TALTIBIO

La nave lasciò le coste.

Taltibio osservò il veliero avanzare nelle acque vermiglie troiane, e pensò: "Vermiglie come il sangue che è stato versato".
Sulla nave c'erano Ecuba, la regina, Andromaca, la vedova di Ettore, e poche ancelle.
Ad Ecuba era stato permesso muoversi in ogni punto della nave, gli avevano detto, invece Andromaca era confinata sottocoperta e sorvegliata giorno e notte.
Alla sua richiesta di spiegazione, si era sentito rispondere: "Per evitare che possa gettarsi in mare, suicidarsi! Neottolemo la vuole viva e bella".
Il figlio di Achille avrebbe avuto una sposa bella, questo era certo, ma non viva, non nell'anima.

Lo scorrere delle onde, mosse dai remi e dal vento, cominciava a sciogliere le membra del nunzio greco, rendendogli difficile rimanere in piedi.
Era su una scogliera, a poca distanza dal vuoto; "Devo stare attento" si mise in guardia.
Eppure aveva proprio i piedi incollati al terreno, gli era impossibile muoversi, e ogni singola vogata gli annullava i muscoli.
"Curioso" rifletté, "Da qua è stato gettato l'innocente Astianatte".
Poteva ancora vedere i piccoli ossicini spezzati e insanguinati sulle rocce, quelle rocce che si innalzavano ad almeno metri e metri sotto di lui.
Poteva ancora sentire i gemiti delle guardie, che si erano rifiutati di commettere un simile abominio; Neottolemo allora aveva preso l'infante e l'aveva scaraventato lui stesso sugli scogli.
Astianatte era rimasto calmissimo, quasi catatonico, per tutto il tempo, perfino mentre raggiungeva leggero quei massi assassini.
Sarebbe dovuto essere un gran principe, un gran re.

Taltibio intanto era un ammasso di carne corrotta e disfatta, e sarebbero bastati ancora meno passi per farlo cadere; tuttavia lui, incurante, non faceva altro che guardare l'imbarcazione di Neottolemo.
La sua mente viaggiava verso mete e ricordi sempre più oscuri, strappandolo dal triste presente.
E, alla fine, gli apparvero Orizia e i suoi figli: i loro sguardi erano severi e sprezzanti, la moglie così magra e aspra, i ragazzi così alti e bruni.
L'araldo non voleva vederli, non desiderava altro che navigare in altri momenti, ma la sua famiglia rimaneva là, gli sguardi cattivi come i sassi.
"Fantasmi" esclamò, "Andate via".
Orizia fu la prima a parlare: "Via? Noi non andremo mai via".
Appoggiò la mano sulla spalla del maggiore, e strinse a sé il più piccolo.
"Siete spettri, non siete real...". "Non siamo reali?!" lo interruppe la donna, irata.
"Questa è la tua progenie, sangue del tuo sangue! E io sono la tua sposa, sciocco!".
Taltibio tentò di allontanarsi, ma la sua condizione glielo impedì.
"I ragazzi sono a casa, e tu... tu, Orizia, tu sei...".
"Morta?" domandò lei, accarezzando con amore i ricci scuri del mezzano. "Vengono dal tuo seme, sono i tuoi frutti, non potranno mai essere lontano da te... e io, io sono tua, mio malgrado" fissò il marito con commiserazione. "Loro sono parte di te e io sono obbligata a stare accanto a te, non importa cosa vogliamo" finì.
Non sapeva come rispondere a queste parole, e si limitò a scoccarle un'occhiata di risentimento.
"Sai solo fare questo? Guardarmi male?" rise velenosa, e con lei i ragazzi. "Non smetterò mai di considerarti debole, neanche tra mille anni, nemmeno se gli uomini volassero o le donne smettessero di morire nel dare alla luce neonati!" lo attaccò.
Non doveva piangere, non poteva. Avrebbero riso ancora più forte, e si sarebbero presi gioco di lui.
"Mi sono sempre chiesta come tu abbia fatto a darmi bambini così possenti e coraggiosi... si potrebbe credere che a crearli sia stata io!".
La sua voce era terribile, le sue parole inarrestabili.

Poi all'improvviso disse: "Però puoi avere un'ultima possibilità, un'ultima, e se non sarai capace di portarla a termine...".
Il suo principio di pianto perì di colpo, e la interrogò: "Di che si tratta?".
Orizia e i fanciulli allora si separarono, alcuni a destra e gli altri a sinistra, lasciando libere le poche pietre al centro che davano sui metri di caduta fino al mare.
"Non posso, guardatemi..." tentò, cercando di mostrare loro la sua situazione.
"Cosa c'è di strano? Sei sempre uguale! Lo sapevo, sapevo che non saresti mai riuscito a renderci orgogliosi!". Fecero per sparire, e Taltibio immediatamente trovò le ultime forze che gli restavano per camminare, forze che ignorava di possedere.
"Aspettate!" gridò, e la sua famiglia si voltò.
Il messo greco si trascinò sullo strapiombo, guardò le onde e si lasciò scivolare giù.

E mentre si frantumava sul fondo dell'acqua, vide il loro sorriso di approvazione.

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