18. I'm going to Justin to remove the note

«Quindi non vieni da Starbucks con noi?» mi chiese Lynn chiudendo il suo armadietto. Mi poggiai a quello affianco tenendo i libri ben stretti al mio petto.

«Magari vi raggiungo dopo, ora devo sistemare questo fatto della nota con Justin» ormai io e Lynn parlavamo del nostro professore chiamandolo per nome. A lei faceva ancora strano a distanza di mesi e qualche volta anche a me, però chiamarlo per nome mi faceva sentire più vicina a lui e se bastava quello per farmi sentire meno sola allora non potevo far altro che avvalermene.

«Ah già, la nota per aver fatto i compiti durante l'orario scolastico» Lynn rise e chiuse l'armadietto. Ci incamminammo verso l'entrata, l'ufficio di Justin era poco distante da lì.

«Smettila di ripeterlo!» le chiesi ridendo. In effetti era un po' stupida come motivazione e la mia amica pensava che ci fosse qualcosa sotto, che quella nota in realtà fosse solo uno sfogo di gelosia. Fosse stato così, lo avrei scoperto a breve. «Piuttosto, cosa fai questa sera?»

«Davis mi porta a mangiare fuori, ha detto che dobbiamo festeggiare la nostra ammissione alla NYU e anche sistemare alcune cose tra di noi. Tu, invece? Ti vedi con Robert per lo spettacolo?» Lynn mi lanciò un'occhiata e poi tornò a guardare davanti a sé.

«Papà mi ha scritto un messaggio prima e mi ha detto che questa sera non avrei dovuto prendere impegni perché voleva portarmi in un posto carino per stare un po' insieme. Con Robert mi metterò d'accordo durante la settimana, penso, tanto non ha bisogno per forza di me per provare la sua parte» Robert faceva parte del club di teatro e il prossimo mese avrebbe avuto uno spettacolo su Romeo e Giulietta, lui faceva Romeo. Un Romeo un po' particolare, pieno di piercing e tatuaggi, ma da quello che avevo capito era uno spettacolo parecchio fuori dal comune. Io ero stata nel club di teatro fino alla morte di mamma, dopodiché avevo smesso perché non mi andava più di fingere e di nascondere chi ero. Non volevo interpretare la parte di una ragazza felice e spensierata quando non lo ero. Robert mi aveva chiesto di aiutarlo a prepararsi, ma non trovavamo mai il tempo per provare insieme la parte siccome la maggior parte del mio tempo avrei dovuto studiare per la maturità.

«Abbiamo delle ore buca lunedì, martedì e venerdì, potresti usare quelle»

«Hai ragione!» arrivammo all'uscita. «Allora vieni a casa mia domani? Magari quando vai via da casa di Davis vieni subito da me»

«Che ne sai che stanotte dormirò da lui?» la mia amica rise, risi anch'io dandole una spinta scherzosa.

«Sei una nomade durante il weekend. I tuoi penseranno "ma noi abbiamo o no una figlia?"» Lynn rise ancora e mi abbracciò, le diedi un bacio sulla guancia e mi allontanai camminando all'indietro.

«Buona fortuna per la nota»

«E a te buona serata con Davis»

Lynn sparì tra la folla, io mi feci largo a spintoni per arrivare all'ufficio di Justin. Sapevo che sarebbe rimasto a scuola fino a tardi quel pomeriggio, avevamo fatto una verifica la settimana prima e doveva ancora correggere i compiti. La scuola sarebbe rimasta aperta fino alle sei del pomeriggio e Justin sarebbe rimasto fino alla fine. Faceva così da due settimane, non ne capivo il motivo ma non mi ero permessa di chiederglielo. Era abbastanza particolare in quei giorni, piuttosto irritabile e suscettibile. Pensavo fosse solo per il papà ma Erick si stava riprendendo e lui continuava a comportarsi il modo strano.

Entrai nel suo ufficio senza nemmeno bussare, chiusi la porta a chiave e mi girai. Lo trovai, come pensavo, chino sui fogli a correggere le verifiche. Mi guardò torvo da sotto la montatura degli occhiali. Da qualche mese aveva cominciato a portarli anche durante le ore scolastiche e quando leggeva. Lo trovavo ancora più carino del solito con quegli occhiali da intellettuale.

«Aria, quante volte devo dirti che non devi entrare senza bussare?» Justin posò la penna sulla cattedra bianca e mise da parte tutti i compiti lasciando il banco libero.

«E tu perché ci hai messo una nota quando potevi semplicemente sgridarci e farci andare in classe?»

«Perché è giusto così. Eravate fuori dall'aula durante l'orario di lezione, non potevate stare lì»

«Ma non stavamo facendo nulla di male, Justin» mormorai facendo un passo avanti. Quando lui si alzò mi fermai e strinsi i libri al petto.

«Ah, no?» fece un passo in avanti anche lui.

«No! Robert è del club di teatro e ha fatto una ricerca su Romeo e Giulietta, io invece stavo cercando informazioni attendibili per una ricerca che dovevo fare di storia e tu sai quante cose ci sono su internet? Ho preso quante più informazioni possibili, le ho passate tutte al setaccio e ho dovuto scrivere una relazione. Sai quanto tempo ci vuole per fare tutto questo? Ho usato la mia pausa pranzo per studiare e il tempo è volato senza che me ne accorgessi» mi avvicinai ancora in modo quasi impercettibile. La mia voce sembrava quasi una supplica, guardavo Justin negli occhi e con lo sguardo lo pregavo di toglierci quella nota che aveva macchiato il nostro registro.

«Ti ho trovato che stavi recitando la dichiarazione d'amore di Giulietta a Romeo»

«E con questo? Cosa c'è di sbagliato in questo, Justin?»

«C'è di sbagliato tutto, Aria, tutto! Prima di tutto é sbagliato che tu mi dia del tu, è sbagliato che salti le lezioni, è sbagliato che aiuti quel ragazzo, che esci con lui e che gli reciti frasi che dovresti dire solo a me» Justin mi prese le spalle, sbattei le palpebre più volte notando che eravamo molto più vicini di quanto pensassi. Poi mi ripresi e lo infuocai con lo sguardo.

«Se tutto questo è sbagliato allora tu, ah no, mi scusi, lei. Lei, signor Dempsey, è incoerente e codardo! Mi ha messo una nota motivato da una sola cosa: la gelosia. E se ha deciso che devo darle del lei, trattarla come tutti gli altri docenti e considerarla solo come un mio professore allora lei deve considerarmi come una delle sue tante alunne. Ha deciso lei tutto questo! E ora deve lasciarmi vivere la mia vita. Posso uscire con chi voglio, parlare con chi voglio, recitare frasi celebri a chi voglio. E non smetterò di farlo solo perché è lei a chiedermelo! Perché lei non è nessu-»

Justin mi prese il viso tra le mani e mi spinse verso il suo. Dopo mesi, tornò a baciarmi nel modo più rabbioso e impulsivo che avessi mai immaginato. Io non mi mossi con mia grande sorpresa. Restai immobile, ferma su me stessa, con i libri stretti a petto e le gambe molli. Poi Justin si staccò. Lo guardai negli occhi, erano colmi di gelosia e rabbia. Senza controllare le mie azioni, gli diedi lo schiaffo più forte che avessi mai dato a qualcuno. Fu talmente forte che il rumore rimbombò per tutta la stanza. E ancora senza controllarmi, lasciai cadere i libri sul pavimento e allacciai le braccia la collo di Justin baciandolo con tutto l'amore che avevo represso in quei mesi.

Tornare a toccare le sue labbra dopo tutto quello che era successo era quasi un sogno, per me. Tornare a baciarlo, tornare a stringerlo, a sfiorare il suo corpo e sentire il suo profumo da così vicino era ciò che di più rappresentava il paradiso. Justin mi strinse i fianchi, poi lasciò scivolare le sue mani fino ad abbracciarmi. Mi strinse più forte a sé e feci lo stesso anch'io. Lo baciai senza prendere aria, lo baciai come se fosse stata l'unica cosa che sapessi e volessi fare. Non mi sentivo così bene da mesi. Averlo così vicino mi faceva sentire finalmente completa.

Quando il bacio finì mi sentii mancare il respiro. Justin poggiò la sua fronte sulla mia e mi guardò negli occhi. Non riuscivo a leggere le sue emozioni. Non riuscivo nemmeno io a capire cosa stavo provando. Poi feci qualcosa che sorprese anche me stessa: slacciai i primi bottoni della sua camicia e cominciai a baciargli il collo.

«Aria, cosa..?» il sospiro di Justin si bloccò quando gli toccai il petto con le mie mani fredde. Non lo avevo mai visto senza maglia prima di allora, era talmente bello che le successive azioni non le controllai. Gli tolsi la camicia e lui lasciò che lo facessi, poi riprese a baciarmi e, nel bacio, mi fece sedere sulla cattedra.

Mi sentivo così bene in quel momento, tra le sue braccia. Sapevo che non c'era posto migliore in cui stare, io e lui eravamo stati creati proprio per stare insieme.

Il momento fu padrone delle nostre successive azioni. Mi ritrovai quasi del tutto nuda sotto il suo sguardo. Justin mi baciò una spalla mentre, con un solo movimento, mi tolse il reggiseno. Mi venne da ridere a pensare che nemmeno io riuscivo a toglierlo al primo tentativo mentre lui ci era riuscito subito.

Lo guardai negli occhi. Era così bello. Il suo sguardo era vivo, emozionato. Il suo cuore batteva forte e la mia mente non faceva altro che pensare "davvero tutto questo sta succedendo?". Mi sembrava quasi surreale una situazione del genere, io ero andata da lui solo per farmi togliere una nota inutile. Ma i nostri cuori avevano deciso altro, e avevano agito per noi.

Justin mi guardò il corpo, poi tornò a guardarmi negli occhi. Mi accarezzò il collo e mi baciò lentamente e in modo dolce. Gli accarezzai il viso, avevo quasi paura di fargli del male. Era così bello. Era tutto così magico.

Con un gesto tolsi l'ultimo indumento che avevo, Justin fece lo stesso. Poi mi guardò negli occhi, per un attimo lessi al suo interno indecisione.

«Aria, sei sicura di..?» lasciò la frase in sospeso. Mi presi qualche secondo prima di rispondere.

«Sì» dissi solamente. Ero completamente sicura di tutto quello, ero sicura di lui. Sentivo di fare la cosa giusta, stavo per legare la mia anima alla sua in modo indissolubile e sapevo che non ci sarebbe stato niente di meglio.

«Ma questa non la tua prima-»

«Sì»

«E sei sicura di volerlo fare qui?» Justin mi accarezzò il viso, poi il fianco. Poggiai le mie mani sulle sue spalle e incrociai i nostri sguardi.

«Non è il luogo o l'atmosfera a rendere speciale un momento, è la persona con cui vivi quel momento a renderlo speciale. E a me basti tu a rendere perfetto tutto questo. Il luogo è relativo, l'atmosfera pure. Ma tu sei quella costante che so che ci sarà sempre in un modo e nell'altro. E voglio sentire il tuo amore premermi addosso, almeno per oggi siamo quello che desideriamo essere. Non potrei chiedere niente di meglio»

Justin mi accarezzò di nuovo il viso. Mi abbracciò con le sue braccia forti e lentamente si avvicinò a me, poi mi baciò tenendomi stretta e mi lasciai trasportare dalle nuove sensazioni che mi invasero.

Non avevo mai provato niente del genere. Il battito del mio cuore che andava a ritmo con il suo, le sue braccia che mi stringevano e le mie che gli tenevano le spalle, le sue labbra costantemente sulle mie. Portai la testa all'indietro e strinsi gli occhi e i denti. Justin non smise mai di accarezzarmi la schiena in modo tale da darmi sicurezza. Mi sentivo così a casa tra le sue braccia.

Mentre facevo l'amore con lui mi resi conto che, tutte quelle volte che avevo immaginato la mia prima volta con la persona che amavo, l'avevo immaginata in modo completamente diverso. Magari dopo una cena romantica, con della musica classica in sottofondo, il bagliore fioco delle luci delle candele e stesa sul mio letto tra le lenzuola morbide. Ma con Justin era stato tutto così diverso, era tutto più vero rispetto ai miei sogni. Non c'era la luce fioca delle candele, né tantomeno la musica o un letto. Ma c'eravamo noi, c'era il nostro amore, la voglia di averci e di appartenerci e questo mi bastò.

Tornai a baciarlo quando ebbi un fremito lungo il corpo. Strinsi le braccia attorno al suo collo, le gambe attorno al suo bacino e mi lasciai andare alle emozioni che provai stringendomi a lui sempre di più. Justin mi abbracciò forte e portò una mano tra i miei capelli. Mi baciò più volte la guancia, avevamo entrambi il respiro pesante.

«Ti amo tanto, Justin» sussurrai sul suo petto. Avevo quasi voglia di piangere per quanto bene stavo e lo feci, cominciai a piangere silenziosamente dalla gioia che provavo.

«Ti amo anch'io, Aria. Ti amo così tanto, piccola mia» Justin mi strinse forte, poi dolcemente mi scostò dal suo petto e mi asciugò le lacrime dal viso.

«Davvero mi ami?» gli chiesi tirando su col naso. Justin annuì continuando ad accarezzarmi.

«Ti amo così tanto che stamattina mi sono licenziato» disse.

Al che strabuzzai gli occhi e schiusi le labbra. «Che cosa?!»

«Ho cercato un nuovo lavoro. In questi mesi ho capito che non posso stare senza di te, mi sento troppo frustrato e non sto lavorando bene. Vederti tra i banchi e non potermi comportare come vorrei è una tortura, averti a casa e restare lontano da te sta diventando troppo difficile. Ho fatto vari colloqui, in una scuola dalla West Side cercavano urgentemente un professore di letteratura inglese e ho fatto lì domanda. Mi hanno preso subito dopo il colloquio, Aria. Io qui ho finito e mi dispiace relativamente per gli altri studenti, però così facendo posso avere te. Ho scelto la cosa giusta per noi. E ti amo così tanto» Justin mi baciò ancora e lo baciai anch'io sentendo il calore nel mio corpo aumentare ancora. Dovetti interrompere il bacio perché mi resi conto di star sorridendo troppo, così abbracciai Justin e scoppiai di nuovo a piangere dalla gioia che avevo nel cuore.

Justin si era licenziato per me, aveva scelto un altro lavoro solo per stare con me. Non pensavo potesse mai fare una cosa del genere, non in quel momento almeno. Pensavo che avesse voluto aspettare luglio e poi procedere con calma, invece aveva voluto anticipare i tempi superando ogni mia aspettativa.

«Io non so cosa dire, Justin. Questa è la sorpresa migliore che qualcuno potesse mai farmi. Tu ti sei licenziato per me. E io..io.. »

«Dimmi solo che mi ami e che vuoi stare con me. Non mi sono mai sentito così innamorato di qualcuno, non ho mai provato queste sensazioni e voglio condividerle con te. Tu sei la donna che voglio al mio fianco»

«Ti amo e voglio stare con te, Justin» baciai un'ultima volta Justin sulle labbra. Dolcemente lui mi accarezzò la schiena e il collo, mi baciò la guancia e poi mi sorrise.

Dopodiché entrambi ci rivestimmo. Non ero per niente agile nei movimenti e Justin se ne rese conto, infatti rise in modo molto dolce prima di baciarmi la fronte e stringermi forte a sé per un fianco.

«Io devo finire di correggere questi compiti e lasciarli per il prossimo docente, poi devo organizzare alcune carte e scrivere gli argomenti per la fine del programma. Non ci metterò molto, ma preferisco comunque che tu vada a casa» Justin mi accarezzò il viso e io annuii.

Prima di andar via lo abbracciai ancora e gli diedi un bacio sul mento, poi recuperai i miei libri e uscii fuori dal suo ufficio. Varcata la soglia scolastica mi sentii tutt'altra persona. Ero rinata, mi sentivo più felice e completamente agitata. Indossai il casco e saltai in moto, guidai verso casa col sorriso sul viso.

Avevo passato con Justin solo mezz'ora e in quella mezz'ora avevo scoperto una parte di me stessa e dell'amore che non avrei mai pensato di scoprire. Justin aveva reso tutto più bello. Finalmente aveva deciso di mettere noi al di sopra di tutto. Avevo capito cosa significava davvero appartenere ad una persona, cosa significava sentirsi amata e sentirsi voluta. Avevo appena fatto l'amore.

Urlai tra le strade, felice. Il sole era alto in cielo, il traffico era scorrevole, gli uccellini cinguettavano ed io ero appena diventata donna. La sua donna. Ed ero felice.

Arrivata sotto al mio palazzo parcheggiai la Yamaha nel mio box. La legai e presi l'ascensore per salire a casa mia. Lì mi guardai allo specchio. Avevo ancora le labbra gonfie e rosse, i capelli erano un disastro e avevo il trucco colato. Con un fazzoletto che avevo in tasca pulii gli occhi e legai i capelli in uno chignon alto. Papà era in casa e non volevo sapesse cosa fosse successo, se mi avesse vista in quelle condizioni lo avrebbe scoperto in un battito di ciglia. Arrivata fuori la porta di casa sistemai la maglia e il jeans alla bell'e meglio. Poi aprii la porta con le mie chiavi di casa e venni subito raggiunta da Paprika.

«Paprika, amore mio, ciao!» accarezzai la mia cagnolina sulla testa. Tolsi zaino e giubbotto e poi la presi in braccio. «Facciamo una passeggiata dopo? Ti va?» Paprika abbaiò e scodinzolò, lo presi per un sì. «Ehi papà, sono a casa!» misi la cagnolina a terra e ripresi il mio zaino. Papà ancora non mi era venuto in contro e lo trovai parecchio strano. Guardai in cucina ma niente, guardai nella sua camera e in salotto e ancora niente, poi andai in camera mia e rimasi spiazzata nel notare che papà non era solo. «Logan?» lo zaino mi cadde dalle mani, poi le portai alla bocca.

«Sorpresa!»urlò mio fratello alzandosi. Urlai anch'io e corsi tra le braccia di mio fratello di peso, lui cadde infatti sul letto e rise insieme a me. «Sei contenta di vedermi?»

«Non si vede? Pensavo di vederti tra tipo tre mesi» guardai mio fratello dall'alto, misi tutti i capelli da un lato della testa e sorrisi guardando i suoi occhi azzurri.

«Non potevo aspettare ancora prima di vederti» Logan mi baciò la fronte, lo abbracciai di nuovo. «Perché hai questo strano odore tra i capelli?» Logan mi annusò la testa ed io mi alzai subito imbarazzata.

«Non è niente» mossi la mano con nonchalance e sorrisi di nuovo. «Hai già conosciuto Paprika?» al sentire il suo nome, la cagnolina abbaiò e corse subito in camera mia. La presi tra le braccia e Logan l'accarezzò sulla piccola testolina color marrone chiaro.

«Sì ed è un'amore. Da quando sono arrivato non fa altro che farmi le feste»

«Ed è anche furba. Pensa che ha fatto la pipì un po' fuori dal telo e quando stavo per sgridarla è venuta accanto a me e mi ha guardato con i suoi occhioni dolci, sembrava quasi volesse chiedermi scusa» disse papà, entrambi ridemmo.

Restammo tutti e tre a parlare sul mio letto con la cagnolina tra le braccia che dormiva placidamente. Non vedevo Logan da gennaio e avevo così tante cose da raccontargli! Papà ci portò la merenda a letto e continuammo a raccontarci delle cose che ci erano succese fino a quel giorno. Io ovviamente omisi tutto ciò che era successo quel pomeriggio con Justin, non sapevo se sarei riuscita a dire a mio padre e mio fratello che avevo perso la verginità con un mio ex docente, quindi lasciai perdere.

Si fecero le sei e decisi di cominciare a prepararmi per la serata. Saremo sicuramente andati a mangiare al ristorante ed io ero ancora con gli stessi vestiti che avevo messo per la scuola. Papà e Logan uscirono per farmi cambiare ed io andai a farmi una doccia. Avevo ancora il profumo di Justin addosso, non volevo toglierlo. Una volta essere uscita mi truccai, asciugai i capelli, mi vestii e preparai la borsa con cui sarei uscita. Portai tutto in salotto seguita da Paprika, poi bussarono alla porta e Logan andò ad aprire.

«Justin?» sbiancai a sentire quel nome. Paprika corse subito da Logan insieme a papà, abbaiò al nuovo arrivato finché non la presi tra le braccia.

Rivedere Justin fu un vero e proprio colpo al cuore. Aveva ancora indosso gli abiti di qualche ora prima, i suoi capelli erano scombinati e la camicia era abbottonata male. Sperai che papà e Logan non se ne fossero già resi conto. «Che ci fai qui?» gli chiesi poi aprendo di più la porta. Mi misi davanti a lui e, con gli occhi, gli indicai il bottone che era stato chiuso male, ovvero l'ultimo.

«Non sapevo aveste preso un cane» disse lui. Con un movimento veloce aprì il bottone e lo rimase aperto.

«È una lunga storia. Perché non mi rispondi?»

«È una lunga storia» mi imitò. Poi sorrise e fece la cosa più impensabile del mondo: mi baciò. Davanti a mio padre e mio fratello.

«Okay, penso che voi dobbiate dirci qualcosa» Logan chiuse la porta e papà si portò le braccia al petto. Io morsi il labbro inferiore e presi un respiro profondo.

«In effetti, David, vorrei parlarti di una cosa importante. Da soli, se possibile» schiusi le labbra nel vedere Justin avvicinarsi a papà. Logan mi prese per un braccio nello stesso istante in cui papà acconsentì e portò Justin in soggiorno. Mio fratello mi costrinse a salire i due scalini e a fermarmi in camera mia.

«Questa improvvisa visita c'entra forse con lo strano odore che avevi addosso?» mi chiese Logan guardandomi negli occhi. Erano infuocati, sembrava arrabbiato e non mi piaceva vedere mio fratello in quel modo. Se avessi mentito Logan se ne sarebbe accorto. Quindi gli accarezzai il viso, poi annuii.

«Ora devo andare a sentire cosa si stanno dicendo, Logan. Ti prego, non ti arrabbiare e non giungere a conclusioni affrettate. Ti dirò tutto quando avranno finito di parlare»

Logan mi guardò e non disse niente, poi però mi lasciò il braccio e mi seguì lentamente. Non avevo mai origliato una conversazione, ogni qual volta ci provavo venivo beccata perché facevo qualche rumore sospetto e la mia copertura saltava. Quel giorno, però, fui silenziosa e scaltra. Mi avvicinai alla porta aperta e sentii la conversazione tra Justin e papà.

«..io ho voluto fare come mio padre che, quando si è fidanzato con mia madre, ha prima chiesto la benedizione di mio nonno. David, sono qui perché ti rispetto, sei stato molto vicino alla mia famiglia e ami Aria più di qualsiasi altra cosa. Il punto è che la amo anch'io ed è da gennaio che sto provando a reprimere i miei sentimenti. Ho provato ad uscire con altre donne, a concentrarmi sul lavoro o su mio padre ma non riesco a dimenticare tua figlia»

«Justin, tu sei un suo insegnate. Ti rendi conto di quello che mi stai dicendo?»

«Me ne rendo conto ed è proprio per questo che mi sono licenziato. Ho fatto dei colloqui e ho trovato lavoro in un'altra scuola proprio per sistemare questa situazione. Non sono più un insegnate di Aria, non c'è più niente che ci lega in quella scuola»

«Okay, Justin, ti sei licenziato, ma sei stato un insegnate di Aria. I tuoi ex alunni e i compagni di scuola di Aria questo lo sanno. Non pensi che sia una situazione strana? Non pensi che possano pensare che ci sia stato qualcosa sotto prima del tuo licenziamento?»

Mi sporsi e vidi Justin tentennare. Si portò, pensieroso, una mano tra i capelli. Poi sospirò e continuò a non parlare. Al che entrò in stanza mio fratello.

«Io invece penso che Justin abbia fatto un gesto coraggioso. Papà, io e te sappiamo bene quanto Aria sia stata male dopo il primo gennaio, è innamorata di Justin e Justin di lei. Lo conosciamo entrambi, è una brava persona e non ha mai agito con l'intenzione di fare del male. Ha lasciato Aria perché giusto dal punto di vista scolastico, poi si è reso conto che questa decisione non era giusta dal punto di vista personale e ha deciso di fare qualcosa»

«Con tutto questo cosa vuoi dire, Logan?» vidi Logan sedersi di fronte a papà.

«Voglio dire che, se non gli fosse importato di Aria, non si sarebbe licenziato e adesso non sarebbe qui. Justin è venuto a chiedere la tua benedizione perché vuole stare con Aria. Penso che tu debba dargli un'opportunità»

Papà stette in silenzio per qualche minuto. Si alzò dal divano e si avvicinò alla tv tenendo lo sguardo basso, si toccò il mento come faceva sempre quando doveva prendere una decisione importante, poi parlò. «Se vuoi stare con mia figlia dovrai seguire delle regole» tirai un sospiro di sollievo silenzioso. Mi morsi le labbra per non urlare e chiusi gli occhi, felice.

«Sì, certo, qualsiasi cosa» si affrettò subito a dire Justin.

«La prima è "No al sesso, sì allo studio". Questa è fondamentale, non puoi stare con lei se non l'accetti» sorrisi alla prima regola di papà, mi ricordava tanto i primi giorni alle superiori. E chissà cosa avrebbe fatto papà se avesse scoperto che Justin ed io avevamo già infranto quella regola. «Poi non dovrete stare a casa da soli per troppo tempo, dovrete vedervi per i primi mesi solo nelle vostre case per non dare nell'occhio e, soprattutto, non devi sentire altre donne mentre stai con Aria. Devi rispettarla, amarla e proteggerla. Se la affido a te devi promettermi che la tratterai come il più prezioso di tutti i tuoi beni, dev'essere-»

«La mia priorità assoluta» papà annuì.«Accetto, ti prometto che manterrò ogni singola promessa» Justin si alzò e tese la mano a papà. Papà l'afferrò, poi lo abbracciò.

Sentii le lacrime appannarmi la vista e la felicità crescere nel mio cuore sempre di più. Papà aveva dato il suo consenso a Justin, quindi potevamo finalmente stare insieme. Anche mio fratello si alzò e battè una mano dietro la schiena di Justin. «Benvenuto in famiglia, amico»

«Ti ringrazio per quello che hai fatto, Logan. Ed è bello vederti, Aria non mi aveva detto che eri qui»

«È stata una sorpresa un po' per tutti a dire il vero» disse papà. Logan si portò una mano dietro il collo.

«Sì, già, appropostito di questo, io sarei qui per un motivo specifico» corrugai le sopracciglia e mi misi in ascolto. Pensavo che mio fratello fosse venuto solo per stare con noi perché aveva il weekend libero. «In pratica,» bussarono al campanello. Andai ad aprire. «vi ricordate di..-»

«Megan?» sussurrai stupefatta. Davanti a me c'era una ragazza bionda e dal viso chiaro, le labbra rosee, gli occhi verdi e un pancione che non assomigliava per niente al ventre piatto che aveva nelle fotografie che avevo visto sul cellulare di mio fratello.

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