7. Creatura

Un viso dolce, dalla forma che ricorda vagamente quella di un cuore, si dipinge davanti a me mentre apro gli occhi lentamente, accecato da una forte luce tutt'altro che naturale.

Ti amo tanto, sussurrano le sue labbra morbide.

Il pugno arriva prima che io lo possa vedere, ma ciò che sento è solo il ricordo di un dolore, non c'è più nulla di fisico.

Devi lavorare, soldato! Là fuori non si scherza.

Il repentino cambio di scena, sebbene improvviso, non mi sorprende, quasi mi aspettassi che non avrebbe potuto restare sotto i miei occhi per sempre.

La luce si fa più intensa, torna il buio e poi l'ambiente è di nuovo luminoso. Un bambino e una ragazza mi corrono incontro.

Sei tornato!
Quando posso venire con te?

Una folla di persone si accalca attorno a me, ridendo e scherzando. Lo intravedo da lontano, con i capelli lunghi e gli occhi intensi. Sorride lasciando intravedere la dentatura bianca. Mi sporgo per avvicinarmi a lui. Mi batte il cuore.

Vieni con me.
Un sussurro proibito.

Preferisci razione doppia o frutta fresca?
Un sorriso gioioso.

Com'è là fuori? Raccontami del mondo.
Uno sguardo complice.

Ti preferirei morto.
Delle labbra sprezzanti, che si piegano sotto pesanti parole.

Non mi abbandonare.
Delle lacrime amare.

Prenditi cura di loro, figliolo.
Una mano ben salda.

L'unica cosa che sai fare è scappare dalle tue responsabilità!
Delle sopracciglia corrucciate.

Se accetti, doni la tua vita alla comunità. Anima e corpo, soldato. Sarai ricordato per sempre.
Una verità dolorosa.

Chiarezza e cecità. Luce e buio che si susseguono, si rincorrono, si superano a vicenda per vincere una corsa a degli ostacoli impalpabili e irreali.

Vince la luce, forte e accecante e violenta. Bianca, aspra, dolorosa. Tutto si annulla, tutto si offusca, tutto si confonde. Sono solo memorie che fingono di essere mie, ma non lo sono. È così difficile accettarli e lasciarli entrare.

Poi, arriva. Il mio primo ricordo.

Tu sei un umano, sei uno di loro. Non lo dimenticare. Ripetilo, in continuazione. Trovali e salvali: salva gli umani.

E so che è mio e solo mio, perché entra con facilità nella mia mente e, a differenza degli altri, ci rimane.

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La ragazza si sveglia di soprassalto, quasi stesse riemergendo da un'immaginaria apnea. I capelli, un tempo stretti in una coda, le ricoprono parte del viso e una guancia è segnata da un solco rosato a causa della posizione in cui si è addormentata. Si guarda un po' in giro, prima di accorgersi della mia presenza. Allora pare riprendersi, si siede composta e raddrizza la schiena, quasi dovesse parlare con qualcuno di importante.

«Oh, perfetto, credevo di aver fatto la cosa giusta e invece sono finita nel nulla insieme a un presunto terrorista» esclama, portandosi i ciuffi di capelli dietro le orecchie. Questi ricadono sul davanti, così, con calma inaudita, scioglie la coda e li lega in una treccia di fortuna. 

È strano il contrasto che crea la sua postura con le parole che mi dice, come se lei fosse solo un contenitore e qualcuno stesse parlando attraverso la sua bocca. Anche questa sembra rilassata, nonostante il tono rabbioso.

Si alza in piedi. Non siamo distanti dal luogo in cui ci trovavamo, ho solo cercato di uscire dall'ambiente urbano per fermarmi quando gli alti palazzi hanno iniziato a lasciare il posto a dune e colline di terra, sulle quali si stagliano le aspre sagome degli alberi spogli. Nonostante la morfologia avversa, la ragazza fa vagare lo sguardo nella direzione che ho percorso precedentemente. Non penso possa vedere nulla, anche a causa delle tenebre che sono calate da qualche ora, ma non credo che il buio ostacoli il suo orientamento. È una Medius.

«Non ti ho rapita» annuncio, parlandole direttamente per la prima volta. Sentire la mia stessa voce mi risulta strano, come se non appartenesse veramente a me, o come se la ricordassi diversa. Senza voltarsi nella mia direzione si rassetta i vestiti e continua a guardarsi intorno, lanciando un'occhiata superficiale al fuoco che ci divide. Sembra stranamente calma e controllata.

«Questo lo so, non mi sarei fidata tanto facilmente di te, altrimenti. Spero solo che Viktor non sia impazzito completamente.»

«Viktor?» chiedo, non capendo a cosa si riferisca.

«Sì, la vostra talpa ribelle nel Cyberpalast. Senti, ragazzo, non so quale fosse la tua missione, ma annulla tutto e vattene. Hai preso in ostaggio la persona sbagliata, saranno qui a momenti.»

Continuo a non capire cosa stia dicendo, come se le sue parole fossero recepite dal mio cervello senza essere decodificate. Eppure conosco la sua lingua.

«Ostaggio? Ti ho difesa da quegli uomini! Ti stavano puntando le armi contro!» Non si rende conto che l'avrebbero uccisa, se non l'avessi minacciata?

«Le pallottole non possono farmi niente, idiota. Cosa insegnano a voi umani a scuola, come si piantano gli alberi?» Adesso sembra minacciosa e la sua espressione corrisponde esattamente al suo tono di voce. Non vorrei inimicarmela più di quanto abbia già fatto.

«Senti, non so davvero di cosa tu stia parlando. Mi sono trovato in quel palazzo e il fuoco divampava intorno a me. Non so nemmeno perché quella gente volesse uccidermi. È per questo che ti ho portata qui, hai detto di saper leggere nella mente, credevo avessi capito che avevo bisogno di aiuto.»

Lei mi guarda spalancando di poco gli occhi. Hanno uno strano taglio, quasi allungato, ma non sono propriamente a mandorla. Le danno un tocco di eleganza.

«Non so leggere la mente, avrei detto qualsiasi cosa per evitare lo scontro armato! Non avrei sopportato di vedere un umano morto proprio accanto a me.»

Resto un po' deluso dalla sua rivelazione. Contavo su di lei per sapere cosa ci facessi in un posto a me del tutto ignoto, con uomini che mi davano la caccia ed esplosioni che continuavano a riecheggiare sullo sfondo. Non so perché mi trovassi là, né tantomeno cosa io stia facendo ora. L'unica cosa di cui sono sicuro è il desiderio che i pensieri smettano di vorticare frenetici nella mia testa. Vorrei solo chiudere gli occhi e dimenticare le poche informazioni che ho acquisito fino ad ora.

Poi lei si volta completamente verso di me, indietreggiando di un passo.

«Aspetta un secondo, tu non sei un Ribelle?»

La guardo stranito. Effettivamente sono un ribelle perché ho preso in ostaggio una ragazza e ho rotto una porta per uscire dall'edificio. E anche perché l'ho tramortita. Ma in realtà non l'ho presa veramente in ostaggio, è solo in prestito, e non l'ho veramente tramortita, mi serviva solo che fosse incosciente per portarla via con più facilità. E poi non sembra essersi offesa per questo. Quindi, considerando che non saprei cosa rispondere alla sua domanda, sto zitto.

Non pare prenderla bene.

«Conosco il dottor Viktor, ti dice qualcosa questo nome? Avevi contatti con lui? Ha detto che avreste dovuto venire a prendere una cosa che stava costruendo, ma l'unico uomo che ho visto nell'edificio, oltre alle guardie, sei tu» mi indica, con un dito che sembra quasi accusatore, anche se l'assenza di espressioni sul suo viso mi disorienta.

A un certo punto è come se si spegnesse, lo sguardo fisso nel vuoto e gli occhi spalancati. È catalettica? Mi avvicino lentamente, per paura che si riscuota improvvisamente.

«Stammi lontano, finché non capisco chi sei» dice a denti stretti, senza quasi muovere la bocca.

Dopo alcuni minuti, richiude le palpebre e le riapre velocemente, poi prende a fissarmi.

«Sai dove siamo?»

«Non lontano dall'edificio in cui è scoppiata la bomba» rispondo. Questa era semplice.

«Anno?»

«Anno 2067, 13 luglio.»

«Sai chi sono?» continua. Questa è più difficile. Potrei offenderla se dicessi "donna"? O la prenderebbe sul personale se le dicessi che è una ragazza, quando invece si sente già un'adulta? Oppure vuole sentirsi dire quello che è veramente e sta cercando di testare le mie capacità?

«Una Medius, di quinta generazione, dipartimento DAQU, a giudicare dal tuo mancato addestramento fisico e dalla tua impossibilità di leggere nel pensiero. Poco più di una ventina d'anni, nonostante l'aspetto che proponi. Ma non so il tuo nome, mi dispiace, Amanda

Uno sbuffo frustrato le scappa dalla bocca, ma è totalmente sbagliata come reazione, data l'immobilità del resto del suo viso. «Perfetto. Sei anche simpatico.»

Credo che quella che sta usando sia ironia. Il suo linguaggio del corpo mi confonde.

«Come fai ad avere tutte queste informazioni, se non sei dei loro?»

All'improvviso ho un'illuminazione. «I Ribelli sono umani? Cioè, sono un nome con cui identificate gli umani?»

Quasi scocciata – anche se credo che sia la mia immaginazione, visto che non ha mosso un muscolo – mi risponde affermativamente.

«Allora li devo trovare» affermo.

Ecco la mia missione: ero là perché devo trovare gli umani. Forse lei mi può indicare dove sono, anche se non può leggere nel pensiero.

«Tu devi trovare loro o loro devono-» si interrompe improvvisamente. Adesso non me lo sto immaginando, i suoi occhi si sono spalancati davvero. «Oh, no. Tu sei il progetto di Viktor, è te che dovevano venire a recuperare. Tu sei...» ragionando ad alta voce, si sofferma a osservarmi. Il viso, gli occhi, le labbra, le spalle. Direi che mi ha fatto una perfetta scannerizzazione.

«Oh, santa Terra» sussurra, non esprimendo alcuna altra reazione. È davvero frustrante non poter capire appieno ciò che pensa, senza l'ausilio del suo corpo, il quale è sempre in contrasto con le sue parole.

«Posso essere partecipe delle tue scoperte?» le chiedo, sperando non si offenda se non sono riuscito a seguire il suo muto ragionamento.

«Non sai da dove vieni, giusto? Né perché ti trovavi lì.» Annuisco. «Ma hai dei ricordi, qualcosa tipo una vita passata, vaghe immagini?» Annuisco di nuovo. «Come è possibile creare una coscienza?» chiede, forse più a se stessa che a me. Si avvicina, senza preavviso, e mi tocca una spalla, il petto, il viso. È un tocco diverso da quel che mi aspettavo. Non c'è affetto, né desiderio. È un tocco pragmatico, da esperto.

«Non devono trovarti. Dobbiamo andarcene» annuncia alla fine, mentre io sono ancora perso a recuperare un ricordo che ormai mi scivola dalle dita. Lei sa qualcosa che, evidentemente, non vuole condividere con me.

«Andarcene? Io devo trovare gli umani, non tu. Tu devi tornare a casa, non mi puoi aiutare.»

«Ti posso aiutare eccome, fidati. E saranno i Ribelli a trovarci, devo spiegare loro cosa sta succedendo. Spero solo che Viktor stia bene.»

Scocciato dal fatto che continui a nominarlo senza spiegarmi chi sia, le chiedo se è qualcosa tipo suo marito. La sua risposta mi lascia alquanto basito. Ha detto che è qualcosa tipo mio padre.

NdM. Okay, volevo assolutamente rimediare all'insoddisfazione di ieri presentandovi il nuovo pov. Se all'inizio vi è sembrato tutto confuso, bene: la Creatura stessa è confusa. 

Che ve ne pare di questo nuovo personaggio? Ve lo immaginavate diverso, magari più sullo stile Terminator e meno mamma-dove-sono-finito-aiuto?

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