13. Ribelle

È quasi mattina quando la mia mano, con il suo strillare acuto e regolare, mi costringe ad alzarmi dal letto in fretta e furia. A causa dell'incontro notturno con Diane e dell'adrenalina conseguente alla riscoperta di un'alleata, ho impiegato decenni per addormentarmi e, quando ero finalmente riuscita ad abbandonarmi al sonno, questo dannato richiamo mi costringe a correre per ben quarantadue rampe di scale fino ad arrivare ai piani più alti. Ho lasciato Keegan dormire, dal momento che oggi non ci sono lezioni, e ancora mi chiedo come abbia potuto non sentire lo stridore proveniente dal mio microchip inserito sottopelle.

Solitamente il segnale sonoro richiama a rapporto i dipartimenti di ricognizione, probabilmente lo Squadrone di Samir deve essere rientrato prima del previsto e hanno bisogno di aiuto nello smistamento delle provviste recuperate. Sto salendo le scale con flemma, quando mi rendo conto che c'è un altro Squadrone di cui stiamo tutti attendendo il ritorno.

«Nathan» sussurro, spalancando gli occhi e iniziando a percorrere gli scalini con più foga. I Vultur avrebbero dovuto rientrare tra un paio di giorni, quindi la speranza che siano i Falchi a essere qui inizia a farsi poco a poco spazio in me, fino a che mi sembra di poter volare sulle scale per arrivare prima al luogo di raccolta.

Quando spalanco le porte stagne, con il cuore in gola e il fiato decisamente troppo affaticato, trovo una calca di persone già presenti al rapporto. Tutti, però, sono in religioso silenzio e inizio a temere di essermi persa qualcosa di importante, soprattutto quando tra la folla scorgo lei.

Maia Egeon, affiancata dagli altri consoli in carica, si trova dritta di fronte a me e non appena intercetto il suo sguardo severo inizio a farmi strada con spalle e gomiti. Quello che mi trovo davanti non è lo Squadrone di Milziad, né tantomeno il gruppo dei Falchi che mancano da troppo tempo.

In mezzo al capannello di persone, richiamate a rapporto d'emergenza, non c'è altro che l'insieme dei vertici del silos, tutti avvolti dalle loro divise rosse. Un velo di delusione si posa sul mio volto e tutta la tensione mi abbandona. Mi lascio superare da alcuni compagni, curiosi di capire cosa stia succedendo, mentre la speranza che avevo riposto nel trovare Nathan mi abbandona definitivamente. Poco distante da me scorgo Diane, i capelli biondi spettinate e un accenno di occhiaie a lambirle il viso. Non la saluto e lei non saluta me, perché nonostante i patti nulla è cambiato.

Mia madre prende parola non appena gli ultimi arrivano in sala, chiudendo la porta alle loro spalle.

«Lo Squadrone dei Vultur è tornato questa notte con una lieta sorpresa. I nostri infiltrati al Cyberpalast hanno creato qualcosa di prezioso, un dono che per noi potrebbe significare salvezza e vittoria. Tutto ciò che verrà detto oggi è di assoluta riservatezza e, se siete qui, significa che siete stati scelti per far parte di questo nuovo progetto.» Un mormorio soffuso si diffonde per la sala e, piano piano, riesco a notare persone che non fanno parte del mio dipartimento. Oltre ai alcuni Avvoltoi, anche dei Falchi fanno capolino tra le facce note e addirittura alcuni studenti degli ultimi anni.

«Quello che ci hanno offerto è un dono, coniato con sangue e sacrificio. Nessuno, oltre a voi trenta, deve essere a conoscenza di quello che succederà. Tutto deve essere mantenuto segreto per evitare il panico e per mantenere l'ordine» continua Tito, uno dei senatori in carica. Sorrido, facendomi nuovamente largo per capire quale vantaggio sarà il nostro. Armi speciali? Prego che possano essere armi a lunga gittata, così da non dover respirare la stessa aria dei Medius. Le pallottole sono inutili e non tutti sono abbastanza forti da portare un lanciafiamme, ma altre armi elettriche oltre alle poche che abbiamo potrebbero essere una rivoluzione nel combattimento. Mi esalto al pensiero che non solo potrò uscire da qui, ma che la mia missione sarà qualcosa di diverso dal cercare cibo in scatola, medicine e oggetti per lo più inutili.

«Da mesi si lavora sulla creazione di qualcosa che va al di là di qualsiasi innovazione dei Medius e che è stata destinata unicamente alla nostra protezione: una Creatura che racchiude in sé il meglio dell'umanità. Anken, fatti vedere dai tuoi compagni» conclude Tito, voltandosi alle sue spalle e richiamando qualcuno restato nell'ombra fino a questo momento. I generali si spostano facendo largo a un... ragazzo?

Aggrotto le sopracciglia e non sono l'unica contrariata dalla rivelazione, dal momento che le premesse avevano fatto pensare a un'arma di distruzione di massa per fare il culo a quegli pseudo umani. Certo la sua prestanza non può essere messa in discussione, dal momento che sembra creato appositamente per combattere e sterminare, ma mi aspettavo qualcosa di più distruttivo. E, soprattutto, mi aspettavo qualcosa che potessi divertirmi a usare. Sto per tornare nelle retrovie, per niente interessata al fustacchio dalle spalle larghe e i capelli neri che gli coprono il volto abbassato sul pavimento, ma il ragazzo, forse richiamato dal brusio, solleva lo sguardo.

Ed è allora che li vedo. E lui, nello stesso istante, vede i miei.

Per un attimo tutto sembra fermarsi. Non ci sono più uomini e donne eccitati o contrariati per la scoperta, non c'è più il rifugio, né i metri cubi di acqua che lo sovrastano. Non c'è più mia madre a pochi passi da me, né c'è più il corpo del ragazzo. Ci sono solo i miei occhi e i suoi, identici e specchiati gli uni negli altri.

Occhi che non gli appartengono.

È tutto sbagliato, in lui. La sua bocca, le sopracciglia, il naso. Anche i capelli e la corporatura: non c'è niente posizionato nel modo corretto, con la forma e i colori giusti. Ma riconoscerei i suoi occhi – i miei – ovunque. Anche su un corpo diverso.

Non è un'arma per noi. È un fottuto cavallo di Troia.

«È una trappola» sussurro, attirando l'attenzione dei miei vicini. L'estraneo non ha distolto lo sguardo da me nemmeno per un attimo e io ho paura che, se solo abbandonassi i suoi occhi, perderei l'immagine di Nathan. «Avete pensato che potrebbe essere una trappola?» urlo, per richiamare anche gli alti gradi.

Stringo i pugni, stupita dall'ignoranza di chi ha creduto all'inganno. Alcuni miei compagni sussurrano supportando le mie insinuazioni, mentre altri indietreggiano per paura che io abbia ragione. Poi, però, lui parla e io perdo la poca ragione che mi rimane.

«Den» sussurra quel mostro, senza che nessun'altro lo possa sentire in mezzo al chiasso che si è creato in pochi istanti.

Io però la percepisco eccome, quell'unica sillaba che formulano le sue labbra. E può conoscere il mio nomignolo solo se utilizza i suoi stupidi trucchetti da macchina.

«Non provare mai più a entrare nella mia fottuta testa, hai capito?» ringhio, senza nemmeno riconoscere la mia voce. Mi avvento su di lui, sul corpo che ha inglobato gli occhi di Nathan e lo spingo per le spalle. Probabilmente preso alla sprovvista, il mostro perde l'equilibrio e cade a terra. «Ti è chiaro, ammasso di ferraglia?» continuo, approfittando del suo svantaggio per fiondarmi sul suo viso sbagliato.

Lo colpisco con tutta la forza di cui sono capace e lo faccio nei punti più dolorosi. Se potessi gli strapperei gli occhi, per riappropriarmene, per restituirli a mio fratello. Il Medius rimane a fissarmi sbigottito, mentre riverso la mia ira sul suo volto troppo pallido e le mie nocche si rompono, mischiando il nostro sangue. Poi una scintilla gli attraversa lo sguardo – oh, come conosco quell'espressione. So che riceverò il colpo ancora prima di sentirlo, ma non sono abbastanza veloce per alzare gli avambracci in difesa del viso.

«Non mi toccare» sibila il mostro. Nel suo sguardo, oltre al familiare colore degli occhi di Nathan, scorgo per una frazione di secondo qualcosa di estraneo, una scintilla di disperazione che subito si trasforma in furia. Dura solo un battito di ciglia e quando capisco che è paura, quella che provo, i suoi pugni hanno già raggiunto il mio viso. Mi difendo come mi è stato insegnato da Nathan, ma è evidente che la sua forza sia nettamente superiore alla mia e, nonostante gli abbia ridotto la faccia a un ammasso di sangue e sia riuscita ad allungargli qualche altro mancino, i Falchi intervengono prima che ci possiamo ammazzare a vicenda e mi allontanano da lui tenendomi ben salda per le spalle.

«È un inganno, è stato costruito dai Medius!» urlo, prima che Tito dia l'ordine di portarmi via. Le lacrime di rabbia mi annebbiano la vista, mentre mi dimeno per poter tornare a uccidere chi ha sottratto la vista a mio fratello, chi si è appropriato indebitamente di qualcosa di mio. E poi lacrime di tristezza le sostituiscono, quando mi rendo conto che, adesso, so di poter piangere uno dei miei più cari affetti.

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«Dovremmo espellerla dalla missione per il suo comportamento riprovevole, dovrebbe finire in isolamento, con i pazzi e criminali!» annuncia Vannico.

«No, forse semplicemente dobbiamo relegarla al refettorio, lontana per sempre dalle armi e dall'esterno» infierisce un altro prefetto di cui non conosco il nome, portandosi una mano tra gli occhi troppo distanti.

«Era sconvolta, ha solo agito senza pensare e non ha tutti i torti» risponde invece Dee, che non avrei mai pensato potesse prendere le mie difese.

Samir se ne sta appoggiato allo stipite della porta e mi fissa, mentre io aspetto che finiscano di parlare di me come se non ci fossi.

«Quelli sono gli occhi di mio fratello» sussurro, non appena scorgo un attimo di silenzio.

«Zitta!» mi gridano i quattro uomini.

«Adesso basta» interviene Tito, battendo un pungo sulla scrivania di mia madre.

Hanno convocato una riunione d'emergenza con i generali dei dipartimenti e i vertici del potere. Mia madre mi fissa come se fossi la sua vergogna più grande e io la disprezzo allo stesso modo, perché so che anche lei ha avuto modo di riconoscere Nathan in quel mostro. Eppure non ha fatto nulla.

«La ragazza ha esagerato, non ci sono dubbi, e verrà punita. Ma non possiamo lasciare le cose come stanno. Deve sapere.»

Tutti disapprovano all'unanimità. Io sbuffo, c'era da aspettarselo: quando si parla di essere chiari e trasparenti, nessuno è mai d'accordo.

«Se non le diciamo come stanno le cose, rischia di mettere in pericolo se stessa e noi.»

«È una verità troppo grande!» dice Vannico, scuotendo risoluto la testa.

«Pensate che a stuzzicarmi così possiate risolvere la situazione? Mi state solo spronando a scoprire cosa succede da sola, con i miei metodi» intervengo, senza la minima intenzione di tenere a freno la lingua. Tanto sono già nei guai fino al collo.

«Egeon, tieni a bada la bambina» strepita una donna all'alto comando, con la divisa rossa che è evidentemente di qualche taglia più grande della sua misura.

«Bambina sarai tu!» rispondo di rimando, generando una nuova serie di occhiate omicide.

«Chi ha permesso che qualcuno così irrispettoso per le regole e per i gradi superiori potesse fare parte di un dipartimento, eh?» interviene il prefetto con gli occhi distanti.

«Suo fratello» risponde mia madre, zittendo tutti. «L'ha fatta entrare lui tra i Vultur, senza il mio permesso. La ragazza sa sottostare alle regole solo quando le va, a quanto pare.»

La ignoro e torno a concentrarmi su Tito, che mi sembra il più ragionevole. «Mi dica perché quella creatura ha gli occhi di mio fratello.»

«Suvvia, ragazza, come puoi pensare anche solo che-»

«Sono i miei cazzo di occhi a essere sul suo viso, mi sembra alquanto evidente che io li abbia riconosciuti visto che me li trovo davanti ogni singolo giorno della mia vita!» lo interrompo, consapevole di essere scortese ai limiti del sopportabile. Che mi sbattano pure in isolamento, non me ne potrebbe fregar di meno: voglio solo sapere cosa sta succedendo.

«Va bene, calmiamoci tutti. Lasciate che possa parlare da solo con la ragazza. Maia, tu puoi restare, così come Samir, mi sembra che tu sia l'unico contro cui non abbia gridato ingiurie» continua Tito.

Mia madre mi guarda dall'alto in basso, prima di uscire a discapito della richiesta di Tito e senza dire una parola. Non mi sarei certo aspettata un comportamento diverso.

«Meglio pochi ma buoni» stempera Tito, mentre si alza dalla sedia. È un uomo giovane, per essere tra quelli al potere, come d'altronde mia madre. Nell'aria viziata del silos non sono tanti gli anni a cui siamo destinati, soprattutto se si fa parte degli Squadroni che rischiano all'esterno la propria vita a ogni missione. Non ho mai parlato con Tito, né so che ruolo effettivamente ricopra, perché l'unica cosa di cui mi importa è essere la migliore in allentamento per poter uscire da questo inferno una volta al mese. Per il resto, la gente può fare ciò che più le aggrada. Tranne rubare gli occhi a mio fratello, o qualunque altra parte del suo corpo.

«Cosa sta succedendo» sibilo, senza dare il mino accenno a un'intonazione interrogativa.

«Generale Milziad, saresti così gentile da portarmi i documenti che troverà nel primo cassetto?» chiede a Samir, senza distogliere gli occhi dai miei. «Ti chiami Hayden, giusto?»

«Lightborn» lo correggo.

«Lightborn, va bene. Fai parte degli Avvoltoi e sai quanto, a volte, si possa richiedere a voi soldati. Fate sacrifici ogni giorno per portare risorse importanti a ogni singolo Ribelle. Li proteggete grazie al vostro coraggio e date speranze per una vita migliore.»

«Oh, la smetta con queste cazzate da checca!» lo interrompo, alzando gli occhi al cielo. Io combatto per avere un minimo di libertà, non certo perché ho deciso di essere altruista: l'alternativa era continuare la scuola e solo il pensiero di un libro di fa venire la nausea. Mi becco un'occhiata di fuoco da Samir e vedo un'espressione basita sul volto di Tito, ma non sembra dare troppo peso alle mie parole.

«Allora ecco la realtà, signorina Lightborn. Suo fratello si è sacrificato per tutti noi e ne era consapevole, la sua firma è all'ultima pagina.»

Samir mi allunga i documenti incriminati e quasi vorrei scoppiare a ridere e chiedere se davvero pensano che io mi metta a leggerli tutti, ma poi il mio sguardo è attirato dal titolo.

Donazione a carico del Dottor V. Hawking e del Dottor G. Ivonick.

Continuo a scorrere tra i paragrafi e, non appena recepisco le parole che leggo, sono combattuta tra l'urlare e il dare fuoco all'intero tomo di fogli. Sacrificio. Morte. Trapianto. Orgoglio di tutta l'umanità.

Quello che mi dà il colpo di grazia, però, è il ritrovare la scrittura incerta di mio fratello sull'angolo destro dell'ultimo foglio, accostata al verbo che gli ha tolto ogni possibilità. Acconsento, Nathan Lightborn.

Lancio i fogli lontani da me, fissando il pavimento per impedire alle lacrime di cadere. Si è ucciso. Si è venduto per un cazzo di riconoscimento al valore.

«Tuo fratello è un eroe, Hayden.»

«Mio fratello è un bastardo che ha abbandonato la sua famiglia per servire un'umanità che non esiste più» sibilo in risposta, prima di alzarmi dalla sedia e uscire da quella stanza piena di menzogne e ipocrisie.

Ironico, come il sentimento d'amore che provavo per mio fratello si sia trasformato nell'odio più puro di cui sia capace. Non hanno rubato i suoi occhi: li ha donati, li ha venduti perché io e Keegan avessimo doppie razioni a vita e perché con i suoi organi potesse essere creato un mostro in grado di aiutarci a sconfiggere i Medius. Sorrido amaramente, al pensiero che si è suicidato invano: la lotta contro i Medius è già vinta da secoli e i perdenti, senza ombra di dubbio, siamo noi. Siamo sempre stati noi.




NdM. Io, fossi stata in Den, gli avrei dato qualche pugno in più.

Con un ritardo di due giorni, vi auguro un buon rientro a scuola e/o una buona sessione autunnale a chi sta facendo ancora esami!

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