"Garcin! Mi stai facendo male! Garcin! Basta!".
Garcin non badava mai alle grida di Violet, quando lui, tornato a casa dal lavoro, la violentava.
Per terra, sul tappeto, a letto, dove capitava.
Da ubriaco, perdeva ogni traccia di ragione, diventava una bestia. Ed era spesso ubriaco. E se non lo era, si occupava di altre donne, portandosele a casa e obbligandola a dormire da un'altra parte, per lasciare libero il letto. Il giorno dopo doveva fare per loro la colazione e portarla in camera.
Un'abitudine.
Violet. Sua moglie.
Garcin a malapena si ricordava come fosse fatta. Aveva i capelli biondi, color dell'oro, questo lo sapeva. Ed era anche molto magra. E aveva la pelle chiarissima. Ma più di questo, niente. Il colore degli occhi? Boh. Azzurri, forse? O grigi? Bassa o alta? Bella, o brutta?
Ricordava di lei un abito bianco e un grande cappello con i fiori. Garofani.
Era strano, si ricordava i fiori del cappello di sua moglie ma non il colore dei suoi occhi.
"Garcin! Finiscila! Basta!".
Ne rimembrava però il temperamento. Era passiva, docile, di debole volontà; raramente alzava la voce, mai lo sguardo, neanche quando lui la seviziava. Si nutriva di aria. Non mangiava, non beveva... passava le giornate chiusa in casa, alla finestra, con un passerotto in gabbia e ricamava. O ritagliava bamboline di carta. Qualche volta, ma solo quando era più allegra, si faceva un solitario.
Ma niente di più.
Questo faceva innervosire molto Garcin. Non sapeva il perché, ma lo faceva infuriare. Strappava i ricami, gettava le bamboline di carta nel caminetto, pestava le carte.
Quando si era veramente ubriacato, uccideva i passerotti tirando loro il collo.
Ma Violet non piangeva mai. Non versava una sola lacrima. Con pazienza, ricominciava da capo i ricami, ritagliava altre bamboline, comprava un altro passerotto e rifaceva i solitari. Non piangeva neanche quando lui la metteva sotto. Si limitava a gridare a vuoto, inutilmente, tanto per tenersi occupata.
Quando Garcin non era sbronzo e provava un briciolo di pietà per lei (e non era in compagnia di altre), la portava a passeggiare ai giardinetti. Lei allora si metteva il vestito bianco e il cappello con i garofani, e insieme uscivano a braccetto e facevano un pic-nic sul prato. In quelle passeggiate, lei sorrideva di tanto in tanto. Anche Garcin, e una o due volte era arrivato persino a baciarla sulla guancia e a chiamarla: "Mio tesoro".
Durante l'ultima passeggiata, quella prima della chiamata al fronte, Violet l'aveva fatto arrabbiare moltissimo. Lui aveva portato una bottiglia di whisky, ma lei gli aveva chiesto di non bere, e gliel'aveva tolta di mano.
Lui l'aveva presa lì, sul prato, sulla tovaglia con i panini e la limonata, con tanta violenza che quando erano tornati a casa lei aveva un labbro spaccato, un occhio nero, sangue che le usciva dal naso e i capelli biondi arruffati. Il cappello non aveva praticamente più garofani.
E là, non aveva urlato. Ma per la prima volta dopo dieci anni di matrimonio, mentre lui era dentro di lei e la gonfiava di botte, Violet l'aveva guardato negli occhi. Uno sguardo innocente, quasi da santa martire.
Garcin non ricordava il colore dei suoi occhi, ma ricordava quello sguardo puro e innocuo.
Violet aveva avuto quello sguardo quando lui aveva disertato ed era tornato da lei, sporco di terra e sangue e pieno di terrore.
Lei aveva capito immediatamente.
Senza dire una parola, lo aveva lavato, medicato, nutrito e messo a letto.
Il giorno dopo, l'avevano preso.
Lei li aveva chiamati.
"Mio marito, il disertore, si nasconde in casa mia", aveva detto al telefono mentre Garcin dormiva. Quando lo stavano portando via per giustiziarlo, lui le aveva chiesto: "Perché?".
Lei aveva risposto semplicemente: "Non ho mai smesso di amarti".
Era rimasta lì, sulla soglia di casa, a guardare suo marito mentre veniva picchiato e trascinato via, con i capelli color del grano sciolti sulle spalle e ago e filo in mano.
Violet aveva sempre amato Garcin, anche quando lui la stuprava, la picchiava e la chiamava "Puttana".
Però sapeva che lui era un mostro. E dopotutto voleva vendicarsi. Aveva aspettato il momento buono, tra un ricamo e l'altro.
Quando il cameriere era andato a prendere Garcin, mentre i proiettili gli trapassavano il torace, lui aveva pensato a lei. Al biondo dei suoi capelli, ai garofani del suo cappello.
Al suo sguardo innocente.
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