due mesi che siamo rinchiuse in questo posto, e c'è ne è voluto di tempo per organizzare questa fuga.
Abbiamo osservato e fatto amicizia con i nostri rapinatori, perché come dicono spesso in questa lavoro: "Teniamoci stretti gli amici, ma ancor più stretti i nemici".
E dato tutto l'impegno che ci abbiamo messo, potrei morire di infarto se dovessero scoprirci o se dovesse succedere qualcosa che ci faccia ritornare sui nostri passi. Tipo i sentimenti di Michel per Tobias. 
So che quando riusciremo a tornare a casa, dopo poco tempo, lui verrà a cercarla, se non sarà lei stessa a tornare da lui e questa è una delle cose che mi terrorizza. 
Sono consapevole che il pericolo sia sexy. 
E il fatto che lui sia il boss di un cartello di droga, lo rende irresistibile a chiunque, perfino a me. 
Ovviamente non posso dire che non è un bel uomo, con quel corpo muscoloso e scolpito, quella barba incolta ma che pare abbastanza curata, ma soprattutto quella cicatrice che ha sulla guancia, quella è da orgasmo. 
Devo ammettere che se Michel dovesse sentire i miei pensieri, potrebbe accoltellarmi. 
Cerco di riprendere il controllo su me stessa e smetterla di pensare a quel pezzo di uomo che è Tobias.
Arriviamo verso gli alti arbusti che separano il giardino dal cancello, e in un silenzio quasi inquietante percorriamo gli ultimi metri che ci porteranno al cancello d'ingresso, dove ovviamente, come ci aspettavamo ci sono un paio di uomini a sorvegliare l'entrata. Superiamo gli arbusti e ci nascondiamo dietro l'albero lì vicino, sperando che non si accorgano di noi. 
Per fortuna abbiamo studiato i movimenti delle guardie, giorno e notte e tra qualche minuto, dovrebbe essere l'ora del cambio turno, cambio che ci permette qualche minuto per poter scappare. 
In completo silenzio ci guardiamo intorno, cercando di controllare perfino i nostri respiri per non farci scoprire. 
Stiamo rischiando tutto. 
O riusciamo ad uscire da qui e quindi a tornare alla nostra monotona vita a Manhattan o ci scoprono e siamo fottute. 
È una questione di vita o morte. 
Il fatidico momento arriva, le guardie si allontano, dirigendosi verso l'enorme villa non tanto distante. Lasciamo che si allontanino ancor di più, mentre ridono e mentre scherzano tra loro, faccio la mia mossa. 
Vado dritta verso la guardiola e cerco il tasto di apertura del cancello elettronico. 
Riesco di sfuggita a sfuggire alla telecamera di video sorveglianza, cerco in fretta, ma non riesco a capire quale dei tanto pulsanti sia. 
Merda. 
Cazzo. 
Abbiamo solo pochi minuti per aprire, uscire e allontanarci il più possibile con solo l'aiuto delle nostre gambe. 
Guardo verso le ragazze disperata. 
«Prova quello nero» mima Cheryl con le labbra. Ci metto qualche secondo a rimettere insieme la sua frase, ma non appena il mio cervello bacato riceve l'informazione, eseguo e come per miracolo il cancello inizia ad aprirsi. 
Corro immediatamente verso l'esterno e poco dopo anche Michel e Cheryl mi raggiungono, ma non riusciamo neanche ad iniziare a correre via che dei sordi rumori di pneumatici che corrono sulla strada ci vengono incontro, e nel tempo di un battito di ciglia, degli AK-16 puntano dritti verso di noi. Iniziando a sparare su tutto ciò che si trovano davanti, noi comprese.



Spazio autrice. 🌺



Innanzitutto mi dispiace un sacco per avervi abbandonati per tutti questi mesi, ma posso giurarvi che ho avuto un sacco di cose da fare che però non starò qui ad elencare. 
Mi dispiace davvero tanto.
Ma adesso sono tornata e spero, dico spero, di tornare ad aggiornare con più frequenza. 
Detto questo, in questo lungo periodo ho comunque seguito un po' la mia storia e ho visto che le visualizzazioni sono arrivate a 2K! 
Non avete idea di quanto io sia felice e fiera di questo risultato. 
Adesso vi saluto, spero vi sia piaciuto il capitolo. 
Commentate in tanti. 

Kiss kiss.

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