Rinascita

Edward guardava con occhi vuoti la grande sala dove era stato scortato affinché cambiasse idea riguardo alla morte. Sapeva che a nulla sarebbero valse le sue rimostranze, perciò che senso aveva rimanere là dentro? Doveva trovare il modo per costringere Aro e gli altri ad accontentarlo e l'unico pensiero fisso, in quel mare di incertezze e dolore, era la festa di San Marco. Migliaia di persone si sarebbero riversate fra le strade di Volterra e una dimostrazione dell'esistenza dei vampiri avrebbe di certo infastidito i Volturi a tal punto da ucciderlo. Il suo unico problema era che Aro non avrebbe dovuto scoprire i suoi intenti e prendere in giro quel vampiro non era cosa semplice. Sapeva che i Volturi avrebbero usato la festa del patrono per avere sangue fresco e che sarebbero stati impegnati per tutta la mattinata nell'organizzazione del banchetto in nome di Marcus. Edward sorrise amaro all'ironia della sorte: Volterra si preparava a festeggiare Marco, il vescovo che riuscì a scacciare i vampiri dalla città, senza sapere che quell'uomo era ancora vivo e vegeto ed era un mostro. Sarebbe stato un bell'affronto rovinare i festeggiamenti e infangare il nome di Marcus. A mano a mano che il suo piano prendeva forma, Edward sentiva crescere dentro di sé la serenità: sarebbe morto, in un modo o nell'altro, e non avrebbe più sofferto. Sapeva che non avrebbe potuto rivedere Bella: lei era sicuramente in Paradiso mentre lui sarebbe finito lontano nel tempo e nello spazio. Tuttavia, era certo che l'Inferno sarebbe stato più accettabile del Limbo nel quale aveva vissuto fino a quel momento. Non poteva pensare di vivere un giorno in più sapendo che l'amore della sua vita si era ucciso per colpa sua, per il suo egoismo e per la sua ossessione. Perciò, avrebbe atteso fino a mezzogiorno, quando il sole sarebbe stato perpendicolare alla piazza, e si sarebbe esposto alla luce mandando in frantumi il piano dei Volturi di mantenere segreta l'esistenza dei vampiri.

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"Voglio vedere Edward e voglio farlo da sola". La voce proveniva da dietro i grandi battenti che separavano il vampiro dal corridoio esterno. Edward sapeva di chi fosse e si preparò a recitare bene la sua parte. La porta si aprì e Jane camminò leggera verso di lui con un sorriso malizioso sul volto. I suoi occhi rossi, dal taglio infantile, lo guardavano con odio e sadismo, e lui sapeva che quella vampira era quanto di più malato esistesse nel mondo delle ombre. Edward rimase immobile e in silenzio fin quando Jane gli fu abbastanza vicino da poter sentire l'odore del sangue che aveva da poco bevuto.

"Mi sono sempre chiesta perché Aro accettasse la vostra famiglia", disse piegando la testa leggermente di lato come un felino che studia la sua preda. Edward non rispose. "Animali... Una volta sono stata costretta a cibarmi con un cavallo e credo che sia stato il punto più basso che io abbia mai raggiunto"

Edward la guardava negli occhi e lei s'irritò. Avrebbe voluto lo scontro, almeno verbale, e quell'atteggiamento remissivo la stava innervosendo.

"Stavo pensando", aggiunse sorridendo sadica, "che cosa accadrebbe se io ti uccidessi adesso? Di certo Aro si arrabbierebbe ma sono convinta che durerebbe poco. In effetti, il mio gesto potrebbe invece scatenare una guerra fra la tua famiglia e noi, e questo sarebbe di gran lunga più divertente. Pensa, Edward che meraviglioso combattimento ne verrebbe fuori". Lo stava provocando e lui non voleva cascarci.

"Detto fra noi, Jane, credo che morireste tutti. Non hai mai saputo perché Aro non ci attaccasse? Ti rispondo io: ha paura". Un lampo di malvagia crudeltà attraversò gli occhi rubino di Jane seguito da un'isterica risata.

"Tu credi?", disse ridendo sonoramente. "Ah, Edward, Edward... tu non hai la minima idea di cosa possiamo fare semplicemente io e mio fratello. Sareste tutti morti in men che non si dica". Edward rise assieme a lei, finché il sorriso sul volto di Jane non scomparve.

"Sei venuta qui per uccidermi, Jane? Allora fallo!" e così dicendo le fu accanto con uno scatto fulmineo, giungendo a stringerle il collo con la mano. "Anche se non mangio da settimane intere sono comunque più forte di te, Jane", sussurrò e gli occhi della vampira si ridussero a due fessure.

"Dolore", disse a fatica e la mano di Edward si staccò dal suo collo. Il vampiro si contorse sul pavimento in preda agli spasmi.

"Jane!". La voce di Aro interruppe quel piacevole incontro e Edward fu nuovamente capace di stare in piedi. "No, no, no, no, Jane", disse Aro accompagnando le parole col dito indice. Jane abbassò lo sguardo ma con la coda dell'occhio osservò Edward.

"Aro, credo che avessi ragione prima. Ho deciso di unirmi a voi". Le parole uscirono fredde e meccaniche dalla bocca di Edward e furono accolte da un risolino acuto.

"Magnifico!", disse Aro battendo le mani come un bambino il giorno di Natale, mentre Jane era carica di odio. Per lei, avere Edward intorno avrebbe significato la fine.

"Il viaggio e il dolore mi hanno provato molto, Aro. Se non fosse disturbo, vorrei andare a caccia così da rimettermi in forze. Ho sentito che ci sono cinghiali fantastici nelle colline qui intorno". Edward contava sulla sua capacità di sembrare innocente sperando di convincere Aro.

"Certamente, mio caro. Spero solo che in futuro questa insana idea di bere sangue animale ti passi"

"Attenderò il calare del sole, allora", concluse Edward e Aro, assieme alla sua guardia Jane, uscirono dalla stanza. Era stato fin troppo semplice ed Edward lo sapeva. Aro non era il tipo di vampiro sprovveduto come cercava di sembrare, perciò avrebbe dovuto muoversi in fretta. Era mattina e la piazza cominciava a popolarsi. Non appena il grosso campanile avesse rintoccato mezzogiorno sarebbe uscito.

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Il clamore della folla era udibile perfettamente anche sotto terra. Edward era felice: finalmente avrebbe posto la parola fine a tutto il suo dolore. Da qualche minuto erano passate le undici e mezza, e lui doveva prepararsi ad uscire. Si avvicinò alla porta e l'aprì, sicuro che avrebbe trovato qualcuno a fare la guardia. Quando incrociò lo sguardo di due vampiri Edward si detestò per avere sempre ragione. Erano neonati: una mossa astuta da parte di Aro che sapeva perfettamente che Edward non avrebbe mai potuto combattere nelle sue condizioni contro al forza di due neonati. Uno di loro gli mise la mano sul petto per fermarlo.

"Dove vai?", gli domandò ringhiando.

"Al bagno", rispose Edward ironico. Il ringhio aumentò fino a diventare un tuono. Edward doveva calmarlo o non avrebbe fatto in tempo ad uscire da lì. "Ascoltami, Aro ha ragione. Sono stufo di sangue animale e visto che passerò molto tempo qui, ho deciso di cominciare da oggi". Edward lesse nella mente del giovane vampiro che aveva di fronte... non stava abboccando.

"Accompagnami da Aro se non ti fidi", gli disse. Il neonato lo guardò per qualche istante indeciso sul da farsi ed Edward intuì di avere una possibilità di far breccia nella sua volontà. Anche il neonato aveva sete e il suo autocontrollo non era certo raffinato. "Senti, sono troppo debole per tentare qualunque cosa e l'odore di sangue che proviene da fuori mi sta facendo impazzire". Non c'era odore ma Edward conosceva perfettamente il potere della suggestione: anche il solo parlare di sangue avrebbe aumentato l'arsura nella gola di quei neonati. I due si guardarono e con un cenno d'intesa lo fecero passare. Insieme si diressero verso la grande sala dei troni dei Volturi ed Edward sapeva che sarebbero passati accanto all'ascensore, ovvero l'unica via d'accesso. Mentre camminavano lenti Edward pensava a come evadere da lì: se si fosse mantenuto alle loro spalle avrebbe potuto entrare nell'ascensore senza che loro se ne accorgessero. Così, rallentò lievemente il passo, facendo in modo che i neonati gli camminassero davanti e quando passarono accanto all'ascensore schiacciò il bottone. I neonati erano troppo impegnati a pensare al sangue e la loro reazione fu lenta: non appena le porte dell'ascensore si aprirono, Edward vi entrò e con uno sforzo immenso spintonò via i due vampiri mentre cercavano di braccarlo. Le porte si richiusero e l'ascensore cominciò a salire. Edward guardava fisso davanti a sé.

Poi, la folla urlava.

Dal portone entravano spiragli di luce solare. Pochi passi e avrebbe aperto la strada alla morte. Appoggiò una mano a aprì il grosso battente. Una marea rossa si stendeva davanti a lui ma Edward non la vedeva. Non era interessato alle persone incappucciate che festeggiavano San Marco, non voleva che nulla lo potesse distrarre dal suo obiettivo. Le sue mani scivolarono sui bottoni della camicia mentre, lentamente, avanzava verso il sole e gli occhi chiusi erano pronti alla luce. Si sfilò la camicia incrociando gli occhi di una bambina che lo guardava curiosa. Per un istante, un piccolissimo istante, gli parve di sentire l'odore di Bella e sorrise: mancava poco e avrebbe avuto ciò che desiderava.

Un colpo.

Un abbraccio.

Riaprì gli occhi e il tempo si fermò. Due iridi marroni lo stavano guardando, due braccia tenere e calde lo stavano tenendo. Un profumo famigliare, un profumo di casa.

Bella.


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