D o d i c i
È davvero stupefacente – pensò Chan con le labbra schiuse dalla sorpresa, per ciò che si estendeva dinanzi ai suoi occhi.
Ormai la valle era stata abbracciata dal crepuscolo, che aveva tinto l'erba e gli alberi di un intenso azzurro, anticipando l'imminente arrivo del buio.
Il ragazzo sorrise ammirando l'orizzonte – che di lì a poco avrebbe sprigionato i caldi raggi rossastri del sole ad un passo dal tramontare – fingendo di non sentire i divertenti lamenti che sfuggivano dalle labbra di Jeongin, come i piccoli sbuffi di una caffettiera sul fuoco.
Il minore stava disegnando – Chan l'aveva trovato già totalmente assorbito dalla sua arte, al suo arrivo – ma a quanto pare la comparsa della notte, stava rendendo difficile per Jeongin continuare la sua opera.
Chan si voltò ad osservarlo, trovandolo con gli occhi puntati sul foglio, la schiena ricurva su di esso ed un broncio carino sulle labbra.
Dev'essere importante per lui.
Si avvicinò di soppiatto alla sua figura, facendo aderire il fianco a quello del minore e portandolo a voltarsi una volta accortosi della sua vicinanza.
Troppo vicini – rifletté il maggiore ormai tardi, quando i loro nasi si sfiorarono leggermente e i loro occhi si scrutarono – decisamente troppo vicini – con imbarazzo e curiosità.
«Scusami» disse con leggerezza Chan, spostandosi per mettere nuovamente un poco più di spazio tra loro, per poi accendere la torcia del telefono puntandola sul foglio su cui il minore stava disegnando.
Era una bozza del paesaggio che si estendeva davanti ai loro occhi, realizzata con talmente tante ombreggiature, dettagli e profondità da sembrare quasi reale – nonostante la totale assenza di colori.
Mi piacerebbe un sacco vederlo concluso.
«Ti illumino il foglio, continua pure a disegnare» disse con semplicità. Aspettando che Jeongin riprendesse l'attività che aveva tanto conquistato la sua attenzione ed il suo cuore.
La felicità che percepì dentro gli occhi del più giovane – e quel raggiante luccichio – non valeva la semplicità del suo gesto; il suo cuore iniziò a battere più velocemente.
«Grazie Chan» disse l'altro con tono entusiasta, tornando sul suo disegno con la gioia di un bambino.
Chan ammirò la gentilezza con cui la sua esile mano impugnava la matita – in modo senz'altro scorretto, tenuta in equilibrio tra pollice e mignolo, ma che sicuramente quel piccolo artista trovava tanto comodo – e la velocità con cui essa scorreva sulle fronde degli alberi per aggiungere nuove forme ed ombre.
Chan si sentì un po' in colpa per quei pensieri, ma avrebbe di gran lunga preferito che Jeongin si concentrasse su di lui, piuttosto che su un foglio di carta.
Gli sarebbe piaciuto parlargli e conoscerlo meglio, anche solo per iniziare a gettare le fondamenta di quell'amicizia che tanto il maggiore sentiva la necessità di far nascere tra loro.
Sei un egoista.
Ma era giusto così, si ricordò, perché quella doveva essere a tutti gli effetti una serata di Jeongin – era stato lui ad auto invitarsi, quella stessa mattina – ed era normale che comunque la trascorresse come aveva già programmato di fare.
In ogni caso, trovava stupendo vederlo disegnare, così come trovava stupendo il ragazzo e il luogo che aveva scelto.
Sollevò lo sguardo per seguire la linea netta del suo profilo, che correva lungo il naso piccolo e dritto e sulle labbra sottili, ma perfette in quel viso.
Era arrivato solo un'ora prima in quella meravigliosa zona che non aveva mai visitato in precedenza, lasciando che il rombo della sua grossa moto risuonasse per la valle.
Gli era parso di vedere Jeongin arrossire.
Grazie alle indicazioni che il minore gli aveva fornito tramite messaggio – poco prima della fine delle lezioni, l'aveva bloccato per chiedergli il numero – aveva raggiunto quella località da "camping improvvisato" senza alcun problema.
E dovette ammettere che era davvero carina.
Un'ampia valle ricoperta d'erba chiarissima e colorati fiori selvatici – già disseminata di tende, con fili di luci che correvano da una all'altra – e circondata da imponenti querce che rendevano quel panorama incredibilmente rassicurante e suggestivo.
Gli erano tornate in mente le parole che aveva usato con quell'idiota che quella stessa mattina aveva deciso di infastidire Jeongin.
Se ci pensava, gli tornava la voglia di strangolarlo.
"La gente in serate come questa va a baciarsi sotto le stelle"
Era la verità, soprattutto quando si era circondati da un paesaggio mozzafiato e romantico come quello.
Chan non poté non domandarsi quanti tra i ragazzi che li circondavano – già nascosti dentro la tenda, o svolgendo qualche attività per ingannare la noia – avrebbero effettivamente trascorso la notte facendosi quel tipo di coccole.
Jeongin era arrivato molto prima di lui, sistemando da solo la grande tenda dentro cui avrebbero dormito insieme, ed iniziando poi il disegno che in quel momento Chan stava illuminando.
«Ti prometto che tra poco lo metto via» mormorò in imbarazzo il minore, avvertendo gli occhi dell'altro che sembravano studiare minuziosamente il suo volto, nei minimi dettagli. Arrossì.
Probabilmente si stava annoiando a morte con lui, non aveva fatto altro se non disegnare da quando era arrivato.
Chan ridacchiò sentendo quelle parole, spostando poi nuovamente lo sguardo sul foglio.
«Fai pure, non mi dà fastidio, è rilassante guardarti disegnare – ammise – Il tuo viso è tanto concentrato, sprigioni un'energia assurda».
Il cuore di Jeongin perse un battito, dovendo velocemente allontanare la punta della matita dalla superficie del foglio, per evitare di lasciare una grossa riga non inclusa nel disegno.
Non gliel'avrebbe mai rivelato, ma nessuno – neanche i suoi migliori amici – gli avevano mai detto niente di tanto carino.
Adoravano i suoi disegni, erano i suoi fan numero uno e lo supportavano sempre, ma quando erano tutti insieme odiavano vederlo in un angolo a disegnare.
Mai si sarebbe sognato che qualcuno potesse reputare rilassante, stare al suo fianco in silenzio, semplicemente guardandolo.
Adesso posso morire felice.
Il buio lentamente era scivolato verso di loro, inghiottendo la valle e tutti i suoi vivaci colori, resi ancora leggermente visibili dalle luci che provenivano dalle tende.
«Spegni pure – disse Jeongin con un sorriso – Ho finito. Ti ringrazio» disse chiudendo il proprio album, e voltandosi per entrare a carponi dentro la tenda e metterlo in un punto sicuro.
Il maggiore annuì, avvicinandosi poi ad accendere le due grosse lanterne che Jeongin aveva portato e precedentemente sistemato ai lati della tenda.
La luce gialla e calda – come quella di un camino acceso – li circondava creando un'atmosfera davvero piacevole.
Il candido manto di stelle era già perfettamente visibile in cielo.
Davanti alla loro tenda i ragazzi avevano sistemato un grosso telo di plastica – poi sommerso da morbide coperte e cuscini – che permetteva loro di stare comodamente distesi continuando però ad osservare le stelle.
«È davvero un luogo magico» disse improvvisamente Chan, osservando il cielo e sentendo il proprio cuore riempirsi di qualcosa.
Non aveva idea di cosa fosse.
Jeongin sorrise in risposta, annuendo.
«Lo so, amo questo luogo e ci vengo molto spesso a disegnare, mi trasmette tanta pace e riesco a trovare una marea di ispirazione!» ammise.
Chan si voltò verso di lui – erano ormai distesi uno accanto all'altro, poco lontani – aggrottando la fronte.
«Vieni qui da solo?» domandò senza potersi zittire in tempo.
Per quanto quello fosse un luogo da togliere il respiro, andarci tutto solo e al buio non sembrava essere troppo rassicurante – tenendo conto poi che si spostava da quella zona in pullman.
Gli sarebbe potuto succedere di tutto!
Jeongin annuì.
«Non vengo certamente a quest'ora, ma durante il giorno – solitamente sul tardo pomeriggio – è un luogo davvero tranquillo e ci sono tante persone con i figli o i propri cani; Senz'altro molto più sicuro dello spiazzo a notte fonda» evidenziò, arcuando un sopracciglio.
Chan spostò nuovamente lo sguardo, puntandolo verso il cielo con un sorriso sghembo.
Touchè.
Colpito e affondato.
Passarono i minuti e la notte divenne sempre più gelida – portando i due ad avvicinarsi un pochino, alla ricerca di calore umano – con gli occhi di tutti puntati verso l'alto, e le dita che repentinamente indicavano le stelle che vedevano cader giù.
Quando Chan avvertì su di sé lo sguardo attento di Jeongin, si voltò verso di lui, trovandosi le sue labbra così incredibilmente vicine.
Rabbrividì, ma non si spostò.
Si osservarono in completo silenzio, con le luci calde delle due lanterne ad illuminare i loro profilo.
Gli occhi di Jeongin erano sempre stati così luminosi?
«Per quel che è successo stamattina con Hoseok – disse improvvisamente il minore, con voce leggermente infreddolita – Ti ringrazio ancora tantissimo, ma devi promettermi che qualsiasi cosa accada, non ti metterai mai più in mezzo Chan» gli chiese, accennando un sorriso per alleggerire quella richiesta.
Chan sentì un lungo brivido attraversargli la schiena.
Hoseok. Adesso aveva anche un nome da accostare al volto di quel ragazzo.
Hoseok significava "fiducioso e luminoso".
Chan fece una smorfia.
L'unica cosa che quell'idiota aveva di luminoso, era la sua lampante stupidità.
«Perché mi chiedi una cosa simile? - gli domandò puntando un gomito contro la coperta, reggendosi la testa con la mano ed osservando il volto del minore dall'alto – Pensavo ti avesse fatto piacere il mio aiuto stamattina» evidenziò dubbioso.
Il minore annuì esitante, sperando di non aver offeso il maggiore.
«Ti assicuro che è così Chan, mi sono sentito davvero al sicuro quando ho percepito la tua presenza poco lontana da noi, ma non posso che essere preoccupato per te – ammise, arrossendo leggermente. Odiava arrossire per ogni minima cosa, anche se i suoi amici dicevano che quella particolarità lo rendeva estremamente carino – Conosco fin troppo bene Hoseok e posso assicurarti che è una persona davvero cattiva, grazie alle conoscenze che ha è capace di distruggerti la vita facendo una semplice telefonata; soprattutto se ti percepisce come una minaccia per lui, o anche solo per vendicarsi per il modo in cui l'hai messo nel ridicolo stamattina» la voce di Jeongin, anche se pacata e gentile come sempre, trasudava un'angosciante disperazione.
Chan sorrise domandandosi quanto intensamente si sarebbe vendicato dopo aver visto la sua festa totalmente priva di invitati.
Era piuttosto fiducioso in merito al fatto che nessuno avrebbe osato sfidare la sua minaccia.
«E in che modo pensi che quell'idiota possa rovinarmi la vita?».
«Facendoti perdere la borsa di studio, e di conseguenza la possibilità di studiare nella nostra Università».
Chan gelò.
Non aveva minimamente calcolato quel rischio – soprattutto non conoscendo l'altro ragazzo – aveva semplicemente agito d'impulso assistendo ad una situazione che aveva ritenuto ingiusta nei confronti del minore.
Si pentiva di quello che aveva fatto? Assolutamente no.
E se si fosse ritrovato nuovamente in quella situazione, era certo che non sarebbe riuscito a trattenersi dall'intervenire.
Mi dispiace Jeongin, ma non posso promettertelo.
«Ti ringrazio per avermi aiutato Chan, ti sono davvero grato per avermi tirato fuori da quella situazione, ma nessun mio livido può valere quanto la tua opportunità di studiare in un buona buona Università che ti darà mille ottime occasioni di futura carriera – disse Jeongin senza una definita espressione sul volto – Se perdessi la borsa di studio solo per aver protetto me da quell'idiota, non riuscirei mai più a farmene una ragione. Vivrei di sensi di colpa» ammise.
Era la verità.
Vedere il maggiore proteggerlo in quel modo, come se tra loro ci fosse un effettivo legame, l'aveva riempito di calore.
Così come Chan aveva protetto lui, adesso toccava proprio a Jeongin salvaguardare la sicurezza del maggiore.
Chan prese un respiro profondo.
«Può darsi che per te un tuo livido non valga così tanto, ma magari per me non è così» disse osservandolo, con espressione mortalmente seria.
Jeongin schiuse le labbra sorpreso.
Le farfalle gli invasero lo stomaco, venendo malamente cacciate qualche istante dopo.
Datti una calmata.
Che diavolo significano queste parole, Bang Chan?
Il lungo silenzio venne spezzato dal maggiore, ancora una volta.
«Posso sapere cos'è successo tra voi due?» domandò Chan dando finalmente libero sfogo a quei dubbi che come un tarlo, non avevano lasciato il suo cervello da quella mattina.
Il modo in cui quel ragazzo aveva guardato, parlato e toccato Jeongin, gli aveva trasmesso una terribile sensazione.
L'aveva perfino chiamato "Innie" – Chan non aveva mai sentito nessuno, a parte i migliori amici del ragazzo – chiamare Jeongin in quel modo.
Avevano avuto una relazione?
Sentì la bile risalirgli lungo la gola, acida e dolorosa.
Era solo preoccupato per il minore, sì era così.
C'era qualcosa di così tanto sbagliato nel vederlo vicino a Jeongin.
Non voleva essere invadente, ma voleva capire.
Magari sapere la verità lo avrebbe potuto portare ad essere maggiormente utile a Jeongin, senza però esporsi eccessivamente e rischiare di farsi portare via la borsa di studio.
Jeongin rimase in silenzio per quelli che gli parvero momenti infiniti, al punto che Chan si domandò se non avesse volutamente deciso di ignorarlo per non rispondere alla sua domanda.
Poi parlò.
«Com'è stato il tuo primo bacio Chan?».
Una richiesta così assurda e casuale, che portò il maggiore a credere che Jeongin stesse solamente cercando di cambiare discorso.
Forse è un argomento delicato, e non si sente pronto a parlarne.
Dovrei chiedergli scusa.
Decise in ogni caso di stare al gioco.
«Fammici pensare ... È stato carino, credo. Quando avevo sedici anni baciai per la prima volta una mia coetanea, mentre eravamo seduti in riva al mare – l'unica cosa che ricordo erano i suoi capelli biondi e gli occhi azzurrissimi; fu un bacio molto delicato ed impacciato, eravamo due ragazzini, non ho chissà quanti ricordi in realtà».
Jeongin sorrise tentando di immaginarsi un giovanissimo Chan alle prese con il suo primo bacio, sentendo uno spasmo doloroso all'altezza dello stomaco.
Stronza fortunata.
«Quando frequentavo l'ultimo anno di liceo – da solo, perché ormai Jisung e Seungmin erano già matricole della nostra Università, e Felix era ancora in Australia – mi sono ritrovato a vedere il mio primo bacio rubato, solo ed esclusivamente per uno screzio» disse abbassando leggermente il tono della voce, come se intorno a loro qualcuno potesse ascoltare.
Erano tutti lì per godersi – con gli amici oppure la loro dolce metà – quella serata alternativa sotto le stelle, a nessuno importava ascoltare il dramma che lui aveva vissuto non troppo tempo prima.
Chan schiuse le labbra, totalmente preso alla sprovvista.
Non aveva affatto cambiato discorso.
«Hoseok era innamorato di Jisung all'epoca, ma nonostante i suoi mille tentativi, negli anni si è visto rifiutare una quantità esagerata di volte. Ma credo che l'ultima – poco prima che Jisung passasse all'Università – sia stata per lui la più difficile da gestire».
Chan ascoltò in silenzio.
«Immagino fosse ferito ed arrabbiato, e dopo così tanti anni, probabilmente l'unica cosa che desiderava era vendicarsi del ragazzo che l'aveva fatto soffrire tanto a lungo – continuò, giochicchiando con le dita della mani, che teneva incrociate sulla pancia – Se fossi stato al suo posto Chan, non avendo più Jisung a portata di mano, chi avresti scelto per riversare tutto il tuo rancore?» domandò guardando l'altro negli occhi.
Quelli di Jeongin erano incredibilmente aridi e freddi – notò Chan, e si ritrovò a deglutire con difficoltà.
«La persona più vicina a lui che avrei avuto ancora a disposizione. Tu...» ammise.
Jeongin annuì.
«Esatto, proprio io. La mia personalità tranquilla e a tratti un po' infantile ed innocente, probabilmente ha giocato anche a suo favore; un pomeriggio mi chiese di incontrarci in un parchetto poco lontano da scuola, perché aveva assoluta necessità di parlarmi – in quel momento non mi ero affatto allarmato, era successo così tante volte in precedenza che venisse a parlarmi di Jisung e dei suoi sentimenti, ma così non andò in quell'occasione».
Stai tranquillo, puoi farcela.
«Mi credi se ti dico che mi prese totalmente alla sprovvista? Non avevo mai ricevuto un bacio o delle attenzioni da parte di un ragazzo, non avevo neanche mai avuto un appuntamento – l'amarezza nella sua voce iniziava ad essere soffocante, e Chan sentì crescere al suo interno l'angoscia – Mi baciò senza alcuna accortezza, cercando di tenermi ancorato a lui con la forza, il più a lungo possibile.
Ricordo la sensazione della sua bocca dura e a tratti dolorosa, la sua lingua che mi rubava il mio primo bacio senza esitazione; ero talmente sconvolto che in quel momento non ebbi neanche la prontezza per mordergliela. Piansi, questo lo ricordo bene, il sapore salato delle mie lacrime mischiate alla sua saliva».
Lo ammazzo.
Chan sentiva il proprio respiro decisamente troppo pesante, mentre le mani tremavano in modo rabbioso ed incontrollato.
Aveva avuto modo di pensare, ma mai sarebbe potuto giungere ad una simile realtà.
Riusciva a percepire e fare sue tutte le emozioni provate in quell'attimo dal minore – solo immaginandolo – nonostante sul suo viso non si carpisse alcuna espressione.
«Questo è terribile Jeongin...» disse incapace di trattenersi.
Avrebbe davvero desiderato consolare il minore, cercare stupidamente di tirargli su il morale, ma la verità era che si sentiva agitato come se fosse successo dinanzi a lui.
Jeongin rise, continuando ad osservare le stelle.
Una, due, dieci, quindici ... Da quando aveva iniziato a raccontare la sua storia, le stelle avevano iniziato a crollare con molta più intensità.
Ad ognuna di esse aveva affidato il desiderio – ormai impossibile da realizzare – che il suo primo bacio non fosse stato quello.
«Pensi che questo sia stato terribile solo perché non sai cos'è successo il giorno seguente» disse passandosi una mano sopra gli occhi stanchi.
Aveva raccontato quella storia a pochissime persone, ma ogni singola volta era per lui devastante.
«Il suo piano per vendicarsi non consisteva nel rubare il mio primo bacio, immagino non sapesse neanche che quello fosse il mio primo, quello era solo l'origine della sua vendetta, un danno collaterale ma necessario per la sua buona riuscita – spiegò, non cercando più gli occhi del maggiore – La scuola che frequentavo era molto conservatrice, con pesanti politiche interne che inneggiavano alla "famiglia tradizionale"; prova ad immaginare cosa sarebbe potuto accadere se il video di quel bacio avesse iniziato a circolare di telefono in telefono, tra i vari studenti».
«Ha fatto un video?» domandò Chan furioso, scattando a sedersi.
Avrebbe fatto bene a seguire l'incontrollato prurito che avvertiva alle mani – quella mattina – prendendo a pugni quel giovane bastardo.
Il minore annuì.
«Aveva organizzato tutto nei minimi dettagli, facendo in modo che fosse un suo amico molto stretto a registrare, per poi censurare la sua figura – per non essere riconoscibile e non dover affrontare la mia stessa pena – per poi farlo circolare, raccontando a tutti che durante una passeggiata mi aveva casualmente visto baciarmi con un ragazzo ... fu uno scandalo Chan, un vero scandalo!».
«Divenni improvvisamente la preda numero uno per chiunque là dentro, sia studenti che insegnanti; venni persino convocato in Direzione venendo brutalmente sgridato per le cose "schifose" che facevo in giro che portavano poco decoro alla scuola che rappresentavo – a detta loro».
Era difficile riesumare quei momenti e quei ricordi, che tanto dolorosamente aveva chiuso in un cassetto, nel profondo del suo cuore.
Cassetto che cercava costantemente di aprirsi, per lasciare che tutto quel dolore si riversasse dentro di lui, tornando in circolo e avvelenandolo una volta ancora.
Non ne poteva più.
«Non hai provato a difenderti, a raccontare com'era andata veramente? E la tua famiglia?» domandò Chan totalmente fuori di sé, sdraiandosi nuovamente accanto al minore.
Sentiva il proprio cuore pompare sangue, carico di rabbia.
Sapeva che la Corea su certe cose era nettamente più arretrata di altri Paesi, ma pensare che in quel frangente fossero giunti a tanto perfino degli adulti – come il Direttore e gli insegnanti – era davvero impensabile.
Il minore annuì, permettendosi nuovamente uno sguardo verso Chan.
«Certo che lo feci, ma la realtà dei fatti era che nessuno voleva la verità ma solo un capo espiatorio su cui sfogarsi. Nessuno mi credette, pensavano fosse una tecnica per trascinare anche Hoseok a fondo insieme a me e punirlo per avermi esposto in quel modo – raccontò – Per quanto riguarda la mia famiglia, i miei amici furono gli unici a starmi accanto e aiutarmi ... Mia madre mi disse che meritavo di ottenere quel trattamento, per il mio problema».
Ripensare a quella conversazione avuta con sua madre – mentre lui era davanti a lei, in lacrime, pregandola di aiutarlo – gli causo un grosso vuoto al centro del petto.
L'aveva abbandonato a se stesso.
La stessa donna che l'aveva messo al mondo.
Una delle mani di Chan si insinuò tra quei lisci capelli neri, accarezzandoli e pettinandoli distrattamente con le dita.
Erano morbidi, e toccandoli in quel modo sprigionavano anche un profumo davvero molto buono.
Jeongin sobbalzò, preso alla sprovvista.
Era un gesto molto dolce quello – e anche molto intimo, rifletté – ma immaginò fosse il suo personale modo di stargli accanto a trasmettergli la forza per continuare a raccontare.
«Hai idea di cosa possa provare un ragazzo così giovane, arrivando la mattina a scuola e trovando quella foto appesa su ogni superficie, oppure la scritta "frocio" sull'armadietto? - chiese, nessun rancore o dolore percepibile nella sua voce, si stava semplicemente godendo le carezze del maggiore – Quello fu in assoluto il periodo peggiore di tutta la mia vita. Ero totalmente solo in quella scuola, perfino mia madre si vergognava di me, e si era totalmente rifiutata di proteggermi dal bullismo che mi stavano infliggendo, sia i miei compagni che gli insegnanti – umiliato costantemente, ogni singolo istante, l'unica consolazione era quella di sbarrare sul calendario i giorni che mi separavano dall'Università e dai miei amici».
Chan non sapeva cosa dire per aiutarlo, era terribile ciò che si nascondeva dietro la figura gentile e silenziosa di quel ragazzino.
Adesso iniziava a comprendere perché i suoi amici sembravano tanto protettivi nei suoi confronti, soprattutto Jisung.
Il minore parve leggergli nella mente.
«Jisung non si è mai perdonato per ciò che mi è successo a causa dei suoi costanti rifiuti ad Hoseok – ecco perché si comporta sempre in modo così tanto protettivo, sia con me che con gli altri, e sente che si tratti di un suo dovere badare a noi – ho fatto il possibile per spiegargli che non era colpa sua, non poteva costringersi a provare dei sentimenti che non sentiva.
In quanto suo amico voglio che si innamori di qualcuno che gli faccia perdere la testa e lo renda felice, non di un simile stronzo» sbottò, facendo ridere il maggiore.
Se solo si fosse voltato a guardarlo, avrebbe potuto vedere tutta la dolcezza racchiusa negli occhi di Chan.
Sei una forza della natura.
«Sei stato incredibilmente forte, piccolo» ammise il ragazzo, guardando quel giovane uomo con occhi totalmente differenti.
All'improvviso riusciva a percepire tutta la sua forza di volontà, come se fosse una sorta di aura o energia, che gli fluttuava intorno e che lo rendeva così diverso da chiunque altro.
Una gemma rara e preziosa.
Jeongin sorrise, sospirando appena.
«Non mi reputo una persona forte, credo di avere piuttosto un istinto di sopravvivenza molto forte – quello sì – mi sono ritrovato in una situazione difficile e ho cercato di cavarmela al meglio per giungere sano e salvo l'Università. Ormai mancavano una manciata di mesi» disse, sorridendo verso le stelle.
Chan rise, togliendo la mano dai capelli del minore.
«Lo dici come se fosse qualcosa da niente – rise – Come ti senti adesso?».
Jeongin si irrigidì.
Nessuno gliel'aveva mai chiesto.
Come si sentiva?
Fece spallucce.
«Non saprei in realtà ... credo di averlo superato, ma non è semplice avere un ricordo tanto traumatico di una cosa che dovrebbe, di base, essere positiva – ammise, non potendo trattenersi la fitta dolorosa al petto – Quando qualcuno mi chiede com'è stato il mio primo bacio, non so davvero cosa rispondere e spesso ho preferito dire di non averlo mai dato; è così imbarazzante dover raccontare il modo stupido in cui mi è stato rubato, mi fa sentire un dannato idiota, e non avendo mai più baciato nessun altro non posso neanche liberarmi di questo incubo costante> confessò, sentendosi in imbarazzo.
Chissà cosa Chan pensava di lui.
Penserà che sono patetico, come tutti.
«Jeongin ...».
Il minore si voltò, sentendosi chiamare dal maggiore.
Tutto si sarebbe potuto immaginare, ma non quello.
Si bloccò di scatto, sentendo il corpo pervaso da brividi.
Sgranò gli occhi sentendoli farsi lucidi.
Bang Chan mi sta baciando.
Le labbra di Chan erano posate sulle sue, e quello non era assolutamente un sogno.
Il suo cuore smise prontamente di battere, era davvero troppo da reggere per lui.
La bocca di Chan era soffice e gentile, appoggiata sulla sua in un delicato bacio a stampo.
Non allontanarti, ti prego, non allontanarti mai più.
Le farfalle all'interno del suo stomaco tornarono a sbattere le ali in modo incontrollato, erano migliaia, e lo invasero risalendo lungo la gola e rischiando di soffocarlo.
Non poteva morire proprio in quel momento.
Aveva gli occhi aperti e il suo sguardo non poteva che correre ad inseguire ogni singolo e squisito dettaglio del volto a pochi millimetri dal suo.
Gli occhi chiusi di Chan, con le lunghe ciglia scure che tremolavano contro gli zigomi, il naso affondato contro la sua guancia soffice e il suo forte profumo ad avvolgerlo come un abbraccio.
Chan si staccò dalle sue labbra con un piccolo schiocco, lasciando che i loro nasi si sfiorassero dolcemente, condividendo il respiro reciproco.
I suoi occhi erano lucidi e languidi quando si aprirono - carichi di un bruciate desiderio che tolse totalmente il fiato al più piccolo - puntandoli dentro quelli emozionati e a tratti confusi di Jeongin.
Perché mi guarda in questo modo - si domandò, sentendo la mano grande e calda dell'altro sulla guancia, accarezzandolo quasi con reverenza.
Mai si sarebbe aspettato qualcosa di simile.
«Chan...» balbettò con voce tremante e respiro pesante, poco prima che il maggiore gli catturasse nuovamente le labbra con le sue.
Si lasciò sfuggire un ansimo, che fece eccitare il maggiore.
Chan non aveva la minima idea di cosa stesse facendo, ma lo faceva stare incredibilmente bene avere Jeongin così tanto vicino a sé.
Erano passati anni dall'ultima volta che aveva avuto modo di baciare una ragazza, forse era quello, ma non gli interessava assolutamente.
Jeongin era piccolo tra le sue braccia, incredibilmente profumato e le sue labbra avevano un sapore squisito, mugolava in modo carino e questo era tutto ciò che al maggiore interessava.
Jeongin chiuse gli occhi.
Non era più certo che quello non fosse un sogno, ma non gli interessava minimamente, se lo sarebbe goduto fino al momento del risveglio.
La bocca di Chan era esigente sulla sua, ma continuava comunque a mantenere un'andatura lenta e gentile, dedicandosi totalmente a lui e ai suoi tempi.
Jeongin era inesperto da morire e temeva di rendersi ridicolo agli occhi dell'altro - ma non sapeva che quell'esitazione stava facendo impazzire il più grande.
Sto baciando un ragazzo...
La bocca di Jeongin era morbida, delicata e dolce - come il bocciolo ancora chiuso di un fiore.
Sei così buono - pensò Chan in un momento di scarsa lucidità, spegnendo i pensieri e lasciandosi andare totalmente.
Quando gli invase la bocca con la lingua, Jeongin si sentì immerso in un oceano di incandescente lava.
Ti voglio.
Era quello il primo bacio che da bambino - già ben consapevole del proprio orientamento sessuale e romantico - aveva sempre sognato di ricevere.
Era rispettoso, dolce e cauto.
Si sentiva totalmente voluto e al centro della completa attenzione di Chan.
Riusciva a percepire tutto il desiderio dell'altro attraverso la loro pelle a contatto.
Mi vuole.
Sentì gli occhi riempirsi di lacrime - di piacere - sentendo le loro lingue intrecciarsi timidamente tra loro - per la prima volta, scoprendo il sapore reciproco e cercando di prendere maggiore confidenza.
Le mani di Jeongin corsero subito ad allacciarsi intorno al collo del maggiore, accarezzandolo, mentre quelle di Chan affondarono dentro i suoi capelli scuri.
Inclinò il capo, cercando di far incastrare meglio le loro labbra.
Voleva possederlo completamente, ottenere tutto quello che poteva dargli e prendersi quello che sarebbe dovuto essere a tutti gli effetti il primo bacio di Jeongin.
Doveva essere suo.
Chan si spostò sopra di lui, ricoprendo parzialmente il suo esile corpo con la sua figura massiccia.
Portò le mani ai suoi fianchi stretti - totalmente differenti da quelli tondi e morbidi di una ragazza - ma non per questo meno eccitanti, e si sorprese del modo in cui esse sembravano aderire alla perfezione con le sue forme.
I loro respiri erano pesanti e affannati mentre le loro labbra bruciavano le une a contatto con le altre.
Erano un disastro di ansimi e sospiri, mentre lo spazio tra i loro corpi era ormai solo un lontano ricordo.
Quando dopo quella che parve un'eternità - e tanti piccoli baci a stampo per trovare la forza di separarsi - riuscirono ad allontanarsi l'uno dall'altro, gli bastò guardarsi negli occhi per avere la certezza che non sarebbe mai più stato come prima, tra loro.
«Perché mi hai baciato?» chiese con voce debole e rauca il minore, non riuscendo a staccare gli occhi da quelli del maggiore.
Chan in quel momento sviluppò una nuova ed insana ossessione: le labbra lucide e gonfie del minore, dopo i suoi baci.
Sono così belle.
Le vorrei sempre vedere in questo stato. A causa mia.
Sorrise in modo divertito, posando nuovamente la bocca su quella di Jeongin.
«Dimenticati di quell'idiota, il tuo primo bacio appartiene a me Jeongin - mormorò contro le sue labbra, guardandolo con lo stesso sguardo che gli aveva rivolto quella sera allo spiazzo - D'ora in avanti quando ti chiederanno nuovamente del tuo primo bacio, racconta loro di questo; dato in un luogo qualunque ad un ragazzo qualunque, mentre guardavate insieme le stelle cadenti con la testa posata sull'erba umida» concluse, tornando ad appropriarsi della sua bocca.
Non aveva ancora finito con lui, per quella notte.
Jeongin sentì il suo cuore ingolfarsi a quelle parole.
Tu non sei e non sarai mai un ragazzo qualunque Chan, per me.
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Grazie per l'attenzione,
TheyIdiot.
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