21. Creatura
Lascio alle mie spalle l'unica che mi faccia sentire umano. Sospiro, seguendo la guardia che mi scorta fino al campo d'allentamento. Ci sono già stato altre volte, ma da solo, accompagnato da Tito e Dee affinché potessi ambientarmi. L'inserimento nella comunità di umani sta andando più a rilento di quanto mi aspettassi, ma capisco anche i timori che possono spingerli a non fidarsi completamente di me. Anzi, se hanno così difficoltà a rapportarsi con chi sembra in tutto e per tutto un essere umano, non oso immaginare cosa dovrà passare Amanda prima di essere accettata. Ogni tanto noto che qualcuno di loro si sofferma a studiare con dovizia il mio viso, quasi vi riconoscesse un particolare noto: il più delle volte è questione di un attimo, poi scuotono la testa e se ne vanno, a differenza di Hayden che invece non appena mi ha visto ha perso la ragione. Dovrei parlarle, ma ogni volta che la incrocio riesco a percepire l'odio che prova nei miei confronti a metri di distanza e non voglio avere altri problemi – né causarli a lei.
«Da oggi iniziano gli allenamenti con gli altri membri della squadra» mi informa Milziad, che mi ha raggiunto sul campo. Sono rimasto sorpreso, la prima volta che mi hanno portato qui, dalla cura con cui hanno ricostruito un centro urbano, pieno di vicoli, passaggi e ostacoli. Mi hanno spiegato che l'addestramento prevede varie specialità e un numero illimitato di imprevisti durante le sessioni, per insegnare ai soldati a non abbassare mai la guardia. La trovo una strategia buona, ma sono dell'idea che un ambiente protetto come questo, per quanto anche le simulazioni con la realtà aumentata siano ottimali, non sia niente in confronto a quello che c'è là fuori.
Le trenta persone con cui lavorerò sono le migliori di ogni dipartimento, stando a quanto mi hanno detto. Non ho idea di cosa io debba fare, né se ci siano protocolli da seguire, ma come nei giorni scorsi non mi posso che affidare completamente a chi sembra saperne più di me.
Sto finendo di allacciare le stringe agli scarponi che mi hanno fornito – devo ricordami di chiedere dei vestiti nuovi anche per Amanda –, quando con la coda dell'occhio scorgo l'ultima persona che vorrei vedere.
Mi sollevo in modo che non possa essere preso alla sprovvista e noto che i miei muscoli si irrigidiscono in modo involontario, quasi il mio copro avesse riconosciuto un pericolo imminente. In effetti, non ha tutti i torti.
Fisso la ragazza senza mostrare paura, anche se il naso incomincia a pulsare al ricordo dei suoi pugni. Mi chiedo solo come una ragazzina pelle e ossa possa nascondere tanta forza in quelle braccia minute.
«Fissami ancora e ti spacco il culo» mi sussurra Hayden, mentre mi passa a fianco per andare a posare la sua felpa su una panca ai margini del campo. Alzo gli occhi al cielo, deciso a non abbassarmi al suo livello, e riprendo ad allacciarmi le scarpe.
«Squadrone a rapporto» richiama tutti il generale Milziad. Seguo con lo sguardo le trenta persone con cui dovrò lavorare per questi mesi. Sono uomini e donne di diverse età, alcuni sembrano veramente giovani e fin troppo deboli, ma dopo l'attacco subìto da parte di Hayden non dubito più di nessuno di loro. Mi chiedo solo come sia possibile coordinare così tanti soldati. «Siete stati scelti tra i migliori, dimostrate di esserlo. Oggi inizieremo con una prova pratica: il combattimento corpo a corpo. Come sapete, a volte le nostre armi non bastano per danneggiare i Medius: per questo serve essere pronti anche a rapporti ravvicinati. Anken?»
Alzo lo sguardo sul generale. È la prima persona che mi ha accolto senza attaccarmi, quella notte, nonché uno degli esseri umani di cui mi fido di più. Quando ha la mia attenzione, continua: «Quanti combattimenti pensi di poter sostenere?»
Mi prendo qualche secondo per studiare i trenta paia di occhi puntati su di me. Tra loro ci sono giovani combattenti, soldati più esperti, persone con il doppio dei miei muscoli e ragazze tanto minute che ho paura di spezzarle con un solo sguardo. Riporto i miei occhi a Milziad, curandomi di soffermarmi prima su Hayden. «Tutti.»
-
Quando ho dato la mia risposta, non l'ho fatto per sfoggio. Il mio corpo finora si è sempre mosso al posto mio, quasi si innescasse una memoria muscolare ogni volta in cui mi trovo in una specifica situazione.
«Partiamo da Abel, in ordine alfabetico» illustra Samir, facendo cenno a un ragazzo dagli occhi scuri e le spalle decisamente più larghe delle mie.
«Ti piacerebbe, bello.» Hayden posa una mano sul petto di Abel e gli impedisce di avanzare verso di me. Poi sorride al generale Milziad: «Non voglio combattere con il novellino quando sarà già stremato, voglio finirlo adesso.»
Osservo Samir con le sopracciglia alzate, sorpreso che Hayden voglia combattere ancora una volta con me: anche tutti i nostri compagni la fissano con un ghigno, ma alla fine il generale le fa un cenno di assenso, forse consapevole che la ragazza non si darà per vinta fino a che non avrà la rivincita con il sottoscritto.
Hayden si posiziona di fronte a me con lo sguardo guardingo e una smorfia sprezzante. Vorrei dirle che la miglior tattica è la difesa, ma lei attacca ancora prima che Samir dia il via. Ascolto solo il mio corpo e, al posto che sollevare gli avambracci a coprirmi il viso, precedo il suo pugno portandomi la mano destra dietro al collo per posizionare il gomito all'altezza del viso; poi mi avvicino a lei e chiudo la distanza, così da non darle la possibilità di caricare alla massima potenza il suo fendente. Mi abbasso all'altezza del suo bicipite, bloccando con il gomito il suo pungo, e con il palmo sinistro aperto colpisco in pieno il suo viso, fino a che la sua testa non si rovescia all'indietro sospinta dalla mia mano. Metto la minima potenza nel colpo, così da non farle troppo male, poi lascio che la mia mano le scivoli dietro la nuca: abbasso il gomito destro per spostare il suo braccio più in basso e faccio pressione con entrambe le mani sulla sua schiena per costringerla a piegarsi sul mio ginocchio. Anche in questo caso non carico il colpo, ma lascio semplicemente che il suo corpo sia accompagnato dai miei movimenti fluidi. La lascio cadere a terra, dal momento che la mia azione l'ha portata a perdere l'equilibrio, e mi distanzio di qualche passo riportando la guardia davanti al viso.
Mi fermo, spalancando gli occhi senza cercare di darlo a vedere: questi non sono movimenti dettati dal caso, ma combinazioni studiate e apprese con anni di allenamento di cui non sapevo essere in grado. Anche il resto dei miei compagni riflette il mio stupore e Hayden, appena riesce a sollevarsi, grugnisce come se non avesse intenzione di accettare alcuna sconfitta.
«Prova a colpirmi davvero, se ne hai il coraggio, ammasso di carne!» mi urla, accortasi che l'ho trattata con dovizia. «Non avrai paura di romperti di nuovo il naso?»
La scena pare ripetersi come in precedenza, ma Hayden dimostra di essere una brava osservatrice, perché prima che possa allungare la mia mano sul suo viso scarta di lato con la testa. In ogni caso, mi basta cambiare tattica: la colpisco con il braccio che avevo già sollevato – lo stendo fino a raggiungere la sua mandibola – e la costringo a piegarsi sulla sinistra per l'impatto, così che possa poi afferrarle una spalla e tenerla mentre con il piede destro, inserito dietro al suo, la faccio cadere a terra. Accompagno la sua caduta tenendola salda, così da attutire l'impatto, e infine mi distanzio di qualche metro.
«Codardo infame!» urla nuovamente, ripartendo all'attacco come un animale furente.
Non ne so molto di emozioni, né riesco ancora a classificare in modo efficiente le mie, ma anche un occhio poco attento potrebbe trarre le mie stesse conclusioni: Hayden combatte per rabbia. Una rabbia così radicata che anche il suo volto si trasforma in una maschera di puro odio, diretto senza dubbio nei miei confronti. Ma ciò che ho imparato fino a ora è che spesso sotto la nostra pelle nascondiamo qualcosa di più profondo, rispetto a quello che mostriamo, e anche per la ragazza che sta tornando ad attaccarmi, imperterrita, è così: se la sua espressione è furente, i suoi occhi sono un mare di dolore. E solo quando la atterro per la terza volta capisco quale sia il suo errore: non sta combattendo me, sta combattendo una sofferenza così grande che è quella a prendere il sopravvento di ogni suo muscolo. Come può tanto tormento essere contenuto all'interno di un corpo così esile? Semplicemente non può, ed è per questo che Hayden lotta. Ed è anche per questo che a ogni pugno viene sconfitta, perché è accecata dalle sue stesse emozioni, non solo in questo preciso combattimento: sospetto che Hayden abbia sempre covato un cumulo di rabbia e sofferenza che non hanno fatto altro che crescere in tutti questi anni.
«Non giocare, relitto umano, e mostra quello che sei: fai vedere a tutti che sei un lurido mostro, dimostra che cosa hai portato via a ognuno di noi!»
D'un tratto, mi riscuoto dai miei pensieri. Non mi ero accorto che, mentre studiavo la ragazza che continua ad apparirmi estremamente familiare, anche lei è riuscita a scorgere un punto debole su cui fare leva.
Quando ritorna all'attacco per l'ennesima volta, senza che abbia dato il consenso al mio corpo, mi ritrovo a spostarmi verso di lei con tutto il mio peso, finché non la spingo verso una parete degli edifici fittizi che ornano il campo d'addestramento. La blocco al collo con il mio avambraccio, facendo pressione fino a che non è costretta ad aggrapparsi con entrambe le mani alla mia pelle.
«Prova a ripeterlo» sussurro, consapevole che ha perfettamente ragione a definirmi un mostro.
La ragazza mi guarda. Il suo dolore mi fissa. La sua rabbia mi osserva.
«Lurido. Mostro» esala, con l'ultima boccata d'aria che le rimane.
Alle mie spalle, sento Milziad gridarmi qualcosa. La sua voce risuona nella mia mente, percepisco il suo tono preoccupato, ma non riesco a distogliere gli occhi dal volto di Den. Sta ghignando, mi sta sfidando a non farmi indietro, a dimostrare anche a me stesso quanto inumano sia. Mi sta sfidando a ucciderla.
Vacillo.
Basta l'attimo in cui le mie palpebre si abbassano per oscurare alla mia vista il suo volto troppo familiare, troppo amato da qualcuno che non sono io, per ribaltare la situazione.
Facendo pressione con la schiena sul muro, Hayden si dà uno slancio che non credevo possibile e, mentre con la mano sinistra mi colpisce alla mandibola, con la destra dà un colpo al mio gomito facendo scivolare il mio braccio dalla sua gola. Mi afferra il bicipite mentre manda a segno un altro fendente sul mio viso, poi le basta tirarmi verso di lei e scartare velocemente di lato per farmi collidere con il muro senza usare nemmeno un po' di forza: ha lasciato fare tutto al mio peso.
Il fiato mi si mozza in gola non appena il mio viso entra a contatto con il cemento. Il calcio al basso ventre e la ginocchiata sul naso che seguono sono i colpi finali: mi piego su me stesso ansimante e vedo il sangue colare lentamente sul pavimento polveroso.
Hayden si abbassa al mio livello, mentre riprendo fiato. «È così che si combatte, qui, codardo» sibila solo, prima di lasciarmi con il respiro mozzato e una mano premuta sul naso.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top