GARCIN
Estelle terminò il suo racconto, distesa sul pavimento come un burattino abbandonato, con gli occhi completamente spalancati.
Come ipnotizzata, non aveva compiuto alcun movimento mentre parlava... le parole le erano uscite dalla bocca quasi da sole. Non sembrava la sua, di storia: pareva quasi che avesse narrato la vita di qualcun altro.
Si era bloccata con la morte di sua figlia, neonata, che lei aveva ucciso lanciando giù da un balcone per affogarla in un lago. Ora c'era un silenzio imbarazzante.
"E poi?" chiese Garcin, con voce roca.
"Poi cosa?" domandò Estelle, alzandosi da terra.
"Che hai fatto poi?" specificò, grattandosi nervosamente il mento. Perfino Inès non sapeva che dire.
"Sono tornata a Parigi, per scoprire che i miei genitori erano morti in un incendio. Diventai una mendicante, e a volte in cambio di soldi permettevo ai marinai di rovistare tra le mie mutandine. Poi, in inverno, la polmonite" spiegò, mettendosi a sedere sul divanetto.
"E tuo marito?" la interrogò Inès, a braccia conserte, mentre scrutava la ragazza rossa con un'espressione indecifrabile.
"Si è suicidato, gettandosi anche lui nel lago" rispose quella con voce assente, giocherellando con una ciocca di capelli.
Passò qualche secondo, e poi la Serrano scoppiò a ridere.
"Sei impazzita, lesbica?" s'inviperì Garcin, guardandola con odio. La storia di Estelle l'aveva sconvolto nel profondo: lui l'aveva trovata così dolce e virtuosa...
Non aveva mai incontrato nessuna donna così: gli era sembrata perfetta e angelica, pur avendole parlato per poco tempo; non provava per lei solo desiderio carnale, ma anche... non sapeva spiegarlo.
Qualcosa che nessuna, nemmeno quella troia di sua moglie Violet o quelle baldracche mulatte che si portava casa, era riuscito a fargli provare.
Garcin aveva definitivamente perso ogni traccia di sicurezza nel momento in cui Estelle aveva varcato la porta della camera.
"L'hai fatta proprio sporca, eh Estelle Rigault?" sbraitò Inès tra le risate. La parigina le scoccò un'occhiataccia, per poi sghignazzare anche lei.
Stentava a crederci: la sua risata non era timida e cristallina, anzi, era grassa e volgare come quella di un puttanone di strada. Arricciò il naso. Voleva mettersi a piangere.
"Che hai, Garcin? Sei deluso? La tua tenera rosellina senza spine si è rivelata un'edera velenosa?" si burlò di lui la mora, abbandonandosi sul divano di fianco alla sua Estelle.
"Finiscila! Sei un uomo, non una femminuccia! Dimostra a quelle due chi sei!" si disse, dandosi coraggio; si passò una mano tra i ricci scuri e rise anche lui con fare spavaldo.
"Inès, mi prendi per un idiota? Conosco le donne molto meglio di te!".
Il sorriso di scherno svanì dal viso della donna.
"Francamente non sei stata la più grande sorpresa della mia vita, ho incontrato ben altre meraviglie" aggiunse, rivolto alla Rigault: quest'ultima sbatté le lunghe ciglia in modo accattivante verso di lui, facendogli perdere il filo del discorso.
La Serrano, vedendo la scena, ritornò a prendersi gioco di lui: "Non sembra, dal modo in cui ti paralizzi davanti ai suoi occhioni! Fa pure l'omaccione tanto io, lei e tutto l'hotel sappiamo benissimo che sei solo un codardo alcolizzato!".
Ridacchiò, ma aveva esagerato: Estelle vide l'espressione di Garcin e ritornò al suo posto, togliendosi il sorrisetto di dosso. Lui avanzò verso Inès silenziosamente, per poi afferrarla per la gola e sbatterla addosso al muro con violenza; lei lo fissò sconvolta, e prese a scalciare a dimenarsi furiosamente.
"Stammi bene a sentire, brutta... depravata... del cazzo: o chiudi quella bocca e lasci stare Estelle, o giuro che sarò io, il tuo inferno! Capito?!" ruggì, scuotendola violentemente.
Lo sguardo di Inès era di puro disprezzo.
"Mollami!" ringhiò, la voce rauca e soffiata per la sua stretta.
Lui la liberò, lasciandola cadere sul tappeto: aveva uno spaventoso segno rosso sul collo.
Scattò in piedi, tossendo, e sibilò: "Cosa ti dice che lei voglia stare con te e non con me?".
Indicò Estelle, che era seduta tra i cuscini, rigida e dura come il legno.
"Non penserai che lei sia... come te?!" l'attaccò.
"Tu che dici?" lo sfidò, massaggiandosi il punto dove l'aveva quasi strangolata.
"Ha fatto fuori una bambina appena nata per vendicarsi di suo marito, secondo te non odia gli uomini? Estelle vuole essere posseduta da me, di certo non da te!".
La ragazza in questione finalmente intervenne: raggiunse i due litiganti e prese delicatamente le mani di entrambi, per farli calmare. La rabbia sbollì di colpo, il colorito di Garcin da rosso ritornò pallido.
"Suvvia, non c'è bisogno di bisticciare per me! Inès...", si voltò verso di lei. "Sei troppo sicura di te. Mi dispiace, ma è con Garcin che voglio stare" disse con voce vellutata.
Il trionfo e l'orgoglio si dipinsero su di lui, opposti all'umiliazione e alla vergogna della Serrano, che serpeggiò dall'altra parte della camera.
Si strinse alla rossa, e lei lo baciò sulle labbra, da prima romanticamente, e poi appassionatamente.
Cominciarono a spogliarsi.
"Ma bene. Bene, amatevi! Fate come volete! Quanto vi odio, tutti e due!" berciò Inès. "Avrò la mia vendetta!".
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