Capitolo 12.

Charlotte's pov.






Davvero le sue intenzioni erano quelle di spararmi? 
Avrebbe davvero avuto il coraggio di premere quel grilletto e farla finita con la mia vita? 
Queste domande per niente futili continuano a ronzarmi in testa, mentre la mia coscienza cerca un qualsiasi pezzo di carta per pulire tutto lo sporco che si è creato in essa.
Ancora una volta Tommy, mi sorprende in modo del tutto inaspettato. 
Sono consapevole che le azioni che ho compiuto negli ultimi minuti possano aver causato una perdita di pazienza da parte sua, ma ciò, non giustifica affatto che mi abbia puntato una pistola contro. Per lo più quest'ultima era anche carica, pronta a sferrare il corpo letale. 
In questo preciso momento, mi rendo conto, che mi sbagliavo completamente su di lui. 
Una parte di me pensava di interessargli, di piacergli, eppure la sua impugnatura sull'arma era ferrea, nonostante un leggero tremolio della mano. 
Sinceramente non mi sono mai fatta coinvolgere in modo stravolgente da nessuno nel corso di tutta la mia vita, o per lo meno, da quando ho perso mia madre. 
Ma lui, Thomas Lee Winkworth, ha stravolto la mia vita come un tornado. 
È entrato nella mia "routine" solo qualche settimane fa circa, e in poco tempo, mi ha dato la sensazione di volermi, di desiderarmi. 
Sì, lui mi ha fatta sentire desiderata, e non solo in senso fisico, sessuale e carnale, ma in modo molto più profondo, molto più passionale. 

Mentre sono ancora sulla spalla di Tobias, con il viso che punta dritto verso i suoi glutei ferrei, non riesco a capacitarmi del fatto che mi abbia puntato una pistola alla testa, anche se la sua mano tremava, la presa della pistola era comunque decisa, come dovrebbero essere quella di un soldato. 
E nel più profondo del mio cuore sento che non avrebbe mai fatto una cosa del genere, ma io non lo conosco, non so chi sia, e non so con chi ho a che fare caratterialmente, perché infondo so qualcosa in generale della sua vita passata. 
In questo momento mi ritornano in mente quello che spesso mi veniva ripetuto dal mio psicologo: "Conoscere una persona, non significa sapere da dove viene o dove sia nato, bensì conoscere una persona, significa conoscere ogni sfumatura del suo carattere, conoscere come reagirebbe a una sorpresa o che cosa non le piace di un ristorante cinese in particolare. Questo significa conoscere davvero qualcuno, non sapere la sua vita in generale. E ricordati Charlotte che, per conoscere davvero una persona non devi solo limitarti a sapere cosa faccia nel momento in cui la conosci, ma devi studiare ogni singola parte del suo passato, perché il passato di una persona condiziona la sua vita, nel presente e nel suo futuro..
E queste sono parole, che nonostante la tenera età in cui mi sono state riferite, non ho mai scordato. 
Tutto ciò mi porta a riflettere su chi siano davvero le persone davanti a me.
Perfino Jordyn, che pensavo di conoscere da un'intera vita, in quanto è proprio grazie a lui che ho conosciuto Cheryl, mi ha sorpresa. 
Non mi sarei mai aspettata che infondo a tutta questa questione, anche se non ne era al corrente, ci fosse lui. 
Jordyn è da sempre stato un bravo ragazzo, dolce, premuroso, anche se a volte spariva per intere giornate senza lasciare tracce, su di lui non potevi avere il minimo sospetto. 

Mi ricordo ancora quando lo conobbi, aveva poco più di diciannove anni e io avevo appena finito l'università e stavo aspettando agosto per entrare nel programma di specializzazione dell'ospedale. Ci scontrammo quasi per caso in una fredda giornata autunnale, quando le foglie rosse, gialle e arancioni tempestavano le strade e i sentieri dei parchi dell'enorme Manhattan. Quel giorno di fine ottobre ero andata a trovare mio padre in ufficio in quanto mi serviva la sua firma per poter accedere al mio fondo fiduciario, quando uscì, poco più tardi dal suo ufficio, mi scontrai con Jordyn. 
E' stato uno di quei classici incontri che si vedono nei classici film americani, eppure tra noi è nata da subito una meravigliosa amicizia. 
In quanto lui, stava giusto andando a trovare mio padre, accompagnato dal suo. Non appena mi riconobbe mi saltò letteralmente addosso, avvolgendo le sue lunghe braccia intorno al mio corpo e stringendomi forte a sé in modo caloroso. Io non lo avevo mai visto, né tantomeno avevo mai sentito parlare di lui, eppure lui sapeva esattamente chi fossi. 
Jordyn, o meglio Ryan, suo padre, era un vecchio amico dai tempi dei college di mio padre e quel giorno lo stava andando a trovare dopo diverso tempo che non si vedevano. Loro, a quanto pare, su di me avevano un sacco di informazioni, mentre io su di loro, non sapevo assolutamente niente, quindi immaginatevi la sorpresa quanto questo sconosciuto all'improvviso mi avvolge a sé. Però, non appena si rese conto che io non ricambiavo affatto il suo abbraccio si staccò e per scusarsi, mi offrì un bel caffè bollente, che accettai molto volentieri. 
Nonostante la sorpresa iniziale lo seguì nel bar difronte all'università e come avrebbe fatto la sorella poco più tardi, anche lui mi tempestò di domande. 
Soprattutto era curioso di sapere da me, come ci si sentissi ad essere una bambina prodigio, una bambina speciale e fuori dal comune. E gli spiegai quanto questo aveva complicato la mia vita in fatto di relazioni, infatti non ero molto brava a crearmi dei rapporti e tutt'ora non lo sono, ma sicuramente ha influito molto sulla mia vita sociale, e anche con il rapporto che avevo con me stessa. 

Mi risveglio dal mio veloce flashback, di un Jordyn, di cui all'epoca potevo fidarmi, nel momento esatto in cui Tobias, mi riporta con i piedi per terra, sul terreno non asfaltato che ci circonda. 
L'impatto con la luce del sole è forte, tanto che mi costringe a richiuderli in due fessure. E' inevitabile guardami intorno, cercando una qualsiasi cosa di famigliare, anche una persona per caso che veda la situazione in cui mi trovo. Ma intorno a noi c'è il vuoto assoluto. 
Non c'è anima viva, solo un vecchio terreno, che a vederlo da fuori, sicuramente sembrerà abbandonato da anni. 
Tobias, è tornato nuovamente dentro, e solo adesso mi accorgo di essere osservata dalla persona che al momento avrei solo voglia di uccidere.
Incrocio per qualche attimo i suoi occhi marroni, che mi squadrano esattamente come qualche giorno fa nel suo appartamento. Il suo labro inferiore è stretto in mezzo ai denti, mentre percorre ogni curva del mio corpo. 
«Perché fai tutto questo?» mi viene naturale chiedere.
«Cosa? Di che stai parlando?» chiede a sua volta.
«Perché puntarmi una pistola alla testa con la consapevolezza di non voler sparare?» 
«Perché devi imparare a tenere chiusa quella cazzo di bocca, o ti causerà problemi qualche giorno.» consiglia, avvicinandosi.
«Ah, e so benissimo che non eri tu in bagno. Ti riconoscerei tra mille.» sussurra, a pochi centimetri dal mio volto. 
«E allora, perché non dirlo al tuo capo? Perché farmi passare qualsiasi cosa mi stia per succedere?» indago.
«Come ti ho appena detto, devi imparare a chiudere la tua cazzo di bocca, Charlotte.» dice guardandomi ditta negli occhi. 
La sua figura megalitica e possente si staglia davanti a me. I suoi occhi nei miei, sembrano volermi dire qualcosa, eppure guardo le sue labbra, da cui non esce nessun tipo di suono. 
Sono davanti a lui, e mi sento piccola, una ragazza piccola e quasi tozza, sensazioni che non ho mai provato prima. 
Eppure lui mi fa sentire in questo modo. 
Io non ho idea di cosa stia per succedere, e mentre sono qui, davanti a lui aspettando non so chi, non posso far altro che pensare al fatto che nessuno sicuramente si starà chiedendo che fine io abbia fatto. 
Infondo da quando mio padre è partito per Parigi e poi tornato, non sono passata a casa, sopraffatta dal lavoro e da tutto il carico di stress che si è abbattuto su di me da quando ho conosciuto questo ragazzo misterioso. 
«Perché fai questo lavoro?» la mia domanda è del tutto naturale ed esce spontanea dalle mie labbra, tant'è che mi rendo conto di averla posta, solo dopo.
«Che ti importa? È così difficile per te tenere la bocca chiusa?» il suo sguardo potrebbe essere quasi mortale. 
«Si, cazzo. Mi hai fottutamente rapita, non ho idea del tempo che ho passato in questo stupido posto svenuta, sono rinvenuta e poi sei arrivato tu, con il tuo bel capetto a puntarmi una pistola contro e adesso mi stai portando chissà dove, e io non avrei diritto a farti delle semplici domande?»
«Esatto, non hai nessun diritto.» la sua risposta è fredda, gelida direi. Neanche si prende il disturbo di guardarmi.
«Che cazzo di problema hai, eh?» domando tirandoli un calcio, dato che è l'unica forma di violenza che posso manifestare, in quanto le mie mani sono ancora legate dietro alla mia schiena da questo stupido nastro adesivo.
«Smettila o ti sbatto qui e, subito.» ordina, prendendomi dalle spalle. 
«Ah sì? Perché vorresti pure violentarmi ora? Sarebbe veramente il colmo, Thomas.» impreco nervosa.
«Non ti violenterei mai, saresti tu a pregarmi di farlo.» asserisce totalmente convito.
«Sì, ah-ah, sai che penso? Che ti piaccia un sacco viaggiare con quel minuscolo cervello che ti ritrovi. E scommetto che di minuscolo in te non c'è solo quello.» la frecciatina che gli ho appena mandato, sembra colpire dritto al suo orgoglio. Così mi ritrovo con la faccia schiacciata contro il finestrino di questo stupido furgone nero, mentre il suo gomito preme forte contro il centro della mia schiena, come se mi stesse scopando da dietro e mi tenesse in modo saldo. 
Davvero Charlotte? Stai davvero pensando al sesso in questo momento?
«Ora puttana, vedi di tacere, perché veramente non rispondo più di me.»
«Ah sì? Allora vediamo qual è il tuo limite.» lo sfido.
«Che succede?» interrompe il suo capo. 
«Niente, fa solo la stupida.» risponde lasciandomi stare, dopo aver strattonato la mia testa attraverso i capelli. 
«Mettila dentro, ora arrivano le altre due.» ordina Tobias.
Poco dopo, vedo Michel e Cheryl uscire da quel posto sudicio, accompagnate da alcuni dei ragazzi presenti, tra cui Jordyn. Subito dopo, mi viene messo un cappuccio nero in testa, in modo che non possa affatto vedere dove ci stiano portando. 

Stiamo arrivando verso destinazione, in quanto sentiamo il furgone rallentante lentamente, fino a fermarsi completamente. Chiunque stesse guidando scende, seguito poi da noi che veniamo scortate fuori. Durante tutto il tragitto non abbiamo avuto la possibilità di proferire neanche una parola, del resto anche Tommy e gli altri presenti, non si sono scambiati neanche un ciao. 
Questa situazione non fa che peggiorare, e sono fottutamente spaventata. Cosa diavolo vogliono da noi? 
Perché non spararci subito se volevano che la clamorosa rivelazione rimanesse segreta? 
Perché non ucciderci subito? Che senso ha aspettare?
«Bene, siete arrivate in quella che sarà casa vostra per un tempo indefinito.» annuncia Tobias, togliendoci i cappucci. 
I miei capelli biondi finiscono sul mio viso e una folata di vento peggiora ulteriormente la situazione, in quanto mi ricoprono la visuale e non mi è affatto possibile toglierli, dato che le mie mani sono ancora legate dietro la mia schiena. 
Gli occhi a contatto con la luce di pieno giorno fanno fatica a mettere a fuoco ciò che ho davanti. Ma sbattendo ripetutamente le palpebre e cercando di riaprirle lentamente, riesco finalmente a capire ciò che ho davanti. 
Ci ritroviamo in una maestosa villa, sembra uno di quelle tipiche case messicane che vedi sulle riviste di interior design, quelle che solamente sono proprietà di narcotrafficanti e vengono chiamate rancho. 
È una villa a due piani, almeno così sembra, l'esterno è tutta bianca tranne per il tetto in tegole rosse come nelle case mediterranee, si trova al centro di un vastissimo giardino, o campo se vogliamo, in quanto è tutto enorme. 
Molti alberi ci circondano, e ciò mi fa capire che non ci troviamo in città, e quindi sarà più difficile trovare un modo per uscire da qui vive. 
«Su, andiamo.» grugnisce uno dei ragazzi sospingendoci con le loro armi, puntante sulle nostre schiene. 
Alcuni di loro, ci prendono per i gomiti, e dopo una breve scalinata di pochi scalini, ci conducono all'interno di questa maestosa villa. 
Non appena attraversato il portone d'ingresso, si apre un ampio corridoio molto corto, che si apre a sua volta in un enorme salotto con soffitti alti più di quattro metri, quattro grandi e bianchi divani in tessuto, che pare morbido, si trovano l'una di fronte all'altra, con un gran tavolino in vetro al centro, tutto sopra un tappeto che ricopre quel bellissimo pavimento in parquet scuro di quercia. 
Al centro vi è un grosso lampadario di cristalli ad illuminare il tutto, e alla fine del piccolo corridoio si apre una grande scalinata, da cui sta scendendo un altro ragazzo ancora. 
Biondo, dagli occhi chiari, e dai tratti ben definiti, non è sicuramente americano sembra più ucraino, o russo o comunque dell'Europa dell'Est.
«E queste puttanelle?» esclama non appena ci raggiunge, mentre mangiucchia quelle che presumo siano arachidi.
«Zitto coglione.» esordisce Jordyn. 
«Dovresti prenderne una e scopartela, ma non la biondina, quella è mia.» afferma l'altro, squadrandoci. 
«Quali delle due?» chiedo io, fronteggiandolo. 
«Sicuramente non te, lingua troppo lunga, utile per i pompini, ma non ti voglio proprio sentire lamentarti, quindi te, bella.» finisce indicando Cheryl. 
«Tu prova solo a mettermi in dito a dosso e te lo spezzo.» risponde quest'ultima indicando i suoi pantaloni con il mento. 
«Oh-oh, abbiamo delle belle lingue lunghe qui.» farfuglia, sfiorandole il mento con le dita sporche sulla punta.
«Finiscila cazzo, non sono puttane.» esclama Tommy, continuando a camminare per la mansione.
«E che cazzo ci fanno qui allora?» continua il biondo, a pochi centimetri dal volto di Cheryl.
«D'ora in poi lavorano per noi.» afferma Tobias, comparendo da un corridoio poco lontano dal salotto con una birra fresca in mano. 
«Piuttosto sparami.» dico, guardandolo accomodarsi su uno dei divani. 
«Sai che non mi faccio molti problemi, vero?» ammicca, sorridendomi in modo malizioso.
«Perché non lo fai allora? E lasci in pace le mie amiche? Coglione.» esclamo irritata.
«Bene, non risponderò alla tua provocazione, o finisco davvero per spararti. Ora vi spiego cosa voglio da voi.» afferma, sistemandosi la giacca blu notte che indossa e, devo dire che non gli sta affatto male.
«Coglione.» ribadisco, ma lui non mi sente, troppo impegnato a dare ordini mente si scola la birra dalla bottiglia in vetro.
«Cosa diavolo vuoi da noi?» chiede Michel. È la prima volta che la sento parlare da quando siamo state prese, ed è meraviglioso sentire la sua voce. Tobias la guarda in modo diverso dal suo solito, non la guarda certamente nello stesso modo in cui guarda me, cioè in cagnesco. Penso che questo stupido stupendo infame, sia cotto della mia migliore amica, e i motivi per cui dovrei ucciderlo, non fanno che aumentare. 
«Farete cose semplice, studierete i modi per nascondere la merce per il trasporto da qui a l'East Cost.» dichiara, non staccando gli occhi di dosso a Michel. Ho quasi voglia di strappargli le orbite, così la finisce di fissarla. 
«Ma che cazzo stai dicendo? Mia sorella non la metterai a fare una cosa del genere, scordatelo.» Jordyn sembra furioso, e non ha tutti i torti. Il suo capo gli ha sequestrato la sorella, l'ha tenuta prigioniera ed ora vuole perfino che lavori per lui, anche io sarei furiosa, anzi, lo sono.
«Il problema non è questo, loro neanche sanno che cazzo sia il narco traffico, come puoi mettere la nostra merce nello loro mani?» interviene il ragazzo biondo sedendosi su uno dei divani ancora vuoti.
«Ha ragione, perderemo un sacco di roba in questo modo.» borbotta Tommy, spuntando da un'apertura ad arco dove presumo ci sia la cucina.
«Allora facciamo così, farete semplicemente le ragazze immagine a qualche gala o festa a cui siamo invitati. Infondo non siete male.» esclama Tobias continuando a fissare Michel, stavolta arrivando persino a mordersi il labbro. 
«Senti smettila.» gli dico. 
«Di fare?» domanda in modo strafottente. 
«Di fissarla, e di trattarci come oggetti siamo qui davanti a te, non parlare di noi come se non ci fossimo.» impreco.
«Chiudi il becco.» ordina. 
«Abbiamo delle stanze, o già che ci siete ci avete riservato una stalla?» continuo.
«Per te ho soprattutto una gag ball.» afferma il biondino in modo perverso. 
«Io un po' di palle, dato che tra poco le perderai.» 
«Ti farei dormire veramente in una stalla, troia.» ribatte, incazzato, tant'è che se ne va via furioso.
«Portatele via.» ordina Tobias, alzandosi e uscendo da una porta scorrevole, che deduco dia al giardino. 
Tommy, mi afferra dalle braccia, e mi conduce verso il piano superiore, lungo le ampie scale a doppia rampa. Arriviamo in un lungo e luminoso corridoio, illuminato da enormi porte in vetro che danno su un terrazzo coperto da delle volte a botte che poggiano poi su possenti colonne, formando degli archi a tutto sesto. 
Percorriamo il corridoio arrivando davanti all'ultima porta dopo aver svoltato l'angolo, prende un mazzo di chiavi dai pantaloni e apre la porta in legno nero.
«Entra.» ordina. Decido di dargli retta, e spero in una miracolo, in quanto non ne posso più, le mie braccia sono intorpidite, la circolazione è minima e se non le slega immediatamente rischio di iniziare a non sentirle più per davvero. 
Lui entra subito dopo di me in questa enorme stanza. 
La quale è veramente grande, non pensavo che dato che sono in pratica una "prigioniera", avrei avuto questo lusso. 
C'è un enorme letto appoggiato al muro, con due bei comodini abbinati alla testiera del letto color bianco avorio, sopra vi sono due abat-jour e qualche vecchio libro. 
Davanti al letto, vi è una panca, anche questa in combinazione perfetta con il letto. Dall'altra parte della stanza, un piccolo salottino, formato da un divano a tre posti e una poltrona, posti tutti davanti a un tavolino da caffè e un caminetto a gas. A sinistra del letto matrimoniale c'è una porta, sicuramente sarà il bagno. 
«Stai bene?» mi domanda, avvicinandosi da dietro, mentre con le chiavi che ha in mano, taglia il nastro adesivo stretto intorno ai miei polsi. 
«Mi puoi slegare adesso?» quasi imploro, senza neanche voltarmi.
«Oh, certo.» biascica, prendendo nuovamente il mazzo di chiavi, e afferrandomi le braccia. Pochi secondi più tardi, le mie mani sono finalmente libere. 
Le porto in fretta sotto il mio vigile sguardo, e squadro i polsi che sono del tutto arrossati e martoriati, le mani sono pallidissime, per la poca circolazione che le affluiva e iniziano a formicolare, per il sangue bollente che riprende a circolare in modo troppo veloce.
«Stai bene?» chiede ancora, sfiorando appena la mia spalla.
«Sparisci.» sbraito, sfuggendo dal suo tocco.
«Non starete qui all'infinito, prima o poi si stancherà e vi lascerà andare, e solo per farvi capire che una volta uscite da qui, se dite qualsiasi cosa, lui vi ridurrà a questo stato.» confessa, poggiandosi al divano, davanti al letto e incrociando le braccia al petto.
«Ti ho detto di sparire.» ribadisco, guardandolo appena, mentre continuo a massaggiare i polsi doloranti.
«Non lo farò, dimmi come ti senti.» insiste.
«Ah, perché adesso ti importa?»
«Si, certo.»
«Io ti odio.»
«Tu mi attrai.» ammette, destabilizzandomi.
«Continuo ad odiarti comunque.»
«Non mi sembra che mi odiassi mentre te la leccavo.»
«Spero per te che te la sia goduta, perché la prossima volta che sarai davanti a me, sarà per supplicarmi di non ucciderti a pedate.»
«Ero in ginocchio dietro di te, in realtà.» ammette in modo perverso.
«Sparisci cazzo!» urlo frustrata, voltandomi verso di lui.
Lo odio, cazzo, se lo odio.
«Mi devi una scopata.» dice alzandosi e vendendomi incontro. 
«Levati di mezzo, non ti devo un bel niente.» lo spingo via. 
«Oh sì, invece.» insiste ancora avvicinandosi ulteriormente.
«Lasciami in pace Thomas.» c'e l'ho a morte con lui. 
Sarà possibile dirmi che gli devo una scopata, ma veramente, chi si crede di  essere? Io non gli devo propio nulla, anzi, mi pare proprio il contrario. 
Lui mi deve la libertà. 
Dovrebbe aiutarmi a uscire da tutta questa merda in cui sono coinvolta a causa sua. 
«Sei cosi acida, ma fottutamente sexy.» ammicca, con un sorrisino languido.
«Se ti dico come mi sento, mi lascerai finalmente in pace?» domando confusa e senza più nessuna speranza.
«Forse.» 
«Mi sento imprigionata, mi hai coinvolta in tutta questa merda, mi hai fatto licenziare, mi hai quasi fatto uccidere in quel capannone e poi mi hai puntato una pistola alla testa, come vuoi che mi senta? Mi sento male, sento che da un momento all'altro potrei svegliarmi e realizzare che questo è tutto un incubo, ma so benissimo che non è cosi, quindi lasciami stare ed esci da qui, te lo chiedo per favore.» in pratica lo sto implorando di lasciarmi da sola. 
Perché è questa l'unica cosa di cui sento di avere bisogno: di stare da sola e di riflettere, spremere le meningi e pensare a come uscire da tutto questo. 
Lui mi guarda dritta negli occhi e si avvicina nuovamente, porta le mani alle mie guance e prima che possa allontanarlo mi poggia un bacio dolce sulla fronte, prima di lasciarmi finalmente da sola. 
Lo vedo uscire dalla stanza e mi butto in questo enorme letto a cercare una soluzione. Eppure gli unici pensieri che mi vengono in mente sono mio padre, e perfino quello psicopatico di Bryce. 
Si staranno chiedendo che fine ho fatto? Prima o poi inizieranno a cercarmi no? 
Se la mamma ci fosse ancora penso che mi avrebbero già trovata da un po', e adesso sarei a casa tra le sue braccia a farmi coccolare come quando avevo cinque anni. 
Papà prima o poi mi verrà a cercare, mentre Bryce appena si renderà conto che sono sparita darà una festa e si ubriacherà da far schifo. 
Mi siedo sul letto e rannicchio le gambe a me, abbracciandole con le braccia. Cerco di stringermi il più possibile per cercare di evitare di farmi prendere dal panico. 
Non posso permettermelo. 
Devo restare lucida e vigile. 
Ma nonostante tutte le buone intenzioni, e il desiderio incontrollabile di restare sveglia a pensare, e a cercare una possibile soluzione, le palpebre si appesantiscono e senza neanche rendermene conto mi addormento tra queste morbide distese di coperte bianche che non sanno per niente di casa. 





Tommy's pov.





«Che cazzo di intenzioni hai con lei?» domando alquanto irritato entrando nel suo ufficio.
«Che c'è? A caso ti importa?» risponde, intuendo di chi stia parlando, tirando dal sigaro cubano che ha tra le labbra. 
«Non la ucciderai.» ordino, sedendomi sulla poltrona di fianco alla sua.
«Non ho mai detto di volerla uccidere.» risponde, passandomi il sigaro.
«E allora che vuoi fare?» chiedo tirando appena. Non ho idea neanche del perché io lo stia fumando, puzza da far schifo ed è troppo forte per i miei gusti.
«Beh, è una bella ragazza, farà tutto ciò che gli chiediamo.» ammicca sollevando le sopracciglia. Capisco al volo a cosa si riferisce, ed è anche impossibile che lo stai pensando, Charlotte come schiava sessuale? 
Ma che film hai visto Tobias?
«Scordatelo, non diventerà la schiava sessuale di nessuno.» obietto.
«Dio, rilassati, che ti sei preso una cotta?» bofonchia, riprendendosi il suo odioso sigaro, che si fuma con tutta la calma di questo mondo.
«No, stronzo, solo che non ha fatto niente, così come le sue amiche, dovresti lasciarle andare.» cerco di convincerlo, anche se sarà un lavoro duro, ma vale la pena provarci.
«Qual'e il tuo problema Tommy? Ti stai rammollendo?» chiede girandosi verso di me e guardandomi in modo serio.
«Smettila cazzo, ho ucciso un figlio di puttana traditore, non mi pare di essermi rammollito. Solo che non hanno fatto niente, bastano un po' di minacce qua è là e le teniamo belle e tranquille.» spiego.
«Non basterà, appena ne avranno l'occasione andranno subito alla polizia.» 
«Non lo faranno, sono abbastanza spaventate.» 
Ed è fottutamente vero, cazzo. 
Nei loro occhi ho visti la paura totale di quello che potrebbe succedere. Io so benissimo che non era Charlotte la ragazza che ha visto tutto, è stata la sorella di Jordyn. 
Charlotte non indossava un abito, ma dei pantaloncini, ma Tobias non se ne è reso conto della cazzata che gli ha detto, quindi per ora almeno sono vive tutte e tre, anche se a Michel non storcerebbe neanche un capello. Solo che non capisco quali siano le sue reali intenzioni con queste ragazze. 
«Mi spieghi che intenzioni hai?» chiedo dubbioso.
«Per ora sono utili per presentarsi alle feste con qualche pollastra, così non dovremmo affittare la solita puttana, ma sinceramente? Non ho idea a cosa potrebbero servirci, ma sicuro come la morte che non le lascerò libere.» riferisce.
«Quindi ora le teniamo semplicemente chiuse nello loro stanze?»
«Esatto.» alzo gli occhi al cielo e mi alzo per andarmene.
«Tommy.» mi blocca, prima che riesca a raggiungere la porta.
«Dimmi.» sibilo.
«Fattela passare.» mormora guardandomi negli occhi.
«Beh anche tu, allora.» dico, lasciando il suo studio e chiudendomi la porta alle spalle. 
Ha una cotta che non riesce minimamente a nascondere per Michel, l'ha sempre voluta ed è per questo fondamentale motivo per cui l'ha assunta. 
Poi c'e Charlotte. 
Dio. 
Quella ragazza mi sta facendo letteralmente impazzire. 
Come posso farmi imbambolare da qualcuno in questo modo? 
In questo lavoro non si possono avere distrazioni, e lei è la distrazione più grande che io abbia mai avuto.  
Non ho idea di cosa significhi lei per me, cioè è costantemente nei miei pensieri, e so per certo che non mi è indifferente. 
Lei smuove qualcosa dentro di me, e non ho la più pallida idea di cosa sia, a parte il cazzo, ma c'è qualcosa di più. 
C'è sicuramente qualcosa altro, quando ho voglia di scopare con una ragazza è diverso, con lei invece c'è qualcosa che me la fa desiderare quasi con ogni singola cellula del corpo e non posso permettermi di perdere la testa per qualcuno. 
Sarebbe una debolezza, e le debolezze si pagano. 
Le debolezze sono pericolose. 
Dal momento in cui trovi qualcuno con cui inizi a costruire qualsiasi tipo di cosa, relazione, o quanto altro diventi debole, e i tuoi nemici stanno a passo con le novità. E ci mettono un attimo a metterti fuori gioco.



Spazio autrice. 🌺

Buonasera a tutti.
Eccovi qui un nuovo capitolo, che è anche un punto di svolta per questa storia.
L'arrivo in questa nuova casa, ha sperato le nostre ragazze, e chissà cosa succederà adesso.
Tommy è sempre più attratto da Charlotte, e anche lei sotto sotto..
Adesso vi saluto e continui a scrivere che ho un sacco di idee.
Commentate in tante e lasciate tante stelline.
Vi amo. 💖

Kiss kiss.

Se avete dubbi, o qualche domanda da farmi, potete contattarmi su Instagram: nicoldelacruzalvarez, o su Twitter @imnastygirln.

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