Capitolo 34 parte 2
Durante il breve tragitto Akira passò tutto il tempo a descrivermi tutti i manga che aveva intenzione di farmi leggere, lasciandomi disorientato. Troppe informazioni tutte assieme rischiavano di fondermi la testa.
Scendemmo in fretta per salire sul secondo bus che avrebbe fatto la fermata proprio a pochissimi metri dalla nostra meta.
Per fortuna salimmo a capolinea e il convoglio era vuoto ad eccezione di una coppia, un ragazzo e una ragazza apparentemente appena più piccoli di noi, seduta in fondo intenta a tenersi per mano. Per un attimo li invidiai. Avrei desiderato con tutto il cuore fare la stessa cosa con Akira.
L'autista fu molto gentile a posizionare la pedana in modo da facilitarmi l'entrata, che ringraziai con un cenno del capo. Quindi la gente simpatica e per bene esisteva ancora!
Sentì crescere una sorta di fiducia nei confronti del genere umano, più volte messa in dubbio da atteggiamenti stupidi ed egoistici degli altri.
Fiducia che si sgonfiò dopo appena qualche minuto, dopo che il bus fu partito da capolinea e si fermò alla fermata situata di fronte all'ospedale.
Nei nuovi bus di linea era presente quella che denominavo nicchia, uno spazio circoscritto in cui ci si poteva posizionare con un passeggino per bambini oppure una sedia a rotelle aperta. Appunto, solo una.
Per caso fortuito salì solo una donna di mezza età dallo sguardo stravolto, forse un'infermiera o un medico a fine turno.
Non mi era andata bene una volta, quando ero dovuto recarmi in ospedale per una piccola infezione a uno dei due monconi, e al ritorno mi ero beccato un tizio rompipalle che voleva che scendessi per far spazio a sua madre anche lei in sedia a rotelle. Incazzato nero, più o meno come a mio solito in quel periodo, l'avevo insultato pesantemente sotto lo sguardo degli altri presenti che non fecero nulla per intervenire, anzi! Le loro occhiate sembravano di biasimo e serietà nei miei confronti, come se fosse colpa mia.
Questo ovviamente aveva aumentato la mia incazzatura, facendomi salire la voglia di regalargli un bellissimo dito medio.
Mia madre era intervenuta in quel momento, solo nel modo sbagliato.
Si era scusata con quel tizio, che avrebbe dovuto solo strusciare ai miei...piedi inesistenti per implorare pietà, e sotto il mio sguardo inorridito e shockato aveva afferrato le maniglie di spinta della sedia a rotelle e mi aveva condotto fuori dal bus, come sottofondo le mie lamentele.
Il bus era partito con noi a terra. Lei aveva chiamato un taxi per portarci a casa, e fu quando aveva messo giù la chiamata che l'avevo affrontata.
«Che cazzo ti è venuto in mente?»
Lei non si scompose di fronte alla mia rabbia, il suo volto era rimasto imperscrutabile.
«È una forma di rispetto Luca. Quella donna era più anziana di te, meritava di essere...»
«Eravamo saliti prima noi. Lei poteva benissimo aspettare la corsa successiva. Se c'era dopo venti minuti chissene, aspettava come tutti gli altri essere mortali».
«Bisogna dare la precedenza agli anziani» aveva replicato lei calma.
«Anche se sono a un passo dalla fossa non significa che bisogna trattarli come Dei scesi in terra. Avevamo noi il diritto di rimanere lì e se davvero ci tenevi a me avresti dovuto difendermi da quello stronzo del figlio che mi ha insultato».
«Luca non ti riconosco più. Dall'incidente sei cambiato».
Avevo riso, senza traccia di gioia.
«Te ne sei accorta ora? Quello che ero non esiste più. Ho semplicemente aperto gli occhi sul marcio che esiste al mondo».
Eravamo stati in silenzio all'arrivo del taxi e anche per tutto il tragitto verso casa. Con difficoltà ero sceso dal mezzo e issato sulla sedia che mia madre aveva aperto. Aveva provato a intervenire ma l'avevo bloccata sul nascere. «Lasciami in pace» le avevo sibilato contro e lei aveva ritratto la mano come se avesse paura che gliela strappassi a morsi.
Il distacco da mia madre si era intensificato dopo quell'episodio, già dopo l'incidente mal sopportavo la presenza degli altri, da quel momento avevo chiuso tutti fuori dal muro che stavo costruendo attono alla mia anima. Muro che solo Akira era riuscito a scalfire.
Lo stesso Akira che stava seduto accanto a me giocherellando con un bracciale che non avevo mai notato, anche lui perso nei suoi pensieri, speravo più allegri dei miei.
«Bello in bracciale» dissi non riuscendo a trattenere la curiosità.
Portò lo sguardo su di me sorridendo appena. «Me l'ha fatto Maiko. Le piace molto come attività».
Lo fissai più attentamente constatando che era costituito da un semplice cordoncino nero con le perline bianche dalle lettere nere, che insieme completavano il suo nome.
«L'ha fatto durante il mio periodo di ricovero in ospedale, quando ancora ero in coma. Era il modo per avermi vicino, così mi ha detto. Poi un giorno me l'ha messo al polso, forse per darmi la forza di riprendermi e in effetti qualche giorno dopo...mi sono risvegliato».
Nella mia mente premeva una domanda di cui temevo la risposta.
«Lei sa cosa ti è successo?»
Rimase in silenzio ma contro ogni aspettativa rispose con in filo di voce. «Ha assistito a tutto. È stata lei che, spaventata da ciò che stava succedendo, ha chiamato zia Marta che ha allertato le forse dell'ordine. È grazie a lei se sono sopravvissuto. L'ultimo ricordo che ho di quei momenti è la sua voce che mi chiamava implorante. Non ho avuto neanche la forza di rispondere al suo richiamo, per rincuorarla. Ho scoperto che mia zia, dopo essere diventata la nostra tutrice legale, l'aveva mandata dallo psicologo, si svegliava durante la notte in preda a incubi indicibili, e talvolta aveva paura di fare anche solo il tragitto macchina entrata di scuola per paura che comparisse nostro padre e le facesse del male come ha fatto con me».
D'istinto chiusi le mani a pugno, provando nuovamente odio nei confronti di una persona che non avevo ancora conosciuto ma che aveva fatto del male ad Akira, lo stesso sentimento che avevo avvertito farsi strada nel mio cuore nel momento in cui mi aveva raccontato i fatti per la prima volta.
Feci per rivelarlo ad Akira ma lui si alzò prenotando la fermata.
«La nostra è la prossima» sentenziò, al che tolsi il freno dalle ruote, che mi avevano impedito di essere sballottato da una parte all'altra, con Aki che mi tenne fermo in attesa di arrivare a destinazione.
Dopo che il bus si fermò Akira si premurò ad abbassare la pedana per permettermi la discesa, sotto lo sguardo attento dell'autista, pronto a intervenire in caso di bisogno, ma per fortuna filò tutto liscio come l'olio.
La fermata per fortuna si trovava a pochi metri di distanza dal cinema scelto, comodo anche per il ritorno a casa. Era un cinema piccolo, che si sviluppava sotto la strada, dandomi subito un senso di claustrofobia. Seguì comunque Akira in biglietteria per l'acquisto.
Trovammo un ragazzo dall'aria stanca che strappava i biglietti per consegnarlo a clienti un po' troppo esigenti e frettolosi. Ma gli andava a fuoco il culo o finivano vittime di combustione istantanea se non aspettavano un attimo?
Arrivò il nostro turno e il tizio mi volse una veloce occhiata.
«Non abbiamo posti in cui potrebbe mettersi con la sedia a rotelle ma possiamo comunque trovarne uno esterno in modo che possa tenere la sedia abbastanza vicina» suggerì lui. Meno che niente dovevamo imparare ad accontentarci.
Strappò i biglietti per il film, istruendoci a chi chiedere per la sedia. Manco il tempo di ringraziarlo che la sua attenzione era già passata al cliente successivo.
Poco distante trovammo il banco da cui si potevano comprare le varie cibarie da consumare nella sala.
«Ti vanno pop corn e cola?» mi propose e accettai di buon grado. «Purchè i pop corn non siano affogati nella nutella» aggiunsi con una smorfia disgustata.
«Quella è una pratica barbara» assentì lui.
Decisemmo di prendere un cesto più grande di pop corn da condividere e un bicchiere per uno di cola.
Dopo aver pagato scendemmo una leggera discesa per raggiungere le sue sale. Peccato che mancava la segnaletica per permetterci di sapere qual'era quella giusta. In una avrebbero trasmesso Cinquanta sfumature di rosso, nell'altra il film che ci interessava.
«Secondo me é quella a destra» dissi con decisione, pur non essendo affatto certo. Lui, malgrado tutto, mi seguì all'interno della sala, che trovammo abbastanza piena.
Forse, dopo un occhiata in piú, avrei dovuto intuire che qualcosa non quadrava. Dalla trama che mi aveva spiegato Aki non mi sarei aspettato così tante ragazze presenti. Certo il prestavolto del protagonista non sembrava male, Akira mi aveva rivelato di aver avuto una cotta platonica nei suoi confronti, ma non mi sembrava da quasi tutto esaurito. Ma se erano contente così, affari loro.
Trovammo i nostri posti disposti lateralmente.
Manco il tempo di posizioarci che subito si materializzò al nostro fianco una ragazza sui venticinque anni dai capelli castani.
Squadrò prima me e poi Akira che con fare dubbioso.
«Siete certi di voler vedere questa proiezione?»
Akira trasudava nerdagine da tutti i pori, il sottoscritto un po' meno ma quanto bastava per poter essere considerati degli ottimi osservatori.
«Certo che si. Problemi forse?» ribattei, al che la ragazza arrossì scusandosi e, dopo che mi fui posizionato sulla poltrona, si allontanò per parcheggiare la sedia a rotelle in una rientranza poco distante, dove potevo controllarla con una rapida occhiata.
Non appena mi sistemai sulla poltrona amaranto abbastanza soffice si spensero le luci e partì la proiezione.
Nel buio allungai la mano per stringere quella di Akira, che intrecciò le sue dita pallide con le mie. Voltò appena il capo e mi regalò un sorriso dolcissimo, tanto che dovetti trattenermi dal protendermi e baciarlo.
Decisi di rispodere con un sorriso anch'io, sperando non notasse, alla poca luce generata dalle pubblicità pre film, il lieve rossore che si era propagato sulle mie guance.
Non capì nulla dell'inizio, e in effetti ci poteva stare, non avendo visto quelli precedenti.
Solo che andando avanti le cose si fecero più strane non appena comparve un certo Christian, bello certo ma non come il sottoscritto.
Guardai di sottecchi Akira e lo trovai vittima del mio stesso smarrimento.
A un certo punto questo tizio Christian prese la donna, Anastasia, e la sbattè contro la scrivania del suo ufficio, cominciando a farle...
Mi portai le mani davanti agli occhi per coprirmi da quelle scene che facevano sanguinare gli occhi. Due parole: che schifo!
Cazzo! Mi resi conto solo in quel momento che avevamo sbagliato sala!
Aprì un poco le dita per permettermi di osservarmi attorno, e cercando di non fissare lo schermo, anche se l'audio faceva anche troppo bene il suo lavoro, guardai gli altri presenti, per lo più ragazze. Non c'era un minimo di età per questi film? Sentivo i commenti di quelli di fronte a me, le loro risatine stupide che le facevano sembrare a dei criceti...con tutto il rispetto di quei simpatici roditori. Assomigliavano ancor di più alle Chipette.
Non ero un santo, non ero contro il sesso, ma solo contro quelle pratiche che erano solo violenze. Si vedeva che quella donna era costretta con qualche architettura mentale di quell'uomo che era un sex simbol seguito dalle donne di tutte le età.
Come aveva fatto a diventare così famoso, sia il libro quanto i film?
La gente aveva davvero dei dubbi gusti.
«Quanto è figo» sentì esclamare a voce abbastanaza alta la ragazzina che poco prima stava per balzare dalla sedia per buttarsi contro lo schermo nel tentativo di buttarsi sullo stronzo.
«Figo? Ma se è solo un arrapato, un po' bruttino a mio dire, che non sa tenere a posto l'uccello» mormorai, forse a voce un po' più alta di quello che pensavo perchè la vidi girare nella mia direzione con gli pcchi spiritati. Notai che indossava una maglia bianca con stampata sopra la faccia di quello che mi stava importunando il cervello da...solo un quarto d'ora? Quanto sarebbe durata questa tortura?
«Ma non avete un briciolo di amor proprio voi ragazzine affette da sindrome di Stoccolma?»
«Se sei qui anche te significa che ti piace».
«Abbiamo sbagliato sala» mugugnai irritato.
Come osava paragonarci a loro?
«Questa è la patetica scusa che ti dai per non ammettere a te stesso la perfezione di Christian» ribattè lei orgogliosa di aver difeso il suo beniamino.
Fui tentato di voltarmi verso Akira e implorarlo che se in futuro fossi diventato così aveva tutta la mia benedizione di gettarmi giù da qualche dirupo...o finestra se presente, possibilmente da un piano alto.
Prima che potessi dire qualsiasi cosa fummo zittiti aggressivamente dal testo delle ragazze presenti.
Per tutto il primo tempo fui assalito dalla tempesta ormonale delle ragazzine. Dovevano avere la mia età, gli anni che dovevano a parer mio avere per vedere, se desideravano, questi scempi, ma sembravano solo delle adolescenti in calore.
Finito il primo tempo implorai Akira di andarcene. Mi sentì patetico ma non avrei retto ancora un minuto di più lì dentro.
Ero rimasto talmente nauseato da non riuscire a mangiare manco un pop corn.
Akira assentì e recuperò la sedia a rotelle.
Uscimmo in fretta dalla sala, e finalmente riuscì a respirare normalmente.
«Tutto bene?» mi domandò Akira in apprensione.
Mi sentì un poco in colpa ad averlo fatto preoccupare in quel modo.
Annuì, non essendo però del tutto convinto e lo stesso mi parve dal suo sguardo.
«Sono solo rimasto un po'...shockato da quel film. Appena arrivo a casa e noto che mia madre legge quella storia le do fuoco...ai libri non a mamma» precisai alla fine.
Lui ridacchiò. «Immaginavo Luca-chan». Mi osservò con sguardo intenso prima di aggiungere, sempre con un sorriso sul volto: «Qualcosa mi dice che la prossima volta ti porterò all'acquario».
Angolino autrice:
Buonsalve a tutti :)
Per questa seconda parte son riuscita a non farvi aspettare troppo, e a pubblicarla il giorno del compleanno del nostro povero Luca-chan (che se fosse un personaggio reale compirebbe 23 anni 😱😍) 😍🎉
Spero vi sia piaciuta questa fine appuntamento burrascoso 🤣
Ringrazio tantissimo tutti voi che seguite la storia 😍
Buon Ferragosto!
FreDrachen
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top