Capitolo 41 parte 1

Le settimane successive volarono tanto da non rendermene conto.
E infine arrivò il giorno della partenza per la gita, l'ultima del nostro percorso scolastico.

Ne presi consapevolezza solo quando Akira la tirò fuori in mezzo a un nostro discorso qualche giorno prima.

Ci trovavamo in camera sua, io semisdraiato sul letto che sfogliavo un manga, indeciso se iniziarlo oppure no, e Akira appollaiato sulla sedia girevole. Improvvisamente si alzò di scatto, facendomi sussultare.

«Devo cominciare a preparare la valigia per la gita».

«Eh? Quale?»

«Ma come quale? Monaco di Baviera. Le nostre classi vanno assieme, altrimenti non avremmo raggiunto il numero».

«Ahhh, quella gita. Ma che dici, è più in là».

Akira mi aveva osservato come fossi fulminato.

«In verità partiremo dopodomani».

In effetti aveva ragione, ma me n'ero completamente dimenticato. La meta scelta, durante un'assemblea di classe, svoltasi quando ancora non ero rientrato stabilmente nell'ambiente scolastico, era stata Monaco di Baviera. Era una città che mi aveva sempre affascinato, in particolare Allianz Arena, lo stadio di gioco di una squadra che simpatizzavo, ossia il Bayern Monaco.
«Ma se sarà il 20 marzo».

Akira mi fissò come avesse a che fare con uno scemo.

«Per l'appunto dopodomani».

Ruotai lentamante il capo verso il calendario che aveva attaccato alla parete costituito da tavole di un manga che Akira era certo sarebbe diventato uno dei migliori sul mercato, un certo Blue Lock.

Ah.
Ahhhh...cazzo!

Dovevo preparare anch'io la valigia, decidere cosa portare di vestiario e i farmaci che dovevo assumere.

Per fortuna alcuni avevo smesso di assumerli, altri avrei dovuto continuare e non potevo permettermi il lusso di saltarli.

«Quanto tempo ci vuole a preparala? Basta metterci quello che serve».

«Per l'appunto! Cosa definisci utilie o non utile? E se al momento ci sembra inutile e là ci servisse?»

Sembrava preda di una crisi.
«Aki, calmati. Sono certo che puoi farcela» lo rassicurai.

Volevo sembrare spavaldo come chi ha la situazione sotto controllo ma anch'io avevo un certo timore di dimenticare qualcosa di fondamentale. Ci saremmo trovati in un paese in cui la lingua era ancora più ostrogota dell'inglese e dove non appena si apriva bocca sembrava che si stesse insultando qualcuno, sarebbe stato difficile se non impossibile instaurare un dialogo con loro.

Akira sorrise come se avesse intuito qualcosa. Era troppo perspicace.

«Ti accompagno a casa».

«Vuoi proprio liberarti di me» scherzai e me lo trovai sopra, il suo corpo esile che mi teneva a contatto con il materasso.

«Questo mai, Luca-chan».

Come poteva essere ogni volta così figo?
Lui si sporse verso di me come per baciarmi, e mi ritrovai a desiderarlo a mia volta.

Rimasi deluso quando mi diede un buffetto sul naso dopo essersi aperto in un sorriso sornione, tuttavia nei suoi occhi lessi una nota di nervosismo e altro che non compresi.

«Ti accompagno» ribadì deciso e in parte in lotta con se stesso.

Scese dal letto e mi avvicinò la sedia a rotelle in modo tale da poterci salire.
Come promesso mi condusse a casa, dove ad attendermi trovai mia madre.

Non appena ripresi possesso della mia stanza cominciai a radunare le cose che sarebbero potute servirmi, sotto lo sguardo critico ed attento di Freddy.
Recuperai i cambi di indumenti vari che buttai sul letto. Avrei dovuto recuperare la valigia che tenevo sopra l'armadio ma se fino a qualche mese prima non sarebbe stato un problema con il mio metro e ottantacinque, in quel momento lo era. Ed enormemente. Se avessi avuto le protesi...

Mia madre entrò nella stanza proprio in quel momento di deprimente autocommiserazione munita di scala.

«Lascia che ti aiuti».

Qualche settimana prima le avevo mostrato uno spiraglio di riappacificazione, ma non volevo che pensasse che l'avevo perdonata per aver spalleggiato fin da subito ogni decisione di mio padre di avermi tenuto ancorato a quella sedia. Se non fosse stato per il mio desiderio di libertà e andare contro ciò che mi avevano imposto in quel momento non sapevo in che condizioni sarei stato. Sarei impazzito, poco ma sicuro. Non ero nato per stare fermo e bloccato. Non ero controllabile e questo i miei genitori l'avevano compreso solo il giorno dell'incidente.

Nel frattempo mia madre aveva recuperato la valigia e poggiata sul letto, nell'unico punto non sommerso di roba. Cominciò a piegare accuratamente i vestiti e inserirli al suo interno con ordine, facendomi salire una certa irritazione.

«Posso fare da me. Non sono uno stupido».

Lei fu presa in contropiede ma si ricompose in fretta. Potevo dire molte cose di mia madre ma non che non avesse autocontrollo.

«Non ho mai detto...che tu lo sia».

«Allora smettila di farmelo credere. Posso cavarmela da solo».

La costrinsi a spostarsi e iniziai a riempire la valigia notando subito la differrenza tra noi. Il suo lato era così ordinato e dall'aria artificiale, mentre nel mio regnava il caos entropico, più naturale dato che già l'universo stesso tendeva al caos.

Detestai questo lato di lei. Mi pentì della mia pessima scelta quando mi accorsi che come avevo disposto era tutto caotico e occupava più dello spazio necessario.

Borbottai tra me e me e cominciai a rimettere fuori la roba, maledicendo gli spazi ristretti della valigia. Fu in quel momento che mia madre, rimasta nella stanza, mi si fece appresso nuovamente per risolvere il mio dilemma.

La lasciai fare, facendomi tornare in mente quando da piccolo mi divertivo a riempirla quando andavamo in vacanza oppure per le brevi trasferte che facevo.
A quei tempi il mondo era più semplice. Ero entusiasta della vita e pieno di sogni, in quel momento invece a pezzi e con scarse aspettative dalla vita. L'unica cosa a cui mi aggrappavo per non annegare era la presenza di Akira.

«Ecco fatto. Aspetta che vado a prendere una busta dove mettere i farmaci, ma il grosso è fatto» annunciò mia madre con un sorriso.

Distolsi lo sguardo e borbottai a mezza voce un grazie impacciato.

Lei lasciò la stanza e potei riprendere possesso di una parte di letto.

Mi sedetti cercando di fare mente locale di quello che mi sarebbe servito.
La mano sfiorò accidentalmente una delle confezioni. Era un farmaco che non usavo più da qualche settimana, forse avrei potuto farne a meno. E invece lo presi involontariamente e lo affiancai a quelli da portare in maniera indispensabile. A eccezione di quel farmaco specifico gli altri trattavano per lo più i sintomi legati alla sindrome post trauma, dato che a parte problemi ai moncherini non avevo parametri compromessi tali da necessitare di un intervento farmacologico.

Mia madre tornò con la busta con la cerniera in cui infilai i prescelti e la gettai dentro la valigia, chiudendola.
A operazione finita notai che il volto di mia madre era poggiato su di me, o meglio su quello che era rimasto delle mie gambe incrociate.

Avvampai per l'imbarazzo. Mi dava ancora fastidio quando qualcuno lo faceva, mi faceva sentire sbagliato e diverso.

«Cosa c'è?»

Lei si riscosse colta in fragrante.

«Nulla, scusami. È quasi pronta la cena».
Tirò giù la valigia dal letto e uscì dalla stanza, lasciandomi solo.

Rimasi ancora per un attimo seduto sul letto, Freddy pensò fosse il momento giusto per saltare sul letto e acciambellarsi al mio fianco, facendo le fusa.

Passai la mano sul suo pelo morbido, ed ebbe il potere di calmarmi.

Mi decisi infine di avviarmi, in fibrillazione di quello che sarebbe accaduto il giorno dopo.

La partenza era stata programmata in serata in una delle due stazioni più importanti della città metropolitana, stranamente in quella che avevo più vicino a casa (questo solo perchè l'altra fermata veniva saltata).
Il treno era un Euronight, che si differenziava da un normale Intercity dalla colorazione esterna, di un blu molto scuro e le bande rosse e alcune sottili sul bianco.
L'interno era organizzato in cuccette da quattro o sei posti letto, utili dato che partivamo la sera per arrivare la mattina dopo in terra bavarese.

I professori avevano provato a convincerci a mescolarci tra classi ma solo io, Akira e Pigmalione avevamo dimostrato posizione favorevole.
Gli altri si erano guardati come se avessero a che fare con degli appestati. Tra i vari corsi chimici non aveva mai tirato una buona aria. Noi BS avevamo da sempre considerato i BA e CH troppo altezzosi che si credevano chissà chi, mentre loro ci consideravano troppo stupidi e avevamo scelto "il corso più semplice", loro testuali parole. Avevo avuto la possibiltà di cambiare idea con Aki e Pigmalione, mentre gli altri continuarono a sembrarmi dei montati.

La mattina avevamo dovuto passarla a scuola, con il fisico presente ma non con la mente. Alcuni, quelli che abitavano lontano da scuola avevano deciso di saltare per poterci raggiungere in stazione. L'avrei fatto volentieri anch'io, rimanere a dormire nel mio comodo letto non era affatto male ma mia madre era stata irremovibile. Con certificati o meno, che avrebbero potuto giustificare una parte di assenza, ero troppo a rischio di perdere l'anno.

Così ero stato trascinato contro la mia volontà, e avevo passato la mattina con la testa poggiata sul banco, come un gatto.

I nostri prof ci misero tutto l'impegno ad attirare la nostra attenzione ma ormai eravamo già impostati sulla gita.
Ero stato fuori Italia qualche giorno nel principato di Monaco e Spagna, sarebbe stata la mia prima volta in territorio tedesco.

Il treno si trovava al primo binario anzichè al solito ultimo, per colpa mia. Era l'unico in cui era presente la pedana che mi avrebbe permesso di salire con la sedia a rotelle.

Trovai già gli addetti al funzionamento, che mi sembrarono, a una prima occhiata, simpatici e disponibili.

Il treno non era ancora arrivato ma gran parte dei miei compagni e altri componenti si.

Intravidi Ippolito circondato dalla maggior parte e captai il suo racconto della sua ultima partita giocata.

Non era molto entusiasta della sua prestazione, si percepivano le divergenze che cominciavano a esserci con la squadra. Quella stessa squadra che a suo tempo mi aveva scelto. Ma era prevedibile. Ippolito era un fan sfegattato della nemesi, dell'altra squadra cittadina. Un oltraggio su cui non ero ancora riuscito a passarci sopra.

Notai Akira in disparte e solitario, affiancato solo dal suo trolley nero intento ad ascoltare la musica con le sue cuffie la cui pelle si stava biodegradando, lasciando piccoli pezzi neri sulla pelle diafana.

Il mio era al mio fianco, trasportato fino a quel momento da mia madre. Quando mi intravide, si posizionò le cuffie attorno al collo, e si avvicinò.

«Luca-chan. Signora» ci salutò al che mia madre gli sorrise.

Nella mia mente passarono pensieri che cacciai in fretta.

«Puoi già andare Ma, ci vediamo al mio ritorno» dissi cercando di calcare sulle parole. Tradotto: "Ma, che ci stai a fare ancora qua?"

Lei, per fortuna, colse le parole sottintese. «Oh si certo. Divertitevi e Akira, ti affido Luca».

Alzai gli occhi al cielo e Akira annuì deciso.

«Non gli toglierò gli occhi di dosso».

Su quello ero pienamente d'accordo. Mi piaceva avere le sue attenzioni.

Il treno finalmente arrivò, fermandosi con la carrozza che avevamo interamente prenotato un po' più avanti. Prima che potessi pormi il problema della valigia vidi Akira afferrarla e trascinarla.

Lo seguì e intravidi che gli addetti alla pendana si erano già messi al lavoro per posizionarla.

Non ero molto fan del trasporto pubblico visto i prezzi alti e i servizi non propriamente all'altezza ma stavolta non potei negare l'ottimo lavoro compiuto.

Su loro indicazione salì sulla pedana e mi posizionai in modo da avere poi accesso firetto al treno.

Il marchingegno cominciò a muoversi, bloccandosi all'improvviso, troppo in rialzo per scendere ma troppo basso per avere l'accesso al treno.

«Scusaci, dev'essersi bloccata» si scusò uno degli addetti iniziando a smanettare con i comandi.

E tanti cari saluti al rispetto che avevo cominciato a provare nei confronti della loro ditta.

Percepì alcuni commenti non richiesti da parte di qualche BA, supportato anche da qualche mio compagno. Ero stato in grado di metterli d'accordo per una cosa.

«Ma doveva venire per forza anche lui? Sta facendo accumulare ritardo al treno».

«Se continuiamo così arriveremo a destinazione quando dovremo ripartire per casa».

Come se avessi deciso io di rimanere bloccato su una cazzo di pedana.

Finalmente dopo una decina di tentativi di farla rifunzionare riuscirono nell'impresa e potei finalmente avere accesso al vagone, trovando già la maggior parte degli scompartimenti con cuccette occupate.

Mano a mano che avvanzavo mi beccavo occhiate gelide che dovevano dissuadermi dall'entrare nella loro. Molto accoglienti.

«Dove vorresti metterti, Luca-chan?»
Akira era alle mie spalle con ancora entrambe le valigie.

«Scusa se hai ancora la mai, la porto...»

«Non c'è nessun problema» tagliò corto lui e gliene fui grato. Ancora non sapevo come avrei potuto trasportarla dato che lungo il corridoio riuscivo a stento a passare con la sedia a rotelle.

D'istinto mi voltai verso uno degli scompartimenti e al suo interno intravidi Pigmalione e un ragazzo dai capelli castani pettitati in modo da avere un ciuffo che gli cadeva morbido sull'occhio destro, occhi del colore del ghiaccio. I due sembravano essere stati beccati nel momento di un litigio. Pigmalione con gli occhi che dardeggiavano, l'altro che lo stava sfidando con un sorriso di scherno.

«Ne avete ancora per molto?» domandò capelli castani con fare scocciato non appena si accorse che lo stavamo osservando.

«Smettila Giasone» lo riprese Pigmalione allontanandosi da lui. Non mi piaceva come il corpo del mio amico (potevo considerarlo tale?) reagisse in sua presenza.

«Akira potresti rimanere qui?» gli sussurrai al che lui mi fissò perplesso. Poi capì. Akira più di tutti poteva capire i sentimenti

«Sei sicuro?»

Annuì e feci un cenno di saluto generale prima di continuare alla ricerca di uno scompartimento con ancora un posto, e ogni volta che mi affacciavo vedevo gli altri sguardi ostili. I docenti erano stati chiari sul fatto di combinarci come volevamo a patto che non causassimo problemi. Dovetti arrivare a fine vagone per trovarne uno, ma non appena vi entrai provai l'impulso di dormire nel corridoio.

Trovai Ippolito e Agnese seduti agli antipodi dello scompartimento, lei che osserva fuori dal finestrino, lui intento a giocare con il cellulare e le cuffie alle orecchie.

Subito dopo la mia entrata si voltarono nella mia direzione, sentendomi sotto analisi delle loro occhiate.

Non chiesi il permesso, non dovevo chiederlo ed entrai. O meglio mi mossi per farlo ma non ebbi il tempo di metabolizzare che il treno ebbe lo scossone di partenza che mi sbilanciò rischiando di farmi cadere di lato. Riuscì a tenermi allo stipite della porta.

«Devi venire per forza qui?»

Il suo tono di voce mi fece irritare. «Credimi, se avessi la possibilità andrei altrove» ribattei, per poi entrare e buttare lo zaino sulla cuccetta bassa più vicina, l'unico bagaglio che ero riuscito a trasportare. Sarei andato a recuperare la valigia da Akira dopo.

Ippolito sospirò e alzò gli occhi al cielo. «Quella sarebbe la mia e anche l'altra occupata».

«Nel caso non si fosse notato al momento sarei impossibilitato a prendere possesso di una più alta» ribattei cercando di rimanere calmo.

Lui scattò in avanti lasciandomi interdetto.
«Stai forse insinuando che sia colpa mia?»

Non capivo. Perché la prendeva sul personale?

Era più pallido del solito e la mano gli tremava leggermente.

«C'è qualcosa che dovrei...»

Fui interrotto dalla porta dello scompartimento che si aprì alle mie spalle.

«Ehi Ip, grazie per avermi tenuto il posto. Ah, ciao Tremonti».

Era uno scherzo, vero?
Avrei dovuto dividere la cabina non solo con Ippolito ma anche con Quattrocchi? Era per caso un incubo?

Quattrocchi lanciò una bottiglietta d'acqua a Ippolito che la prese al volo. E poi, dubbio esistenziale, da quando erano diventati così amiconi?

Lo sguardo saettò in direzione di Agnese che alzò le mani in segno di resa.
«Se te lo stai chiedendo non sono con voi in questo scompartimento. Sono solo qui per...la compagnia».

Ippolito aveva davvero così tanta influenza su di lei, a tal punto da volerla avere sempre così vicina e negarle di stare con le sue amiche?

Feci per farglielo notare, insomma anche se non stavamo più insieme mi resi conto di tenere ancora a lei, quando la porta dello scompartimento di aprì e Pigmalione fece la sua entrata con la stessa disivoltura che avrebbe avuto su una passerella di una sfilata di moda.

Era vestito in maniera piu sobria dei suoi standard ma aveva sempre un che di elegante. Sotto il cappotto indossava una maglia rosso scuro con le maniche a sbuffo corte sopra una dolcevita nera leggera qualsi impalpabile e pantaloni neri su stivali con leggero tacco e impreziositi dietro da quelli che sembravano merletti. Sembrava davvero un modello pronto a scatenarsi sulla pista. I capelli rossi erano acconciati in modo da essere tirati all'indietro lasciando la fronte scoperta e gli occhi violetti più in bella vista, che ora brillavano di malizia e scherno, sensazioni rivolte non al sottoscritto, intuì quasi subito, ma in direzione di Ippolito che lo squadrò con un'occhiata che non mi piacque.

Dietro di lui vidi comparire Akira che si trascinava dietro ancora anche il mio bagaglio.

Che fossero passati da qui solo per quello?

Mi sentì in colpa ma passò quando Pigmalione prese a parlare.

«Direi che qui ci siamo. Cosa ne pensi Akira? Sia chiaro, la cuccetta più in alto è la mia» precisò andando a sedersi nel posto che sarebbe stato accanto a quello di cui avrei preso possesso di lì a poco.

Akira lo seguì e mi fissò titubante. Era combattuto se restare oppure cercare un altro scompartimento. Ma dopo una breve occhiata ai presenti lo convinsero a rimanere.

Si posizionò di fronte a me dopo aver posizionato le valigie.

Calò il silenzio, nessuno sapeva come comportarsi. Persino Ippolito che aveva riacquistato la calma si era rinchiuso nei suoi pensieri.

«Siamo stati bravi, non trovate? Abbiamo seguito le direttive dei nostri docenti. Mischiare i nostri corsi» ruppe il ghiaccio Pigmalione, accavallando le gambe in maniera elegante e sensuale.

Ippolito mormorò qualcosa di incomprensibile, girandosi dall'altra parte.

«Come? Mi spiace ma non ti ho sentito, mio caro».

Pigmalione si sporse in avanti e si posizionò con il volto di fronte a Ippolito che si irrigidì.

«Suvvia, non fare il timido. Sono curioso».

«Cazzi miei» sfuggì lui incenerendolo con lo sguardo.

Lui rise e si riposizionò in maniera composta, ma sempre con l'aria di chi ha la situazione sotto controllo.
Rimasi sorpreso di fronte a questa sfrontatezza. Era sempre stato abbastanza espansivo ma avevo capito solo con chi si fidava. Prima l'avevo visto in difficoltà in presenza dell'altro ragazzo. Cos'era cambiato in quei pochi minuti?

«Qua qualcuno ha dei segreti» cantilenò Pigmalione, cercando di provocarlo.

«Pigmalione, non è il caso di...»

«Perchè non dici al nostro caro Luca quello che stavi affermando su di lui ai tuoi cari lecchini di compagni di classe? Oppure ora che sei un campione di serie A ti senti talmente elevato al di sopra di noi poveri comuni mortali a tal punto di giudicare gli altri in maniera così subdola e cattiva?»

Eh già, sembrava che fosse scattato qualcosa in Pigmalione, sembrava un'altra persona...decisamente arrabbiata e pronta a far sentire le sue ragioni.

L'aria si era fatta pesante e c'era il forte rischio di arrivare alle mani, e tutto per colpa mia.

Dovevo fare qualcosa, intervenire.

«Vi va una partita a UNO?» si intromise Agnese.

Tutti ci voltammo verso di lei, notando che reggeva tra le mani il mazzo di carte.

Lei arrossì abbassando lo sguardo.
«Scusate, era solo un'idea stupida».

«Giochiamo».
Mi sorpresi di aver preso la parola ma vedere il suo sguardo così triste mi aveva innescato l'istinto di darle manforte.

Lei mi rivolse un debole sorriso di gratitudine.

Ci trovammo inaspettatamente tutti d'accordo e dopo aver ritirato l'ascia di guerra ci posizionammo e finalmente presi possesso di uno dei sedili a fianco ad Akira che a sua volta sedette vicino a Pigmalione. Dall'altra parte schietati in ordine Quattrocchi, Ippolito e Agnese.
Ero sempre stato un tipo piuttosto competitivo, per questo ero deciso a predere sul serio la sfida lanciata.

«Non ci siamo ancora presentati. Mi chiamo Agnese» disse lei rivolta ad Akira e Pigmalione.

Akira fu il primo a risponderle e a donarle un sorriso. Sapeva della relazione che avevo avuto con lei, ma mantenne comunque un atteggiamento positivo e accorto.

«Akira, il piacere è mio».

«Sei il ragazzo che ha aiutato Luca, vero? Sei davvero stato un temerario».

«Ehi! Non ho un così brutto carattere» ribattei offeso.

Akira e Agnese risero all'unisono. Cominciavano a somigliarsi un po' troppo e a coalizzarsi, non andava bene.

«Se non si fosse capito, io invece sono Pigmalione. Si, come nel mito dello scultore che si innamorò della statua che aveva scolpito, Galatea. È un vero piacere conoscerti, tesoro» si presentò sfoderando un sorriso.

Tesoro?

Si, decisamente qualcosa non andava. Con cosa aveva corretto il caffè o qualunque bibita avesse assunto?
L'osservai con sospetto, per constatare che non fosse stato sostituito da un Ultracorpo.

Lui se ne acccorse e il suo sorriso da divo si fece ancora più ampio.
«Non fissarmi come se provenissi da un altro pianeta. Concentrati sulla partita» mi invitò con voce vellutata.

Riportai lo sguardo proprio mentre Agnese cominciò a distribuire le carte.
Non mi sfuggì l'occhiata che Ippolito dedicò al mio amico che trasudava disprezzo da tutti i pori.

Agnese distribuì le carte dando inizio alla battaglia.

Passammo diverso tempo a ridere e a imprecare dopo aver contato il numero di carte che gli avversari costringevano a pescare dopo tutti i +4 e i +2. Dicevano che era un gioco sfascia amicizie ma invece in quel momento sortì l'effetto opposto. Mi sentì come se fossimo ritornati quelli di un tempo.

Sarebbe stato bello tornare come nel passato, se non fosse che non avrei avuto Akira. Ero certo che se fossi rimasto come prima non avremmo mai avuto occasione di conoscerci, avrei tirato dritto per i corridioi senza degnarlo di uno sguardo proprio come avevo fatto fino a prima dell'incidente.

Giocammo un bel po' di partite, a la vera sfida fu tra Akira, che si dimostrò un giocatore davvero temibile, e Ippolito.

A pari punti si decise di giocare un'ultima partita per eleggere il re del gioco tra i due piu forti.

«Facciamo una scommessa» se ne uscì Akira lasciando tutti sorpresi.

Ippolito lo fissò con sopetto crescente.
«Che tipo di...scommessa?»

«Nulla di strano. Se vinco io cederai la cuccetta bassa a Luca».

«E se vinco io?»

Akira lo fissò intensamente negli occhi.
«Deciderai te cosa farmi fare» ribattè.

«Qualsiasi cosa?» volle sapere lui con una strana luce negli occhi.

«Qualsiasi» confermò Akira serio.

Ma che caz...
«Non te lo permetterò» mi intromisi fissando Akira come fosse completamente impazzito.

«È tutto a posto Luca-chan, so quello che faccio» cerco di rassicurarmi, ma non riuscì molto.

Era come se avesse stretto un patto con il demonio.

Agnese distribuì le carte e diede inizio così all'ultima sfida.

All'inizio fu abbastanza bilanciata, Akira aveva delle buone carte e alcune per far pescare l'avversario.

Ippolito scartò un +2 e Akira ribattè. Inaspettatamente Ippolito fece altrettanto, e lo scambio di carte finì con esito svantaggioso per Akira che si ritrovò a pescarne sedici contro le due in mano a Ippolito.

Cazzo, era spacciato.

Akira non demorse e riuscì a scartarne la maggior parte sempre attento a cambiare continuamente il colore e mettere in difficoltà l'avversario, arrivando a riavere due carte.
Ora la partita si giocava sulle ultime mosse.

Entrambi avevano tutta l'intenzione di spuntare la partita, nessun cedimento. Passò inizialmente in vantaggio Ippolito rimanendo con una carta, subito raggiunto da Akira.

Tutto si giocava su una carta, ma a quanto pareva nessuno dei due aveva il colore presente come ultimo sul mazzo di scarto. Ippolito pescò buttando giu un cambio colore.

Sorrise, come chi sente di avere già la vittoria in pugno.

«Rosso. Uno» dichiarò cone se avesse emesso una sentenza.

Cazzo. Mi voltai verso Akira e lo trovai stranamante tranquillo, la situazione in pugno.

Allungò la mano verso il mazzo e seppi che era spacciato a meno che non pescasse una carta in grado di aiutarlo a cambiare colore o a far pescare l'avversario.

Ma all'ultimo mosse la mano che reggeva la sua ultima carta e la buttò, rivelandosi rossa.

Il sorriso vittorioso si spense sul volto di Ippolito che alzò lentamente li sguardo verso Akira che fece spallucce.

«Ho solo avuto fortuna. Tuttavia abbiamo un accordo».

Ippolito strinse i denti ma non proferì parola.

Si alzò e liberò la postazione, uscendo poi dallo scompartimento recuperando la valigia, come se avesse intenzione di cambiare completamente.

Non appena fu uscito, Agnese gli andò dietro lasciando noi quattro da soli.

«Non avresti dovuto rischiare così tanto per me. Chissà cosa ti avrebbe chiesto di fare» lo ripresi serio. Non volevo finisse nei casini per colpa mia.

Akira poggiò la testa sulla mia spalla.
«Per te avrei fatto questo e altro. Almeno potrai dormire tranquillo».

«Ma come fai a essere così...perfetto?»

«Sono ben lontano da esserlo Luca-chan».

«Ehm, ragazzi? Siete davvero adorabili ma non so se è il caso di filtrare davanti a noi».

Fissai sconvolto Pigmalione che ci guardava con un sorriso sornione.
Mi staccai da Akira.

«Non stavamo facendo nulla di tutto ciò. Che razza di idee assurde ti vengono? È solo gratitudine per avermi aiutato. Stop. Fine. E chiudiamo qui l'argomento».

Pigmalione fece spallucce continuando a sorridere.

Quattrocchi aprì la bocca ma prima che potesse parlare gli scoccai un'occhiataccia.

«Prova a dire qualcosa e ti sbattiamo fuori» lo minacciai.

Lui annuì sbrigativamente e con altrettanta fretta recuperò un libro da leggere e si immerse nella lettura.

Pigmalione si alzò e si stiracchiò come un gatto.

«Vado a fare due passi per sgranchirmi un po'. Vieni a tenermi un po' di compagnia, Luca?»

I suoi occhi violetti erano contornati da un delicatissimo trucco ed erano fissi su di me, in attesa.

Mi ritrovai ad annuire e mi riposizionai sulla sedia a rotelle.

In fondo cosa poteva mai accadere?



Angolino autrice:

Buonsalve e buon anno Wattpadiani 😍
Il detto dice "Chi pubblica il primo dell'anno publica tutto l'anno?"
Ah no? Dettagli 🙈🤷🏽‍♀️
Per ora però sta portando abbastanza bene (la storia procede e sono per ora soddisfatta così :D)
Oggi la storia compie 4 anni e nel corso del tempo si è evoluta e arricchita rispetto alla prima versione che doveva essere più corta e "semplice" (ma a quanto pare Luca soffre se non vive nel drama 🤣) 🙈
I nuovi propositi dal punto di vista della scrittura sono continuare e avviarmi  alla fine di questa storia (anche se ne abbiamo ancora un bel po' di eventi...aiut 😱) e finire di scrivere e cominciare così a postare una storia nuova a cui tengo davvero tanto (che ho cominciato a scrivere in un momento un po' strano del 2024 che ci siamo lasciati alle spalle)...ci proviamo (c'è un anno davanti, pensiamo positivo 💪🏼)

Ringrazio chi segue la storia e i nuovi lettor3 *^* ❤️

Al prossimo aggiornamento 🥰
FreDrachen

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