29. Come Dorian Gray

"Le follie sono le uniche cose che non si rimpiangono mai."
Oscar Wilde


Forse Kilian si è perso davvero fra le pagine di un romanzo gotico come quello scritto da Oscar Wilde. Lance ne sta sfogliando le pagine, leggendo e saggiando informazioni, cercando di carpire frammenti di quell'esistenza anonima che non gli è concesso conoscere. Ha lasciato Ayar da sola con lui, certo che sappia cavarsela – non ha mai dubitato delle sue capacità, e ancora meno ne ha dubitato quando le ha visto strappare il cuore di Kilian a mani nude. Neppure Lance è mai riuscito a fronteggiarlo, rapito dalla paura, perché lo ha sempre visto come il creatore, colui che gli ha infettato e iniettato quel male che l'ha corroso per secoli, e non ha mai pensato di ribellarsi, né di fargli del male, perché sa di essersi cacciato in quel guaio da solo e di essersi condannato in maniera autonoma all'immortalità. 

Kilian, infatti, ha solo le colpe di essere un padre simile al dottor Frankenstein, un uomo che crea la sua creatura e pone un rimedio alla fragile mortalità umana, e poi la disprezza e cerca di cambiarla – come ha fatto quando ha cercato di spegnere la sete dei suoi esperimenti, senza successo, e si è reso conto di aver generato dei mostri, individui ormai privi della loro parte umana.

Lance avverte dei rumori dietro di sé e si volta verso Edvin. Regge delle taniche di benzina fra le dita, ne allunga una nella direzione dell'altro. «Possiamo farlo.»

«Pensi che funzionerà?»

Edvin scuote il capo. «No, certo che no. Lo indebolirà, ci darà il tempo di scappare, ma non lo ucciderà.»

«E allora perché lo stai facendo?»

«Perché non voglio perderla.»

Lance si ferma, gli rivolge uno sguardo freddo. «Lei è così importante per te da portarti a tradire Kilian?»

«Loro sono diversi. Ayar vuole davvero starmi vicino per sempre.»

«L'eternità è un tempo molto lungo. E se non andasse come credi?»

Edvin rimane immobile. «Si può sapere da che parte stai?»

«Dalla vostra, sono con te e Ayar, ma non sono certo che il vostro piano sia geniale come cercate di farmi credere. Sarà solo un immenso casino. Finirà tutto

«Probabile. In ogni caso è sempre meglio provarci, no? Sono anni che desidero la vendetta. Da solo non potevo farcela, ora mi sento meno debole. Abbiamo una possibilità.»

Lance sospira. «Tu non capisci. Non falliremo solo con Kilian, stiamo perdendo anche contro di loro.»

Edvin ignora le sue ultime parole. Non possono parlarne, è pericoloso.

Sopprime quel viscido presentimento, ma non riesce davvero a scacciarlo via.

Lance ha ragione.




Ayar è ancora impegnata a replicare a qualunque tentativo di Kilian di trovare un accordo che sancisca la pace fra loro.

«No, Kilian. Non sarò mai il tuo burattino.»

Kilian sa che è tutto finito, che non ha davvero nessun modo per impedire alle sue creature di ribellarsi. Succede tutte le volte, e fa sempre male, anche se lei non lo può vedere.

E allora preferisce confermare di non avere emozioni e di non essere incastrato e vittima delle circostanze.

«Sei già stata il mio burattino. Hai rapito le ragazze per me, ho usato il tuo corpo per trarre piacere dalla tua morte, sei stata sotto il mio controllo innumerevoli volte. Certo, hai anche fatto diverse follie, ribellandoti alla mia presa, eppure ho comunque vinto io.»

Avverte dei rumori in corridoio e la porta si spalanca all'improvviso.

Edvin ha gli occhi che brillano d'inferno e fiamme, di buio e ombre. Lance, al suo fianco, un'altra tanica di benzina fra le mani, sembra un po' più titubante, ma Ayar legge nei suoi occhi che si atterrà al piano originale, e allora emette un sospiro di sollievo e si prepara a sfuggire dietro di loro per proteggersi, o almeno è il pensiero che formula prima di agire, ma non fa in tempo e quel misero secondo d'incertezza la ingabbia nelle grinfie del lupo.

Kilian le afferra un braccio e la tiene davanti a sé, la mano sinistra corre a stringerle la gola, a rimarcarle la pelle con presa dolorosa, le unghie che affondano nella carne e le fanno sanguinare il collo.

«Volete lasciare bruciare anche lei? Davvero?», chiede con arroganza, con una cattiveria tipica della sua anima. «Mi fidavo di voi due, siete solo dei traditori. Vi ho salvati, mi sono preso cura di voi, vi ho dato da bere quando avevate sete, vi ho regalato la vita eterna, vi ho offerto la mia protezione... e voi pianificate di darmi fuoco.»

Kilian non è mai stato così arrabbiato. Le sue dita bruciano la gola di Ayar, sembrano mandarla a fuoco mentre rantola in cerca di aria.

Le dita dell'altra mano scendono sulla sua schiena, percorrono la spina dorsale, lente, fino a fermarsi all'altezza del cuore, fra le scapole, lì dove potrebbero sorgere ali piumate se solo fosse speciale, e invece non è altro che un corpo umano privato delle caratteristiche che lo rendono tale. Le unghie scavano nella pelle, si fanno spazio nella sua carne per sfiorare il muscolo che pulsa vivo nella gabbia toracica più in basso, il martellio del sangue è incessante, le vene sono piene di sangue che scorre e a Kilian piace sentirle rompersi e tagliarsi.

Le strappa via il cuore e un rivolo di sangue percorre il mento di Ayar, che si affloscia in avanti e viene sorretta dalle sue braccia – non vuole che il suo corpo venga deturpato anche dai lividi. Una piccola premura inadatta e priva di senso.

In fondo ama tutte le sue creazioni.

La lascia cadere morta sul letto, le pupille vitree e fisse verso i volti degli altri due, che lo guardano con le taniche di benzina ancora immobili fra le mani.

«Ci metterà qualche ora a tornare indietro, bruciatemi pure con lei qui dentro, sono sicuro che lo troverà divertente.»

Edvin rimane immobile. Il loro piano è andato in fumo prima ancora di attuarlo. Vorrebbe mordersi la pelle fino a farla sanguinare per punirsi, come può essere stato così sciocco?

È bastato un imprevisto, è bastato lasciarla un istante con lui per fargli scoprire tutto e mandare al diavolo la loro unica possibilità.

Credeva davvero di poter fuggire via con Ayar e lasciarsi quella vita di stenti e mostruosità alle spalle.

Invece dovrà rimanerci incastrato per sempre. Non può fuggire dalla loro gigantesca e splendida tomba sotterranea, come non si può scappare dall'inferno.

«Te lo avevo detto, Edvin. Il vostro piano faceva schifo», ha bisogno di commentare Lance, posto di fronte a quella scena grottesca e consapevole dal principio della follia che stavano facendo.

Poteva schierarsi dalla parte di Kilian, ma Lance, al contrario degli altri due, sa che stanno dichiarando guerra al nemico sbagliato, e l'importante è che non comincino a prendersela con il sistema.

Tutto finirebbe, e non può succedere.

I pensieri di Edvin sono rivolti in tutt'altra direzione.

Non vuole essere libero senza Ayar, non avrebbe più niente. Non può lasciarla con lui.

Il suo cuore è sul pavimento, un grosso grumo di sangue che si espande in una pozza vermiglia sul bianco. Non batte più, non è parte del suo corpo, ma si rigenererà e ne avrà uno nuovo che batte nel petto, perché Ayar non può morire, e non può morire nemmeno Lance, né Kilian.

Lui è l'unico che deve fare i conti con la morte.

E quando la bacia non vorrebbe tornare indietro.

La morte è silenziosa e pacifica, vorrebbe che quella fine spettasse ad Ayar. Non vuole che soffra ancora, ma è tutto un paradosso confuso e non è in grado di esistere senza di lei, non vuole sopravvivere a quella finta esistenza claustrofobica, sempre costretta e rapita dagli occhi maledetti del sistema. Loro guardano, guardano sempre, e Edvin lo sa ma tace, perché se viene fuori e comincia a distruggere la quarta parete finisce male, gli ripristinano i ricordi, lo fanno tornare allo stadio originale.

Perde tutto se stesso e poi Kilian deve aiutarlo a rimettere insieme i pezzi.

Kilian è crudele, è rancido, è spietato, malato, ossessivo, mostruoso, aberrante, grottesco.

È inferno mascherato di candido bianco che annulla il rosso del sangue.

Kilian che ha sempre odiato quell'icore che sgorga dalle ferite e macchia. Si ripulisce le dita sulla coperta, cancella e sopprime lo sporco che gli deturpa la pelle per colpa di Ayar.

Edvin lo intuisce quando lo guarda, trasuda una calma apparente e totalizzante. Eppure vorrebbe guardare dentro di lui, scavargli nella pelle per comprenderlo, finalmente. Arrivare a conoscere la sua vera essenza, perché ha sempre il presentimento di non essere a conoscenza dei troppi dettagli che lo circondano.

Kilian non sarà mai mostruoso quanto il sistema. Edvin non conosce i volti di coloro che spiano tutti, ma sente pesare in ogni momento le loro pupille vuote.

Sono individui ipnotizzati davanti agli schermi, impegnati a fissare per tutto il tempo le vite altrui perché non è concesso né sicuro viverne di proprie.

Quelli con il sistema non gli sono mai sembrati normali. Sono sadici, ma terrorizzati dall'idea di infettarsi e divenire immortali al punto di spendere la loro vita a fare gli automi. Il sistema ha spento la loro parte umana – e Kilian non ha mai compreso come si fa e ha tentato per anni di copiare le loro mosse per arrivare ad asservire qualcuno nello stesso modo.

Kilian non c'è riuscito come il sistema, ha ottenuto strambe varianti. Le sue creature non sono tutte sottomesse a lui. Le vittime non possono fare altro che obbedire, mentre loro tre hanno iniziato a discostarsi dai suoi ordini.

Edvin non ha mai violato così tante regole e non è mai stato libero di essere così impulsivo. Ayar lo segue nelle sue follie, Kilian tenta di sfruttarlo per scopi malsani.

Edvin preferisce lei perché riesce a farlo vivere, e Kilian invece lo fa sopravvivere a stento.

Abbassa il capo, abbandona la tanica fuori dalla porta e poi torna dentro, si carica Ayar sulla spalla, grato che sia piccola e leggera.

«Dove pensi di portarla? Non vi lascerò liberi di architettare un nuovo modo per farmi fuori», li ferma Kilian.

«No, infatti, il mio obiettivo non è più questo. Non voglio ucciderti, sarebbe comunque inutile, e lo sappiamo entrambi», Edvin fa una pausa, «ma ora che hai raggiunto il tuo obiettivo con le ragazze, io sono libero. Non ho più niente da fare qui, non sono il tuo schiavo né il tuo burattino.»

Lance rimane immobile, ascolta quella conversazione e vorrebbe non essere lì, si sente di troppo, sa che ormai sono tutti e tre uniti contro lo stesso mostro informe, ma continua a essere il mostro sbagliato.

E Lance non pensa di essere poi così diverso da Kilian. Lo comprende, può capire ciò che prova, e sa che non è colpa sua. È sempre il sistema il vero problema, l'antagonista principale nascosto dietro alle strane vicende che devono vivere.

«Non potete andarvene senza di me. Non avete un posto dove stare. Non sareste più sotto la mia protezione, ricordatevi che se non vi è mai successo niente è solo grazie a me.»

Edvin stira le labbra in un ghigno, fermo sull'uscio.

Abbandona Ayar nelle braccia di Lance, la lascia a lui come se fosse solo un oggetto da tenere per qualche istante, le pupille brillano di buio. Si rovista nelle tasche e trova un coltello, poi dà le spalle a Kilian. Usa la lama per incidersi la pelle sulla nuca, con la punta traccia una linea orizzontale e poi scava, anche se sente il dolore e il sangue gli investe il collo e imbratta i vestiti, incollandoglieli addosso fra vernice e battiti del cuore sempre più veloci. Fa male, ma rimuove via il marchio, la luna sormontata da crateri informi che tutte le creature di Kilian hanno, un simbolo della loro appartenenza a qualcuno dalla parte del sistema che si occupa di tenerli a bada. Quel marchio li protegge, perché Kilian ha stipulato un patto con il sistema stesso – ha negoziato per anni con loro, sempre in cerca dei privilegi migliori, e li ha ottenuti. Ottiene sempre quello che desidera.

Solo Lance sa che non è abbastanza. Solo lui vede Kilian per quello che è, e sa di non poter cambiare la visione degli altri due.

Edvin stringe il lembo rimosso della sua pelle fra le dita, il sangue che continua a scorrere, fiume d'icore, cruore che tutto divora, un controllo che viene per sempre cancellato. La fine di un'era, per loro: l'eternità trascorsa insieme a progettare nuovi modi di manipolare e plasmare le menti umane, e tutto viene spento dalle ceneri che il fuoco divampante di Ayar ha lasciato. Perché lei è fiamme e inferno, però talvolta muore, e tace, e non respira neppure, e dunque è solo grigio e tizzoni prima ardenti, ma ormai spenti. 

«Andiamo via, Kilian. Mi dispiace.»

Non gli dispiace davvero. No, è felice di averlo distrutto, e sa che l'ha ferito, sa che gli ha fatto male, e per una volta non gli importa perché Kilian merita di sentire almeno le briciole del dolore che ha causato agli altri.

La vendetta non è inutile.

La vendetta è riservata a coloro che tifano per la parità.

La vendetta è corretta, giusta, dolce.

Edvin sorride, poi lascia cadere sul pavimento la pelle che si è tagliato via dalla nuca. «Buona eternità.»

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