Prologo (n)
Odore di disinfettante e di altro che non riesci a identificare ti fa salire la nausea.
Senti la testa pulsare, un dolore martellante non ti lascia un attimo di respiro.
Sembrava di avere un'orchestra intera intenta a suonare un pezzo rock, a far sfondo di un dolore simile a una miriade di piccoli chiodi che ti perforano la carne.
Anche solo muoverla ti costa uno sforzo immane.
Cosa ti sta succedendo?
Perché il tuo corpo risponde male ai tuoi comandi?
Perchè non vedi?
Per quest'ultima domanda trovi risposta dopo che ti accorgi poco a poco che sui tuoi occhi qualcuno ti ha applicato una benda, facendoti salire un attimo la preoccupazione. Sei diventato cieco? Cosa ti sta succedendo?
Provi a muoversi, ma i muscoli non si muovono come desideri, facendoti salire ancora di più il panico.
Aiuto.
Vorresti urlare se solo avessi avuto la forza di gridare, ma le parole ti rimangono intrappolate in gola.
Aiuto.
Aiuto.
Aiuto.
Senti passi frettolosi avvicinarsi. Poi una mano fredda che ti fa salire l'impulso di sottrarti. Una voce famigliare ti dice qualcosa che non capisci.
Poi un pizzicore nell'incavo del gomito...sinistro? Destro?
Non hai alcuna percezione.
Sei solo, in un limbo nero come l'inchiostro su cui spiccano come macchie frammenti d'immagini che non riesci a comprendere. Luci troppo intense ti feriscono gli occhi ciechi, un forte martellante eco di musica ferisce i tuoi timpani ovattati. Vorresti che smettano, che ti lascino in pace. Vorresti tapparti le orecchie ma le mani non le percepisci, nessun comando arriva agli arti. Ma tanto sei consapevole che sarebbe tutto inutile. Nulla puoi se sei prigioniero della tua stessa mente.
Finalmente però ti senti libero, la gabbia si infrange non appena il sedativo entra in circolo.
Finalmente.
Quando riprendi i sensi avverti che qualcosa è cambiato.
I tuoi organi di senso sembrano funzionare di nuovo discretamente.
Stavolta non hai nulla a coprirti gli occhi, lo comprendi non appena ti trovi a osservare sopra di te una superficie bianca e un lampadario a led che emette una luce fastidiosissima tanto da costringerti a socchiudere gli occhi.
Ruoti un poco il capo, i muscoli cervicali, urlano pietà ma non demordi, non è nella tua natura.
Noti così una figura poco distante, seduta sopra una di quelle tristi seggiole bianche da ospedale.
Ti rendi conto solo in quel momento della sacca della flebo posto alla tua sinistra. Apri e chiudi le dita della mano. Le senti intorpidite, un poco formicolanti ma reattive. Stai pian piano riprendendo padronanza di te stesso e l'ansia che stavi provando pian piano comincia ad abbandonare il tuo corpo. Noti che le braccia sono ricoperte di garze, devono avertele medicate quando sembravi prigioniero di un loop più simile a un bizzarro sogno che alla realtà. Non ricordi come e quando ti sei ferito ma non è la tua priorità in quel momento.
La figura sulla sedia si muove e la riconosci.
Apri la bocca per parlare ma quello che ti esce dalle labbra e gola riarse è un verso che ben poco ha di umano.
Vedi la figura sussultare, svegliarsi e avvicinarsi in fretta, entrando nel suo campo visivo ancora appannato ma più in sè di prima, mandandoti un attimo in confusione.
Il volto di tua madre è un fiume di lacrime che non riesci a spietarti, ti poggia le mani sul volto, come se non credesse a ciò che vedono i suoi occhi.
Questo ti fa scattare un campanello d'allarme, avverti il battito del tuo cuore accelerare un poco.
Provi di nuovo, stavolta ad articolare la parola "acqua", uscendoti nuovamente un altro rantolo.
Non capisci con che fantasia tua madre riesca a intuire quello di cui hai bisogno, fatto sta che te la ritrovi di fianco con un bicchiere in mano pieno del liquido che desideri ardentemente.
Ti aiuta a posizionarti per bere senza correre il rischio di strozzarti. Senti come di avere nella gola della carta vetro, è un'operazione dolorosa ma la sete è tanta per cui decidi di stringere i denti e di farlo comunque.
Una volta fatto ti lasci andare sui cuscini con un sospiro.
Tua madre ti si siede di fianco e ti prende per mano stando attenta a non urtare le canule collegate agli aghi che ti bucano la pelle all'altezza dell'incavo del gomito, l'unica porzione lasciata scoperta.
Noti che hai delle bende anche all'altezza del petto.
«Dove...» provi ad articolare a fatica.
«Sei in ospedale, tesoro mio. Ti stai riprendendo dagli anestetici e sedativi, per questo forse ti senti un po' disorientato».
Solo un po'?, avresti voluto obiettare con sarcasmo, ma non l'hai fatto.
Guardi tua madre negli occhi, una figura più nitida di qualche momento prima, per trasmetterle la domanda che ti assilla ormai da quando hai preso conoscenza.
Lei ti fissa con sguardo ricolmo di compassione e pietà. In quel momento senti di odiarla.
«Hai avuto un incidente Luca. Fuori dal locale con cui ti eri visto con i tuoi amici».
Ricordavi vagamente di esserci stato, ma non come ne eri uscito, figurasi la causa che ti aveva fatto ricoverare lì.
Ti tiri su, poggiandoti ai gomiti per avere una posizione semi eretta e ti accorgi all'istante che c'è qualcosa che non va. Il tuo corpo è più leggero di quello che dovrebbe essere.
Abbassi lo sguardo e noti un vuoto sbagliato, là dove dovrebbero terminare le gambe.
Tua madre tenta di fermare la tua mano ma riesci comunque ad afferrare il lenzuolo e a scostarlo con un gesto secco.
Sgrani gli occhi, non credi a quello che stai vedendo.
Non è reale.
Non è reale.
Non è reale.
Ti ripeti come un mantra nella mente.
Là, appena sotto il ginocchio trovi due moncherini fasciati in garze.
Là dove dovevano trovarsi le parti inferiori delle tue gambe non c'è nulla.
D'istinto allunghi le mani per poterli toccare, ma piegarti in avanti ti fa male.
Tua madre intanto parla in sottofondo, ma la senti a sprazzi, sei del tutto preso da ciò che stai vedendo. Sembri entrato in una sorta di trance. Speri che sia tutto un sogno da cui puoi fuggire aprendo semplicemente gli occhi.
«Non hanno potuto fare nulla...auto...il danno era irreparabile...amputare...»
Sussulti come se ti avessero trafitto al cuore.
Amputare.
Le tue gambe non ci sono più.
Non potrai più realizzare i tuoi sogni.
Tutto ciò in cui credevi crolla come un castello di carte al vento.
Non ti accorgi di aver cominciato a urlare fin quando non senti la gola secca dolerti.
Ma non ti fermi.
Inutili sono i tentativi di tua madre di fermarti.
Continui, butti fuori tutto un miscuglio di rabbia e disperazione, nel mentre cerchi di raggiungere i tuoi moncherini. Li vuoi strappare, togliere dal tuo campo visivo. Non puoi più sopportare la loro vista. Dovevano andarsene, sparire.
«Smettila! Così ti farai solo del male» tenta di bloccarti tua madre, al che scatti.
Alzi la testa, gli occhi rossi dal pianto e spiritati tali da spaventare tua madre che fa involontariamente in passo indietro.
Capisci in quel momento di essere diventato l'ombra di quello che eri. Un mostro.
In quel momento però provi odio e rancore nei confronti di tua madre, l'unico essere umano che hai di fronte.
«Avreste dovuto lasciarmi morire!» esplodi con tutto il fiato che possiedi.
«Che senso ha una vita come questa?! Dovevate lasciarmi morire! Vi odio! Vi odierò tutti fino alla fine dei miei giorni! Vi odio! Vi odio! Vi odio!»
Mentre urli come un pazzo tua madre chiama gli infermieri che si fanno strada nella stanza che ti è stata assegnata, in cui sei l'unico ospite in quel momento.
Fai per staccarti la flebo, vuoi andartene, vuoi alzarti. In quel momento non t'importa delle gambe che non hai più. Vuoi dimostrare che non è vero. Che non è altro che un sogno collettivo a occhi aperti.
Gli infermieri ti bloccano prontamente prima che faccia una cavolata, e cominci a scalciare, a cercare di divincolarti come una bestia in gabbia.
Ti rendi conto di avere poco di umano in quel momento, ma non t'importa.
Urli, imprechi, ringhi ma gli infermieri riescono a portare a termine il loro lavoro.
Il sedativo ti entra in circolo quasi subito.
Senti subito il tuo corpo farsi più leggero, la mente annebbiarsi. Anche i tuoi tentativi di liberarti diventano fiacchi, senza peso.
Ti guardi attorno con disperazione, muovi a scatti la testa cercando che almeno uno di loro ti dica quello che desideri sentirti dire.
Ma nessuno lo fa e finalmente realizzi.
L'incubo è appena cominciato.
Angolo autrice:
Buonsalve :)
Ecco il nuovo prologo che ci permette di entrare "meglio" nella storia *^*
Spero vi sia piaciuto ^^
(Aggiunto 31/12/94)
Fredrachen
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