Capitolo 9- la Creatrice osserva
I'll never smile again
Until I smile at you
I'll never laugh again
Si svegliò nell'angoscia più totale, al sentire il suono profondo e rimbombante di quella canzone.
Non ricordava molto della sera prima, tranne vaghi e confusi ricordi, come i volti simmetrici e sorridenti di Evander ed Emeline.
Vince si alzò dal letto di scatto, continuando a udire quella melodia dai bassi talmente profondi che gli sembrò provenisse dal suo stesso corpo.
Come se un piccolo giradischi dentro la sua mente diffondesse la canzone.
What good would it do
For tears would fill my eyes
My heart would realize
That our romance is true
Aprì la porta, inconsciamente, sentendosi attirare da qualcosa di inspiegabile che si celava al di fuori della sua stanza d'hotel.
Camminava scalzo lungo il corridoio, ma non sentiva il freddo delle mattonelle a contatto con la sua pelle nuda, né percepiva niente che non fosse quella melodia.
I'll never love again
I'm so in love with you
I'll never thrill again
To somebody new
Senza che se ne rendesse conto era fuori, immerso fino alle caviglie nella terra arida e fredda d'inverno, mentre sentiva il pizzicore degli steli di bucaneve solleticargli i piedi.
Ma avanzò comunque, perché niente riusciva a sentire.
Né un'emozione né un singolo pensiero che non fosse il desiderio ardente di trovare la fonte di quel suono.
Camminò tra i rami, il terriccio umido di pioggia e le foglie secche e marce, arrampicandosi sulle rocce gelide e lisce e attraversando un torrente più simile a un rivolo d'acqua... senza sentire nulla.
Era nel bosco, in quel momento, in mezzo a quella foresta cupa e al contempo candida, grazie a tutti i pioppi lattei che la tempestavano.
Fu quando la musica si fermò di colpo e Vince scontrò qualcosa di simile a un foglio, che alzò lo sguardo, fino a quel tempo tenuto basso a osservarsi le punte dei piedi.
C'erano centinaia e centinaia, forse migliaia di foto. Tutte uguali, tutte perfettamente intatte, attaccate ai tronchi e ai rami di tutti gli alberi di quel bosco, che andavano a creare un paesaggio confuso e straniante, simile a un sogno febbrile.
Vince si avvicinò a un pioppo ricolmo di istantanee per osservare meglio il soggetto.
Lo guardò e provò un sentimento inspiegabile e distorto nel notare che era un occhio.
Tutte quelle foto rappresentavano la stessa immagine di un occhio chiaro, bello, dalle ciglia lunghe e folte, contornato da una pelle pallida ed eterea.
Vince staccò l'istantanea dal tronco, voltandola e leggendo la frase che sembrava scritta a macchina.
"Creatrix observitat"
«La creatrice osserva.»
Una voce limpida e sussurrata, suadente e agghiacciante, aveva parlato e sembrava essere ovunque e da nessuna parte, senza corpo, inconsistente.
Vince si voltò a quel mormorio, guardandosi intorno senza riuscire a notare nulla che non fosse quella miriade di occhi che sembravano puntare tutti su di lui.
Si accorse ben presto che quella non era solo una semplice sensazione quando l'occhio nell'istantanea che teneva in mano sbattè la palpebra, per poi girarsi nella sua direzione a osservarlo.
Urlò.
Urlò più forte che potè, urlò finché credette che i polmoni non gli sarebbero esplosi, e urlò quando la foto gli si sgretolò tra le mani, trasformandosi in candidi e microscopici pezzi di guscio d'uovo.
Vince si svegliò di soprassalto, annaspando tra le lenzuola, e gli sembrò che quelle non lo volessero lasciar andare.
Si guardò intorno, affannato, con ancora impressa in mente l'immagine di quegli occhi luccicanti e scrutatori.
Si passò una mano sulle guance imperlate di sudore, sbuffò, chiudendo gli occhi.
Poi guardò la sveglia.
Le nove e trentatré.
«Desidera qualcos'altro? Come un cappuccino, un caffè?» chiese il cameriere prendendo con sè il piatto colmo di briciole e macchiato di marmellata ai mirtilli che giaceva di fronte a Vince.
«Sì, un... credo un tè» rispose lui, distaccato, mentre osservava l'uomo al tavolo vicino al suo.
Teneva in mano un giornale che, tanto era vecchio, aveva assunto un colorito smunto e giallino.
«Subito» rispose il cameriere, prima di scomparire oltre le porte della cucina.
Vince sbattè le palpebre più volte per mettere a fuoco ciò che era scritto sulla prima pagina del giornale.
Sgranò gli occhi fino a che non riuscì a leggere dei frammenti di parole.
La nazione... Valentino
Sbattè le palpebre con più forza, riuscendo a vedere più nitidamente.
La nazione è in lutto per Valentino.
L'attore hollywoodiano ha incontrato la morte ieri sera.
Valentino.
Vince si ritrasse a pensare per qualche attimo, tenendo sotto tiro le pagine di giornale che si muovevano.
Rodolfo Valentino.
Istintivamente tornò a osservare la prima pagina di quel giornale, sforzandosi di decifrare la data, ma quella era troppo piccola e lui troppo miope per poterla vedere nitidamente.
«Ecco a lei.» Il cameriere era già tornato, tenendo tra le mani una tazza di porcellana bianca.
Vince lo guardò confuso.
È entrato in cucina... non più di un minuto fa.
«Grazie» Vince lo scrutò sorridere gioioso e sentì le spalle e le braccia rabbrividire.
Osservò la tazza davanti a lui, per poi scrutare con disgusto l'uovo alla coque che non aveva ordinato.
Quando l'uomo se ne fu andato, Vince sbuffò fuori l'aria che aveva inconsciamente trattenuto fino a quel momento.
Rilassò i muscoli, dando un'occhiata distratta all'uovo.
Iniziò a rompere il guscio con il cucchiaino, forse solo per noia.
Ruppe fino a che non riuscì a scorgere il tuorlo.
In una frazione di secondo la sua espressione rilassata si tramutò in una maschera di orrore, quando voltò di scatto il viso per osservare di nuovo quell'uovo.
Lanciò un urlo terrorizzato che fece voltare tutti i presenti, mentre lui indietreggiava, strusciando la sedia su cui era seduto contro il parquet del pavimento, tentando di fuggire da quel tuorlo a forma d'occhio.
Non era arancione, né normale.
Era un occhio vero, reso lucido dall'albume crudo e trasparente, che si stava squagliando sempre di più.
Vince spalancò le palpebre, atterrito, mentre tastava il cuscino.
Chiuse i palmi delle mani, sentendo le unghie affondare nella carne pur di essere certo di non star sognando un'altra volta.
Rimase a guardare il nulla per qualche secondo, con un dubbio atroce a danzargli in mente.
Era certo di non star sognando ancora?
Arrivò nella sala colazione quando tutto era già stato sparecchiato.
Non che avesse fame: come poteva avere fame dopo ciò che aveva sognato, o forse visto?
«Posso aiutarla?» si sentì domandare alle spalle, voltandosi di soprassalto poco dopo.
Davanti a lui c'era un cameriere dall'aria familiare.
Forse era quello del suo sogno, ma non lo aveva mai visto prima.
L'anno prima sua madre le aveva comprato un National Geographic, perché a suo parere rendeva tutti "più intelligenti".
Vince ricordò, come se quell'informazione l'avesse conservata in un cassetto delle memorie proprio per quel momento, di uno studio scientifico, dove dicevano fosse impossibile sognare volti che non si conoscevano nella realtà.
«Allora... posso aiutarla?» Ripetè l'uomo, confuso, mantenendo quel sorriso amichevole che sembrava essere lo stemma di tutti gli abitanti di Fostemoon.
«No. Grazie.» Vince si avviò verso le spesse porte d'uscita, non prima di aver scoccato un'occhiata al cesto contenente diversi giornali che era appoggiato su uno dei tanti mobili di legno scuro che arredavano l'ingresso.
Si avvicinò al cesto, per leggere la prima pagina del quotidiano.
La nazione è in lutto per Valentino.
L'attore hollywoodiano ha incontrato la morte oggi stesso.
Lunedì 23 agosto, 1926
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top