GILLES

Lisa rise di cuore.

"Ma davvero?" esclamò, con un sorrisetto divertito e allo stesso tempo malizioso. "Quindi avevo sempre avuto ragione?".
"Eh sì" rispose Gilles, accarezzandole la guancia.
"Avevi capito tutto sin dal principio. Ho recitato male evidentemente" disse poi.
Lei passò il dito sul contorno della sua mascella, sfigurata da peli biondicci.
"Dovrei rasarmi" rifletté, osservandola con tenerezza.
"Sei riuscito ad ingannare i dottori, hai recitato più che bene. Avresti dovuto fare l'attore...".
Guardò per un secondo i ripiani pieni di libri alle loro spalle. "....invece di scrivere tutte quelle robacce sulle coppie".
Le pizzicò la mano.
"Non burlarti delle mie opere, non avresti tutti quei vestiti se non fosse per loro!" scherzò, versando del caffè bollente in una tazza.
"Ma sentilo!" ridacchiò Lisa in risposta.
Si accomodò sulle sue ginocchia, passandogli un braccio attorno alle spalle. "Quindi hai finto di aver perso la memoria solo per investigare? Su di me?".
Annuì, col caffè che dalla tazza gli andava direttamente sul cervello, toccandogli l'anima e inebriandolo.
"Che erbaccia cattiva..." lo punzecchiò, stampandogli un bacio sulla fronte.
Dopodiché, per qualche minuto, nessuno dei due parlò più; alla fine Lisa domandò: "E adesso? Che si fa?".
"In che senso?" la interrogò, aggiustandosi la vestaglia da casa.
"Non vorrai rimanere qua? In questa casa... con quei figli di puttana!". Con un movimento del capo accennò alla finestra, dove si ergeva la ridente cittadina: c'erano, come sempre, i ragazzini biondi e lentigginosi che sfrecciavano educatamente in bici... le automobili fiammanti e costose che si muovevano a passo di lumaca per non investire le simpatiche vecchiette e i gentili boy scout che marciavano con serietà sulla strada... i palazzi e i giardini immacolati... l'ordine e la perfezione fattosi città.
E poi loro: le signore eleganti, con i cani, i boccoli dorati e i cappellini fioriti.
Sorridenti, deliziose, accomodanti, profumate, coi loro mariti ricchi e spiritosi, fumatori di sigari e giocatori di golf. Quanto li odiava.
Li odiava anche Lisa.
Tutti, le vecchie, i boy scout, i ragazzini e le donne con cappellini e mariti, tutti quanti.
Erano loro i mostri.
Serpi striscianti che mormoravano, sussurravano, pugnalavano; ipocriti e adulatori, falsi e melliflui.
Tutti contro loro due.
"Scappiamo" propose Gilles.
"E dove?" chiese sua moglie.
"In Francia! Torniamo a casa mia. Sarà anche la tua".
Lisa lo fissò, con la bocca spalancata, per poi balbettare "Che? In Francia?", mentre lui buttava le loro cose in borse e valigie.
"Preparati" le ordinò, vedendola imbambolata là. "Ce ne andiamo tra un'ora".
La donna non perse tempo: corse in camera e ficcò tutto quello che poteva nelle tasche e nelle borsette.
"Prima andiamo al sud, poi a Parigi, e in Bretagna. E qua e là" spiegava, schiacciando la chincaglieria del salotto in una sacca.

E infine erano in macchina, freschi ed eccitati; fece per accendere il motore, ma venne interrotto da una folla di persone, che circondarono l'automobile.
"Dove state andando?". La vocina stridula della vecchia tradiva una certa malizia.
"A casa" rispose Lisa, osservandola con astio. Tutti risero, come ad una battuta spassosa.
"In Francia... ci trasferiamo lì" sottolineò Gilles, inforcando gli occhiali da sole.
Una delle donne fece un sorriso a trentadue denti: "Perché mai? E dove, precisamente?".
La sua dentatura era bianca e perfetta, e i suoi occhi grigi e bovini. Una stronza, come tutti gli altri.
Uno dei ragazzi in bicicletta fece una smorfia di derisione nella direzione di lui.
Sua moglie sospirò, guardò in direzione della donna che aveva parlato e disse, decisa, seria: "A fanculo. Stiamo andando a fanculo".

I sorrisi svanirono, sostituiti da espressioni di rabbia e sgomento. Un grassone in abito gessato la strattonò e ululò: "Come si permette di parlare così a mia moglie?!".
Gilles gli gridò in risposta: "Tocca la mia e ti scuoio, ciccione di merda!".
Tutti boccheggiarono, per avventarsi sulla Bug. Allora accese il motore e la mise in moto, aprendosi un varco investendo i presenti; dopodiché sfrecciò in una gioielleria, mandando in frantumi la vetrina e i prodotti, per successivamente fare lo stesso con ogni negozio della città.
"Ho ucciso qualcuno?".
Lisa si guardò alle spalle.
"No no, quelli di prima ci stanno inseguendo, compresi i commercianti... vai al supermercato!".
"È questa la mia donna" s'inorgoglì.
L'automobile vi sgommò dentro, lo attraversò rovesciando gli scaffali e mandando le persone per terra, e uscì dall'altra parte, lasciando un buco enorme sull'edificio. Lei aveva afferrato qualche confezione di cibo in scatola, come scorta per il viaggio.

Mentre gli abitanti della cittadina sbraitavano e li maledivano, Gilles e Lisa sghignazzarono nella Bug e si baciarono con passione, allontanandosi nell'orizzonte.

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