LISA

E Lisa aveva sferrato il colpo.

Aveva preso la lampada dal tavolino a tre gambe e l'aveva distrutta sulla testa di Gilles, ignaro, seduto sul divano.
Con tutta calma, poi, aveva trascinato le valigie fuori dall'appartamento; aveva chiuso la porta ed era scesa al piano terra.
Poi si era bloccata.

"Gilles! Ma che ho fatto!".
Dentro di sé aveva strillato, mentre scambiava qualche sorriso educato con le eleganti signore bionde a passeggio con i cagnolini.
"Va in vacanza, Lisa? E il suo Gilles?" aveva domandato una di loro, con il falso sorriso impiastricciato di rossetto di chi si nutre di pettegolezzi.
La signora Baker non l'aveva nemmeno guardata, ma era sfrecciata su per le scale fino alla porta di casa sua. Aveva disteso Gilles, come morto, sul sofà; aveva gettato la lampada in frantumi nella pattumiera e si era apprestata a chiamare l'ospedale. "M-mio marito è... è...".
L'aveva guardato per un secondo.
"...È caduto dalle scale!".

E poi le avevano detto che aveva perso la memoria.
"È tutta colpa mia... sono un mostro... Gilles mi amava, e io ho cercato di abbandonarlo e di ucciderlo".
Un pensiero le aveva attraversato la mente come un lampo.
"Lui però non ricorda niente! È l'occasione per ricominciare! Oh, grazie Signore, grazie!".
Mai si era sentita così riconoscente con Dio.
Ma Gilles sembrava sapere. Ricordare.
La guardava con astio, le parlava così poco.
Quei suoi occhi erano sempre sbarrati sui suoi, consapevoli, urlavano ch'era colpevole, colpevole, colpevole!
Niente era cambiato.

-

"Così hai cercato di uccidermi?".
Annuì, piangendo come una fontana.
"Mi dispiace così tanto Gilles, io...".
Lui ciabattò per il salotto, triste, osservando il vuoto: Lisa rimase di sale, seduta in cucina, con una tazza di tè fumante davanti.
"Se vuoi lasciarmi, hai ragione. Non ti do torto. Non ti fermerò" disse, osservando i colori autunnali del tè che danzavano nella tazzina crepata.
Vide suo marito prendere qualcosa dalla credenza, e immaginò stesse iniziando a preparare i sui bagagli... invece il suo amato aveva tra le mani la foto incorniciata del loro matrimonio.
La poggiò sul tavolo con un gesto secco, e si sedette accanto a lei, di fronte alla tazza e alla cornice in bianco e nero.
"Cos'è questo?" la interrogò.
Lisa non capì. Era forse ammattito?
"Il nostro... il nostro matrimonio..." rispose, scrutandola con occhi gonfi di lacrime.
C'era lui, ritto, con un sorriso timidamente rigido, mentre stringeva lei, ragazzina bellissima e ancora ingenuamente bruna. Aveva un vaporoso abito color della neve, e il mazzo di fiori che stringeva tra i guanti a rete era fatto di peonie; c'era una peonia anche tra i capelli, incastrata con un mollettone.
Gilles quel giorno era stato nervosissimo, le sue mani avevano tremato mentre tenevano quelle della sposa. Lisa invece era stata la quinta essenza della felicità.
Una giornata meravigliosa.
"Abbiamo promesso, Lisa. Non davanti al prete, non davanti al pubblico. Io l'ho promesso a te, e tu l'hai promesso a me. Abbiamo promesso di non lasciarci mai, di rimanere sempre assieme...".
S'inginocchiò, e le baciò le nocche.
"Le persone se c'è un problema si parlano, si confrontano quando si amano!".
Fece una risata tra l'isteria e il senso di colpa: "Il problema è che ho tentato di spaccarti la testa con una lampada!".
"Sapevo di essermi messo con una donna fuori dal comune!". Afferrò il suo saggio, Violenza in una coppia: "Scrissi: quando la violenza s'insinua in una coppia, non importa chi la crea. Tu sei tanto colpevole quanto lo sono io, Lisa."
Trovò la forza di sorridere. Si sentì più leggera.
"Non importa cosa sia successo, tutto quanto è relativo... ritorneremo come in quella foto!".

Fece per sparecchiare ma venne bloccata dalla sua presa ferrea.
"Ricordi? Io ti chiesto: sto sognando? E tu m'hai risposto: io sono sveglia..." bisbigliò Gilles.
Il suo pianto di colpo divenne un torrente di singhiozzi, e si gettò tra le braccia di lui, soffocandolo di baci e abbracci.
"Io ti amo, e tu ami me! Perché... è-è più dolce di un sogno... più che un sogno... io e te..." le sussurrò alle orecchie.
"Non provare più ad andare via! Lo giuri?".
"Lo giuro".
Ci fu una pausa.
"Vivere con me è un inferno?".
Lisa gli pose il capo sul petto.
"Sì. Ma è il nostro, inferno."

E quella notte fu la prima, vera, notte di passione dopo anni.

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