26. Ribelle

Vivo dilaniata tra il desiderio di ammazzare quel mostro che si spaccia per salvatore dell'umanità e lo scorticare viva la Medius che ha deciso di uscire dalla propria stanza. Da quando ho visto la sua immagine sul display di Cosmir, non ho fatto altro che sperare che mia madre facesse l'unica azione buona nella sua vita e la uccidesse prima di me. Invece hanno pensato bene che farla girovagare per i corridoi fosse la soluzione migliore.

Evito il mezzo-robot come se fosse affetta da una malattia contagiosa, facilitata dal fatto che passa un sacco del suo tempo nella biblioteca. Non potrei sopportare di vederla in allenamento, dove devo usare tutta la mia riserva di pazienza per sorbirmi la presenza del suo amico: a quanto pare è stato lui a convincere la maggior parte dei Ribelli ad accettare la Medius, ma io non mi lascerò certo ingannare dai suoi stupidi trucchi, né dal suo visino innocente.

«Lightborn!» mi richiama il mio compagno di Squadrone.

Lo fisso scocciata e mi alzo dalla mia postazione, sparando contro i Medius che stanno arrivando nella nostra direzione e centrando la testa di tutti e quattro i bersagli con la pistola elettrica. Lascio andare il fiato che stavo trattenendo, mentre i mezzi-macchina cadono a terra in preda alle convulsioni, e con il pollice attivo il caricamento automatico di elettroni prima di voltarmi verso chi mi ha avvertita.

«Contento?» chiedo all'uomo di cui non conosco il nome, deve essere un Falco. «Li avevo sotto tiro» mento.

«Non intendevo...»

Prima che possa finire la frase, una scarica di corrente si dirama a partire dal mio petto e trattengo un urlo di frustrazione quando mi accorgo di essere stata colpita. Lascio cadere il fucile, in preda al dolore, e impiego ogni mia forza per non lasciarmi cadere a terra.

Dannati ologrammi.

Mi volto verso il Medius generato dal Simulatore e sparo a raffica contro il nulla, dal momento che con la mia morte virtuale il sistema smette di mostrarmi lo scenario: nella stanza ci sono solo le dieci persone del mio Squadrone di addestramento che stanno accucciate su loro stesse. Ogni volta che smetto di vedere la ricostruzione olografica vorrei ridere, ma poi mi ricordo che fino a un attimo prima anche io correvo e sparavo al nulla dentro una stanza nera.

Mi tolgo scocciata l'auricolare con cui comunico ai miei compagni di squadra e mi avvio verso l'uscita, dove lascio l'arma finta: ormai ho perso e i giochi sono finiti, per oggi.

«Sei in calo da qualche giorno, Lightborn, qualcosa ti disturba?» mi chiede Samir.

Potrebbe sembrare una domanda di genuino interesse, ma le mani sui fianchi e l'espressione di rimprovero mi fanno capire che non posso permettermi più nemmeno di sbagliare durante gli allenamenti.

«È un gioco!» esclamo esasperata.

«No, non lo è, è una prova di vita reale: non credere che là fuori sarà tanto diverso» mi fa notare.

«Invece lo sarà, là fuori è sempre diverso» biascico, togliendomi la divisa che siamo costretti a usare durante la Simulazione affinché ci siano quante più variabili simili alla realtà.

«Appena anche loro hanno finito, ti aspettiamo all'assemblea con i generali: si devono stabilire tutte le direttive per l'incursione e per la partenza della Medius.»

Alle sue parole, le mie sopracciglia scattano verso l'alto.

«Finalmente smette di mangiare le nostre provviste. Si porta dietro anche il chihuahua?» chiedo, riferendomi ovviamente al mostro che ha per amico.

Insieme alle foche, quei topi a forma di cane sono tra gli animali più apprezzati di tutto il libro di zoologia, qui dentro. Samir non deve cogliere il riferimento, perché si limita a ignorarmi e tornare a osservare l'azione dove i miei compagni sono ancora impegnati contro i Medius.

Decido di farmi un giro ai piani superiori, magari becco Cosmir in pausa e posso farmi distrarre dalle sue chiacchiere per non pensare che mi rimane poco tempo prima di dover lasciare mio fratello, forse per sempre. Ho rimuginato per giorni su questa missione e sono arrivata alla conclusione che mi sto comportando esattamente nello stesso identico modo di Nathan.

Sospiro. L'avevo visto, quel Medius che mi ha colpita. L'avevo visto ancora prima che il mio compagno mi avvertisse, ma ho lasciato pensare che fossi distratta. Sto facendo credere a tutti, in ogni fottuto allenamento, che io non sia all'altezza. Forse sono davvero diventata una mezza sega e questa è la giustificazione più plausibile, ma mi piace pensare che più mi dimostro incapace, meno sono le probabilità che mi scelgano per far parte dei sette guardiani della luce di quell'idiota che si spaccia per il nostro salvatore.

O forse, semplicemente, mi sono stancata di tutte queste stronzate e voglio solo tornare a lavorare in mensa con Blue che mi sfracella la testa con il mestolo.

Mi ci vogliono una decina di minuti per arrivare al piano sotto a quello in cui lavora Cosmir, ultima tappa dell'ascensore, da qui mi tocca prendere le scale per raggiungerlo. A ogni scalino penso a un vantaggio e a un contro di uscire in missione con la mia nuova squadra di supereroi: alla fine trovo centocinquantanove svantaggi e un solo pro. Un record, direi, solitamente fatico a stare nel limite di scalini che percorro per elencare tutti i lati negativi di una mia scelta.

In ogni caso, l'unico motivo per cui dovrei ricominciare a impegnarmi e a farmi notare sarebbe l'onore. Ma non c'è onore, a sacrificarsi in un moto di altruismo spasmodico se dall'altra parte si lascia la propria famiglia. Non ci sarebbe onore, nell'abbandonare mio fratello di dieci anni a se stesso, anche se morendo avrebbe diritto addirittura al triplo delle razioni. Preferisco vederlo pelle e ossa, piuttosto che solo.

Devo ricordarmi di imporre a Keegan di non parlare più di quella mezza-macchina. Né di vederla, o di pensare a lei. Un giorno è tornato in appartamento con un sorriso da un orecchio all'altro e io, stupida, credevo che avesse appena fatto a pugni con un compagno più piccolo – o ricevuto un buon voto, ovviamente. Invece si è messo a raccontarmi della nuova ragazza che sa un sacco di cose e del nuovo ragazzo che sembra più forte addirittura di Nathan. Non appena ha pronunciato il nome di nostro fratello ricordo di aver sbattuto sul tavolo le mani con forza e, se prima non gli prestavo più di tanto attenzione, in quel momento Keegan è impallidito sotto al mio sguardo.

Non ha più parlato del mostro, ma continua a informarmi sulle lezioni tenute dalla mezza-macchina ad alcuni della sua classe, perché nonostante i miei avvertimenti continua ad attaccarsi alle gonne di quella Medius come fosse una madre. La odio. E odio vedere Keegan triste, ma evidentemente è riuscita ad abbindolarlo per bene. Facile, ingannare i bambini.

È pericolosa, subdola, ingannevole e... pericolosa. Come si può anche pensare di fidarsi di una come lei? Davvero vogliono mandare a monte secoli di sicurezza solo perché lei dice di essere dalla nostra parte? Stronzate. Quelle come lei sono addestrate fin da quando ancora stanno nelle loro capsule amniotiche a mentire per ingannare gli esseri umani, è qualcosa che radicano dentro di loro e che non si può debellare per puro spirito altruistico. E questo, a quanto pare, se lo sono dimenticati tutti.

Non appena faccio il mio ingresso al piano, percorro in modo automatico i corridoi che mi porteranno dritta da Cosmir: le guardie che incrocio non fanno parola con me, forse mia madre ha dato l'ordine di lasciarmi vivere in pace i miei ultimi giorni prima della missione suicida.

Apro la porta della sua dimora soprappensiero e, non appena alzo lo sguardo, mi porto una mano al fianco, dove nelle spedizioni esterne porto la pistola elettrica. Il problema, ora, è che non trovo altro che i passanti vuoti dei miei pantaloni. Merda.

«Sta' lontana da lui, inutile pezzo di ferro» sibilo tra i denti, mentre Cosmir si acciglia per il mio tono aggressivo.

Non l'avevo mai vista da così vicino, ma la Medius è davvero spaventosamente simile a un vero essere umano: guance arrossate, occhi brillanti, postura rilassata. Ciò che la tradisce è l'acconciatura perfetta che porta ogni singola volta che la vedo. E l'espressione da pesce lesso incapace di usare i propri muscoli facciali, ovviamente. O forse quella è proprio la sua faccia da persona scocciata perché l'ho interrotta?

«E tu saresti...» insinua, riportandomi al presente.

«Molto incazzata, sì» concludo per lei, lanciando un'occhiata a Cosmir.

A differenza di quel che pensavo, lo trovo tranquillo e rilassato.

La Medius è seduta a debita distanza da lui e sul bancone, di solito sgombro da ogni oggetto, ci sono libri e appunti che ne ricoprono la superficie. I display relativi al sarcofago umano in cui ci troviamo sono tutti spenti, gli unici schermi accesi riportano immagini dalla superficie e alcuni schemi in verde su sfondo nero che non avevo mai visto. Sembrano progetti, pieni di numeri e nomi specifici.

«Che cazzo sta succedendo, qui?» chiedo sulla difensiva, alternando lo sguardo tra Cosmir e la Medius.

«Lavoriamo, Hayden. Dovresti passare più tardi» mi tranquillizza il ragazzo.

«Certo, così ti trovo ammazzato? No, grazie. Mi siedo qui» lo avverto, andandomi ad accomodare sulla sua brandina e tenendo sott'occhio la mezza-macchina.

Dalla tranquillità di Cosmir capisco che non è il loro primo incontro, ma non c'è ancora abbastanza fiducia perché vengano tenuti accesi i display che potrebbero rivelare troppo sulla struttura in cui ci troviamo, forse per prevenire che la Medius tenti la fuga.

«Hayden, non è necessario, noi stiamo...»

«Il signor Laddex mi illustra come posso essere utile una volta tornata in Città, dove sosterrò un doppio gioco al fine di trovare le informazioni utili alla vostra sopravvivenza e no, se te lo stai chiedendo, non sono una macchina assassina, né sono interessata sessualmente a lui» lo interrompe lei, attirando il mio sguardo adirato.

«Non parlare con me!» le dico, ignorando che abbia colto la gelosia che nemmeno io mi sono accorta di provare. «Sei riuscita ad abbindolare mio fratello e la maggior parte di chi è così ritardato da non sospettare di te, ma si sono dimenticati che quelli come te uccidono quelli come noi

«Evidentemente, ci sono delle eccezioni da entrambe le parti» continua con tranquillità.

Mi sollevo di scatto, avvicinandomi a lei più di quanto vorrei. Non mi sento a mio agio, con i suoi occhi seri puntati sul mio viso, ma ignoro la sensazione e mi alzo sulle punte abbastanza da poterle fare sentire il mio sussurro.

«Non credere di essere al sicuro, qui, simulacro

Sostengo il suo sguardo per il tempo necessario, sperando di farle capire quanto sono schifata dalla sua scelta di vita, poi mi allontano di qualche passo. Sto per dire a Cosmir che non sopporto di condividere l'aria con lei, ma la Medius mi interrompe con la sua faccia da supponente.

«Sei tu» mi dice solo.

Alzo le sopracciglia in modo eloquente, fino a che non vedo un sorriso spuntare sulle sue labbra. A differenza di quel che pensavo, quell'accenno ironico che le dipinge la bocca sembra autentico, quasi naturale.

«Sei tu che gli sputi nel piatto» conclude, quasi fosse una constatazione logica. «Velenosa come tua madre.»

Mi innervosisco perché non riesco a capire cosa intenda, né come faccia a sapere chi è mia madre, così utilizzo il linguaggio universale che tutti, a questo mondo, possono capire. Sollevo una mano a mezz'aria, chiudendo il pugno e curandomi di lasciare ben alzato il dito medio.

Cosmir trattiene una risata divertita e la Medius non dà segno di esserne stata ferita, così le do le spalle ed esco sbattendo la porta dietro di me.

«Inutile pezzo di merda» mi lascio sfuggire dalle labbra, non sapendo se le mie parole sono più rivolte a lei, a mia madre, o a me.

NdM. Per quanto io mi senta più a mio agio con il pov di Amanda, non c'è niente di più divertente di scrivere dal pov Den xD

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