19. Ribelle
Keegan mi abbraccia e io lo stritolo con tutte le forze che il mattino mi concede. È l'ultima persona che mi è rimasta e non potrei sopportare di perderlo.
«Mi fai male, Den!» bofonchia, stretto contro la mia pancia. Lo ignoro, fino a quando mi rendo conto che ucciderlo per asfissia non è il miglior modo per tenerlo al sicuro.
«Non ti mettere nei guai» ordino, abbassandomi in ginocchio così da essere alla sua altezza.
«Sto solo andando a scuola» mi fa notare, sollevando le sopracciglia e indicando la divisa blu. Annuisco. Ha ragione, ma da quando ho saputo di Nathan e sono chiusa o in cucina o in addestramento, ho iniziato a pensare a tutti i modi possibili in cui potrei perdere Keegan.
«Ci vediamo a pranzo, allora.»
«Per le crocchette di patate. Sono felice che le cucini tu, l'ho detto a tutti i miei amici!» mi fa sapere orgoglioso. Vorrei sotterrarmi al pensiero che tutti i bambini ora sanno che non sono altro che un'inutile cuoca, ma resto zitta e lascio che mio fratello mi dia un ultimo abbraccio, prima di correre in classe.
«'Fanculo, Blue» sussurro, stringendo tra le mani il cappello che mi costringe a portare ogni singolo giorno. Al posto che prendere la rampa di scale che porta al piano superiore, il refettorio, inizio a scendere saltando gli scalini a due a due. Non ho certo tempo da sprecare per pelare quelle dannate patate, né per controllare che i pasti non brucino. Oggi Blue se la potrà cavare benissimo da sola. Quando sono quasi arrivata, indosso il cappellino per cercare di nascondere la parte superiore del viso e alzo la zip della divisa da allenamento fin sopra il mento. Cammino circospetta fino a che ho eluso le poche guardie che trovo sul percorso e poi faccio un cenno alla telecamera di cui conosco l'esatta posizione. So di essere osservata e me lo conferma il fatto che, appena svolto l'angolo ed entro nel corridoio alla mia destra, un ronzio metallico mi avverte dell'apertura di una porta e ci entro senza nemmeno bussare.
«Sono una fottuta spia internazionale!» esulto, portando i pugni sopra la testa e chiudendo gli occhi come a emulare un gesto di vittoria. «Alta sicurezza un cavolo, ho fatto il culo a tutti!»
«Ti ricordo che se non ci fossi stato io ti avrebbero già beccata una quindicina di volte sul percorso» mi interrompe Cosmir, seduto con le braccia incrociate sulla sua sedia girevole.
«Taci, uomo della sicurezza, oggi è il mio giorno libero» sbuffo, lasciandomi cadere sulla sua brandina.
«L'hai deciso da sola? Perché mi pare che Blue, qui, sia alquanto risentita» mi avverte, indicando uno delle decine di schermi della sua stanza. Sollevo il cappello giusto per vedere la donna che non ha fatto altro che darmi mestolate sulla testa correre da una parte all'altra della cucina. L'audio è disattivato, ma posso immaginare le parole che provengono dalla sua bocca. Alzo le spalle, noncurante, e ritorno ad abbassarmi il cappello sul viso.
«Se la caverà. Devi dirmi quello che sai, perché io so che sai che ho saputo» lo informo, fissandolo in modo eloquente.
«Ti prego, Vultur, traduci quello che hai detto.»
Alzo gli occhi al cielo, togliendo definitivamente il cappello e mettendomi seduta. «So qual è stato il destino di Nathan e di tutti gli altri del suo Squadrone. Quello che voglio capire è perché e una vocina insistente nella mia testa mi dice che tu hai le informazioni che mi servono.»
Cosmir sbuffa, tornando al suo lavoro e ignorandomi cose se fossi una mosca fastidiosa. «Ho già detto alla biondina che non condividerò nemmeno un'informazione, con voi.»
«Temi possa essere troppo fragile di cuore, Cosmir? Mio fratello si è fatto ammazzare di proposito e ha lasciato me e Keegan da soli. Non mi ha chiesto nemmeno un parere, è stata un'azione puramente egoistica e tutto ciò che ne è risultato è che io mi sento profondamente tradita dalla persona più importante della mia vita. Pensi che quello che hai da dirmi sia peggio che ricevere una tale pugnalata?» gli chiedo, forse per la prima volta nella mia vita seria e disposta a parlare con chiarezza.
Cosmir sospira, prendendosi la testa tra le mani e scuotendola piano. «Mi dispiace che tu l'abbia saputo così, Vultur. Speravo che ti avrebbero addolcito la pillola.»
Rido sprezzante. «Non esiste dolcezza in questa vita. Non con una madre come la mia. Perciò, Cosmir, ho bisogno di sapere prima che sia troppo tardi. Nathan sapeva quello a cui stava andando incontro?»
Servono una decina di minuti, prima che il ragazzo senza gamba si convinca a spiegarmi come stanno le cose.
-
«Aspetta, aspetta» lo interrompo per l'ennesima volta, sollevando una mano per far sì che smetta di parlare. «Tu intendi che tutti e tredici si sono fatti uccidere pur non sapendo se sarebbero stati o meno utilizzati per creare quel mostro?» chiedo, riferendomi alle parole che mi ha appena detto.
«Sì, Hayden, è la terza volta che mi fai ripete questo punto.»
«Perché è una cazzata colossale! Ma chi l'ha deciso di mandare un simile messaggio, mia madre? Reclutare tredici persone da mandare al macello così che il loro numero potesse essere un codice e permettere solo a dieci di loro di servire effettivamente una buona causa.» Guardo il soffitto, sbuffando esasperata. «Qui dentro sono tutti pazzi.»
Cosmir alza le spalle. «Non sono io che decido e tutti loro erano consapevoli di quello a cui sarebbero serviti. Sono stati addestrati per mesi per attaccare esattamente quella Macchina, affinché i nostri uomini all'interno del Cyberpalast potessero recepire il messaggio giusto.»
«Per mesi?» chiedo con voce strozzata. Dunque Nathan mi ha nascosto la sua decisione per parecchio tempo. Sento un macigno bloccarmi lo stomaco, ma decido di non badarci e dimenticarmi di quanto deludente sia stato mio fratello.
«Avevano istruzioni precise, anche il minimo dettaglio doveva essere studiato. Mi dispiace.» Gli faccio cenno di andare avanti, non voglio soffermarmi troppo su particolari inutili. «Come avrai capito dai documenti che hai letto, alcuni di loro sono stati usati per creare Anken.»
«Il mostro» lo interrompo sprezzante.
Cosmir solleva gli occhi al cielo spazientito. «Chiamalo come vuoi. Due scienziati del Cyberpalast lo avrebbero reso funzionale per la data stabilita, quando c'è stata la seconda esplosione e lui è potuto fuggire con l'altra ragazza. Ci sono voluti un paio di giorni prima che arrivasse perché ci siamo presi il tempo necessario per studiarlo e-»
«Frena un attimo!» lo interrompo, di nuovo, sgranando gli occhi.
«Per l'amor del Cielo, Hayden, lasciami parlare!» sbotta lui, spazientito dai miei continui interventi.
«L'altra ragazza? Non è da solo?» chiedo, fregandomene delle sue parole. Senza aspettare che mi risponda, cerco sugli schermi di individuare la posizione del mostro e lo trovo in Refettorio. Probabilmente Dee l'ha accompagnato a fare colazione. Al solo pensiero che quello mangi parte delle nostre razioni mi prudono le mani. «Dove alloggia?»
«In una delle stanze di Tito» mi informa Cosmir, prendendomi il viso per spostarlo su un display diverso dagli altri. «Devo tenerli monitorati costantemente, non vogliono che i due facciano sciocchezze.»
Fisso il monitor che ritrae una camera vuota e poi sposto gli occhi su quello di fianco: riporta l'immagine di una stanza identica a quella appena vista, ma questa volta al suo interno c'è una ragazza. La qualità del video non è delle migliori, ma noto che indossa vestiti che sembra portare da diversi giorni e i capelli lunghi e mossi sono migliori anche di quella volta in cui mi sono fatta acconciare per il diploma. Da quel che vedo, sta prendendo dei libri da alcuni scaffali, accarezzandone il bordo con cura.
«Non è umana» sussurro.
Cosmir mi guarda accigliato. «Cosa intendi?»
«Nel senso che penso sia stupida: chi si prende cura dei libri come fossero dei bambini? Sono scartoffie.»
Il ragazzo scuote la testa divertito. «In realtà hai centrato il punto: l'amichetta di Anken pare essere una Medius.»
Per poco non mi strozzo con la mia stessa saliva. Faccio un passo indietro, quasi il monitor scottasse, e fisso Cosmir come se mi avesse appena rivelato la peggiore verità. Effettivamente, in un certo senso è proprio quel che è successo. «Una Medius, qui? Cosa c'è nel fottuto cervello di quelli ai piani alti?» sibilo, alternando lo sguardo tra il display e Cosmir, che sembra stranamente calmo.
«Non giungere a conclusioni affrettate: è dalla nostra parte e sta dando informazioni importanti. Anken garantisce per lei.»
«Certo!» sbotto, incrociando le braccia al petto. «Il grande mostro perbene che mette una buona parola per la principessa dei libri! È una cazzo di ferraglia ambulante, Cosmir, davvero ti aspetti che stia dalla nostra parte? Oh, lascia solo che le metta le mani-»
Prima che possa concludere la frase e uscire dalla stanza, per arrivare agli alloggi di Tito, Comir mi afferra per i fianchi e mi costringe a sedermi sulla sua brandina.
«Non fare gesti avventati. Mi hai promesso che saresti stata a sentirmi» mi rimprovera, puntandomi addosso un dito. Grugnisco infastidita e gli permetto di continuare, senza smettere però di fissare la porta. «Né Anken né la Medius sanno cosa sta succedendo: si sono parlati ieri sera e sembrano completamente all'oscuro di quale sia l'obiettivo finale, altrimenti sospetto che avrebbero accennato alla cosa.»
«E tu lo sai?» chiedo, ancora arrabbiata ma troppo curiosa per tentare la fuga e andare a uccidere la Medius. Per lei ci sarà tempo dopo. Quando noto che Cosmir sta annuendo, continuo: «Cosa cazzo aspetti a dirmelo?!»
«Nessuno di noi vuole combattere, sappiamo tutti che non potremmo mai sconfiggere i Medius, né trovare un accordo con loro. C'è un'unica opzione per la nostra sopravvivenza: andarcene.»
Lo guardo stranita, cercando di metabolizzare le sue parole. Fare i codardi, questa volta, potrebbe essere l'unica soluzione per uscire da questa situazione. «E dove dovremmo andarcene? Appena usciti da questa specie di sottomarino gigante quelli ci fanno fuori uno a uno» constato.
Cosmir mi fissa un attimo, forse incerto se concedermi o meno la verità. Poi sospira e abbassa il capo. «Vogliono portarci su Adamo. Tutti quanti. Per questo ci serve la Medius.»
Sgrano gli occhi non appena prendo consapevolezza della sua risposta. Adamo. Il cervello di quelli ai piani alti deve essere completamente andato a quel paese, se pensano addirittura di poter traslocare su un altro pianeta.
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