ELZBIETA
"Impossibile".
Elzbieta aveva gli occhi fuori dalle orbite. Joanna le scoccò un'occhiata incredula. "Perché dici così?" le chiese.
"Grete farebbe una cosa del genere?" berciò, la gola più inaridita che mai.
Joanna annuì solennemente. "È disposta a morire. Staccherà la corrente del filo spinato e si lascerà uccidere".
Elzbieta non sapeva se commiserarla o infuriarsi. "Ma poi le guardie ci inseguiranno..." azzardò, gli occhi a due fessure. "Qualcuno morirà, questo è certo. Ma molti in questo modo si salveranno. Anche Mirjam ha detto che se qualcosa andasse storto...".
"Mirjam è una puttana, non puoi fidarti di lei. Si è sbattuta tutto il campo, è più nazista lei di Ewe!" la interruppe, sputando per terra. La bionda la fulminò.
"Non ti capisco proprio" commentò, velenosa.
Scappare. Abbandonare quell'inferno, per sempre. Impossibile. Non si può lasciare l'inferno. Per di più, non di certo con l'aiuto di una pecora come Grete o una serpe come Mirjam.
Elzbieta si sarebbe fidata più di Hitler in persona che di quelle due.
Infatti, il giorno dopo, Joanna ricevette un'amara delusione.
"Grete ha cambiato completamente idea. Piange come una bambina, dice che si rifiuta, che non vuole morire, che sono più cattiva io dei nazisti" le spiegò, fumante di rabbia. "Pecora" si diede ragione tra sé e sé. "E Mirjam?" la interrogò, piena di sarcasmo.
La giovane gettò a terra il calzino che stava aggiustando. "Ha fatto finta di niente. Mi ha chiesto di cosa stessi parlando" esclamò.
Elzbieta pensò trionfante "Ed ecco la serpe".
"E che conti di fare?".
Joanna fece le spallucce. "Escogiterò qualcosa".
Notò che i suoi capelli biondi erano molto meno folti, e il suo viso più magro del solito. Un altro po', e sarebbe finita come i prigionieri normali: morta letteralmente di fame.
E anche lei ormai era allo stremo.
"Cosa? Liwia?".
Per quanto la odiasse, si sentiva malissimo al pensiero.
Helga tagliò l'ultimo filo della coperta che stava sistemando, e si grattò il viso lentigginoso. "Liwia. Esattamente come Frieda. L'hanno inseminata, e lei quando l'ha scoperto ha provato a salvarsi cercando di uccidere il bimbo trafiggendosi il ventre... appena l'hanno saputo l'hanno portata... in infermeria". Alla parola 'infermeria', abbassò la voce in un sussurro.
Lei e Joanna si guardarono, ammutolite, mentre Helga continuava imperterrita a raccontare. "Ha opposto resistenza, e allora Ewe la frustata e l'hanno trascinata via. Urlava come un'ossessa".
Helga, bassa e graziosa, con i capelli ramati e il corpo ricoperto di efelidi, era la loro informatrice ufficiale: a causa della sua bellezza, superiore persino a quella di Joanna e Mirjam, era stata notata da molti ufficiali che l'avevano coperta di privilegi. Per cui la giovane era al corrente di quasi tutto quello che accadeva.
Inizialmente, quando era successo a Frieda, pensava si trattasse di un'anomalia: i medici avevano tolto loro tutto, onde evitare gli incidenti... ma ora, con Liwia, significava che ognuna di loro poteva essere in pericolo mortale.
Elzbieta era così impaurita che, durante i rapporti, non si era nemmeno accorta della presenza dei suoi visitatori; tremava come una foglia, e non ascoltava gli insulsi piani di fuga di Joanna, decisa coi suoi gessi e i suoi nomi. Perché doveva anche lei rimanere vittima degli incidenti?
Prima era al sicuro, con la morte della sua mente: l'infinito grigiore del campo le aveva tolto, oltre alla personalità, anche le emozioni. Ma adesso, a causa del suo terrore e di tutti quei progetti, era ritornata ad essere viva, come la sua stupida compagna bionda. Non riusciva più a far finta di non esistere, come faceva prima.
L'angoscia le metteva le ali ai piedi, quelle ali che le erano state tagliate molto tempo fa.
Il suo piccolo mondo di certezze... distrutto: il suo ruolo di prostituta non l'avrebbe protetta.
E molti giorni dopo, non appena ebbe la certezza che il suo destino sarebbe presto o tardi stato uguale a quello di Liwia e Frieda, divenne ancora più viva.
"Calmati Helga, misericordia!" sibilò, scuotendo la ragazza come una folle.
"Non capite! Io aspetto un bambino! Lo aspetto! Lo so!" strillò quest'ultima, isterica, in lacrime, tra le braccia sue e di Joanna.
Avevano dovuto bloccarle le braccia per evitare che si colpisse il grembo.
"Sono morta! Mi porteranno in infermiera, e mi tortureranno! So che fanno a quelle che hanno gli incidenti... Frieda... Liwia... tutte le altre!".
Elzbieta le mollò uno sberlone, e la strinse a sé fino a farle male. "Piano, così ammazzi il piccolo!" la rimproverò l'altra, asciugando le lacrime dal volto arrossato di Helga, che squittì: "Sì! Sì! Vi prego, fatelo!", per poi venire zittita con un altro schiaffo.
Solo allora Joanna ed Elzbieta si guardarono negli occhi, leggendosi le occhiaie e parlandosi senza aprire bocca. Annuirono.
"Helga, vieni con noi. Scappiamo, fuggiamo in Polonia" sussurrò la bruna.
Ella le guardò, tra lo sbalordimento e l'incredulità; corsero nel dormitorio e improvvisarono un sacco con le divise rammendate, dove vi misero i vegetali e il burro che Joanna teneva come scorta.
"Ma... ma come usciamo? Adesso?" domandò con voce tremula la rossa. "Non usciamo, ci nascondiamo. E poi, solo quando ci staranno cercando fuori, usciremo" rispose la bionda con un sorrisetto.
"E se ci prenderanno?".
"Non ci prenderanno" rispose. Guardò la compagna, e aggiunse mentalmente: "Non vive".
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