27. Creatura
Tiro un fendente di fronte a me, poi un altro ancora. Lascio che lo stress si dissolva attraverso i colpi, attutiti dalla parete imbottita davanti al mio corpo. È questione di giorni, poi la tranquillità che abbiamo imparato a costruire qui dentro si dissiperà come fumo nel vento. Niente più routine, niente più quotidianità, niente più sicurezza. Gli umani se ne vogliono andare e, prima attuiamo il loro piano, prima potranno avere l'esistenza che è stata loro sottratta.
«Non ti stanchi mai?»
Lascio cadere il braccio, già pronto a colpire con un nuovo pugno, e mi volto verso Amanda. La trovo ferma a fissarmi, la braccia lungo i fianchi e un completo blu troppo grande per lei. Le sorrido, sfinito dall'allenamento concluso poco tempo fa, e mi avvicino alla sua figura.
«Mi rilassa» ammetto.
«Picchiare un muro?» mi domanda incredula, seguendomi nello spogliatoio dove recupero una salvietta per togliere il sudore che si è accumulato sul viso.
«No» rispondo cauto, insicuro se voglia condividere con lei quello che mi passa per la mente. Strofino la salvietta sulla fronte e apro l'armadietto dove ho riposto una maglietta di ricambio. «A volte mi sento come se stessi per esplodere. Accumulo sensazioni, emozioni, parole non dette e tutto si mischia nella mia testa, vorticando fino quasi ad accecarmi. Spesso...» faccio una smorfia, alla ricerca delle parole giuste, e resto voltato di schiena per non dover guardare Amanda. «Mi sembra di impazzire. Ci sono... pensieri non miei, reazioni a cui non voglio cedere, comportamenti che non vorrei assumere. Ma questi spingono e premono e... E alla fine esplodo.»
Ripenso al modo in cui ho trattato Hayden la prima volta che ci siamo scontrati all'allenamento. Alla furia che mi ha adombrato, a come è fluita violenta nei miei gesti fino a farle del male. Non voglio essere un mostro più di quanto già sono.
«È in questi momenti che ho paura di me stesso e non voglio che gli altri ne siano spaventati» ammetto alla fine, tenendo lo sguardo basso sui miei piedi.
Amanda non mi ha mai interrotto ed è così silenziosa che solo il suo respiro mi indica che è ancora qui. Sto per voltarmi e osservare l'espressione disgustata che sicuramente si è dipinta sul suo volto, quando percepisco i suoi passi e, improvvisamente, mi sento protetto.
Chiudo gli occhi, mentre il rumore del suo cuore rimbomba attraverso la mia schiena fino a raggiungere il mio. Amanda mi stringe nell'abbraccio, poggiando la guancia tra le mie scapole e incrociando le braccia sottili sul mio addome. È una reazione così inaspettata che per un attimo ne sono disorientato, ma non posso negare che sia il gesto di cui avessi più bisogno.
Non importa se non capisce quello che mi passa per la mente, o se ha paura di quello che io stesso non so di essere. Amanda mi sta dicendo che non mi abbandona. Mi giro tra le sue braccia, così che possa accogliere la sua figura tra le mie. I nostri corpi combaciano ed è da così tanto tempo che non ricevo un abbraccio che mi ero quasi scordato quanto possa essere confortante. Poi mi ricordo che, io, non ne ho mai effettivamente ricevuto uno: Amanda è stata la prima a superare le mie e le sue barriere.
«Grazie» le sussurro, abbassando le labbra fino a sfiorarle i capelli. So quanto le costi, ma per un attimo ancora voglio essere egoista e non staccarmi da lei.
«Grazie a te, Anken» mi risponde, il viso ancora premuto sulla mia maglietta. «Per esserti aperto con me» specifica, prima di allontanarsi di un passo.
Le accarezzo una guancia dalla pelle leggermente arrossata, mentre lei mi osserva con gli occhi lucidi. Le lascio un sorriso, prima di andarmi a cambiare, ma lei mi ferma stringendomi il gomito.
«Non potrei mai avere paura di te, non più di quanta ne abbia di me stessa. Penso faccia parte dell'essere quello che siamo, dopotutto» mi dice, cercando forse di consolarmi.
«Due simulacri» concludo.
«Due simulacri» ripete. «Ma almeno uno dei due è sulla buona strada per diventare quello per cui è stato creato: un vero essere umano» aggiunge, con un lieve sorriso di incoraggiamento.
Non so se ne sia consapevole, ma penso che le sue ultime parole sarebbero più corrette se fossero riferite a lei, piuttosto che a me. Anche se continua a ripetermelo, le dieci vite che ho sulla coscienza non possono smettere di ricordarmi che cosa sono. La conseguenza di un crimine è essa stessa un crimine?
---
«Quindi, la pillola argento contiene ferro e vitamina C, quella rossa le proteine e la blu...» il dottor Conan tentenna, per poi afferrare una tavoletta elettronica e cercare tra i dati che ha raccolto.
Il silenzio cala nell'infermeria deserta e, mentre il dottore recupera i suoi appunti, lancio uno sguardo ad Amanda. Sotto le luci fredde dell'ambiente sterile noto le rughe leggere che le accarezzano la fronte aggrottata, segno della concentrazione che sta dedicando a Conan.
«Glucosio, così che i carboidrati non debbano essere trasformati. E le restanti sono vitamine varie, a seconda della dieta prescritta» interviene Amanda quando nota lo sguardo rassegnato dell'uomo.
«Sorprendente» sussurra Conan, dividendo le pastiglie per colore su un vassoio argentato. «Con una di queste si è coperti per settimane e le razioni non mancherebbero mai: potrebbe essere una soluzione, almeno per i soldati.»
«Se l'obiettivo è colonizzare un nuovo pianeta, spero abbiate lo spazio sufficiente per produrre cibo vero, non sintetico o in pillole» mi intrometto.
Il dottor Conan ha insistito per parlare con Amanda prima della sua partenza e, visto il poco tempo rimasto, io ho deciso di accompagnarla in ogni suo spostamento. Samir e Dee non sono stati felici della mia decisione, ma ho detto loro che mi serviva un giorno libero per pensare a chi, tra tutti i soldati, portare con me: sto per mettere a rischio la vita di sette di loro e voglio ponderare bene la mia decisione.
L'uomo ha passato l'intero pomeriggio a parlare con la Medius, bombardandola di domande mediche e non, curioso di capire come sia possibile la Venuta e quali siano le ragioni della loro salute perfetta. Non è un segreto che ad Amanda non piacciano simili argomenti, un costante monito del suo essere solo per metà umana, ma non ha dimostrato il suo fastidio al dottor Conan e, anzi, ha risposto alle sue domande in modo più che efficiente.
«Anken ha ragione, ma le pillole possono sempre tornarvi utili. Tornata in Città farò un giro tra i file contenuti nella biblioteca, probabilmente c'è qualcosa di utile per lei su come integrarle in una dieta umana» lo rassicura Amanda, donandogli anche un sorriso spontaneo.
«Sei un miracolo, ragazza mia» risponde Conan, per poi concentrarsi nuovamente sulle pillole.
Il sorriso di Amanda sparisce, come se fosse stata ferita dalle sue parole. Ho notato che si sente diversa da chiunque, qui dentro, e non potrei biasimarla, ma concordo con le parole del medico e penso anche io che, senza di lei, le cose sarebbero andate molto diversamente, per me e per l'intera comunità di umani.
«Ora dobbiamo andare, dottor Conan, Amanda ha altri impegni prima della sua partenza» spiego, prendendo una mano della ragazza per farla alzare.
Il suo volto è stato ripulito da ogni emozione, se non per un leggero barlume che scorgo nei suoi occhi quando le nostre dita entrano a contatto.
«Può tenerle, quelle. A me non servono per un po'» avverte il dottore, che sorride meravigliato per il dono concessogli.
Salutiamo Conan, già immerso nei suoi studi, per poi avviarci tra i corridoi.
«Tito mi ha fatto ripetere dieci volte il programma che devo seguire una volta là fuori, forse dimentico che la mia memoria è programmata diversamente dalla vostra» mi rivela, senza mollare la mia mano. Mi beo della sua stretta, felice di poterla tenere in qualche modo legata a me.
«È preoccupato e anche io lo sono» ammetto a bassa voce.
Amanda si ferma, superandomi e bloccandomi la strada per potermi vedere in viso.
«Andrà tutto bene, Anken. C'è la mia famiglia che mi aspetta e nessuno sospetterebbe di me.»
«Alcuni dei Medius sanno leggere nella mente. Se scoprissero...»
«So mentire» mi interrompe. «Magari non so fingere come si deve le emozioni, anche il dottor Viktor mi ha smascherata subito, ma posso imbrogliare quelli della mia specie» mi rassicura, senza lasciarmi il tempo per concludere la frase.
«Te la caverai?» domando cauto, abbassando lo sguardo su di lei.
«Me la caverò» risponde risoluta.
Stringo le labbra, sospirando dal naso, e annuisco cercando di emulare la sua determinazione.
«Che altro devo fare prima della partenza?» mi domanda, ricominciando a camminare al mio fianco.
«Nulla» ammetto. «Ma avevo fame e volevo fare un salto in Refettorio.»
Amanda annuisce comprensiva e io nascondo un sorriso di soddisfazione nel vedere quanto anche io sia bravo a mentire. Riprende a camminare, ma la fermo prima che possa distanziarsi troppo da me.
«Aspetta» le intimo, attirando la sua attenzione.
Amanda mi osserva con il suo solito sguardo critico e io fatico a trovare le giuste parole.
«Perché i tuoi valori stanno impazzendo?» mi chiede, con la voce quasi sporcata da un velo di preoccupazione. Si avvicina a me, per studiare meglio il mio viso, e sbatte le palpebre accigliata quando si accorge che sono in difficoltà. «Anken?» mi richiama.
Distolgo lo sguardo, mentre le allungo un oggetto che vorrei darle da tempo.
«Tieni. È per ricordarti, quando sarai di nuovo con la tua famiglia, che qui c'è qualcuno che ti vuole bene» confesso tutto in un fiato, mentre dischiudo le dita per rivelare ad Amanda che cosa sto celando.
La Medius riesce a nascondere bene la confusione che dovrebbe macchiarle il viso, ma scorgo senza troppa difficoltà la sorpresa nei suoi occhi. Allunga una mano verso il mio palmo e solleva la catenella che àncora a sé la piastra di metallo sottile. È l'unico oggetto che sento veramente mio, non qualcosa che appartiene a una delle dieci vite che porto con me in ogni momento. Non so da dove provenga, né se abbia un valore, ma sento che niente potrebbe rappresentarmi meglio di questo rettangolo su cui è riportata la costellazione di Orione.
Amanda rimane in un silenzio inespressivo, con il ciondolo che oscilla tra le sue dita. Sento la mia agitazione placarsi tutta in un colpo, inconsciamente deluso dalla mancata reazione della ragazza.
«È una cosa stupida, lo sapevo» mormoro, fermando il movimento della collana tra indice e pollice con l'intenzione di riprendermela.
«No» mi ammonisce Amanda, sottraendo con urgenza la catenella dalla mia stretta per tenerla al sicuro tra le sue mani.
Si porta i pugni chiusi all'altezza del cuore, come per fare da scudo a quel pezzo di metallo senza valore. La vedo guardarsi intorno in difficoltà, fino a che non trova il coraggio di riportare i suoi occhi scuri su di me.
«È... la prima volta che ricevo un dono, non so come reagire» mi confessa, con il viso e la voce seri.
Aggrotto le sopracciglia.
«Non hai mai avuto un regalo di compleanno?»
Amanda abbassa lo sguardo, portandosi le mani davanti al viso e schiudendo le dita in modo da poter osservare la collana.
«Fin troppi, ma erano solo regali superficiali. Questo...»
«È solo un ninnolo senza valore» concludo per lei.
La ragazza distoglie l'attenzione dalla collana per dedicarla a me. Vedo la sua difficoltà ormai tangibile, quasi stesse cercando in tutti i modi di farmi capire, anche con il linguaggio del corpo, qualcosa a cui non riesco ad arrivare.
«Non importa se per te non ha valore, Anken. Dandolo a me l'hai caricato di qualcosa che nessuno mi aveva mai concesso: il proprio affetto. È solo un ciondolo, è vero, ma è più prezioso di qualunque oggetto pregiato io possegga» mi spiega metodica, cercando invano di arginare le sue emozioni come è solita fare in presenza di altri.
È inutile che provi a fingersi una Medius con i fiocchi: vedo le sue guance imporporarsi e gli occhi farsi più lucidi per l'emozione. Addirittura, le labbra si aprono in un sorriso sincero quando riporta lo sguardo sulla collana.
Le sorrido con tenerezza.
«Lascia che te la allacci» le dico, prendendo la collana dalle sue mani e facendola voltare, così che accedere al suo collo sia più semplice.
Amanda sposta su una spalla i capelli scuri ed entrambi fingiamo che le mie dita le stiano inavvertitamente sfiorando la pelle. Lascio che la mia mano le accarezzi una spalla, prima che lei si giri nuovamente verso di me.
«Mi stai donando tutta l'umanità che credevo di avere perduto» asserisce, in un sussurro carico di emozione mal celata.
«Ti serviva solo qualcuno che la riportasse a galla. Non ti sottovalutare mai, Amanda» le rispondo, osservando quanto la costellazione risplenda tra le sue clavicole.
NdM. Non ricordavo quanto questi due insieme fossero così diabetici xD
Una curiosità: rileggendo i capitoli mi è parso che tutto accada troppo velocemente. Ho avuto solo io questa sensazione? 🙈
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top