1. Nessuno cercava una soluzione, nessuno la trovava
Il respiro stava iniziando a trasformarsi in affanno, camminare per tanti giorni senza essere pienamente sicuro di poter raggiungere la propria destinazione lo aveva sfiancato del tutto, l'acqua stava finendo, e le poche gocce rimaste le conservava preziosamente per bagnarsi ogni tanto le labbra seccate dal sole. Quel deserto in New Mexico era decisamente più inospitale rispetto ad anni prima, le temperature si erano alzate esponenzialmente da quando il clima aveva deciso di voltare le spalle all'umanità.
Eppure nessuno cercava una soluzione, di conseguenza nessuno la trovava.
Nigel sapeva bene che ci sarebbe potuto morire in quel deserto, e che nessuno se ne sarebbe accorto, eppure non si arrese, decidendo testardamente di raggiungere Santa Fe, unica città rimasta vivibile in quello Stato. Il passo lento e trascinato emetteva un suono soffuso mano a mano che avanzava, trascinando via con sé polvere, sabbia e sassolini levigati dal tempo.
Deglutiva a vuoto, cercando ristoro dalla poca saliva che gli era rimasta in gola per non morire di sete. Indossava un abbigliamento logoro, che serviva solamente a ripararlo dagli insistenti raggi solari, e uno zaino sulle spalle che doveva averne viste tante, anche troppe.
Nel momento in cui le iridi chiare intravidero i contorni sfuocati della città, potè dirsi salvo, facendo emergere un flebile sorriso sulle labbra, sollevato e nuovamente speranzoso. Ma il passo rimase il medesimo, sfiancato e con le poche forze rimaste fece un ultimo sforzo per raggiungere il perimetro della città, consapevole di cosa lo aspettasse una volta dentro.
Avrebbe dovuto riferire le proprie generalità, seguire un iter burocratico lungo e più stancante del deserto stesso, consegnare le proprie cose e richiedere il permesso per prenderne altre. Sarebbe stato sottoposto ad alcuni controlli, e solo dopo aver dimostrato di essere una persona normale e innocua sarebbe potuto entrare liberamente, varcando quella soglia che segnava il confine tra la vita e la morte.
Erano tutte cose che aveva già fatto, meccanicamente venivano ripetute senza nessun cambiamento, senza nessuna voglia di migliorarle o renderle più veloci. Nessuno ne sentiva il bisogno. Era una condizione che ormai andava avanti da anni, e che per quanto fosse sbagliata sembrava essere l'unica possibile agli occhi di tutti. Il mondo era così, non c'era alcuna soluzione, tanto valeva arrendersi all'idea e adattarsi senza fare lo sforzo di immaginare di meglio.
Conclusi i controlli di routine era arrivato il momento di acquistare nuove provviste, trovare un luogo dove restare per la notte e al contempo ristorarsi per recuperare le energie. Non era cambiato nulla dall'ultima volta, le case erano sempre le stesse, anche le persone, e non c'era nessuna novità nei dintorni. Quel dodicenne che osservava seduto dalla soglia di casa i passanti era diventato un po' più grande, ma continuava a osservare, senza fare nulla.
Ricordava di non averlo mai visto con un giocattolo in mano da piccolo, o intento in qualche occupazione diversa da quella. Se si alzava lo faceva solo per dare una mano al padre, il quale a sua volta si limitava a estirpare le erbacce per strada, giusto perché era logico farlo, in caso contrario sarebbe stato difficile camminare e poter commerciare.
C'era anche la stessa signora di mezza età che aveva una bancarella lungo un viale, abbigliata in modo anonimo così come tutti, e vendeva ciò che trovava in giro ma poteva tornare utile a qualcuno, riciclando quelle stesse cose che trovava quando qualcuno se ne liberava dopo averle acquistate sempre da lei.
E infatti c'era la stessa mercanzia di anni pima, nulla di nuovo.
L'aria pesante della città si faceva sentire, il caldo era attenuato solo perché si poteva trovare rifugio sotto l'ombra di qualche palazzo più alto, ma per il resto l'inospitalità della zona circostante non mancava di farsi sentire prepotente anche nel centro cittadino, lì dove invece si sarebbe dovuto trovare ristoro.
L'insegna di un Hotel, sbiadita dal tempo, gli fece comprendere che era tempo di fermarsi e chiedere per un alloggio, era ormai tardi per esplorare le vie mercantili della città, conveniva riposarsi e attendere il mattino dopo, nella vana speranza di trovare qualcosa di diverso dalle solite cose. Entrò e iniziò a compiere le solite procedure per chiedere una stanza, senza notare grossi cambiamenti all'interno, così come non ne avrebbe trovati nel proprio alloggio.
Arrivato infatti notò lo stesso letto, le solite tende, ma l'armadio invecchiato rispetto all'ultima volta, evidentemente i mobili avevano più voglia degli esseri umani di mutare la propria condizione. Si stese sul letto e chiuse gli occhi, stanco e debilitato, vivo solo grazie a quanto consumato prima di salire per riposarsi.
Cadde in un sonno profondo senza nemmeno rendersene conto, bastò un istante per farsi abbracciare dalle braccia di Morfeo, pronto a immergersi in quella zona pericolosa della propria mente, quella che da sveglio poteva reprimere, peccato che i sogni non si possano imprigionare. Se solo in giro si fosse saputo che aveva ancora la capacità di sognare, lo avrebbero di certo rinchiuso da qualche parte, solo i folli possono farlo, i cosiddetti Ideatori.
Le vie mercantili della città offrivano uno spettacolo che non dava molta scelta, c'erano provviste racchiuse in scatole senza etichetta, oggetti trovati in giro, e qualche arma di fortuna per ogni evenienza. Non c'erano libri, quadri o strumenti musicali. Nulla di tutto ciò che concerneva la sfera artistica veniva esposta ormai da anni, e non perché c'era un divieto, ma perché nessuno ne sentiva il bisogno.
Era naturale pensare che logicamente erano ben altre le cose più importanti, e che si doveva dare la giusta attenzione ai bisogni primari per poter sopravvivere. Nigel camminava guardandosi attorno, e non poteva fare a meno di chiedersi come doveva essere prima il mondo, quando l'immaginazione esisteva ancora. Stava giusto pensando a ciò, quando d'improvviso qualcosa ne smosse ogni istinto più profondo, facendone vibrare l'animo e scaldandolo di una rinnovata energia vitale: musica.
Bastarono poche note per rivitalizzarlo più di quanto avesse fatto ciò che aveva mangiato la mattina a colazione, e nell'espandersi per l'aria attirò anche l'attenzione di tanti altri, ma fu solo Nigel a muovere qualche passo verso la direzione dalla quale proveniva. Un sorriso trattenuto faceva fatica a non ampliarsi mano a mano che si avvicinava alla fonte della musica, mentre l'udito cercava di comprendere che direzione prendere. Ma fu la vista ad aiutarlo, perché oltre la musica vide colori, sgargianti e nuovi, impressi sulla superficie di un muro in modo casuale, creativo, fantasioso.
C'era un intero mondo in quei colori, e la musica contribuiva ad aiutare quell'artista che li stava spalmando sulla ruvida superficie del muro, eseguendo tratti talvolta spessi, altri sottili, con il solo scopo di creare una immagine del tutto nuova, unica e mai vista prima. Ma non fece in tempo a compiere un solo altro passo, fu costretto a fermarsi nel constatare come stesse sfiorando in modo fin troppo azzardato il pericolo, e la comparsa di una vettura dei Vigilanti della città gliene diede la conferma. Deglutì e si nascose all'ombra di una parete, osservando la scena che si venne a creare davanti ai propri occhi
– Prendete quel pazzo! –
urlavano, mentre il ragazzo cercava di recuperare in fretta e furia le sue cose, i colori, il vecchio registratore dal quale si spandeva la musica, e ogni altra cosa che fosse una prova della sua follia. Ma non fece in tempo, venne preso e portato via, lontano dalla propria creazione, la quale in seguito venne presto coperta da altra vernice nera e cancellata dalla città.
Era troppo, le emozioni per quella scena appena vista lo stavano assalendo galoppanti una dietro l'altra, creandogli una instabilità difficile da gestire. Corse verso l'Hotel, salì le scale per raggiungere la propria stanza e chiuse a chiave la porta poco prima di crollare sul letto
– Basta, Basta! –
lo diceva a sé stesso, premendo il cuscino sulla propria testa nella vana speranza di placare così quel suo bisogno innato di pensare, immaginare, creare. Sapeva bene di essere uno di quei pochi individui rimasti sulla terra che erano ancora in grado di riuscirci, ma sapeva altrettanto bene che ormai quel dono era visto come una piaga, una pericolosa malattia da estirpare, una pianta velenosa che poteva creare solo guai.
La sua creatività era diversa da quella del ragazzo, a Nigel piaceva inventare cose, assemblare e costruire. Aveva già avuto diverse idee su come risolvere il problema dell'acqua potabile in città, rendere la zona più fresca, aiutare chiunque a non dover per forza arrangiarsi ogni giorno alla ricerca di un pasto. Ma non poteva rivelarle, sarebbero sembrate solo le parole di un folle, un visionario che delirava e diceva cose senza alcun senso. Ma quella immaginazione scalpitava cercando di fuoriuscire, tramite sogni e idee continue che gli frullavano per la testa senza la possibilità di esporle per cambiare le cose e migliorarle.
Non poteva fare la differenza, doveva nascondersi o sarebbe stato catturato, era costretto a reprimere la propria immaginazione e far finta di non averne come chiunque altro. Eppure qualcosa gli diceva che una speranza doveva esserci, ed era sintomo di quella sua stessa malattia il voler credere possibile ciò che invece è impossibile.
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