EDEN.

Tutto ciò che volevo

Era raggiungere una cartolina.

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Il letto era sempre più freddo, una distesa di ghiaccio, malgrado la compagnia.

Ermes si apprestò a concludere velocemente il suo lavoro, ci mise tutta la dolcezza e delicatezza possibile, malgrado non provasse nessun sentimento per quell'uomo.

Una volta finito, il cliente si rivestì velocemente, lasciando una busta sul comodino, prima di avviarsi verso l'uscita.

«Questo è il tuo regalo Skin, come hai richiesto» lasciò poi la stanza, osservando quel candido corpo nudo disteso sul letto, sperando in un cenno o un consenso, ma nulla.

Tutto ciò che restava era sbattere la porta.

Ermes, alias Skin da quando era diventato un "hond", uno schiavo sessuale al servizio di Adder suo padrone e suo passato seviziatore, uomo rude e violento, ma a tratti dolce e premuroso, si alzò di scatto dal letto appena il cliente lasciò la stanza, avvicinandosi però con cautela verso la busta, come se fosse una sorta di patata bollente, un oggetto che scotta.

La aprì con delicatezza, cercando di non rovinarne il contenuto: un paio di funghi allucinogeni, che aveva chiesto come regalo da un suo cliente.

Unico modo per svagarsi, per poter uscire da quella stanza per una volta, se non fisicamente, almeno con la mente.

Assunse velocemente quello schifo.

Ermes aveva sempre odiato i funghi, sapevano di cose rimaste sul fondo, di ricordi che non sparivano mai.

D'un tratto, passati alcuni secondi, iniziarono i primi effetti.

Nausea e voglia di vomitare, di tirare fuori tutto il male assorbito in tanti anni di abusi.

Pareti che si restringono, come a ricordare che dal fondo non c'era mai via di uscita.

Sentire i colori, come un inganno di Dio, come sentire il sapore delle anime.

Sentirsi leggero, come a voler morire in un istante.

Poi il buio.

«OCCHI! LE PARETI HANNO GLI OCCHI!»

L'intera stanza lo osservava, come un ragno osservava sua preda.

«Devo andarmene di qui devo...»

Ermes si scaraventò verso la porta come a sfondarla.

Il corridoio sembrava una lunga distesa di stanze.

«Ok, dovrei essere al sicuro ora. Dannato porco cosa mi hai dato?»

«Ermes... Ermes...»

«Mamma...»

Una donna dal fondo del corridoio lo chiamava.

Sua madre, l'unica persona che lo abbia mai amato, l'unica che lo abbia toccato solo per accarezzarlo.

Ma in tutti i richiami si nasconde lo zampino del male.

«No! STAMMI LONTANO!»

Quella che sembrava una donna, divenne il sunto di ogni dolore.

L'essere, mostruoso solo a descriverti, si avvicinò sempre di più verso Ermes.

La sua pelle pallida quasi diveniva cenere nel buio di quel corridoio.

«NO! LASCIAMI! BASTA!»

Ormai era troppo vicino per sopravvivere.

~

Lasciando che brucino di rabbia

Le mie ali di Ermete.

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«Da quando hai le maniglie dell'amore principessa?»

Ermes fece per rispondere a quella strana domanda, quando si bloccò.

Si rese conto di essere nell'orto botanico di Amsterdam, aveva sempre desiderato andarci.

Quel vispo colore della natura, si rifletteva ancora di più sulla pelle di Ermes, senza rendersene conto ancora nudo, rendendola una sorta di arcobaleno.

«Adder...»

«Lo sai principessa, sono Mikkle per te...»

«Ma il mostro, le pareti, il corridoio!»

«Non dovresti prendere certe cose fanno male»

«Come l'eroina che mi dai!»

Mikkle non rispose, aveva reso Ermes un eroinomane solamente per renderlo per sempre Skin.

«Tu non sei reale vero? Sono ancora allucinato vero? »

«Siamo qui è questo che importa.»

Ermes non rispose, abbassò la testa sul petto di Adder, solo in quel momento si rese conto di essere ancora nudo, sentiva la mano di Adder sul suo fianco.

«E comunque non ho le maniglie dell'amore!»

Ruppe il silenzio Ermes, ancora dissolto tra le braccia di Adder.

«Beh sei ingrassato dall'ultima volta, ricordi eri uno scheletro...»

Rispose Adder, muovendo la mano come a contare le sue ossa.

«Dovrei ringraziarti? Non dimenticherò mai cosa hai fatto!»

Ermes si stacco da Adder e caricò tutta la sua rabbia in uno schiaffo.

Adder avrebbe potuto evitarlo, lo chiamavano la "vipera" non solo perché era il più abile criminale di Amsterdam.

«IO TI ODIO! TI ODIO! TI ODIO!»

Ermes continuò, un colpo dietro l'altro, ma Adder non sembrava reagire.

«PERCHÉ NON REAGISCI? PERCHÉ? PERCHÉ?»

E tutta quella rabbia bruciò in un dolce pianto.

«Perché ti amo Mikkle?»

«Ermes...»

Ermes lo interruppe.

«Perché ogni volta che cerco di sputarti in faccia la mia rabbia, finisco per innamorarmi ancora di più?»

« Ermes...io... Non lo so.»

«Sta zitto, lasciami almeno impazzire in pace.»

Mikkle gli accarezzò dolcemente i suoi capelli bianchi.

Ermes era un albino, per questo deriso e considerato un mostro.

«Non brucio.»

Disse Ermes come in un singhiozzo.

«Cosa?»

«Tutta questa luce, non mi corrode

Ermes intuì di essere ancora nell'allucinazione, quando capì che il calore e la luce non avevano effetto sulla sua pelle.

«Mikkle li vedi i colori? I colori sulla mia pelle...»

«Si, certo. Sei bellissimo.»

«Ho sempre desiderato vedere questo posto, ho sempre desiderato vedere la mia pelle colorata. Odio questo bianco. Questo bianco mi ha avvelenato la vita. Eppure non riesco a rinnegarlo, questo bianco è ciò che sono, anche se certe volte è bello vedere un'altra versione di me. Una versione a colori.»

«Quindi non hai preso quella roba per questo?»

«No.»

Ermes si slacciò da Adder, rimanendo lì a fissarlo, come in uno specchio.

«Questo bianco sei tu Adder.»

~

E senza ali

Perdermi in questa selva.

_______________

A Mikkle non servivano spiegazioni, non servivano domande.

In fondo era solo un allucinazione, il vero Adder stava preparando della droga o uccidendo qualcuno.

«Vieni Ermes non abbiamo molto tempo.»

«Si.»

L'orto era immenso, forse più grande di quello vero, ricco di vegetazione e di animali.

«Ma questi non dovrebbero essere qui!»

«Siamo nella tua mente, o almeno quello che tu vorresti fosse la tua mente, può esserci tutto ciò che vuoi.»

«Tutto?»

«Si... Potremo essere tutto..

«Mhhh perché non diventare scambisti?»

Adder cercò di rendere ironica la situazione, ma non ci sarebbe riuscito, era un disastro con le persone (almeno che non dovesse minacciarle).

«Vedo che non tutto è possibile, neanche un'allucinazione riesce a farti essere simpatico.»

«Lo so, sono tutto fuorché bravo in questo genere di cose»

«Beh però sei bravo a...» Adder stava per prepararsi ad un'altra critica, si aspettava un "bravo ad uccidere o a torturare" «...capirmi.»

«Vieni Ermes devo mostrarti qualcosa.»

Mikkle condusse Ermes verso il centro dell'orto, ammirando ad ogni passo il suo corpo nudo, ma restava poco tempo ed avrebbe donato ad Ermes qualcosa di più del piacere fisico.

I due si fermarono davanti ad un grande albero che sovrastava un'immensa area, ricoprendola, formando una sorta di grotta silvana.

L'albero emanava una fitta luce bianca accecante.

«Sento, sento come se volessi morire qui.»

Disse Ermes, anticipano Mikkle.

«Come se volessi scomparire tra queste piante.»

«Capisci adesso

«Si. Siamo entrambi demoni. Senza una casa. Senza nulla. Non abbiamo memoria. Non siamo nulla. Scarafaggi di questo mondo.»

Ermes sembrava quasi in trance, con gli occhi come due lampadine.

«Questo mondo non ci capirà mai. Non ci accoglierà mai. Siamo solo degli errori per gli altri. E non avremo mai fortuna anche volendo.»

Ermes, totalmente abbandonato al vero sé dentro di lui, si voltò verso Mikkle.

«Noi abbiamo solamente noi stessi. Ed insieme ci completiamo. Odiandoci ed amandoci. Purificandoci dal dolore.»

Ermes prese il volto di Mikkle tra le mani.

«Baciami Mikkle, baciami come se volessi uccidermi con la tua lingua.»

Mikkle rispose a quell'ordine di Ermes.

Sembrava quasi in balia di lui.

Il padrone lasciò per un attimo la sua maschera, spogliandosi dei suoi abiti mortali, baciando Ermes, come se fosse la cosa più preziosa di questo mondo: una rosa bianca.

Ed in un attimo Adder provò tutto il dolore di Ermes e il mondo tornò a sorridere per un'ultima volta.

~

E per un'istante

Morire in questo piacere,

Rinascere in questo dolore.

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Rimasero li distesi ad ammirare il nulla.

La grotta silvana, sembrava avvolgersi su di loro, difendendoli dallo sguardo del mondo.

In quella grotta esisteva il tutto ed il niente.

La pelle di Ermes risplendeva tra le radici di quell'albero, mentre Mikkle assaporava ogni attimo di lui, ogni fragile parte di quella porcellana.

Solo quando ogni gemma venne espulsa, quell'eternità finì.

«È il momento principessa.»

«Lo so.»

Ermes rimase per una manciata di secondo disteso ad ammirare il viso di Mikkle, i suoi occhi che nascondevano nel profondo un abisso di sofferenza.

«Starei qui per sempre... Bloccato mentre tu mi osservi.» Mikkle chiuse gli occhi come a ricordarsi di quel sogno per sempre, anche se non poteva avere memoria alcuna.

Le radici dell'albero si avvicinarono ai due amanti, porgevano loro doni di eternità, di eterna immortalità: due pugnali, frutti agrodolci di quella visione.

Ermes prese il suo e si alzò, di fronte al cuore dell'albero, un gigantesco cuore albino che batteva nelle viscere di quel colosso di legno.

«Mikkle è adesso

«Hai ragione» Mikkle lo seguì e continuò «Un giorno anche Adder sarà

«Un giorno la morte ci renderà. Lo so.»

Il legno tagliava lentamente la carne, quasi stesse guastandola.

Faceva male, ma un male diverso, Ermes riusciva a sentire tutta la sua vita scivolare via, come parole sputate su un foglio.

Tutto il sapore del dolore gocciolava lentamente, il sangue scendeva seguendo dall'esterno il corso delle vene, come se lo stessero guidando verso la terra.

«Fa male?» chiese Mikkle.

«Si, mi sento... Libero. A te? Fa male?»

«Si, » Mikkle guardò Ermes, carezzandogli la guancia «ora ti sento.»

Caddero prima in ginocchio, mano nella mano, poi distesi con la testa nella terra rivolta verso l'altro, fissandosi, mentre tutto intorno si consumava.

Ermes si sentiva finalmente libero, finalmente un essere umano.

Aveva assunto quegli allucinogeni per vedere il vero Adder: Mikkle.

Aveva capito cosa avrebbe dovuto fare.

Ma quel sogno svanì come svanisce una nuvola dopo essere stata trafitta dalla pioggia.

~

Perché io sono Ermes

Che ha rinunciato a volare.

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Il pavimento non aveva un bel sapore, la schiuma biancastra rendeva tutto più acido e disgustoso.

Una nausea della vita.

La porta sbatteva forte, Ermes stava giusto riprendendosi, si ritrovò nella sua stanza dove riceveva i clienti.

Tutto è sfumato, tutto è finito.

Ermes iniziò a lacrimare leggermente, era come paralizzato dalle emozioni, non avrebbe mai voluto lasciare quel pavimento; sarebbe rimasto come un lichene disteso su quel mare di marmo.

La porta sbatteva sempre di più, come se un toro stesse per entrare.

«SBAM!»

La porta precipitò verso il pavimento.

«Avanti puttana stai facendo la fila qua fuori!»

Chat, il suo "guardiano", era giunto lì, come a cibarsi degli ultimi istanti di irrealtà di Ermes.

Ermes era da due ore rinchiuso lì dentro, in stato allucinato, dieci minuti di sogno vissuti in due ore.

Per due ore i funghi si erano cibati della sua mente regalandogli sogni.

Regalandogli minuti di vita vera sintetizzati nella finzione.

«Forza puttana muoviti, saremo costretti a concedere uno sconto a questi coglioni, vedi di muoverti!»

Chat senza minimamente curarsi di cosa avesse fatto Ermes, lo prese da un piede e lo scaraventò sul letto.

Il letto attudì il colpo, ma Ermes sentiva tutto il dolore di essere trattato come una bambola.

«Pulisciti quello schifo dalla bocca subito! Ringrazia che devi lavorare, ma arriverà la tua punizione, stupida bestia.»

Ma Ermes non era stupido, voleva solo scomparire in un istante, abbracciando un cuscino.

Iniziò a piangere mentre il primo cliente iniziò a spogliarsi.

Ermes era ormai divorato dal letto, mentre il cliente si avvicinava, e più da dietro spingeva, più le lacrime scendevano sulle sue guance pallide.

Allora capì.

Non sarebbe passato più un giorno, più un istante, più nulla poteva ormai tenerlo.

Sarebbe morto era deciso.

Un taglio secco da quello schifo con o senza il suo Mikkle.

Avrebbe raggiunto il suo Eden in un modo o nell'altro, Ermes lo sentiva ogni istante sempre più vicino.

In fondo era facile, bastava semplicemente chiudere gli occhi per un ultima volta.









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