5. Non si può rinchiudere la creatività per troppo tempo

Mabel era una ragazza come tante altre, rimasta nella città di New York dopo quello che venne chiamato dalle generazioni successive come "Il crollo della stabilità". Da quel momento in poi ogni cosa sembrava prossima a un decadimento progressivo, ma nessuno faceva qualcosa per evitarlo, era più semplice ignorare il problema, fare finta che non fosse mai esistito, continuando la propria porzione di vita all'interno di quel mare di esistenze diverse l'una dall'altra. Lavorava, come chiunque altro in quella città, in uno dei tanti uffici adibiti alla burocrazia, l'unica cosa che funzionava ancora, forse male, ma almeno esisteva e rendeva tutti più tranquilli. Era brava a fare le fotocopie, copie su copie di cose che già esistevano, numeri e tabelle, dati statistici, dati di fatto. Non si poteva sbagliare, ogni cosa sembrava essere esattamente come sarebbe dovuta essere, in un continuo fluire di informazioni anonime e uniformate alla società. Ma dentro di sé lo sapeva, che c'era anche altro... 

Le piaceva scrivere, creare storie nella propria mente, immaginare luoghi nuovi e poi renderli reali tramite lettere e non numeri, mettendoli su carta. La faceva stare bene, era la propria valvola di sfogo, il modo che aveva per cambiare le cose nella sua vita, almeno ogni tanto. Ma ovviamente non poteva dirlo in giro, nascondeva i propri manoscritti gelosamente, in una piccola scatola chiusa a chiave, lontano da occhi indiscreti. Non poteva scriverli altrove, ogni dispositivo elettronico era controllato, pronto a segnalare anomalie nel sistema, perché Mabel era questo: una anomalia. Lo sapeva bene, aveva da tempo accettato la propria condizione, consapevole di doverla reprimere fin da bambina, quando pur di non farsi dare della "strana" faceva finta di essere come tutti gli altri. Sapeva anche di aver ereditato quel dono dalla nonna, d'altronde ai suoi tempi c'erano molte più anomalie in giro, gente che credeva davvero di poter cambiare il mondo trasmettendo il proprio messaggio e le loro idee. Ma adesso toccava a lei nascondersi, facendo fotocopie e inserendo dati, in quell'ufficio spoglio e anonimo, realizzato solo per necessità, senza alcuna possibile personalizzazione degli spazi a disposizione. Non poteva personalizzare nemmeno il proprio abbigliamento, era costretta ad indossare una divisa uguale ogni giorno, per evitare di mostrare una qualsiasi propensione a saper abbinare colori e stili diversi. Quello lo faceva di nascosto, disegnando modelli fantasiosi e provando anche a cucirli di tanto in tanto, riponendoli tutti in un baule ben chiuso e anonimo.

 Ma la creatività non si può tener chiusa in un baule per sempre, prima o poi quei talenti esplodono e si mostrano al mondo, nel caso di Mabel bastò il padre, che non appena la scoprì ad indossare uno dei suoi abiti confezionati da sola, decise di portarla alle autorità, nella speranza di guarirla da quella malattia che l'aveva contagiata: la fantasia. Era questo il motivo per il quale si trovava in quella cella, rinchiusa assieme ad altri Ideatori che come lei erano stati più sfortunati di altri, con le proprie abilità e passioni che non vedevano l'ora di mettersi all'opera. In questo caso però Mabel poteva limitarsi solo ad osservare lo svolgersi degli eventi, aspettando il momento giusto per agire. 

Assieme a Nigel si mise a controllare l'esterno, in attesa del momento in cui sarebbero venuti a prelevarli, consentendo così anche a Rey di agire indisturbato, pronti ad avvertire tutti in caso di bisogno. Tutto andò secondo i piani, nessun Vigilante venne a controllarli, anche Kale era tranquillo da questo punto di vista, conosceva abitudini e turni di ognuno, sempre uguali e monotoni, non era preoccupato a riguardo. Le sue uniche preoccupazioni erano quel gas soporifero, ormai neutralizzato, e ciò che sarebbe successo una volta fuori dalla cella. Era consapevole di doversi preparare per uno scontro contro gli altri Vigilanti, decise quindi di appartarsi e sedersi a gambe incrociate, chiudendo gli occhi e respirando lentamente, concedendosi qualche minuto per una meditazione necessaria a riordinare le idee, quelle per le quali era finito lì dentro. Ira invece continuava a passare il tempo senza starsene un attimo fermo, desideroso di tornare alla propria vita all'esterno di quelle mura, mentre Elias decise di osservare meglio Rey, sbirciando ogni cosa per il desiderio di imparare a sua volta, poteva tornargli utile in futuro in fondo, un proposito che attirò ben presto anche l'attenzione di Nigel e la sua mente indirizzata per lo più a creatività di quel tipo, incuriosita da congegni e macchinari da poter smontare e rimontare a piacimento. Una volta che Rey ebbe concluso non si doveva fare altro che aspettare, ed è quello che fecero, fino a tarda notte, quando il sonno non li colse per davvero, ma per la stanchezza.

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Erano pronti, il sabotaggio di Rey avrebbe evitato lo sprigionarsi del gas soporifero, senza al contempo segnalare l'anomalia in alcun modo a chi avrebbe avuto il compito di azionarlo. Dovevano solo aspettare il giorno successivo, quando sarebbe stata ora di fingersi addormentati per farsi aprire la cella e da lì in poi... improvvisare. Ma le cose non sono mai come ci si aspetta, e nessuno in quella struttura poteva di certo immaginare cosa sarebbe successo quella notte, o per meglio dire quasi nessuno. 

Erano già tutti a letto quando una scossa improvvisa fece vibrare le pareti della cella, così forte da svegliarli di soprassalto, seguita da urla e spari al di là della porta, perchè un'esplosione aveva appena creato il caos. Tutti si guardarono l'un l'altro, l'unico più tranquillo e pacato era Rey, come se sapesse già cosa sarebbe accaduto, infatti nell'avvicinarsi alla porta sembrò essere in attesa, fermandosi a pochi metri di distanza dall'ingresso, poco prima di veder comparire una lucina verde a segnalarne l'apertura 

- E' aperta -

lo sconcerto sul volto di Kale mentre pronunciava quella constatazione era palese, e nel rialzare lo sguardo verso Rey cercava proprio da lui delle risposte, le quali però doverono aspettare a causa della reazione risoluta di Ira nel prendere l'iniziativa 

- E che aspettiamo allora? Usciamo forza!

fu effettivamente il primo che istintivamente aprì la porta per uscire all'esterno, ritrovandosi in un corridoio ormai deserto, eccezione fatta per un paio di uomini che li stavano aspettando dall'altro lato. Non si trattava dei Vigilanti, non avevano le loro divise, e tutto faceva pensare a ben altro. Uno dei due, nell'esaminare anche gli altri che nel frattempo iniziarono ad uscire, domandò senza esitazione 

- Chi di voi sa usare un'arma?

indicandoli con un cenno del capo in attesa della risposta che giunse presto proprio da Ira per primo, per poi essere seguito da Maeve che alzò le spalle con noncuranza prima di rispondere 

- Io imparo in fretta

Kale annuì a sua volta, mentre per quanto riguarda Rey, evidentemente non c'era nemmeno bisogno di chiedere, dato che gli venne fornita fin da subito una pistola da usare. Il più interdetto di tutti era Elias, che osservava la scena in silenzio al fianco di Nigel, ugualmente sorpreso, seguendo con lo sguardo le armi che venivano distribuite 

- Un attimo, calma! Voi chi siete?

disse verso entrambi, dimostrando di essere più diffidente di quanto potesse apparire, ma ricevette come risposta nient'altro che un cenno per spronarlo a seguirli in fretta, un invito incoraggiato anche dal suono degli spari in lontananza. Il percorso verso l'uscita fu decisamente inaspettato, Kale non si ritrovò da solo ad affrontare i Vigilanti come credeva, la scorta che li voleva portare all'esterno non si limitava a quei due uomini, ne trovarono altri lungo il percorso, ma fu comunque essenziale la sua conoscenza della struttura per trovare la via più breve. Mentre procedevano infatti invitò tutti a seguirlo per una scorciatoia che si snodava all'interno dell'edificio, una zona più appartata che in pochi potevano conoscere. Incamminandosi lungo i corridoi giunsero così in una sorta di laboratorio, apparecchiature mediche e vecchi computer potevano dare l'idea che in quella zona si eseguissero ricerche di diverso genere, ma ovviamente non era così. Nigel fu il più incuriosito a riguardo, e chiese proprio a Kale di cosa si trattasse 

- E' il modo in cui dicono di curarci, una volta catturati eseguono la procedura, inibendo l'emisfero destro del cervello, quello nel quale risiede la nostra creatività, le nostre emozioni, il nostro subconscio più irrazionale

e bastò questa come spiegazione per incoraggiare tutti a fuggire il più presto possibile da quella struttura.

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