Capitolo 15.
Charlotte's pov.
Quando l'autista annuncia il nostro arrivo a destinazione, completando la fermata davanti ad un enorme palazzo, mi affretto a scendere dalle sue gambe, cercando di ricompormi per quanto posso capelli e trucco.
Prendo velocemente uno specchietto, precedentemente posizionato all'interno della pochette bianca di McQueen e mi do una rapida occhiata.
Le guance sono completamente arrossate, mentre il rossetto sui toni del rosa è leggermente sbavato.
Accidenti a me.
Cerco in ogni modo di ricompormi, per quanto possa, mentre sento il suo sguardo ancora affossato al mio corpo.
Effettivamente ci hanno interrotto sul più bello, avrei tanto voluto sentirlo dentro di me.
Anche se io stessa devo capire cosa mi sia preso poco fa, questo pomeriggio, non avrei mai accettato nessun tipo di avance da parte sua, eppure ora sono qui di fianco a lui, entrambi eccitati e con il fiato corto e dispiaciuti che non sia potuto successo niente.
Mi giro verso di lui e lo guardo mentre se lo risistema nei pantaloni, frustrato.
«Andiamo» dice uscendo dalla macchina, non prima di guardarmi in modo duro come per dirmi: "Ricordati come ti devi comportare".
«Un attimo, devo finire» annuncio, cercando di togliere le sbavature del rossetto con il panno di lino che avvolgeva la bottiglia di champagne.
«Datti una mossa» ghigna ancora al mio fianco, io dal canto mio mi volto nuovamente verso di lui e li faccio la linguaccia. Appena finito, rimetto tutto al proprio posto, perfino il tessuto di lino e mi ricompongo la spallina del abito che nel frattempo si era abbassata.
Una volta fuori, mi porge la mano per aiutarmi ad uscire. La prendo volentieri, in quanto già ho mal di piedi a causa di questi meravigliosi tacchi. Io adoro i tacchi, ma al tempo stesso li odio immensamente.
Un po' come succede con lui, lo adori, te lo vuoi scopare, ma al tempo stesso lo odi con tutta te stessa e vorresti tagliarglielo.
Ma sta zitta. Odio anche te, tanto per essere precisi.
Dopo aver finito di lottare contro me stessa, mi guardo per un attimo in torno.
Siamo circondati da macchine di lusso, che costano più di tutti i nostri organi messi insieme, così come l'enorme location che ho davanti.
È un palazzone di quelli con la p maiuscola, con ogni singolo muro in vetro, alto una sessantina di piani, e per lo più, è modernissimo in confronto a tutti gli altri palazzi che lo circondano.
All'entrata c'è un'enorme insegna che riporta il nome del palazzo, in cui deduco che oltre a eventi importanti come questo, avvenga anche altro. Di fianco alle porte automatiche, due facchini, vestiti in modo impeccabile, con dei completi pregiati sui toni del burgundy, ci accolgono con un sorriso e un benvenuto.
Le porte automatiche si aprono non appena ci avviciniamo, e una volta all'interno, posso constatare che si tratta davvero di un grande investimento.
Non posso neanche immaginare quanto abbiano speso per affittare questo posto, anche se pensandoci bene, siamo qui per un gala di beneficienza, o almeno, questa è la facciata che stanno usando per coprire i loro affari loschi.
La hall è enorme, così come i lampadari, i quali sembrano quasi delle piogge di diamanti grezzi da quanto luccicano sopra le raffinate lampadine che producono una luce calda. Alcune delle pareti sono decorate con quadri di alta classe, alcuni probabilmente anche originali, mentre altre sono lasciate completamente spoglie, conferendo una vivacità e un'eleganza magnifica all'ambiente.
Girandomi verso Tommy, noto con sorpresa che anche lui è rimasto a bocca aperta, probabilmente anche dalla vastità del posto. Anche lui poggia poi, i suoi occhi su di me, sfoggiando un sorriso pazzesco.
Un sorriso stupendo che mi fa brillare gli occhi e battere forte il cuore.
Ma davvero? Ricordarti che lo odi.
Io sono consapevole di odiarlo, ma a volte è talmente bello, che quasi me ne dimentico.
Sembra quasi un angelo racchiuso in quel suo completo sui toni del blu navy, che li calza a pennello.
Dio.
Odio il mio angelo del bene, tanto quanto quello del male, perché devono complicarmi ulteriormente la vita riempiendomi la testa su quanto sia perfetto Tommy?
Vorrei urlare ad entrambi di tacere e di lasciarmelo ammirare senza farmi tutti questi complessi mentali, ma sono consapevole che questo sia impossibile.
«Thomas» mormora qualcuno dietro di noi. Questo tono di voce ha dell'inquietante, è così gelido ed è abbastanza evidente che non si tratta di un accento americano.
«Víctor Ruiz» dice Tommy voltandosi verso la voce, lo seguo e mi ritrovo così davanti a questo uomo alto, robusto, non direi pieno di muscoli ma sicuramente sembra saperci fare.
È molto affascinante, con degli occhi verdi molto intensi. Il suo sguardo passa da Tommy, a me, squadrando il mio corpo racchiuso dentro questa morbida stoffa, mordendosi il labbro in modo provocatorio e mi sorride affascinato.
«Qual buon vento ti porta de queste parti?».
«Non potrei mai rifiutarmi di aiutare qualche bambino del terzo mondo in difficoltà» sorride a Tommy, rispondendoli a tono. L'uomo davanti a lui fa una strana espressione, per poi posare i suoi occhi nuovamente su di me.
«Vedo che hai trovato un buon bocconcino per stasera» ammicca Víctor.
«Lei è Charlotte» mi presenta un po' preoccupato.
Chi mai sarà questo uomo?
«Encantado» mi porge la mano e io lo imito. Lui la afferra e poco dopo ci posa un bacio leggero, mentre li sorrido appena.
Mi vengono i brividi non appena mi tocca, ha delle mani molto curate e morbide, lo sguardo è accattivante, ma per niente affidabile, fa quasi paura.
«Il piacere è mio» sorrido leggermente, cercando di sembrare il più convincente e sicura possibile.
«Ruiz, come sempre a infastidire la mia gente» brontola Tobías, alle spalle dell'uomo.
«Sorensen è sempre un piacere rivederti» risponde questo ultimo, comportandosi con Michel allo stesso modo che con me. Tobías gliela presenta un po' restio, come se non volesse esporla al pericolo che comporterebbe quel uomo.
«Ruiz, ti salutiamo, noi ci dirigiamo verso il rinfresco» saluta gentilmente Tobías. Lo vedo pendere la mano di Michel, che l'afferra, per niente dispiaciuta, e notando il mio sguardo rivolto a lei, mi fa un occhiolino seguito da un sorriso compiaciuto.
Non sarà che questi due sono riusciti a darci dentro?
È abbastanza evidente che Tobías l'adora. Da parte sua non si direbbe, ma si nota lontano anni luce che non se la vuole semplicemente portare a letto, come invece qualcun altro cerca di fare con me.
Forse il capo di uno dei cartelli più potenti dell'Est Cost si è innamorato, anche se della persona sbagliata, perché non gli permetterò mai di trascinarla in tutta questa merda e farle vivere tutto questo ogni giorno della sua vita.
«Sorensen e Winkworth» dice Tommy non appena arriviamo all'attico, al settantanovesimo piano.
«Prego signori, vi auguro una buona serata» sorride l'uomo che ci ha accolto, lasciandoci entrare in quello che si rivela essere un enorme salone da ricevimento.
La stanza è vastissima, con dei tavolini alti da cocktail all'ingresso e altri normali rotondi per consumare la propria cena.
Ci sono un sacco di persone, donne di mezza età, altre un po' più giovani, altre ancora, che sembrano essere state contattate per fare da compagnia a vecchi signori miliardari.
Non sono mai stata a feste di questo tipo, per lo più perché mi annoiavano, mio padre mi chiese varie volte di accompagnarlo a questo tipo di eventi, ma ho sempre rifiutato, un po' perché troppo impegnata con lo studio della facoltà di medicina, un altro po' perché racchiudermi in un abito di alta moda e stare in piedi per ore, sorridendo e scherzando con persone che neanche conosco non mi ha mai entusiasmata più di tanto.
Mio padre.
Mi manca vederlo, anche solo per cinque minuti, mi mancano i suoi abbracci calorosi, nonostante io odi gli abbracci.
Mi manca il suo infallibile profumo di scotch o whisky, dipende di cosa aveva voglia la sera prima.
Non lo direi mai, eppure anche questo suo atteggiamento da uomo addolorato mi manca con tutta me stessa.
«Che succede?» domanda Tommy, notando la mia espressione triste, non appena entriamo nella vasta sala.
«Niente» mi affretto a rispondere, mentre mi guardo intorno.
«Hai voglia di bere qualcosa?» domanda guardandomi dritta in faccia e indicando con una mano il piano bar poco lontano.
«Okay» affermo, mentre si appresta a prendere la mia mano, per poi dirigersi verso il bancone del bar che hanno allestito apposta per la serata.
Tra noi l'aria sembra essere carica di tensione, probabilmente sarà dovuto al fatto che non siamo riusciti a finire il nostro piccolo amplesso in macchina, o forse è solo che lui non sia di molte parole come suo solito. Perché infondo, nonostante la facciata da uomo tranquillo e impassibile, ho notato un'agitazione crescente, soprattutto dal suo continuo ticchettio del piede destro a terra ogni qual volta che è fermo.
Non appena raggiunto il piano bar Tommy si affretta ad ordinare uno scotch, beccandosi un'occhiataccia da parte mia, io invece opto per una semplice flûte di champagne che mi viene immediatamente servita.
«Si può sapere a cosa è dovuto tutto questo nervosismo?» indago, voltandomi verso di lui, che ancora una volta riparte con il ticchettio del piede a terra.
«Niente di cui possa parlarti» afferma vago.
«E cosa diavolo ci faccio allora qui?».
«Mi fai da complice» ammicca, portando la sua mano sulla mia guancia, pronto ad accarezzarla.
«In qualcosa che non so neanche di cosa si tratti?» lo respingo, riportandogliela di fianco al suo corpo.
«Si».
«Beh ti sbagli».
«Charlotte» mi richiama, portando gli occhi al cielo come un fottuto bambino.
Ma davvero crede che li farò da semplice copertura per i suoi loschi affari? Magari sta uccidendo qualcuno nella stanza accanto e io me ne dovrei star seduta ad un tavolo circondata da vecchi ricchi con la puzza sotto al naso a fare la figura della deficiente?
«No Tommy, ti sbagli di grosso. Dimmi che ci facciamo qui» insisto.
«Non sono affari tuoi» ribatte, continuando a guardarsi intorno.
«Allora riportami immediatamente a casa» mi impunto, posando il bicchiere sul bancone e guardandolo dritta in faccia.
E' in questo momento è come se avessi avuto un déjà vu, di una delle volte in cui l'ho incontrato all'ospedale. Esattamente il nostro secondo/terzo incontro, in cui mi fermò afferrandomi il polso, e io mi liberai dandoli poi dello stronzo.
«Zitta e sorridi» ordina, sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori verso la coppia alle mie spalle che si sta avvicinando a noi.
«Tommy, che piacere rivederti» saluta un uomo dall'aspetto elegante e con un leggero accenno di barba che si tocca con disinvoltura.
«Salve, è un piacere anche per me» esordisce il moro davanti a me, porgendoli la mano, che l'altro si appresta a cingere con felicità.
Anche la donna al suo fianco lo imita e saluta Tommy in modo caloroso, come se lo conoscesse da tempo.
«Carlos, ti presento la mia fidanzata» sorride, mentre io mi decido a voltarmi verso di loro e a fare la mia parte.
«Charlotte, molto piacere» dico, prima all'uomo, che mi sorride ancora e si porta la mia mano alle labbra, poggiandoci sopra un caldo bacio.
«Carlos, mucho gusto».
«Rosario» si presenta poi la donna. Anche lei mi stringe la mano molto soavemente, mentre mi guarda con quegli occhi da felina come per dire che diavolo ci fa una come me, accanto ad un uomo come Tommy.
Nonostante la mia voglia di prenderla e trascinarla per i capelli, mentre le urlo che in realtà dovrebbe chiedersi cosa ci faccia una donna come me accanto ad uno come Tommy, desisto e ricambio il sorriso, cercando di essere il più educata possibile.
I due uomini iniziano a parlare di affari, mentre io e Rosario, non facciamo altro che lanciarci occhiate torbide e cariche d'odio.
Devo dire che non appena riesco a concentrarmi sul discorso dei due, resto sbigottita dal modo e dall'eleganza di Tommy ad affrontare determinati discorsi di politica e di alta società, non mi aspettavo che fosse così acculturato.
Dopo non più di cinque minuti di chiacchiere ininterrotte, i due decidono di congedarsi per andare ad infastidire qualcun altro, e Tommy riporta la sua attenzione su di me.
«Ho detto che voglio tornare a casa, in caso ti fosse sfuggito» ribatto in un sussurro, mentre Carlos e Rosario si allontanano da noi.
«E io ti ho caldamente ignorato» ribatte, portando la sua attenzione sull'ultimo sorso di scotch rimasto nel bicchiere di cristallo che ha tra le mani.
«Allora troverò qualcuno che possa aiutarmi».
«Ah sì, e chi vorresti che fosse il tuo cavaliere?».
«Victor Ruiz, ad esempio» ammicco, cercando una possibile reazione da parte sua.
«Non scherzare con il fuoco, Charlotte» bisbiglia irrigidendosi non appena nominato quel nome.
«Perché? Potrei bruciarmi?».
«Si».
«Non credo di correre questo pericolo» convengo girandomi nuovamente verso il bar e ordinando dell'altro champagne. Mentre aspetto il mio ordine, appoggiata al bancone, Tommy si avvicina al mio corpo, cingendomi i fianchi da dietro, e avvicinando le sue labbra al mio lobo destro.
«Stai molto attenta a ciò che fai» minaccia per poi stringerlo tra i denti.
Ansimo appena non appena si allontana rapido da me, per ritornare al mio fianco.
«Tu piuttosto sta attento a non farmi incazzare» incalzo sperando di non farlo incazzare, ma solo eccitare.
Tommy sorride malizioso, riportando una sua mano sul mio fianco, per tirarmi verso di sé.
«Che hai intenzione di fare?».
«Balliamo» biascica, mentre ringrazio il barman e mi allontano trascinata da lui.
«Quando mai ho espresso il mio desiderio di ballare con te?».
«Non lo hai fatto, ma non mi interessa» sogghigna, raggiungendo la pista da ballo.
«Oh, dovrebbe importarti invece» sussurro non appena mi fermo davanti a lui.
«E perché mai?».
«Perché ti stai giocando le mie mutandine» annaspo, muovendomi al ritmo di musica insieme a lui.
Tommy decide di non rispondere alla mia provocazione, e continua a guidarmi in questo lento ballo.
La musica classica alleggia per la stanza, e tanti corpi attaccati l'uno all'altro si muovono lentamente.
La mano del mio accompagnatore sfiora delicata la mia schiena scoperta, mentre l'altra e sul mio fianco sinistro, le mie invece li avvolgono il collo.
E devo dire che questa posa così intima me lo fa guardare con una luce diversa, e come se riuscissi a vedere l'uomo che si nasconde dietro a questa facciata da ragazzo duro.
Tommy è un ex soldato, e come tutti i sopravvissuti alla guerra, anche lui ha delle ferite; ferite che probabilmente non sono completamente rimarginate e credo che sia proprio questo che vuole nascondere comportandosi in questo modo. Ma come disse Pirandello nella sua teoria, tutte le maschere sono destinate a cadere. E prima o poi riuscirò a vedere davvero la persona che si nasconde sotto tutti questi muscoli.
«Dovresti rilassarti» sussurra sul mio collo, diffondendo brividi di piacere in ogni parte del corpo, mentre si allontana leggermente e mi guarda lentamente dall'altro verso il basso.
«Siamo qui, in mezzo a dei criminali, tu compreso, dimmi un po' perché non dovrei essere tesa?» dico al suo orecchio, in modo che mi senta.
«Non hai tutti i torti» afferma. «Ma non ci devi pensare. Pensa solo a goderti la serata, potrebbe esserci un finale sorprendente» ammicca in modo malizioso con un sorriso beffardo stampato sulle labbra.
So benissimo che si riferisce al nostro piccolo amplesso in macchina, potremmo pur sempre continuare a fare ciò che abbiamo interrotto, oppure potrei lasciarlo in attesa e poi non dargli proprio niente.
«Ad ogni modo puoi stare tranquilla, ci sono nostri uomini che circondano l'edificio» continua tornando serio.
«Fammi un po' indovinare..» inizio, facendo una piccola pausa per guardarlo in faccia, «Tu non permetterai che mi accada nulla, giusto?» borbotto sicura di ciò che sto dicendo.
«Certo, ti proteggerò con ogni arma in mio possesso».
È questo cosa significa? Che ha una pistola con sé e che riuscirebbe a far fuori chiunque mi possa fare del male?
Davvero eroico Tommy, davvero.
A parte gli scherzi, una parte di me sa che mi proteggerebbe contro tutto e tutti, una parte di me ne è straconvinta, metterebbe la sua vita in pericolo pur di salvare la mia e probabilmente credo questo, non solo perché è abbastanza evidente che li piaccio, ma sarà sicuramente anche convinto che io non sappia difendermi. Infondo come potrei biasimarlo, lui non sa chi io sia, o tantomeno chi sono stata, non sa assolutamente niente di me e credo che non se lo immagini neanche.
Mi alzo sulla punta dei tacchi, per raggiungere il suo collo, dove ci poso un bacio leggero, come per ringraziarlo.
Da oltre la sua spalla, intravedo però la figura di qualcuno che non mi sarei mai aspettata di vedere qui, lui è all'ingresso.
Oh porca puttana.
Che diavolo sta facendo qui?
Non ha minimamente idea di cosa mi sia successo, forse mi sta solo cercando, oppure è il destino, magari ha iniziato le sue ricerche ed è arrivato giusto dove mi hanno portato stasera.
«Devo andare alla toilette» annuncio all'orecchio di Tommy, sperando che non voglia accompagnarmi.
«Sai che non ti lascerò andare da sola, vero?» ammicca divertito, non so se per il fatto che voglia farlo in bagno o per il semplice fatto che pensa potrei scappare.
«Posso darti dei motivi convincenti per i quali accetterai di lasciarmi andare da sola».
«Okay, sentiamoli».
«Uno, non potrei mai andarmene da qui senza che nessuno di voi se ne accorga, ho visto che avete degli uomini anche tra i camerieri e vi avvertirebbero subito. Due, le mie amiche sono ancora vostre "prigioniere", ciò significa che non potrò mai lasciare a voi maniaci» mi interrompe.
«Mh, molto convincente. Ma no, ti accompagno» insiste sicuro.
«No, ne ho un'altra. Anche se scappassi da qui i tuoi uomini mi fermerebbero, dato che hai detto tu stesso che siamo circondati» insisto, cercando di fare uno sguardo da cerbiatta innocente.
Sinceramente l'idea di scappare via da lui e da questo suo stupido mondo, fatto di adrenalina pura, ma di una paura costante, alleggia spesso nella mia testa, ma non potrei mai farlo, almeno non adesso.
Non senza aver studiato un buon piano, ma soprattutto senza sapere alcun tipo di dettaglio su dove ci troviamo e dove potremmo andare senza che possano riprenderci in due secondi.
Preferisco studiarmeli ben da vicino e poi colpirgli dove più gli farà male.
La mia ultima frase pare convincerlo, avvicina una mano al mio fianco destro e mi attira verso di sé. Mi stampa un bacio poco casto sulle labbra, del tutto inaspettato, e mi palpa violento una natica.
«Ti aspetterò al bancone del bar, se entro cinque minuti non torni verrò a cercarti» ordina.
«Cercherò di fare il prima possibile» dico, lasciando le sue braccia a cui mi ero aggrappata.
Mentre mi volto sento un piccolo schiaffo sul mio sedere da parte sua, mi giro così verso di lui, camminando all'indietro in mezzo alla folla e gli faccio il dito medio sorridendo. Lui sorride di rimando e si porta la mano alle labbra, accarezzandosi il volto come se avesse la barba. Quando mi volto nuovamente, e mi dirigo verso l'ingresso, sento ancora il suo sguardo addosso, ma cerco di ignorarlo prima di trascinarlo in bagno con me.
Noto lui intrattenuto in una conversazione, al quanto noiosa, con un vecchio imprenditore, deduco. Così trovo la scusa perfetta per farli percepire la mia presenza, senza proferire nessun tipo di parola.
Guardandomi intorno vedo con piacere un cameriere che si sta avvicinando con un vassoio di flûte di champagne, ne prendo una al volo e ne bevo un sorso, continuando a passeggiare tranquilla verso l'ingresso, ci vado a sbattere contro, rischiando quasi di battere il culo per terra.
«Oh dio, mi scusi» dico in modo civettuolo appoggiandomi al bavero della giacca e indicando a lui con la testa la toilette.
«Tutto bene signorina?» mi chiede, aiutandomi a riacquistare l'equilibrio.
«Si, grazie. Sono desolata di averle macchiato l'abito» continuo, tamponando con un tovagliolo improvvisato la visibile chiazza di champagne che gli è finita sulla giacca nera.
«Non si preoccupi, faccio da solo» risponde l'anziano signore, un po' scocciato. Mi congedo dai due uomini con un ulteriore sorriso di scuse mi allontano.
Trovo in fretta il bagno e per mia fortuna è deserto. Mi guardo velocemente allo specchio ed estraggo il rossetto dalla pochette bianca, ma neanche il tempo di aprirlo che lo sento entrare.
Entra senza preoccuparsi minimamente di trovare qualche altra donna intenta a sistemarsi il trucco e che resti alquanto sconvolta dal vedere un uomo qui, ma fortunatamente siamo soli.
Solo io e lui.
«Quanto cazzo stai bene in blu?» mormora, avvicinandosi al mio sedere, poggiandoci poi il suo cavallo. Io non posso far altro che sorridere, mentre lo guardo attraverso lo specchio.
Posa un bacio delicato sul mio collo e mi stringe i fianchi con le mani curate, mentre anche lui segue il mio esempio e poggia i suoi occhi nei miei attraverso lo specchio.
«Mi hanno rapita» annuncio tutto d'un fiato, ricordandomi che Tommy mi ha concesso solo cinque minuti e ne devo essere passati almeno tre.
«Non dire cazzate, sei sparita da un po', pensavo che non avessi più bisogno di me» ride, mentre continua a posare baci sul mio collo e porta le sue mani a viaggiare per il corpo.
«Avrò sempre bisogno di te. Solo che adesso, devi tirare fuori Cheryl e Michel da tutta questa merda. Io posso anche cavarmela da sola, ma ho bisogno del tuo aiuto» quasi lo supplico, mente continuo a fissarlo attraverso lo specchio.
Mi gira rapidamente verso di lui e si abbassa leggermente per aiutarmi ad appoggiare il sedere sul piano del lavabo, divarica leggermente le gambe in poco da potersi inserire in mezzo a loro.
Ora che siamo occhi negli occhi, faccia contro faccia, capisce che sono seria e che non è una fottuta cazzata.
«Come diavolo sei finita in Messico Charlotte?».
«Ma sei coglione? Ti ho appena detto che ci hanno rapito, e dobbiamo muoverci ho solo pochi minuti».
«Chi è stato, il figlio di puttana di Thomas Lee Stocazzo?» domanda incazzato.
«Si, lui e il suo capo, ma non è questo il punto. Non ci lasceranno mai andare, quindi penso che prima o poi ci faranno inginocchiare e ci spareranno» aggiungo agitata.
Non ho idea di cosa mi stia prendendo, ma rivederlo, mi ha fatto capire che sono seriamente intrappolata con dei coglioni che vogliono sicuramente farci del male.
Rivedere lui ha reso tutto più reale e le mie emozioni in questo momento sembrano aver preso vita propria.
«Prendi questo,» afferma frugando nella tasca interna della giacca, «usalo quando ti sentirai veramente in pericolo e cerca un modo per trovarti un caricabatterie» mormora, mettendo un cellulare nella mia pochette che mi appresto ad aprire.
«Se mi scoprono sai che vuol dire che sono fottuta?» annaspo cagandomi letteralmente addosso.
«Lo so, tanto quanto so che sei brava in ciò che fai, e che non ti farai scoprire. Infondo non ti hanno scoperta fino ad ora» sussurra, avvicinandosi nuovamente al mio collo su cui inizia a poggiare dei baci, che di casto hanno ben poco, mentre le sue mani si occupano di tenere le mie gambe aperte.
Lo spacco colossale dell'abito che porto, si apre, mostrandoli che non porto mutandine e che il mio sesso, in questo modo, sfiora quasi il tessuto dei suoi pantaloni neri.
«Mi sei mancata.» mormora a fior di labbra, «Non avrei mai pensato di trovarti in uno scenario del genere. Pensavo che non chiamassi solo perché eri troppo impegnata e che di conseguenza non avevi tempo per me» continua, staccandosi dalle mie labbra e guardandomi negli occhi.
«Troverei sempre del tempo da dedicarti» sussurro sulle sue labbra, prima di unirle nuovamente alle mie.
Adoro le sue labbra, non sono carnose, anzi sono sottili, ma morbide, con quel loro rosa scuro che mi fanno impazzire.
«Devi trovare un modo per farvi riportare dall'altra parte del confine, dove ho più potere e territorio» borbotta.
«Non posso certamente attaccarli qui. Anche perché se vi hanno portato qui, significa che è un posto più che sicuro, e che conoscono più delle loro stesse tasche» afferma e io non posso far altro che annuire, perché so che ha ragione.
Così inizio ad informarlo sugli anelli di sicurezza che vi sono all'esterno del rancho dove ci tengono, gli dico tutto quel che i miei occhi hanno visto riguardo quel posto, così che possa rintracciarlo in qualche modo.
Lui cerca di rassicurarmi, sorridendomi teneramente, ma in realtà non sono preoccupata per me stessa, infondo se mi fossi ritrovata in questo pasticcio da sola, penso che sarebbe stato tutto più semplice.
Ma in questo caso, non è l'incolumità della mia vita a preoccuparmi, bensì quelle di Michel e Cheryl, perché non saprei cosa farne della mia vita, se me le portassero via.
Ne sarei totalmente distrutta.
«Dio amore, ucciderò chiunque si azzardi a farti del male» ammette, guardandomi intensamente, come a voler esprimere quanto mi ami, eppure, non riesco a sentire più i brividi che provavo una volta.
Mentre posa le sue labbra ancora una volta sulle mie, in un bacio dolce e passionale, «Che cazzo stai facendo?» Tommy irrompe nella toilette e lo scaraventa a terra, lontano da me.
In pochi secondi, li è addosso e inizia a colpirlo con pugni carichi d'odio.
E in quel momento, mentre guardo la scena da lontano, mi viene in mente solo di comportarmi da vittima di aggressione sessuale, così cerco di sembrare terrorizzata dal uomo che sta pestando.
E so che in questo modo rischio di farlo uccidere, ma non posso davvero rischiare che scopra che io questo uomo effettivamente lo conosco perché potrebbe arrivare a capire con chi ha davvero a che fare, potrebbe scoprire chi io sia in realtà e credo che se questo dovesse capitare sarei decisamente fottuta.
«Ti ho fatto una domanda, lurido pezzo di merda» urla Tommy verso di lui, tirandoli un calcio sulla schiena.
Nel frattempo io cerco di farmi uscire qualche lacrima, così che il moro lasci il mio uomo e si appresti a consolarmi. Ma non sembra funzionare, così opto per urlare di lasciarlo stare e in quel momento, Tommy sembra essersi ricordato che ci fossi anche io in quel bagno. Con un movimento rapido si avventa su di me, lasciando il biondo, che poco fa era tra le mie gambe, a terra grondante di sangue.
Porta i suoi occhi marroni nei miei, e constatando le mie condizioni, mi stringe forte tra le sue braccia e cerca di tranquillizzarmi sussurrandomi parole dolci e coccolandomi per quanto li sia possibile.
Una volta che riesco finalmente a calmare i finti singhiozzii, mi aiuta a scendere dal piano del lavabo, giusto in tempo per vedere lui alzarsi dal pavimento, per poi uscire dal bagno zoppicante e insanguinato.
Non appena tocco nuovamente il pavimento, su questi odiosi trampoli, Tommy mi accoglie nuovamente tra le sue braccia.
«Gliela farò pagare» borbotta nel mio orecchio.
«No, lascialo andare» singhiozzo, allontanandomi di poco da lui e guardandolo negli occhi.
«No Charlotte, lo ucciderò con le mie stesse mani» sbraita tirando un pugno ad una delle porte della toilette.
Per un attimo ho un sussulto, in quanto non lo avevo mai visto in queste condizioni e non posso negare che mi abbia spaventata.
«Tommy» cerco di calmarlo, andandogli incontro.
«Sta fermo» lo blocco, fermandoli le braccia.
«Io sto bene» farfuglio, prendendoli il viso tra le mani, in modo che possa guardarmi negli occhi e si senta più sicuro.
Forse sono stata una cogliona a far finta di star per subire uno stupro.
Si, ho decisamente esagerato.
«Andiamo» ringhia.
«Dove?».
«Ti riporto a casa» conclude, afferrando la mia mano e riportando in sé.
«Aspetta» tento a fermarlo, «vorrei almeno sistemarmi il trucco» ammetto, sorridendoli appena, cerando di sdrammatizzare quello che è appena accaduto. Lui annuisce, e mi lascia la mano, in modo che riesca a darmi una sistemata.
In un attimo mi volto verso lo specchio e guardo il mio riflesso complimentandomi con me stessa, non ero mai riuscita a piangere a comando, ma devo smetterla subito prima che il trucco vada a puttane.
«Credo che tornare a casa non sia la soluzione migliore» ammetto, passando il rossetto sul labbro inferiore e guardandolo attraverso lo specchio.
«Che stai insinuando?» socchiude gli occhi, cercando di capire.
«Che siamo venuti qui per un qualcosa e che non mi sembra giusto che tu debba rinunciare al tuo lavoro per quello che è appena accaduto».
«No Charlotte, se non te la senti possiamo tornarcene a casa, qui c'è ancora Tobias che può occuparsi della faccenda».
«Non preoccuparti, sto bene» affermo convinta.
Prima di uscire dal bagno, pizzico leggermente le guance, in modo che prendano un colorito rosato e mi facciano da blash naturale.
Tommy in tutto questo, non ha fatto altro che guardarmi, cercando di capire come ciò che ho appena subito, possa avermi traumatizzato.
«Possiamo andare» annuncio, rimettendo il rossetto nella pochette e cercando di non farlo guardare all'interno, in modo che non veda il telefono che cerco di mettere subito in silenzioso. Dopo essere riuscita a sistemarmi con qualche difficoltà, lo prendo dall'avambraccio e gli rivolgo un sorriso tenero, per rassicurarlo e confermarli ancora una volta che sto bene.
Tommy's pov.
Vederla in questo stato mi spezza il cuore o quel poco che ne rimane.
Dopo tutto quello che ho passato in mezzo al deserto, vederla tra le braccia di quel uomo, mentre la baciava e la toccava mi ha riportato ad una vecchia missione, una delle prime a cui ho partecipato.
Ci trovavamo in Mozambico, e Tobias all'epoca era il mio colonnello, era nel esercito da molto più tempo di me, ed era assolutamente degno di svolgere quel ruolo.
La missione non era affatto semplice, si trattava di uccidere chiunque si intromettesse nel nostro cammino verso il territorio nemico, uomini, donne, semplici civili, perfino bambini.
Mancavano poche ore all'alba quando partimmo, armati fino al collo, dagli AK-17, granate e quanto altro.
Quando arrivammo a destinazione, il villaggio era deserto, o almeno non c'era nessuno sveglio.
Sembrava fosse tutto abbandonato, così ci rilassammo, e iniziammo a perquisire ogni capanna, cercando una qualsiasi traccia del nemico.
Il nostro plotone si era diviso, ed io ero capitato giusto con Tobias, Sasha e qualche altro giovane soldato. Irrompemmo in una delle ultime capanne, e ci trovammo una scena raccapricciante.
Non era un grande spazio, anzi, non vi erano neanche muri, solo molte tende per dividere gli spazi. Sul pavimento, fatto unicamente con delle piccole assi di legno, trovammo distesa una ragazzina di a malapena quattordici/quindici anni, circondata da un gruppo di ribelli che la violentavano. Le sue urla di dolore mi sono rimaste impresse per anni.
Tutto ciò che avveniva lì dentro, era veramente al limite del disumano.
Come possono degli uomini considerare le donne come semplici oggetti?
Come si fa ad abusare di una ragazzina, che non dovrebbe fare queste cose, bensì pensare alla scuola e alle proprie amicizie?
Da quel momento in poi la mia vita è cambiata, soprattutto il mio rapporto con il sesso. Da quell'esperienza ho iniziato ad apprezzare veramente l'essenza delle donne.
Ho imparato a rispettarle, a considerale in modo equo a come considererei un uomo, anzi, anche di più.
Una donna va amata, apprezzata e riempita di carezze, non di botte o di violenza. Le donne sono ciò che di più bello ci sia in questo mondo pieno di gente infame. E lei è una delle donne più belle che ho incontrato nel corso della mia vita.
Usciamo da quel bagno infernale insieme, mano nella mano, quasi fossimo una coppia. Non appena ci immettiamo nuovamente nella folla di aristocratici e borghesi, troviamo subito Tobias e Michel, i quali si avvicinano subito a noi.
«Andiamo, è tutto pronto» mormora Tobias al mio orecchio, riferendosi a ciò per cui ci troviamo qui. E mentre mi riferisce ulteriori dettagli, non posso che notare i capelli di Michel. Quando l'ho vista qualche ora fa, aveva una piega fatta in modo impeccabile, con i capelli lisci che le ricadevano sul volto. Adesso però, sono gonfi e arruffati, come se fosse appena uscita da una maratona di sesso sfrenato.
Che diavolo hanno combinato questi due?
Guardo Tobias che nota immediatamente il mio sguardo rivolto verso quella che ormai penso sia la sua donna, e non trattengo un sorriso perverso, seguito poi da un occhiolino. Lui sorride di rimando prima di prendere nuovamente la sua mano per dirigendosi verso alcuni degli uomini della sicurezza. Lo seguo insieme a Charlotte, ed arriviamo in una zona isolata del palazzo, dove deduco che discuteremo di affare con i Montero.
Attraversiamo una serie di lunghi corridoi, passano davanti a svariate porte, in un silenzio tombale.
Tra queste mura sentiamo solo il rumore assordante dei nostri passi e il ticchettio dei tacchi di Charlotte e Michel. I due uomini della sicurezza, racchiusi dentro i loro completi neri, finalmente si fermano davanti ad una delle porte, aprendola. Ci concedono di entrare ma la stanza è vuota.
Inizialmente io e Tobias ci scambiamo uno sguardo preoccupato, facendoci occupare la testa dall'idea di un loro possibile agguato.
Ma non crediamo che i Montero siano così stupidi da pensare che con noi non ci siano un sacco di uomini, esattamente come noi non attacchiamo perché sappiamo che non sono da soli.
Così tra un pensiero e l'altro, in un completo silenzio, mi dirigo verso l'angolo bar della stanza, pronto all'ennesimo bicchiere di scotch, qualsiasi cosa che sia in grado di togliermi dalle spalle un po' di tensione.
Infondo non vedo cosa possa andar storto durante quest'incontro, il capo di questa testa di cazzo di famiglia deve semplicemente restituirci ciò che non gli appartiene.
Prendo il bicchiere di cristallo e lo riempio a metà del liquido ambrato, prima di andarmi ad accomodare di fianco a Charlotte su uno dei divanetti di fronte al tavolino in vetro.
Nell'aria alleggia una tensione ai massimi livelli, Tobias è nervoso, non tanto per il fatto che sta incontrando dei suoi nemici, più che altro, perché quel porto ci serve o siamo nella merda.
Lo vedo muovere insistentemente il piede sul parquet per cercare di scaricare il nervosismo, cosa che sembra non funzionare molto.
«Tobias» afferma una voce alle nostre spalle.
Voce femminile e per niente sexy.
Dio.
Questa proprio non ci voleva.
Dovremmo fare affari con la secondogenita? Con la pazza isterica che è capace di spararti se non le dai ragione?
Qui non andremo molto lontano.
«Briseida» cantilena Tobias imitando il suo inusuale saluto.
La donna, accompagnata da due scagnozzi si incammina su quegli orribili trampoli verso di noi, andando poi a sedersi su una delle poltrone difronte alle nostre.
«Saltiamo pure gli inconvenevoli e passiamo dritti al punto» inizia Tobias, sistemandosi meglio sul divanetto a due posti.
«L'affare è questo, io mi riprendo ciò che è mio senza nessun tipo di condizioni, mentre tu, puoi avere una parte del mio territorio» continua guardando dritta in faccia Briseida.
È la secondogenita dei Montero, sorella del fottuto Alvaro Montero, uno dei capi più pazzi del mondo della droga colombiana.
Dio quanto li odio.
«Prima di parlare di affari, pretendo almeno di essere salutata come si deve» esige, accavallando le gambe, provandoci spudoratamente con Tobias, ignorando la presenza di Michel al suo fianco, e convinta probabilmente che sia solo una puttana pagata per accompagnarlo.
«Non ho intenzione di scomodarmi» provoca lui, ignorando le sue avance.
«Bene, allora possiamo dichiarare concluso questo incontro» annuncia, pronta ad alzarsi, mentre Tobias comincia a spazientirsi.
«Tobias» lo richiamo io, prima che commetta qualche atto di omicidio colposo di primo grado.
Quella è una grande troia, si è fatta passare più cazzi tra le gambe di quanti uomini siano mai entrati nel cavallo di Troia. Ci ha provato persino con me qualche tempo fa, che l'ho rifiutata categoricamente umiliandola di brutto davanti ai suoi uomini.
Quella donna è odiosa, con quei suoi abiti leopardati, che indossa sempre, ovunque vada. Dato la sua statura, un metro e un cazzo, ha sempre un paio di tacchi ai piedi, anch'essi leopardati, ovviamente.
I capelli corti castani, sempre arricciati, non l'ho mai vista con un'acconciatura diversa. L'unica cosa che cambia costantemente è il rossetto, forse per via dei troppi pompini che fa a destra e a manca.
«Mhn, no. Non se ne parla, è il porto più sicuro su cui sbarcare tutta la nostra merce, scordatelo» dice, con il suo inconfondibile accento colombiano, riferendosi all'offerta di Tobias.
«Si può sapere dov'è tuo fratello?» domando stizzito io. E' appena entrata nella stanza, e mi ha già fatto innervosire.
«Stasera farete affari con me» risponde alterandosi, mentre incrocia le dita per poi portarsele sulle gambe accavallate.
So benissimo che ha il suo ego da femminista convinta da tenere ben in vista, ma con lei è impossibile concludere qualcosa.
«Allora, dato che non vuoi accettare la nostra offerta, cosa vorresti per qualcosa che già ci appartiene?» domando ancora.
«Te quiero a ti papasito» afferma velocemente in spagnolo, allungando una mano verso la mia faccia.
«Non siamo qui per giocare Briseida» l'interrompe Tobias, prima che continui a provarci.
«Beh, possiamo sempre divertirci» fa la maliziosa.
«Se non lo avessi notato, sono impegnati, bella. Ascolta ciò che hanno da dirti e chiudi quella bocca da puttana» dice Charlotte, all'improvviso sorprendendoci tutti.
Briseida la guarda dalla punta dei capelli, alla punta dei piedi con un'espressione totalmente schifata. Charlotte non è da meno, squadra ogni parte della donna minuta difronte a lei, con la chiara intenzione di volerla prendere per i capelli e trascinarla per tutta la stanza, tanto per rimetterla al suo posto.
«Cállate, zorra» risponde la colombiana.
«Guarda che lo capisco ciò che dici, e certamente non mi abbasserò ai tuoi livelli. Vedi di fare la seria, se vuoi essere considerata tale» continua, demolendola in pochi secondi.
Quest'ultima sentendosi umiliata, cambia l'espressione e inizia a dirci le sue condizioni per l'Eden Port.
Non gli basta che gli diamo una parte del nostro territorio a sua scelta, vorrebbe anche che noi distribuissimo la loro roba, roba che sta uccidendo un botto di persone ultimamente.
«Scordatelo, abbiamo già la merce di nostra produzione da distribuire» risponde Tobias, alzando la voce.
«Allora non se ne parla» insiste lei.
«Senti, perché non la rendiamo più semplice» inizia Tobias, gesticolando con una mano, mentre l'altra è poggiata sul ginocchio della meravigliosa donna di fianco a lui.
«Sono disposto a dividere il porto. Entrambi ci sbarchiamo la nostra roba e non ci pensiamo più» propone. Lei sembra rifletterci, ed effettivamente non è una cattiva idea, anche se il rischio è maggiore, potremmo pur sempre provarci.
«Ora capisco perché sei a capo di questo cartello» afferma lei sorridendo, con quel viso tondo e a dir poco orripilante. «Va bene. Accetto la proposta» finisce alzandosi. Io e Tobias la imitiamo e le porgiamo entrambi la mano, lei le stringe, guardandoci intensamente negli occhi, come se volesse aggiungere dell'altro. Ma per mia fortuna, o meglio, per sua fortuna, tiene la bocca chiusa, mentre noi ci congediamo.
Spazio autrice. 🌺
Ciao a tutti, sono finalmente tornata e i devo chiedere tante di quelle scuse per questa lunga assenza.
Mi dispiace davvero tanto ma sono stra impegnata con la scuola e con alcune vicende personali e, per di più, ho avuto qualche momento di zero ispirazione per questi capitoli.
Comunque per farmi perdonare, il capitolo è abbastanza lunghino e spero che non sia pensate da leggere, e soprattutto spero che non ci siano un sacco di errori che vi prego di evidenziarmi.
Con questo vi saluto, e spero che lasciate tante stelline e commenti.
Kiss kiss.
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