U n d i c i
È davvero bellissima, dovette ammettere Felix.
Un sorriso ampio e sincero gli piegava le labbra carnose, mentre la luce di tutti quei piccoli led si rifletteva dentro i suoi grandi occhi limpidi e sorpresi.
Era un vero spettacolo, non si sarebbe mai immaginato un simile risultato.
«Ti piace?» domandò Changbin con voce leggera e un po' stanca, entrando in quel momento nella camera e portando con sé quella che doveva essere l'ultima pila dei suoi amati libri.
Felix aveva deciso di non spostarli tutti – chiaramente –, ma aveva selezionato solo ed esclusivamente i suoi preferiti; che comunque erano un numero alquanto importante.
Avevano quasi totalmente occupato le piccole mensole già presenti nella stanza.
Il giovane australiano annuì, sorridendo mentre osservava il maggiore sistemare gli ultimi libri insieme agli altri.
Li aveva messi in ordine di colore – senza che fosse Felix a domandarglielo – e quella era una cosa che il minore aveva apprezzato in modo particolare.
Dimostrava ampiamente l'impegno che il maggiore aveva messo nell'aiuto che aveva deciso di dargli, e si era applicato al massimo delle sue potenzialità.
Felix si era ritrovato ad arrossire in varie occasioni, osservando il maggiore che si muoveva dentro sua camera e che sistemava con cura le sue cose; in particolare i suoi plushies, era stata una visione paradisiaca per lui.
Di tanto in tanto l'aveva scrutato di soppiatto – preoccupato per il raffreddore che ancora non sembrava essere totalmente passato – ma nonostante gli sporadici starnuti e colpi di tosse, Changbin l'aveva rassicurato assicurandogli di stare benissimo.
Il giorno seguente sarebbe tornato a lezione anche lui.
Chissà cosa avrebbero pensato i compagni – si domandò Felix – vedendoli di punto in bianco camminare per i corridoi uno accanto all'altro.
Rabbrividì alla sola idea.
«Adesso che è piena delle tue cose – disse il maggiore, piegando di lato il capo ed osservando il suo operato ormai concluso – Oserei dire che è persino più carina dell'altra» ammise, aspettando l'opinione del più giovane.
Era sicuramente molto più spaziosa.
Adesso era colma dei suoi effetti personali, di mille colori e luci – che venivano particolarmente esaltati dal contrasto con le pareti e i mobili chiari.
Changbin aveva fatto davvero un ottimo lavoro – dovette riconoscere Felix – era stato incredibilmente paziente, disponibile ed instancabile.
Si era perfino messo a piantare due chiodi nel muro, per permettere a Felix di avere con sé anche la sua amata bacheca di sughero, con le polaroid della sua famiglia e dei suoi migliori amici.
Adesso era lì, appena poco sopra il letto che lo osservava in tutta la sua iridescenza, con le piccole foglie di edera finta che scendevano su di essa e i led che illuminavano quello che – in quelle foto – racchiudeva tutto il suo mondo.
Tanti piccoli frammenti della sua vita, tramutati in pezzetti di carta lucida.
«Probabilmente lo è davvero – disse il più giovane, sedendosi con delicatezza sul morbido letto ricoperto dai suoi numerosi e piccoli cuscini colorati – Questa è la camera che, dopo il mio trasferimento, mia zia mi consigliò di occupare, secondo lei è la più bella della casa. Evidentemente in quel momento, non sono stato in grado di valutarne il potenziale».
Changbin sorrise, incapace di staccare gli occhi dal volto del più giovane.
Sembrava stanco e a tratti muoveva la gamba con espressione indolenzita; sospettava che – indipendentemente dalle buone azioni svolte – non si sarebbe mai liberato totalmente del feroce senso di colpa che lo attanagliava; almeno non finché quel gesso sarebbe stato lì.
Ingoiò a vuoto la saliva.
Si inginocchiò sopra il soffice tappeto rosa confetto – che aveva portato dall'altra stanza, con espressione giudiziosa – con l'intenzione di sedersi al suolo, ma si bloccò quando Felix gli toccò lievemente una gamba con una stampella, attirando la sua attenzione.
Sul viso aveva un'espressione che manifestava ampiamente il suo disappunto.
«Ti identifichi in un cane, e non me l'hai detto? - gli domandò sarcasticamente, arcuando un sopracciglio – Odio vedere le persone sedute in terra, vieni a sederti sopra il letto» disse, facendo un cenno rapido verso la porzione di letto al suo fianco che era rimasta libera.
«Ti assicuro che non mordo, forse».
Changbin annuì, un po' dubbioso e divertito dalle parole dell'altro.
Non si sarebbe mai sognato di sedersi accanto a lui, avrebbe voluto rifiutare – dirgli che il tappeto era molto comodo, e che non gli dava fastidio stare seduto lì – ma sotto quello sguardo non ebbe il coraggio di dire nulla.
Si sollevò dalla sua posizione, raggiungendo il ragazzo sul letto.
Si sedette al suo fianco, facendo molleggiare un pochino il materasso sotto il suo peso. Arrossì.
Era decisamente più pesante e robusto dell'altro.
Felix sorrise sotto i baffi.
«Hai visto quanti disegni e scritte hanno fatto sul mio gesso? - domandò cambiando argomento, per alleggerire un minimo l'imbarazzo dell'altro e strana tensione che si era appena formata tra di loro – Ovunque andavo c'era qualcuno che voleva lasciarmi un ricordo» proseguì, sollevando leggermente la gamba per mostrarlo al maggiore.
E anche strapparmi qualche informazione su di noi – avrebbe voluto aggiungere, ma il fiato gli era totalmente stato strappato via.
La fitta fu lancinante.
Il dolore acuto gli tolse il respiro, facendolo gemere e portandolo ad affondare le unghie sulla coperta su cui i due ragazzi erano seduti.
Changbin scattò al suo fianco drizzando la schiena, avvicinandosi a lui e cingendogli i fianchi con un braccio – come a sostenerlo – non sapendo davvero cosa fare per aiutarlo.
Sentì il proprio cuore raggrinzirsi davanti alle lacrime che il minore non riuscì a trattenere, e che scorrevano libere lungo il volto a pochi centimetri dal suo.
«Adesso passa, adesso passa» sussurrò con voce tremante il più giovane, poggiando la fronte contro la spalla dell'altro, stremato.
Changbin sorrise amaramente, ma più che un sorriso pareva essere una smorfia.
Sarebbe dovuto essere lui a tranquillizzare Felix in quel momento di sofferenza, ed invece sembrava essere proprio il minore a tranquillizzarlo.
Sono totalmente inutile, per lui.
«Mi dispiace Felix» sussurrò Changbin senza voce, desiderando di poter tornare indietro a quella sera, oppure di fare uno scambio col diavolo e prendersi lui quel dolore.
Avrebbe preferito quella frattura, alla sensazione di sapere che era lui il responsabile di tutto questo.
In aggiunta, essere entrato totalmente a contatto con Felix e con la sua vita lo portava a vivere a pieno quella situazione, ad assistere a momenti come quello, che non facevano altro se non rendere quel macigno sullo stomaco impossibile da digerire.
Felix respirò piano, sentendo il dolore che lentamente lasciava il suo corpo.
La presenza di Changbin, e le modifiche apportate alla sua camera, avevano ritardato l'assunzione delle sue medicine – che aveva preso qualche minuto prima che il maggiore rientrasse nella camera – ed evidentemente ancora non era iniziato il loro effetto.
«L'hai detto così tante volte – sussurrò Felix con voce rauca, sentendo le lacrime che lentamente bagnavano la felpa dell'altro – Non è più necessario» disse crogiolandosi nel calore del maggiore.
Era così bello stare tra le sue braccia.
Changbin scosse la testa, spostando la mano – che inizialmente era posata sulla sua schiena – e portandola ad accarezzare i lunghi capelli biondi del più piccolo.
Li trovava così soffici, gli piacevano da morire.
«Continuerò a farlo finché non mi avrai perdonato» sussurrò, sentendo il viso di Felix sposarsi leggermente, e percependo il suo respiro contro il collo.
Rabbrividì.
Chinò il volto verso di lui, trovandoselo incredibilmente vicino.
Lo osservava.
Lo osservava con quei grandi occhi marroni, attualmente lucidi di lacrime, che fin troppo sembravano due grosse vasche di caldo cioccolato fuso.
Ci sarebbe voluto affogare dentro.
Sei talmente bello Felix.
«L'ho già fatto Changbin, l'ho fatto quando ieri sera mi hai chiesto scusa zuppo di pioggia dalla testa ai piedi» ammise, accennando un piccolo sorriso che provocò due adorabili pieghe ai lati degli occhi.
Il cuore del maggiore perse un battito, per poi tornare a pompare sangue con maggior vigore.
Risollevò il capo puntando lo sguardo verso il muro.
Avere Felix così vicino non gli faceva bene, tanto meno sentire il suo profumo così intenso e dolciastro.
Su chiunque altro l'avrebbe trovato nauseante, ma su di Felix riusciva solo a sentire la necessità di affondare il naso tra quei setosi capelli che ne erano impregnati.
Rise. «Te l'ho già detto stamattina, sei buono in un modo inspiegabile Felix – gli ricordò - Non dovresti perdonarmi con così tanta facilità, ho fatto qualcosa di terribile!» sbottò pieno di rancore, abbassando nuovamente lo sguardo verso quel gesso.
Lo odiava, nonostante in quel momento fosse pieno di scritte e disegni colorati.
Lo odiava e si odiava.
«Se ti perdono, smetterai di aiutarmi e portarmi a scuola?» domandò il minore di punto in bianco, sorprendendo l'altro ragazzo.
Si spostò leggermente, per poterlo guardare meglio negli occhi.
«Certo che no, mi prenderò la responsabilità di ciò che ho fatto finché non toglierai il gesso o ... finché non lo deciderai tu».
Il suo stomaco si chiuse, pensando che il ragazzo potesse decidere di allontanarlo prima della rimozione del gesso.
Felix sorrise.
«Hai fatto qualcosa di orribile Changbin è vero, ma l'hai capito, ti sei pentito e stai cercando di rimediare – disse sospirando e tirando un po' su con il naso – Non hai neanche idea, di quante cose orribili certe persone abbiano fatto nella mia vita, e ti assicuro che nessuno di loro è mai venuto a chiedermi neanche scusa».
Quelle parole aprivano solchi profondi dentro il suo corpo, facendo sanguinare ferite che stupidamente pensava avessero già la cicatrice.
Ingoiò a vuoto la saliva.
Era davvero pronto a parlarne con qualcuno?
In realtà no, non lo era affatto.
Riusciva a sentire il panico salire lungo il suo costato, come una grossa macchia d'inchiostro che lentamente macchiava tutto.
Il respiro divenne più profondo ed iniziò ad osservare il tappeto ai piedi del letto.
Changbin parve capirlo, e Felix gli fu grato per questo.
Si sollevò con lentezza, continuando a reggergli il capo per evitare di togliergli totalmente il suo supporto.
Al minore mancò subito il calore di quel corpo.
«Stenditi – disse Changbin con un sorriso – Mettiamo un paio di cuscini e facciamo in modo di tenere un po' sollevata la caviglia, dovrebbe aiutarti un minimo» disse, iniziando a raccogliere alcuni di quel soffici cuscini per sistemarli alla base del letto – dov'era seduto lui.
Aiutò Felix ad alzarsi con particolare attenzione, fare il giro del letto e stendersi comodamente, sistemando poi la sua gamba in una posizione rialzata.
«Ho sete» sussurrò il ragazzo, mettendo il muso e puntando gli occhi sul maggiore, ancora chino su di lui.
Mi stai seriamente facendo gli occhioni? - rifletté Changbin, facendosi scappare un piccolo sorrisetto sghembo.
Con due occhi da bambino come quelli, non era affatto sorpreso che quella fosse la sua tecnica per ottenere qualsiasi cosa desiderasse.
E chiaramente funzionava.
«Vado in cucina a prenderti un bicchiere d'acqua» disse trattenendo a stento uno sbadiglio – era distrutto e non vedeva davvero l'ora di tornare a casa, nonostante gli piacesse molto la compagnia di Felix.
Il minore sorrise vittorioso.
Uscì dalla camera camminando a tentoni nel buio che avvolgeva la casa, abituandosi all'ambiente ad ogni passo cauto che faceva in quell'abitazione che ancora non conosceva bene.
Nonostante – in quella sera – il tragitto dalle scale alla camera di Felix, e viceversa, l'avesse compiuto almeno un centinaio di volte. Avanti e indietro.
Era ora di cena, e ormai era calata la notte nel quartiere.
Entrò in cucina con accortezza, toccando prima lo stipite della porta con le mani e successivamente tastando il muro alla ricerca dell'interruttore.
L'aveva trovato.
Click.
Quando la luce calda invase la stanza, temette di morire.
C'era la giovane zia di Felix, Hayoon, in piedi accanto al frigo che si portava alla bocca una fetta di pane – con quel che sembrava cioccolato – in atteggiamento totalmente non curante.
L'urletto che era sfuggito dalle labbra di Changbin – seguito dal grosso salto all'indietro – non era stato poi così tanto virile, e si augurò che Felix non l'avesse sentito.
Quella donna l'aveva spaventato a morte.
Quella era casa sua, sicuramente era capace di spostarsi al buio al suo interno molto meglio di Changbin.
Nonostante l'avesse visto, non aveva emesso alcun suono per manifestare la sua presenza.
«Devi scusarmi Changbin – disse lei, pulendosi il lato delle labbra sporco di cioccolato – Non ho pensato di venire ad avvisarvi del mio arrivo, anche perché sto per uscire nuovamente» ammise con un risolino.
Changbin scosse la testa, sentendo il proprio cuore galoppare ancora spaventato.
Chinò il capo, quasi per scusarsi.
«Ci mancherebbe, questa è casa tua non devi darmi delle spiegazioni – disse, abbozzando un sorriso cordiale – Sono solo venuto a prendere un bicchiere d'acqua per Felix» disse indicando il frigo e attendendo che la donna gli desse il permesso per avvicinarsi.
Si spostò solo quando lei annuì.
Regnò il silenzio per qualche istante, gli unici rumori erano quelli prodotti da Changbin che apriva l'anta del frigo e acciuffava la bottiglia in plastica, tirandola fuori dall'elettrodomestico.
La donna nel mentre gli passo un bicchiere in vetro, poggiandolo sul piano della cucina.
Changbin la osservò in viso, mentre la ringraziava.
Dall'espressione sul volto della donna, sembrava proprio che sentisse la necessità di dire qualcosa al ragazzo più giovane al suo fianco, così Changbin si ritrovò a raccontarle la serata appena passata insieme a Felix, la nuova sistemazione che avevano dato alla stanza che Felix aveva momentaneamente occupato e quanto fosse divenuta carina e allegra.
Sperava che aver iniziato quel discorso – indebolendo un po' il disagio che la donna provava, in fin dei conti non si conoscevano affatto – la potesse spingere ad aprirsi e dire a Changbin ciò che desiderava.
«Ti sono davvero grata per averlo aiutato a spostare tutte le sue adorate cose nella nuova stanza – già, il semplice fatto di non poter raggiungere la sua camera al piano superiore, lo intristiva parecchio – ma stare in quella nuova, così sterile e avvilente, non faceva che peggiorare ora dopo ora il suo già tetro stato emotivo» rifletté la donna, incrociando le braccia al petto e posando un fianco contro il bancone.
Changbin annuì con un sorriso, chiudendo la bottiglia e mettendola nuovamente dentro il frigo.
Fu quasi sul punto di rinunciare e voltarsi per tornare da Felix, credendo di essersi sbagliato, ma la donna parlò proprio in quell'attimo di silenzio.
«Devo davvero ringraziarti Changbin, per la tua presenza, il tuo supporto e tutto l'aiuto che gli stai dando in questo momento – il ragazzo si irrigidì, sentendo il proprio stomaco annodarsi dolorosamente – Mi sento molto più tranquilla nel sapere che ha al proprio fianco un ragazzo più grande che lo accompagna a lezione e lo aiuta con queste piccole cose, che sono comunque essenziali per lui, nel suo attuale stato» disse con sguardo carico di gratitudine, posando una delle eleganti mani sopra la spalla ampia di Changbin.
Il ragazzo si voltò verso la figura della donna, con una postura rigida e carica di disagio – per un istante Hayoon temette fosse dovuto a lei e al suo tocco, magari l'aveva messo in imbarazzo – tenendo lo sguardo fisso sul volto di lei.
Assomigliava davvero tanto a Felix – realizzò il ragazzo – e questa cosa la portava ad essere una figura davvero rassicurante, come quella di una madre o una sorella maggiore.
Stai ringraziando il mostro Hayoon, non devi.
«Sono stato io a spezzare la caviglia di Felix».
Subito dopo aver pronunciato quelle parole, desiderò poterle ricacciare prepotentemente in gola.
Non aveva idea da dove avesse tirato fuori il coraggio per pronunciarle, guardando la donna dritta negli occhi, ma sentiva la necessità di farlo; probabilmente l'avrebbe cacciato fuori da casa sua a calci nel culo, ma sperava che i sensi di colpa – nel saper di star ricevendo quei complimenti senza meritarli – si sarebbero un pochino attenuati.
Hayoon rimase ad osservare in silenzio il volto di Changbin senza dire una parola, e senza variare la propria espressione, e il ragazzo si domandò quanto tempo avrebbe impiegato ad esplodere.
Ma questo non avvenne.
«Lo so» rispose semplicemente.
Changbin la osservò con le labbra leggermente schiuse, la sorpresa che si secondo in secondo diveniva sempre più tangibile sul suo volto.
La donna sorrise.
«Pensi seriamente che una zia – una madre oppure una sorella – possa seriamente non sapere o non accorgersi di una cosa simile Changbin? Noi sappiamo sempre tutto, non è una semplice leggenda metropolitana» evidenziò sospirando e accennando un sorriso stanco.
Era stato davvero stancante e stressante per lei – che era a tutti gli effetti l'attuale responsabile di Felix – stare in silenzio ed osservare l'evolversi della situazione.
«Torno una notte da lavoro trovando mio nipote con una caviglia rotta e la febbre altissima, che mi racconta di essere caduto dalla bicicletta, e casualmente la sera seguente compari tu davanti a casa nostra che lo aspetti per ore sotto la pioggia con l'impellente necessità di parlagli – evidenziò – Non serve grande astuzia per fare due più due, soprattutto perché nessuno avrebbe mai fatto ciò che stai attualmente facendo tu per lui in questi giorni, se non qualcuno che ha estrema necessità di pulirsi la coscienza, sbaglio?» domandò arcuando le sopracciglia.
Changbin ingoiò a vuoto la saliva.
Non sapeva cosa dire, aspettando da un momento all'altro di essere sbattuto fuori da quell'abitazione.
Dalle sue parole, dal tono e dall'espressione non riusciva a capire cosa stesse passando tra i pensieri della donna.
«Mi dispiace, ho fatto una cos-» Changbin provò a parlare, a spiegarsi, ma Hayoon lo interruppe.
«Attualmente non mi interessa sapere cosa sia successo tra voi per giungere a questa frattura Changbin, ma sono sempre stata una donna molto fiduciosa e se mio nipote ha valutato di farti entrare per la seconda volta in casa nostra e darti una chance per farti perdonare, significa che per lui ne sei valso la pena; conosco molto bene Felix, come se fosse per me un figlio o un fratello minore, e se ti avesse a tutti gli effetti considerato una minaccia, non ti avrebbe dato mai modo di avvicinarti a lui nuovamente – sarebbe piuttosto uscito di casa alle cinque del mattino per raggiungere la scuola a piedi» concluse allungando una mano e accarezzando affettuosamente la guancia rossa di Changbin.
Il ragazzo sentì i propri occhi riempirsi di lacrime.
Quelle parole avevano riempito di calore il suo petto.
Poteva davvero ambire ad un perdono? Ne era seriamente degno?
«Quando avevo vent'anni mi misi alla guida subito dopo una serata in discoteca, avevo bevuto decisamente troppo ma con la stupidità giovanile pensavo che sarei comunque riuscita a tornare a casa in sicurezza – raccontò improvvisamente Hayoon, leggendo quei devastanti sensi di colpa nel volto del minore – Feci un incidente dopo neanche un chilometro dal locale, io mi salvai con qualche graffio ma la mia migliore amica, seduta al mio fianco, morì durante l'impatto» disse, senza mai far scivolare via il proprio sorriso dalle labbra.
Changbin trasalì vistosamente e lei sospirò, osservando le sue lunghe unghie laccate di rosso.
«Perché ti sto raccontando questo, ti dirai? Perché durante il corso della vita si commettono una quantità indefinita di errori Changbin, dai più gravi ai meno, ma la cosa più importante è capirlo e cercare di rimediare al meglio, soprattutto se si ha il modo di farlo – mormorò – Io non ho potuto chiederle scusa, farmi perdonare da lei per averle rubato la vita con le mie stesse mani, ma tu puoi farlo Changbin; non lasciare che questa cosa ti distrugga».
Changbin si accostò a lei, abbracciandola di slancio.
La donna sobbalzò non aspettandosi un gesto simile da quel ragazzone dall'aria seria e un po' solitaria.
«Ti prometto che mi prenderò cura di lui, a scuola e fuori, e mi farò perdonare per ciò che ho fatto in quell'assurdo momento di stupidità – sussurrò contro la sua spalla – Userò i miei sensi di colpa per impegnarmi al massimo».
Cazzo, sì che l'avrebbe fatto.
Si allontanò da lei senza guardarla, prendendo il bicchiere per Felix e avviandosi verso la porta.
«La stessa cosa vale per te Hayoon-noona – disse poi, voltandosi per guardarla con un sorriso – Sono certo che la tua migliore amica ti abbia perdonata, sapeva che l'amavi e che potevi perdere la vita pure tu quella sera, ovunque lei abbia deciso di stare sono sicuro che abbia scelto il tuo fianco»».
Hayoon lo osservò allontanarsi, in direzione del corridoio, lasciando che le lacrime le scorressero lungo le guance come non accadeva da tantissimo tempo.
Grazie Changbin.
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Grazie per l'attenzione,
TheyIdiot.
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