Capitolo 9
Quel venerdì pomeriggio Daniele era seduto in un angolo remoto dell'autobus, con le sue solite cuffie nelle orecchie e la musica a tutto volume. Sapeva che continuando così avrebbe sacrificato l'udito entro qualche anno, ma la cosa non gli importava affatto. Distolse lo sguardo dal cellulare e si mise a osservare distrattamente fuori dal finestrino. Lungo la via sventolavano numerose bandiere colorate e piccoli gruppi di persone si erano radunati ai lati della strada.
L'autobus cambiò improvvisamente direzione, costretto a deviare per via di una strada bloccata. Daniele abbassò di nuovo lo sguardo sul cellulare per poi alzarlo di scatto un attimo dopo. Si ricordava quel momento dell'anno nel quale la città si trovava in subbuglio con le persone che si spaccavano a metà, chi elettrizzato e chi disgustato. Il gay pride.
Daniele non aveva nulla di particolarmente emozionante da dire in merito. La cosa non lo riguardava, non gli interessava più di tanto. Alla fermata successiva salirono alcuni ragazzi, probabilmente diretti alla parata. Un ragazzo si sedette accanto a lui avvolto in una bandiera dai colori rosa, azzurro e bianco. Di fronte a lui una ragazza con una bandiera arancione, rosa e bianca. Daniele li osservava con un misto di curiosità e confusione senza capire il significato di quelle bandiere. I ragazzi ricambiarono lo sguardo, e Daniele, sentendosi osservato, alzò le spalle e tornò a guardare video di cagnolini sul suo cellulare.
"Scusa, ti diamo fastidio?" chiese timidamente uno dei due ragazzi.
"Eh?" Daniele si tolse una cuffietta per sentirli meglio.
"Pensavamo di darti fastidio con le nostre bandiere... magari ti strusciavano addosso."
"No tranquillo non mi danno fastidio. A dire il vero non so nemmeno cosa rappresentino figurati." A daniele non interessavano, aveva visto ben peggio su quell'autobus. Una volta un tizio portò una batteria della macchina. Le bandiera erano normalissime.
"Se vuoi possiamo spiegartelo!" si offrì la ragazza seduta di fronte a lui. A Daniele venne un colpo per l'improvvisa presa di parola, stava fissando il ragazzo accanto a sé. Esitò per qualche secondo imbarazzato. Non voleva sembrare scortese, ma era evidente che quel mondo gli fosse estraneo. "Certo... credo. Ho dieci minuti da perdere" rispose, con un sorriso incerto, spense il cellulare e lo rimise in tasca. Non era mai stato interessato a queste tematiche... d'altronde pensava solo alla pallavolo, ma una certa curiosità iniziava a farsi strada nella sua mente.
"Non ti preoccupare non ti farò un discorso noioso" disse il ragazzo con entusiasmo mentre stringeva la sua bandiera. Gli occhi che luccicavano dall'emozione. Gli esprimeva felicità e anche un po' di tenerezza. Riusciva a percepire una certa serenità nella sua persona.
"La bandiera di Emilia," indicò la ragazza davanti a lui "è quella della comunità lesbica mentre la mia è della comunità trans." Daniele, per la prima volta, si trovò ad annuire leggeremente incuriosito. Non aveva mai pensato a tutto ciò, ma il modo in cui il ragazzo gli parlava, con quel sorriso genuino, lo fece riflettere. Non prendetelo per pazzo, il ragazzo era solo incuriosito.
"Io sono Tommaso piacere e sono un ragazzo trans!" Esclamò il giovane allungando la mano verso Daniele. Alcuni passeggeri dell'autobus lanciavano occhiate non proprio amichevoli verso di loro, ma lui non sembrava farci caso. Daniele esitò solo un istante, poi gli strinse la mano. Aveva più istinto di sopravvivenza rispetto al ragazzo davanti a sé.
"Tommy quante volte ti ho detto di non urlarlo..." sussurrò la sua amica. Fu tutto molto confuso, non capì. "Ma io non voglio nascondermi." "Si ma non è questo il pun-" vedendo che la situazione stesse decisamente andando oltre alle sue competenze e a quello che gli riguardava, decide di presentarsi a sua volta. "Piacere mio, io sono Daniele." Tommaso sembrava genuinamente felice di fare la sua conoscenza. Gli occhi brillavano, avevano luce propria, gli stava sorridendo e a Daniele venne un tuffò al cuore.
"Daniele scusa se la domanda è un po' azzardata ma sembri simpatico e mi chiedevo se ti andasse di venire con noi. Stiamo andando in piazza alziamo dei cartelloni e parliamo con la gente." Si girò verso la ragazza. "Emilia sai se Francesco porta i cartelloni?" Continuarono a parlare fra di loro e Daniele venne un solo e unico pensiero... che lui neanche li conosceva. Sapeva come si chiamassero ma non erano amici. Non sapeva niente di loro. Come si poteva invitare uno sconosciuto così? Emilia, che nel frattempo aveva preso il cellulare, rispose senza alzare lo sguardo: "Sì mi sembra di sì. Lo sto chiedendo."
Tommaso tornò a guardare Daniele imbarazzato. "Ci farebbe davvero piacere avere qualcuno con cui parlare, magari potresti scoprire qualcosa di nuovo sulla nostra comunità." Il ragazzo sentì una strana sensazione di calore dentro di sé, come se per la prima volta fosse coinvolto in qualcosa di più grande della sua routine quotidiana. Ma poi pensò alla pallavolo. "Mi piacerebbe davvero ma ho allenamento..."
In quel momento l'autobus si fermò e le porte si aprirono. Emilia si alzò e guardò Tommaso. "È la nostra fermata. Che facciamo? Viene?" Tommaso rimase immobile con la mano ancora tesa verso Daniele sperando in una risposta. Daniele, però, esitò. Due sconosciuti che lo invitavano a uscire, per chissà quale motivo.
I due ragazzi scesero dall'autobus guardando Daniele un'ultima volta prima che le porte si richiudessero. La vettura ripartì e Daniele li vide allontanarsi con un peso nel petto che non riusciva a scrollarsi di dosso. Sapeva di aver in qualche modo deluso il ragazzo anche se non poteva vedere la sua espressione. Si sentì in colpa, ma ormai era troppo tardi. Restò lì, immobile, a fissare lo schermo del cellulare... Questa volta i video di cagnolini non riuscirono a distrarlo. Il senso di colpa lo stava leggermente divorando.
Daniele stava cercando su internet delle scuse per non uscire quel sabato sera. Non aveva voglia, tempo e neanche la volontà. Per una volta che non fosse andato non sarebbe stato un problema. Dopo qualche minuto Gabriele scrisse nel gruppo:"Daniele lo sappiamo che stai scrivendo da venti minuti per dirci una cazzata per non uscire stasera. Non ci inganni. Tu uscirai." Il ragazzo lanciò il cellulare sulle lenzuola del letto con uno scatto d'ira per poi raggiungerlo in fretta per vedere se si fosse fatto del male da qualche parte, tutto integro.
"Ma io non ho voglia" esclamò in un impeto portandosi le mani ai capelli. Li tastò un secondo di più e notò quanto fossero lunghi. Raggiunse lo specchio in camera sua, che per la cronaca teneva accanto alla porta così prima di uscire doveva per forza specchiarsi e poter notare se qualcosa non stesse andando per il verso giusto. Era un po' un minimalista, il letto attaccato al muro, la scrivania nella parte opposta con sopra delle mensole e accanto un armadio e nell'ultima parete disponibile una finestra con delle tende. Niente di più, niente di meno. I suoi non avevano mai pensato ad aggiungere qualcosa e a lui bastava avere la sua palla da pallavolo che rotolava ogni tanto in giro per la stanza o stava nel suo comodino piazzata come se fosse un fossile.
I capelli si stavano decisamente allungando, di solito li portava corti dietro la nuca ma notava, tassandoli un po' qui e lì, che fossero piuttosto lunghi. Il castano risultava piuttosto spento e detestava l'autunno per questo, quella stagione lo mostrava meno decente di quanto non fosse già. Si iniziò a preparare per uscire con i suoi amici. Li odiava.
Quella sera come al solito si ritrovarono tutti nel piccolo parchetto davanti alla strada trafficata della loro città. Non c'era molto da fare e l'aria era carica di quella leggera noia tipica delle serate autunnali.
Gabriele cercava di attirare l'attenzione di Fiorenza lanciandole occhiate e tentando di farla ridere, ma lei sembrava del tutto persa nel suo cellulare quasi ignara dei suoi tentativi. Rebecca, intanto, era impegnata a scrivere freneticamente un messaggio alla madre per avvisarla che avrebbe fatto tardi. Poco distante, Tiziano discuteva animatamente con Giovanni riguardo all'ultima partita di calcio della loro squadra preferita, giocata la sera prima. Daniele, però, non sembrava troppo coinvolto nella conversazione: seduto sull'altalena, si dondolava leggermente, lo sguardo fisso sulla strada come ipnotizzato dalle macchine che passavano.
Gli piaceva osservare la gente e indovinare il loro lavoro. Non era una passione comune, ma a lui divertiva immaginare la vita degli sconosciuti. Ogni persona che passava diventava per lui un personaggio con una storia da raccontare.
"Quella signora di sicuro fa jogging tutte le mattine prima di andare a insegnare in quella scuola lì," mormorò un ragazzo che prese posto sull'altalena accanto a lui. Daniele lo guardò di sfuggita; non lo conosceva, ma il suo viso gli sembrava vagamente familiare. "Sei molto preciso," disse lui di rimando. "Come fai a saperlo?"
Il ragazzo lo guardò attentamente, incerto se rispondere o meno. "Perché è mia zia" rispose infine, con un sorriso leggermente ironico. Daniele scoppiò a ridere. "E così non vale, però!"
Il ragazzo ridacchiò. "Sì beh è un po' strana, non so cosa ci faccia in giro a quest'ora." Cominciarono entrambi a dondolarsi piano, le catene delle altalene cigolavano leggermente.
"E tu? Che ci fai qui? Io almeno sono con i miei amici... ma tu?" chiese Daniele, mantenendo un certo tono di cautela. Negli ultimi tempi aveva incontrato troppi sconosciuti interessati a parlargli e la cosa lo metteva un po' in allarme.
"Io abito lì" rispose il ragazzo, indicando un palazzo vicino alla scuola. Daniele alzò un sopracciglio. "Sono Marco piacere e tu come ti chiami?" domandò lo sconosciuto, senza nascondere una certa diffidenza. "Daniele" rispose l'altro con naturalezza.
Il ragazzo lo fissò per qualche istante, poi esclamò: "Te lo hanno mai detto di non dare confidenza agli sconosciuti?"
Daniele sospirò stanco. Era quello che si ripeteva da tutta la giornata. "Sì me lo hanno detto infatti. Non sai mai chi potresti incontrare, potrebbero essere tutti matti."
Dopo un breve silenzio il ragazzo sorrise in modo enigmatico. "Comunque... ho mentito. Quella non è mia zia e io non abito lì."
Daniele si fermò di colpo piantando i piedi a terra e fissandolo con sospetto. "Che problemi hai?" Il ragazzo continuò a dondolarsi, come se la domanda non lo riguardasse. "Però mi chiamo davvero Marco."
***
Salve a tutti come state? Spero bene perché io mi sono beccata l'ennesima intossicazione alimentare della mia vita!!!
Capitolo introduttivo di non uno ma ben tre nuovi personaggi. Tommaso Marco ed Emilia. Era da tanto che volevo introdurli e avranno un ruolo abbastanza importante, soprattutto uno dei tre. 🥹 Chi secondo voi??? Daniele dovrebbe seriamente smetterla di dare confidenza con gli sconosciuti, ma ahimè...
Vi ringrazio di leggere e di essere arrivati fino a qui! Grazie di cuore veramente!
+++ volevo farvi sapere che la storia è arrivata seconda nel contest di phardix con questo bellissimo bollino!! Se vi va di dare un'occhiata passate dal suo profilo :)
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top