S e d i c i
Changbin lasciò che la sua auto attraversasse lo spiazzo ormai inghiottito dalle tenebre, ascoltando il suono delle pietre che scricchiolavano schiacciate tra il terreno e i pneumatici.
Arrestò la corsa del veicolo in un punto ben preciso – quello in cui, oltre una settimana prima, aveva fatto in modo che la bici di Felix lo disarcionasse – spense i fari lasciando che anche l'abitacolo venisse inondato dal buio.
Se si concentrava, poteva quasi sentire il suono dei battiti impazziti del cuore del più giovane.
Non poteva biasimarlo.
Era certo del fatto che si fidasse in parte di lui – altrimenti non avrebbe mai accettato di iniziare con lui quel viaggio verso l'ignoto – ma probabilmente, sapere dove lo stava portando, aveva acceso in lui la paura.
Regnò il silenzio per qualche momento, tra i due ragazzi seduti l'uno accanto all'altro, finché Changbin non allungò a tentoni una mano nel buio, alla ricerca di quella di Felix.
La trovò appoggiata sul suo grembo, piccola, fredda, tremante e anche un po' sudaticcia – la strinse con la sua più grande e nettamente più calda.
Intrecciò le dita con le sue, sentendolo sobbalzare leggermente.
Il cuore di Changbin iniziò a battere forte, e delle sconosciute farfalle invasero in suo stomaco.
Incredibile come un gesto tanto sottovalutato – come quello di stringere una mano – potesse invece essere tanto significativo.
Aveva lo stomaco in subbuglio.
«Abbi fiducia in me, ancora per qualche istante» sussurrò aprendo la portiera e – abbandonando la mano del minore – immergendosi nel buio dell'esterno.
Felix prese un grosso respiro.
Changbin gli aveva chiesto di fidarsi di lui – non poteva veramente credere che l'avesse portato lì per fargli del male – e lui l'avrebbe fatto.
Il maggiore comparve qualche istante dopo dal suo lato del passeggero, aprendogli la portiera ed aiutandolo a sistemare le stampelle ed uscire dall'auto.
Era una sensazione così insolita ed agghiacciante essere nuovamente in quel luogo, solo, senza la presenza rassicurante di Jisung al suo fianco.
Changbin faceva strada illuminando il terreno con la torcia del telefono, voltandosi ogni tanto per rassicurare Felix con un sorriso; si bloccò solo una volta raggiunta quella che fin da subito era stata la sua meta, spostandosi di lato per permettere a Felix di vedere cosa stava illuminando.
Il minore corrugò confusamente le sopracciglia.
È uno scherzo? Pensò.
Felix si riempì lo sguardo con la figura imponente di quel vecchio scuolabus arrugginito, che faceva bella mostra di sé in quell'angolo abbandonato di quelle campagne.
In realtà, si ricordava molto bene la presenza di quell'ammasso di lamiere e vetri sporchi, dimenticato su un lato di quell'area.
Era proprio alle spalle di quel mezzo che lui e i suoi amici – quella famosa notte – si erano nascosti in attesa che i randagi se ne andassero, ascoltando le parole che Jisung aveva da spendere su ognuno di loro.
Felix si era sentito quasi calamitato da quell'inutile lamiera, ormai senza valore, ricordandosi di aver posato entrambe le mani su di esso; come se la sua energia potesse narrargli la sua storia.
In quel frangente si era sentito quasi stupido – guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno dei suoi amici avesse notato quel gesto – ma trovarsi nuovamente in sua presenza, in quel momento, lo portò a chiederti se non fosse a tutti gli effetti un segno del destino.
«So che questo luogo non conserva per te dei bei ricordi, ma non ti faro più del male Felix – lo pregò con lo sguardo – Abbi fiducia in me, ancora per qualche minuto» ripeté per quella che a Felix parve la millesima volta, in quella sera.
Felix sapeva bene di averlo perdonato, così come sapeva bene che Changbin ancora non si sentiva totalmente assolto da ciò che aveva fatto.
Era come se sentisse ancora la necessità di chiedere scusa, ed espiare i propri peccati.
Il maggiore si accostò allo sportello ben chiuso di quel mezzo, illuminandolo.
Felix strabuzzò lo sguardo, per osservare meglio il punto che la torcia cercava di rischiarare.
Nella lamiera dello sportello, erano presenti due grossi fori che accoglievano un pesante lucchetto chiuso, che ne bloccava l'accesso.
Changbin tirò fuori dalla tasca una chiave, e dopo averla inserita nel cilindro lasciò che il lucchetto scattasse aprendosi.
Felix ascoltò quasi inorridito, lo scricchiolio terrificante emesso da quella grossa portiera, quando Changbin lo spalancò.
«Vieni, ti aiuto a salire».
«Dobbiamo salire, su questo coso?» chiese preoccupato, la paura nuovamente a mille.
Changbin sorrise.
Fidati di me.
Questa volta non lo disse – sarebbe stato imbarazzante e monotono ripeterlo nuovamente – ma era certo che in qualche modo Felix l'avrebbe letto dentro i suoi occhi.
E così fu.
Dopo un lungo e sofferto sospiro, incespicò qualche incerto passo verso i tre gradini che gli avrebbero permesso l'accesso a quel grosso mezzo di trasporto.
Changbin gli fu accanto, durante quella piccola ma faticosa salita, sorreggendolo per agevolarlo un po'.
Dentro, l'abitacolo era buio – così come tutto ciò che li circondava per chilometri – e la luce prodotta da Changbin, era puntata sul lucchetto per chiuderlo nuovamente e bloccarli al suo interno.
Un brivido scosse il corpo minuto di Felix, quando sentì lo scatto di quell'affare.
Per un secondo valutò persino di lasciar cadere la stampella, il tempo necessario per mandare un messaggio ai propri amici e far sapere loro dov'era e con chi.
Almeno, se fosse sparito nel nulla, avrebbero saputo dove andare a cercare il suo cadavere.
«Sei pronto?» gli domandò Changbin, con l'aria di avere un ampio sorriso sulle labbra, passandogli lateralmente e apparentemente – Felix non poteva vederlo – cercando a tentoni qualcosa al suolo.
«Credo di sì» balbettò l'altro, non sapendo bene cosa aspettarsi.
Per cosa doveva essere pronto?
Non fece neanche in tempo a formulare questo pensiero, prima di trovarsi totalmente senza parole.
Davanti a sé si era accesa una lunga distesa di lucine – come quelle che lui teneva sulla sua amata bacheca, a seguire il percorso delle sue amate foto.
Attraversavano il tetto dello scuolabus, da parte a parte, pendendo da esso insieme a dei lunghi fili di edera finta.
L'interno era totalmente diverso da come uno se lo sarebbe aspettato; a parte i primi sedili, gli altri erano stati totalmente sradicati dal mezzo, e su di esso era stato steso un lungo tappeto di finta erba.
Il tutto era pulito, curato ed ordinato.
I finestrini erano stati anneriti con la bomboletta dall'esterno, per fare in modo che nessuno – finendo casualmente in quello spiazzo – potesse interessarsi a quel vecchio scuolabus, scoprendone il sorprendente interno.
Sul fondo era presente un ampio materasso matrimoniale, con quelle che sembravano essere lenzuola e federe pulite; poco più avanti si trovavano dei piccoli mobiletti, con sopra delle candele e una pianta grassa.
Era tutto così ... carino ed aesthetic.
«Changbin ... cos'è questo posto?» domandò Felix in modo totalmente estasiato.
Si voltò ad osservare il volto del maggiore, restando senza fiato.
Era incredibilmente vicino a lui, con il volto parzialmente illuminato e gli occhi che riflettevano quelle numerose lucine – come se fossero delle stelle.
Come faceva ad essere tanto bello, da fargli quasi provare dolore.
Changbin sorrise, un sorriso luminoso e immensamente dolce.
«È il risultato di una scommessa fatta con i miei amici – ammise divertito, grattandosi il retro del collo – Non pensavo minimamente di ottenere un simile risultato, ma mano a mano che vedevo ciò che stava venendo fuori, avvertivo la necessità di impegnarmi ed essere il più minuzioso possibile nella sua realizzazione».
Felix rimase in silenzio, studiando con attenzione ogni dettaglio di quel volto.
Changbin era molto più di ciò che poteva mostrare.
Molto più del ragazzo stupido ed irruento che aveva incontrato una settimana prima.
«Vieni con me, voglio mostrarti una cosa» disse di botto il maggiore, superandolo e raggiungendo il fondo dello scuolabus.
Felix non sapeva veramente cos'altro aspettarsi; l'interno di quello scuolabus era stato per lui già stupefacente di suo.
Che altre sorprese poteva contenere?
Il maggiore si bloccò dinanzi ad un grosso telo scuro che apparentemente sembrava celare qualcosa sotto di esso, e – una volta agguantato un lembo del tessuto, con mano tremante – Changbin si voltò verso Felix, con un sorriso.
«Per quanto io sia felice di averti finalmente mostrato l'interno del bus, è sotto questo telo il vero motivo per il quale ho deciso di portarti qui stasera» ammise leggermente nervoso.
Felix arrancò lentamente verso di lui, carico di curiosità.
Quando il telo venne prontamente sollevato dal maggiore, per mostrare a lui ciò che con tanto impegno stava nascondendo, Felix sentì il suo cuore spezzato ricomporsi.
Ogni singolo frammento tornò al suo posto, ogni singola crepa parve rimarginarsi all'istante.
La sua bicicletta.
La sua bellissima bici a cui era tanto affezionato – aveva fatto di tutto per portarla con sé dall'Australia – e che aveva dovuto abbandonare rotta in quello spiazzo polveroso. Era proprio lì, davanti ai suoi occhi
Si voltò verso il Changbin con occhi carichi di interrogativi, cercando di incrociare il suo sguardo.
Sembrava in imbarazzo.
Quell'uomo era tutto un programma.
Grande e grosso, ma imbarazzato per star semplicemente mostrando a quel ragazzino un pezzo della sua anima gentile.
«So che non è niente di che, ma ci tenevo comunque ad aggiustarla per te, ho visto l'espressione disperata che avevi quando l'hai vista rotta – azzardò il maggiore uno sguardo diretto verso il suo gesso – Visto che non posso aggiustare te, volevo almeno farlo con qualcosa a cui tieni» ammise.
Sentì i brividi scorrergli lungo le braccia, mentre attendeva che il minore dicesse qualcosa. Qualsiasi cosa sarebbe andata bene, ma quel silenzio lo stava dilaniando.
Non aveva idea di cosa gli succedeva quando era accanto a Felix.
Felix era colore, semplice e puro, che stava rendendo ogni sfaccettatura della sua vita talmente brillante da far quasi fatica a guardarla, senza che gli occhi lacrimassero.
Felix distolse lo sguardo per un secondo.
Sentendo qualcosa gonfiarsi al centro del suo petto.
«Non è niente di che? – lo citò il minore, sentendo il proprio stomaco attorcigliarsi e gli occhi farsi lucidi – Se sentissi in questo momento quanto il mio cuore sta battendo velocemente, penseresti comunque sia qualcosa da poco?» domandò, mordendosi poi la lingua.
Aveva detto troppo.
Aveva ufficialmente superato quella linea immaginaria che li divideva.
Il maggiore gli sarebbe andato incontro o avrebbe fatto un passo indietro?
Per un lungo momento regnò il silenzio nello scuolabus; Felix riusciva a sentire solamente il suo respiro strozzato ed una nervosa goccia di sudore che gli scorreva sulla tempia.
Aveva appena rovinato tutto?
Changbin non disse una parola, ma in silenzio si limitò a porgergli una mano.
Felix la osservò, stringendosi tra i denti il labbro inferiore. Parve capire.
Posò la sua più piccola su quella grande del maggiore – reggendo la stampella con fatica sotto il gomito – e osservando come Changbin la portava lentamente al suo petto.
Quando capì, il suo cuore precipitò in basso, sempre più in basso, finché il tonfo del suo urto al suolo non si unì ai battiti fuori controllo del forte cuore di Changbin.
Le dita di Felix strusciarono leggere contro il tessuto caldo della felpa scura dell'altro, mentre contro il suo palmo rimbalzava l'allegra fonte di vita di del maggiore.
«Anche il mio batte forte, quando sono accanto a te»
Non sta succedendo davvero – si disse Felix, sentendo il panico strisciargli sotto la pelle.
Non può star succedendo veramente a me.
Cercò di essere forte, quando orribili ricordi tornarono a galla tra i suoi pensieri.
Cercò di essere forte, quando Changbin fece un passo verso di lui, portando la distanza tra loro ad essere inesistente.
«Posso baciarti, Felix?» domandò deglutendo rumorosamente.
Si sentiva come se stesse assistendo a quella scena dall'esterno, come se non fosse lui quello a pochi centimetri dalla bocca che aveva per giorni sognato di baciare.
Se Felix avesse rifiutato, probabilmente non sarebbe riuscito a riprendersi mai più.
Il minore si lasciò scappare un sorriso, sollevando il mento e cercando di incontrare i suoi occhi scuri e pericolosi, che in quel momento erano ciò che più in quel momento lo facevano sentire al sicuro.
«Pensavo non me l'avresti mai chiesto» disse.
Entrambi sentirono i loro toraci inondati di calore, calore liquido che invase ogni anfratto del loro corpo.
Adesso ti divoro – pensò Changbin, portando subito una delle sue grandi mani a racchiudere il volto di Felix; così piccolo confronto ad essa.
Portò il suo pollice ad accarezzare con reverenza il labbro inferiore del più piccolo – ormai sembrava essere diventato per loro una consuetudine – pensando che finalmente, avrebbe potuto scoprirne la consistenza e il sapore.
Se sopravviverò a questo bacio epico, non riuscirò mai più a godermi nessun altro bacio dopo questo – pensò in un attimo di consapevolezza.
Chino il capo dal lato opposto di quello di Felix, accostandosi al suo viso.
Il minore mugolò carico di aspettativa, e quasi incredulo.
Strinse duramente la felpa scura del maggiore ancora racchiusa dal suo pugno, sciogliendosi contro la mano bollente appoggiata sulla sua guancia.
Le loro labbra erano ad un soffio.
I loro respiri si unirono in uno solo.
Riuscivano a sentire il sangue che pompava prepotentemente nelle loro orecchie.
Finalmente - pensò Felix sentendo l'impercettibile sfioramento delle loro labbra, e dello squillo fastidioso del telefono di Changbin.
I due si bloccarono di colpo, e si osservarono con occhi sgranati.
Non è possibile – pensò Changbin, sentendo il proprio cuore precipitare contro il finto prato che ricopriva il fondo dello scuolabus.
Gli parve uno dei tanti sogni in cui – ad un passo dal posare le labbra su quelle morbide e calde di Felix - suonava la sveglia, riportandolo alla tristezza della sua solitudine, nel letto della sua camera.
Ma quello non era un sogno, era la vita che si prendeva beffe di lui.
Non voleva crederci, si rifiutava di farlo.
Strinse contro il suo petto il corpicino minuto di Felix, nascondendo il proprio volto nell'incavo tra la sua spalla e il collo. Inspirò profondamente il suo dolce profumo, sperando che almeno quello fosse reale e potesse calmare il tripudio di emozioni che lo stavano sommergendo.
Rabbia. Delusione. Fastidio. Desiderio. Rabbia.
«Mi dispiace tanto Felix» sussurrò faticosamente contro la pelle del minore, dovendo accettare che non fosse un incubo quello. Desiderava sparire.
Non poteva davvero credere che fosse proprio il suo telefono il responsabile dell'aver distrutto un momento tanto magico, che aveva atteso per quella che gli sembrava una vita.
Chiunque si trovasse dall'altra parte del telefono, sarebbe morto entro l'alba!
Felix accennò un sorriso rassicurante – che il maggiore non poteva vedere – e gli accarezzò con mano delicata i capelli neri.
«Non preoccuparti, non è colpa tua, rispondi alla chiamata» gli disse dolcemente, ricordandogli che il telefono stava ancora squillando.
Changbin lo sfilò nervosamente dalla tasca dei pantaloni della divisa, trovando su di esso il nome di Minho.
Strano, Minho non lo chiamava quasi mai.
«Dimmi» si limitò a rispondere una volta azionata la chiamata.
Le parole di Minho furono basse e sbrigative, e fecero sgranare gli occhi dell'amico.
«La mamma di Hyunjin è stata ricoverata per un malore. Siamo tutti qui, raggiungici il prima possibile. Siamo al Sahmyook Medical Center» disse, chiudendo poi la chiamata.
Erano talmente vicini che non fu necessario raccontare a Felix chi era e cosa gli era stato detto. Aveva sentito tutto.
Studiò con preoccupazione gli occhi sbarrati ed increduli di Changbin, e con l'unica mano libera tentò ci confortarlo accarezzandogli il viso.
«Va tutto bene Changbin – gli mormorò contro la guancia – Adesso corri in ospedale, io chiamo mia zia per venire a prendermi qui» tentò.
Sapeva che avrebbe fallito.
Il maggiore difatti parve uscire dal suo stato di trance, a causa di quelle parole totalmente senza senso.
Felix lo credeva seriamente capace di mollarlo in quella spiazzo deserto ed isolato, attendendo sua zia? Non si sarebbe sognato di mollarlo lì neanche se fosse stata la sua di madre ad essere stata ricoverata all'ospedale.
Al massimo, per correre subito da lei, se lo sarebbe portato dietro piuttosto.
«Assolutamente no, non esiste. Ti accompagno a casa prima e poi vado in ospedale» disse in modo chiaro e diretto, che non ammetteva repliche.
➥
Il viaggio di ritorno fu silenzioso e a tratti fortemente imbarazzante, l'auto era satura di una strana tensione che Felix faticava ad ignorare.
Changbin era chiaramente pensieroso e a tratti un po' arrabbiato, e per quanto il minore fosse certo che non lo fosse con lui, non riusciva comunque a scrollarsi di dosso la sensazione di aver sbagliato qualcosa.
La sensazione che ciò che stavano per avere qualche minuto prima, fosse ormai perduto per sempre.
Era così triste.
Stavano per baciarsi, stavano seriamente per baciarsi qualche minuto prima, ma in quel momento sembravano essere tornati dei semi estranei.
Quando Changbin fermò l'auto davanti al vialetto di casa sua, senza dire una parola – osservando intensamente il fondo della sua via – Felix si domandò in modo imbarazzato quale sarebbe stata la cosa migliore da dire o fare.
Probabilmente il maggiore stava aspettando che lui scendesse e si dileguasse, per poter correre in ospedale dal suo amico, che aveva bisogno di lui, e quel pensiero agitò maggiormente Felix; agguantò velocemente le sue stampelle e aprì nervosamente la portiera.
Per un folle istante valutò la possibilità di sporgersi per baciargli una guancia, ma l'accantonò molto velocemente.
Gli doleva il cuore a far terminare così una serata che doveva essere per loro totalmente diversa.
Lui sarebbe dovuto tornare a casa con le labbra rosse e gonfie, gli occhi lucidi e lo stomaco annodato dall'emozione; si sarebbe dovuto sentire in imbarazzo, nel dover dare a sua zia delle spiegazioni – lei senz'altro non gli avrebbe permesso di raggiungere la sua camera senza estorcergli crudelmente delle informazioni succulente, e invece.
«Appena puoi fammi sapere come sta la mamma di Hyunjin, anche se dovesse essere domani, va bene?» domandò uscendo dalla macchina e reggendosi meglio sulle stampelle.
Changbin si limitò ad annuire, senza aggiungere mezza parola.
Felix sentì il suo cuore frantumarsi.
Non aveva fatto niente di male – lo sapeva – eppure vedere Changbin in quelle condizioni portava il suo attaccamento ansioso ad agitarsi.
Si sarebbe voluto buttare nuovamente dentro l'auto, supplicarlo di risolvere con lui prima di andare, pregarlo di non lasciare che l'ansia lo divorasse tutta a notte, ma rimase in silenzio.
Le sue traumatiche esperienze pregresse, l'avevano portato a zittire quella parte di sé.
«Buonanotte» mugugnò, chiudendo subito la portiera.
Non voleva sapere se Changbin gli aveva risposto oppure no. Avrebbe fatto troppo male.
Fece velocemente il giro della macchina, addentrandosi nel proprio vialetto.
Changbin osservò la sua figura attraverso lo specchietto retrovisore prima, e il finestrino poi, tirando un pugno contro il volante. Fortunatamente senza beccare il clacson.
Quella serata non sarebbe dovuta finire in quel modo!
"Pensavo non me l'avresti mai chiesto"
Changbin chiuse gli occhi, sentendo un dolore lancinante all'altezza dello stomaco. Come erano potuti passare da quello a questo?
Se sentissi in questo momento quanto il mio cuore sta battendo velocemente, penseresti comunque sia qualcosa da poco?
Felix fissò il proprio gesso con aria pensierosa, mentre ciondolava a pochi millimetri dal vialetto che stava percorrendo.
Sembrava passata un'eternità da quell'incidente, ed invece era passata poco più di una settimana.
Sentì la portiera dell'auto di Changbin aprirsi e poi chiudersi con un botto spaventoso. Il minore si bloccò terrificato da quel suono.
Si voltò lentamente, per capire cosa fosse successo, ma il suo campo visivo era stato totalmente occupato dagli enormi occhi di Changbin.
Aveva ricoperto la distanza tra loro con poche e lunghe falcate, e quando Felix si era voltato lui era ormai a pochi centimetri dalla sua figura.
Il minore sobbalzò sorpreso, sentendo le mani del maggiore posarsi sulle sue braccia. Era così vicino.
Changbin sorrise, osservando le sue labbra.
«Perdonami, ma stavolta non ho intenzione di chiederti il permesso» si limitò a dire roca e calda. Felix sgranò gli occhi, capendo subito a cosa stava facendo riferimento.
«Posso baciarti, Felix?»
Quando Changbin si sporse verso il suo viso, appoggiando le labbra finalmente contro le sue, qualcosa nella sua esistenza parve prendere un senso.
È quello che si prova quando finalmente trovi la tua persona tra tante? Era come se qualsiasi momento vissuto fino a quell'attimo, qualsiasi dolore o lacrima, l'avesse vissuto in funzione di quel bacio; in funzione di quell'incontro.
Se la sua vita in Australia non fosse stata così miserabile, non sarebbe finito in Corea, non sarebbe uscito quella sera in quelle campagne isolate, non avrebbe conosciuto Changbin.
Lasciò cadere al suolo le stampelle, circondando senza esitazione il collo di Changbin con le braccia. Il maggiore fu ben lieto di reggere il suo piccolo corpo, circondandogli i fianchi sottili.
Quando intensificarono il bacio, qualcosa dentro la loro testa parve esplodere.
Come una pentolaccia carica di caramelle.
Il suono degli schiocchi delle loro labbra riempì il giardino della casa di Felix, così come gli ansimi e i sospiri.
Sono morbide esattamente come me le sono sempre immaginate, cazzo.
Questo fu l'unico pensiero sconnesso che invase la mente di Changbin quando finalmente, realizzò di star baciando Felix.
Non c'era calma e non c'era timidezza, solo l'assurda necessità di appartenersi in un modo che era stato loro precluso pochi istanti prima.
Changbin non avrebbe permesso che i piani che quella serata gli aveva offerto, venissero sprecati.
Felix doveva essere suo, e quella consapevolezza l'aveva spinto ad uscire di corsa da quell'auto.
Non posso andarmene senza sapere che lui mi appartiene – era stato tutto ciò che gli era servito per decidere il da farsi.
Le labbra di Felix erano morbide, dolci ed esigenti, e questo rendeva Changbin molto più affamato di quanto mai avrebbe creduto di poter diventare.
Voleva succhiarle, morderle ed imprimersi per sempre il loro sapore nel cervello; erano la cosa più buona che avesse mai assaggiato.
Portò una mano tra i suoi capelli lunghi e biondi, strattonandoli con gentilezza per allontanarlo da sé.
Quello che vide lo lasciò con la gola asciutta.
Felix lo osservava con labbra già gonfie e occhi febbricitanti, che sembravano implorarlo di prenderlo e non lasciarlo mai più a nessun altro.
Non aveva capito in che enorme casino si era messo quella sera allo spiazzo, fino a quel preciso momento.
Lui aveva rotto la caviglia a Felix, che grazie al gesso si sarebbe aggiustata, ma Felix gli aveva rubato il cuore, e mai glielo avrebbe ridato indietro.
Premette nuovamente le labbra sulle sue, invadendogli la bocca con la lingua.
Spero seriamente che nessuno passasse di lì, perché non voleva che qualcun altro a parte lui sentisse quei suoni mortalmente eccitanti che stavano lasciando le labbra di Felix.
Quindi sei un bambino rumoroso, interessante – pensò, immaginandosi il minore in tutt'altra situazione.
Le loro lingue si intrecciarono giocose, mentre le loro mani correvano a sfiorare ogni parte libera dei loro corpi.
Felix tornò leggermente lucido, e poggiò le mani sul suo petto per allontanarlo leggermente da sé.
«Devi andare in ospedale, i tuoi amici ti stanno aspettando» mormorò con voce rauca ma dolce come il miele.
Il maggiore sorrise affamato.
«Lo so, probabilmente sono un pessimo amico ma non ce la faccio ad allontanarmi da te» mormorò sporgendosi nuovamente per catturargli il labbro inferiore.
Lo succhiò.
Felix chiuse gli occhi, respirando faticosamente.
Era eccitato e non poteva neanche nasconderlo, avendo il corpo totalmente premuto su quello di Changbin, e se non ci fosse in corso un'emergenza se lo sarebbe trascinato in casa e non l'avrebbe fatto uscire fino alla mattina seguente.
Il gesso sicuramente non l'avrebbe fermato, ma adesso c'era una cosa più importante.
Loro due avrebbero avuto tempo.
«Vai in ospedale adesso, noi ci vediamo domani» disse con un sorriso dolce, vedendo gli occhi languidi di Chanhbin rischiararsi con un po' di razionalità.
Il maggiore si chinò per raccogliere le stampelle che Felix aveva lasciato piombare al suolo, e lo aiutò a sistemarle.
Si chinò verso il suo orecchio.
«Puoi giurarci che ci vediamo domani - sussurrò - Tu non vai più da nessuna parte».
Felix sorrise, sentendo la leggerezza ed il divertimento nella voce di Changbin.
Gli posò un ultimo lungo bacio a stampo sulle labbra, prima di lasciarlo definitivamente andare.
Quello era l'inizio, l'inizio di qualcosa, ed entrambi erano troppo impazienti di vedere a cosa quell'inzio li avrebbe condotti.
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Grazie per l'attenzione,
TheyIdiot.
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