24. Un sottone?

Come aveva immaginato, il rientro a scuola il lunedì fu strano. Era stato assente solo quattro giorni, per quella che sua madre aveva stabilito fosse una forma debilitante di virus. Una specie di mononucleosi lampo, insomma. Sempre meglio che guardare in faccia la realtà o farsi delle domande sullo stato emotivo del figlio o di cosa succedeva nella sua vita.

Se con la squadra si era trovato di fronte un muro di ostilità e diffidenza, in classe il clima era leggermente più sostenibile. In particolare, le ragazze sembravano non volersi schierare del tutto contro di lui. Luca faticava ancora a credere che ci fosse un "con lui" e un "contro di lui", non aveva letteralmente fatto nulla di male per indisporre i suoi compagni a tal punto. La cosa peggiore era quella finta cordialità e gentilezza che lo metteva nella posizione di non poter chiedere quale fosse il problema e le cause del loro comportamento, perché a quel punto loro gli avrebbero risposto che era solo una sua impressione e che andava tutto bene, già lo sapeva. E sapeva anche che non si era immaginato nulla: era Yuri la soluzione e allo stesso tempo il problema.

"Come va con le facce di merda oggi?"

Anche per messaggio, Elia sceglieva sempre le parole più dirette e riusciva a farlo sorridere. Il fatto che si preoccupasse di una questione banale come se Luca andasse o meno d'accordo con i compagni, bastava da solo a riempire tutti i vuoti d'affetto che sentiva di avere. E andava anche molto oltre. Pensò che con lui al suo fianco avrebbe potuto evitare di rivolgere la parola a chiunque, in classe, anche fino a giugno. Tutti tranne Yuri. Quello faceva ancora male. Le cose avevano preso una brutta piega e poi erano peggiorate ancora. Come avevano fatto a raggiungere quel punto? Possibile che il suo interesse per Elia prima, e l'inizio della loro storia dopo, l'avessero distratto così tanto dal rapporto di amicizia più importante della sua vita e gli avessero impedito di notare come si stesse sfilacciando?

"Tutto bene," rispose al messaggio, "perlopiù indifferenza. La maggior parte mi ignora." Cercò di minimizzare il più possibile il suo malessere: non voleva che Elia lo considerasse un agglomerato umano di problemi.

"Non ti hanno visto come ti ho visto io, sennò col cazzo che ti ignorerebbero!"

"Dici che potrei risolverla così?"

"Hai visto cos'ho fatto all'orecchio di Mauro? Te la senti di rischiare la prossima volta che ti faccio un pompino?"

"Quando?"

Arrivò in chat la foto di un foglio su cui erano stampate delle scritte. Aprì meglio l'immagine e capì che si trattava di referti medici.

"Mi hai rovinato la sorpresa. Sono passato a prenderli stamattina prima di entrare."

"Tutto negativo?"

"Sì. Scusa per l'altra sera, ma volevo esserne sicuro. Quindi adesso anche tu..."

"Posso succhiartelo anche io?" Era davvero facile scrivere certe cose, invece che pronunciarle a voce.

"Luca mancano tre ore alla campanella, se mi fai queste proposte sarà dura arrivarci!"

"Perché non ci vediamo in bagno allora?"

"Luca..."

"Per favore? Ho gli occhiali nello zaino. Vuoi che li metta?"

"Luca fai il bravo."

"Ma è tutta la vita che faccio il bravo."

"Non voglio che ti becchino."

"Ci chiudiamo dentro."

"Ah beh, allora è proprio antisgamo!"

Era concentrato sulla scritta verde "sta scrivendo..." quando il telefono gli scivolò via dalle mani. Anzi, quando qualcuno glielo strappò dalle dita.

«Vedere vedere...» Yuri sembrava persino amichevole come sempre (probabilmente da una certa distanza sembrava così), come fino a una decina di giorni prima, e se Luca non lo avesse conosciuto bene avrebbe creduto a quella farsa.

«Yu, dammelo.»

Ma Yuri indietreggiò, con il telefono in mano. «Eri così preso che non mi hai nemmeno visto arrivare! Con chi ti stavi scrivendo?» Guardò lo schermo e la sua espressione si fece seria. Gli restituì il telefono scuotendo la testa.

«Davvero? Distolgo lo sguardo un attimo e ti metti a succhiare cazzi a scuola?»

«Abbassa la voce.» Erano in fondo al corridoio, tra la porta della loro classe e la porta che dava alle scale antiincendio. Erano più o meno tutti usciti dall'aula per l'intervallo e chi era rimasto dentro non avrebbe potuto sentirli da lì, ma Luca si guardò lo stesso intorno con aria infastidita. Voleva farlo sapere a tutti, per caso?

«Certo, perché altrimenti qualcuno potrebbe scoprirti, mentre chiuderti in un cesso con quello è una cosa sicura!»

«Non avevi il diritto di leggere, era una cosa privata.»

«Sì, privata come i bagni della scuola.»

«Che cosa vuoi? Credevo che fossi a capo del movimento "trattiamo Luca come un appestato"!» Bloccò il telefono e lo rimise in tasca, al sicuro, pensando che avrebbe dovuto cambiare codice di sblocco al più presto. «A proposito, come ti è venuto di dire a tutti che mi sono scopato Rebecca?»

«Perché mi chiedevano cosa avessi, perché sei strano ultimamente e non volevo dire la verità.»

«Potevi inventare qualsiasi altra stronzata, ma non questa.»

«Doveva essere qualcosa per cui avesse senso che ce l'avessi con te. L'ho detto tanto per dire, non sapevo che avrebbe attecchito così tanto. Non ho detto a nessuno di non parlarti più, non ho chiesto di schierarsi. Se l'hanno fatto è stata una loro scelta, ma io non ho tutto questo potere sulle persone.»

«Hai messo in difficoltà anche lei, così.»

«Vi hanno visto uscire insieme da scuola e fare comunella e hanno tratto le loro conclusioni. È la tua nuova migliore amica adesso? Si è anche presa la briga di minacciarmi per farmi lasciare in pace quello lì.»

«Ha un nome, lo sai?»

«Sì, ma non lo voglio pronunciare.»

«Perché fai lo stronzo?»

«Ma guardati, una settimana fa ti scusavi per aver pensato male di me e mi ringraziavi per averti protetto. "Uriele di nome e di fatto", hai detto! E ora mi dai dello stronzo.»

«Forse una settimana fa non mi avevi ancora messo tutti contro e poi, non contento, hai parlato con tuo padre per fargli fare pressione sul mio e farmi partecipare alla gita, sapendo che sarebbe un incubo per me, allo stato attuale.»

«Credevo che fosse un'occasione per riavvicinarci, lontano da certe cattive influenze.»

«Che influenze?»

«Non te ne accorgi? Ti sta già mettendo contro di me, ti sta già mettendo in testa l'idea che sono uno stronzo, il prossimo passo sarà chiederti di scegliere tra lui e i tuoi amici.»

«Non lo farà, non è da lui. E poi sembra che i miei amici abbiano già scelto al posto mio.»

«Certo, perché lo conosci da quanto? Una settimana? Cavolo, lo deve succhiare davvero bene se sei già così succube! Sapevo che eri un sottone, ma non credevo così tanto. Ma ti svegli? Si può essere più stupidi di così? Spiegami uno così cosa mai può trovarci in uno come te.»

«Qualcosa ci avrà visto.»

«Sì, ma non quello che credi tu. Quando pretenderà un regalo costoso o ti chiederà un favore, appena prima di annoiarsi e scaricarti, non venire a dirmi che non ti avevo avvisato!» Si fermò per fare un lungo respiro, come se cercasse di ritrovare la calma o la diplomazia. «Non è troppo tardi, Lu, lascialo perdere, torniamo al piano originale. Ammettiamo i nostri errori, facciamo pace tutti e tre, affittiamo quel famoso appartamento, iscriviamoci a Economia e andiamo avanti per la nostra strada. Possiamo chiarire tutto con la squadra e anche con i compagni. Nessuno di loro è importante, noi lo siamo. È così anche per te o no?»

«Certo che è così.» Luca cedette. Di tutte le persone che gli avevano voltato le spalle alla fine dei conti gli interessava davvero solo di lui, del suo più vecchio e caro amico. Ma quali sarebbero i nostri errori che dovremmo ammettere, secondo te?

«Io però farò Lettere e Rebecca farà Informatica.»

«Ma che cazzo vi è preso a tutti e due?» Yuri si portò le mani alla fronte, in un gesto colmo di frustrazione. E tanti saluti alla calma appena ritrovata.

«Stiamo solo vivendo le nostre vite, perché non accetti le nostre scelte?»

«Perché vanno contro a tutto quello che ci siamo sempre detti, a tutti i progetti che abbiamo fatto. E poi quali sarebbero le vostre scelte? Lasciare il basket? Scoparvi tu quel pezzente e lei... non farmelo neanche dire, guarda.»

«Non ho lasciato il basket, cambierò squadra.»

«Quindi ci troveremo contro anche in partita?»

«Non è colpa mia se in squadra ho tutti contro.»

«La smetti di fare la vittima?»

«Ah, quindi non posso nemmeno lamentarmi se mi hai infamato e fatto il vuoto intorno perché questo per te è fare la vittima?»

«Tu sai cosa ho passato, ma non mi sono mai lamentato tanto quanto ti lamenti tu, tu come lo chiami?»

«Ma se non ti va bene niente di quello che sono o che faccio perché sei ancora qui? Cosa ti tiene legato a me?»

«Lu, davvero me lo stai chiedendo? Tutto quello che abbiamo passato non conta più niente, spazzato via da due moine di quello? Sei tu quello che è cambiato, non sei mai stato tipo da fare quel genere di cose in posti come questo, e guardati ora, a supplicare per succhiare un cazzo nei bagni dei maschi.»

«Non sono mai stato tipo da fare cose in nessun tipo di posto, se è per questo.»

«Allora è per questo? Perché vuoi recuperare?»

Voglio recuperare. Con te.

«Voglio fare cose che mi rendono felice. E se imboscarmi nei bagni con il mio ragazzo mi rende felice, allora è ciò che voglio fare. Qual è il problema?»

«Mancano pochi mesi al diploma, se davvero gli piaci puoi chiedergli di aspettare. Tre mesi, che ti cosa?»

«Sono io che non voglio aspettare. E se in tre mesi cambiasse idea, se arrivasse qualcuno migliore di me, se ci succedesse qualcosa? Voglio vivere il presente, Yu. Sei stato innamorato anche tu, possibile che non capisci?»

«Addirittura innamorato? E comunque, io sono un caso senza speranza.»

«E se ti dicessero che da oggi puoi smettere di esserlo? Aspetteresti tre mesi? Anche io credevo di non avere speranze, poi Elia mi ha voluto.» Abbassò la voce e lo guardò negli occhi, scandendo bene: Elia, non "quello". Voleva che l'amico capisse che se non si metteva a urlare quanto quel ragazzo gli stesse facendo bene, non era per nascondersi da lui, lui era fiero della sua scelta. «Adesso non torno indietro, Yu. Finché lui mi vorrà io non sprecherò nemmeno un giorno.»

«Allora spero che andrà sempre bene, perché quando capirai che stai buttando tutto all'aria per qualcuno per cui non ne vale la pena e ti pentirai, io non ci sarò.»

«Non ci nemmeno adesso, se è per questo.» Gli stavano succedendo un sacco di cose, alcune a causa sua, ma altre di cui avrebbe voluto parlargli. La sua prima volta, l'idea di lavorare, le dinamiche strane con suo fratello, l'Università, il basket, le decisioni che doveva prendere. E lui non c'era. Luca era solo quando erano ancora amici, perché il segreto che si portava dentro li divideva, e ora che avrebbe potuto fare affidamento su Yuri, una volta rivelata la verità, l'altro gli aveva voltato le spalle. «E la cosa peggiore è che non credo più tu lo stia facendo per il mio bene, ma solo per orgoglio, perché le cose non vanno come vuoi tu. Quanto puoi essere egoista?»

«E tu invece, che vuoi farmi rivivere quello che ho passato con mio fratello, che vuoi farti beccare e farti portare via? Non è egoista questo? E io dovrei stare a guardare mentre succede, secondo te?»

«Potresti coprirmi, per esempio! Ma no, molto meglio provare a manipolare le persone: me, i nostri compagni e persino mio padre, attraverso il tuo.»

«Quindi hai scelto. Anche se lui non te l'ha ancora chiesto, tu hai già fatto la tua scelta.»

«Ho scelto me stesso e di conseguenza le persone che mi fanno stare bene, non chi mi fa del male. Lo sai che vorrò sempre che tu faccia parte della mia vita, non ti chiuderei mai la porta in faccia, sarà sempre aperta per te, quando tornerai sui tuoi passi. Tu, non io, io credo di stare bene dove sono.»

Yuri lo guardò qualche istante, poi fissò un punto alle spalle di Luca, lungo il corridoio e si spostò dal muro per lasciare lui e quella conversazione: «Vaffanculo Luca, tu e la tua porta.»

Luca lo seguì con lo sguardo e lo vide prendere la direzione delle scale antiincendio, spingere il maniglione antipanico e uscire, chiudendosi la porta alle spalle. Con un sospiro prese di nuovo il telefono dalla tasca, lo sbloccò e riprese la chat con Elia: "scusa, ho avuto da fare."

"Vedo." L'altro rispose subito. Vedeva? Alzò lo sguardo e lo vide, a metà corridoio, intento a osservarlo. Gli andò incontro quando ormai suonava la campanella della fine dell'intervallo.

«Che ci fai qui?»

«Mi sembrava strano che interrompessi così la conversazione. Sono venuto a vedere se era tutto a posto, se qualcuno ti aveva dato noia. E quando ho visto che discutevi con Mister simpatia ho pensato di restare nei paraggi, sai... se fossero serviti i rinforzi.»

«Eri preoccupato per me?»

«Un po'. Tutto bene, comunque?»

«Sì, credo di aver chiuso con lui. Mi fa star male, ma mi sento anche bene. È difficile da spiegare.»

«Vuoi parlarne un po' con me, a pranzo, magari?»

«Sì, se ti va.»

In tutta risposta Elia gli sorrise furbescamente, poi si guardò intorno. «Qui c'è troppa gente, ma vorrei darti un bacio. Sei carino vestito così, sai?»

«Ho seguito le tue indicazioni. Vado bene?»

«Allora forse non è vero che il ragazzo perfetto non esiste.»

Luca sorrise. A fatica, ma lo fece. Forse era vero che il ragazzo perfetto esisteva, allora: essere a due passi nel momento del bisogno e poi strapparti un sorriso nei momenti più brutti, prometterti di ascoltarti su quanto successo, non era forse qualcosa dannatamente vicino alla perfezione? Bastava un suo singolo sorrisetto per migliorargli la pessima giornata.

Se pensare certe cose di Elia mi rende un sottone, allora sono un sottone, chi se ne frega.

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