19. Un ospite?
Niente di ciò che stava succedendo era come Luca l'aveva immaginato. Per mesi le sue fantasie erano state piene di un Elia docile e arrendevole, che timidamente si lasciava spogliare un vestito alla volta, si lasciava ricoprire di baci, si lasciava accarezzare ovunque, si lasciava amare, insomma si lasciava fare di tutto, quasi passivamente. L'Elia reale era invece tutto tranne che arrendevole. L'aveva praticamente bloccato dietro la porta appena erano entrati in casa senza dargli il tempo di obiettare; i suoi baci si erano fatti sempre più intensi, le sue mani vagavano sul corpo di Luca, insinuandosi sotto il maglione e sotto la vita dei jeans. L'unica cosa che Luca riusciva a fare era ricambiare quei baci, godersi i momenti in cui la bocca di Elia si spostava sul suo collo e sul suo mento e accarezzarlo a sua volta, senza però trovare il coraggio di spogliarlo. Divaricò le gambe per abbassarsi un po', visto che Elia era già in punta di piedi per baciarlo, e nel farlo l'altro gli si strinse ancora più addosso, togliendo così ogni dubbio su quanto fossero entrambi coinvolti dal momento. Nel sentire l'erezione di Elia premere contro la sua coscia si fece scappare un sospiro di sorpresa e di eccitazione, misto a nervoso e anticipazione. Ma il fiato gli si bloccò subiti dopo, quando Elia gli mise una mano sopra la patta dei jeans e premette appena.
«Se sto andando troppo in fretta dimmelo.» Lo guardava tra un bacio e l'altro lungo la guancia e la mascella di Luca, senza però spostare da lì la mano.
Stavano andando decisamente più veloci di quanto credesse possibile, ma no, non troppo in fretta. L'unico motivo per cui avrebbe voluto rallentare era per godersi meglio ogni istante, scalfirlo nella sua memoria. In un impeto di coraggio, passò una mano tra i capelli di Elia. Lo voleva fare dal primo giorno in cui aveva visto quei ricci ribelli. Temette di aver esagerato con quelle effusioni, in fondo non sapeva quali fossero i limiti del ragazzo, a cosa fosse abituato, che tipo di intimità e tenerezza fosse accettabile per lui, soprattutto in quella fase iniziale della loro storia. Ma con sua sorpresa l'altro spinse un po' indietro la testa per andare incontro a quel contatto e socchiuse gli occhi, in un gesto che gli ricordava il modo in cui Martin Eden gli faceva capire di volere ancora le coccole.
«No,» rispose con decisione «va benissimo così.» Parlare era difficile, se di norma faticava a concentrarsi quando era con lui, ora era praticamente una missione impossibile.
«Mi vuoi toccare anche tu?»
«Posso?»
Elia rise, ma non di lui. Era una risata un po' nervosa, e forse anche lui lo era, in fondo. «Certo che puoi, anzi, mi piacerebbe.» Gli prese la mano che, Luca lo sapeva, stava tremando, e se la portò tra le gambe.
Era tutto così reale, concreto, solido, sonoro. Labbra, mani, saliva, rumori di sfregamenti, respiri. Cercò di fare quello che faceva Elia e stare al suo passo. Quando l'altro gli slacciò i jeans fece altrettanto, quando infilò dentro la mano fece lo stesso.
«Cazzo.» Lo sentì imprecare tra i denti e pensò di aver sbagliato qualcosa di avere le mani fredde, così si fermò di colpo.
«No no, continua.» Elia lo pregò prendendolo di nuovo per il polso, ma senza più un briciolo di delicatezza, adesso.
Luca affondò di nuovo nei suoi boxer e lo toccò come aveva solo sognato di poter fare, come aveva toccato solo sé stesso, prima di allora. E i denti di Elia che avevano trattenuto quell'imprecazione, ora erano sul collo di Luca, ci si appoggiavano mentre le sue labbra lasciavano baci su ogni centimetro di pelle che trovavano. «Te l'ho detto che mordo solo in occasioni specialissime.» Gli sussurrò all'orecchio, scatenando una reazione in Luca che non aveva mai sperimentato prima. Solo la sua voce era riuscita a renderlo ancora più eccitato, com'era possibile? Gli sfuggì un gemito, e cercò quindi le sue labbra per far morire lì tutti gli altri che lo avrebbero seguito. Quando Elia lo baciò ancora e gli sorrise, Luca pensò che avrebbe voluto vivere cristallizzato in quell'istante per sempre, nel suo primo amore, nei suoi primi veri baci, nello spazio piccolissimo tra Elia e la porta di casa sua, oltre la quale i problemi potevano anche aspettare, e tutto il resto del mondo poteva anche andare a fare in culo. Lo guardò negli occhi senza riuscire a comunicare a parole nemmeno un centesimo di ciò che stava provando, poi gli baciò il naso, a lato del piccolo cerotto che aveva preso il posto di quello formato extra large dei giorni precedenti. Ora che poteva vedergli finalmente tutte le lentiggini, le accarezzò con la punta delle dita, mentre l'altra mano perdeva un po' la presa su Elia, in quel momento di sospensione e tenerezza. Le avrebbe baciate ancora, ma il viso di Elia scivolò giù dal suo campo visivo e lentamente anche il contatto con le sue guance fu interrotto. Ma fu sostituito da un altro contatto, più inaspettato, quello della bocca di Elia, ora inginocchiato davanti a lui, che gli fece tremare le ginocchia e appoggiare la schiena contro la porta, o avrebbe perso l'equilibro. Una cosa che perse, di sicuro, fu il controllo. Per quanto provò a soffocare di nuovo i gemiti, a mordersi il labbro e persino tapparsi la bocca con la mano chiusa a pugno, quando raggiunse l'orgasmo, non fu esattamente silenzioso come avrebbe voluto. E nemmeno abbastanza lucido da avvisare Elia del suo arrivo. Quando abbassò lo sguardo era già troppo tardi, era già il momento del panico.
«Cazzo, scusami, avrei voluto dirtelo, non sono riuscito, era la prima volta. Scusa.»
Poteva rovinare tutto prima ancora di iniziare? Sì, era decisamente da lui.
«Il primo?» Elia si tirò su e si passò un dito sotto il labbro inferiore, come se si stesse pulendo, anche se non c'era nulla da cui pulirsi.
«Sì,» ammise. Poi realizzò: «Hai ingoiato?»
«Perché? Ti fa schifo?» Sembrò insicuro, poi quasi sul piede di guerra. «Non era quello su cui hai fantasticato?»
«Stai scherzando, vero?»
Gli accarezzò le labbra e l'unico pensiero che riusciva a formulare era dove fossero state quelle labbra fino a un minuto prima. Si avvicinò per baciarle, ma Elia si scostò bruscamente. «Sei sicuro di quello che vuoi fare? Potrebbe non piacerti.»
Gli veniva da ridere, scosse la testa e si avvicinò fino a dargli un bacio a stampo. «Ti avrei baciato con la bocca piena di sangue, pensi che possa farmi schifo questo?»
Oltre a lasciarsi baciare, Elia quasi si lanciò su di lui, allacciandogli le braccia dietro il collo e, cavolo, quello era il più romantico dei baci. Il proprio sapore sulla lingua di Elia lo rendeva solo più speciale. «Grazie.» Gli disse poi, prima di baciarlo di nuovo a stampo.
«Non devi ringraziarmi per ogni pompino, sai?» Elia rise, e Luca con lui.
«Questo significa che era il primo di molti?»
«Può essere.»
«E io posso?»
«Cosa?»
«Ricambiare.»
«Meglio di no.»
«Ah, ok.»
Elia gli prese il viso tra le mani e si alzò di nuovo sulle punte per guardarlo negli occhi: «Non c'è nulla che vorrei di più adesso che vederti inginocchiato davanti a me mentre me lo succhi.» Come faceva a dire quelle cose con così tanta naturalezza? Avrebbe dovuto anche lui imparare a parlare così? Non era sicuro di esserne in grado. «Ti ricordo che ho scoperto di essere stato tradito nemmeno una settimana fa, sono quasi sicuro che sia tutto a posto, ma se mi sono beccato qualcosa da quello schifoso non voglio passarla anche a te.»
«Giusto.» ma non lo era, e Luca avrebbe preso qualsiasi cosa da lui, anche una malattia, peccato che fosse una cosa troppo stupida per essere detta ad alta voce, così ripiegò su un poco convinto: «Grazie per averci pensato».
«Però,» continuò Elia, «se ti va, puoi riprendere da quello che stavi facendo prima» suggerì con una timidezza non da lui, guardando addirittura oltre la spalla di Luca, verso il muro.
Luca lo baciò ancora, non si stancava mai di farlo, poi gli leccò il labbro mentre faceva scivolare nuovamente la mano nei suoi boxer. Così era anche meglio, perché poteva bearsi di ogni espressione dell'altro, ogni battito di ciglia, ogni verso che lui gli avrebbe procurato. Lui, Luca Bianchi, aveva letteralmente il piacere di Elia nella sua mano, il potere di farlo stare bene, regalargli un momento di estasi. Lui, attraverso quella mano, poteva amarlo. Si godette ogni secondo di quello scambio, dai primi, timidi ansimi, a quando la testa di Elia gli si appoggiò sul petto (nascondendogli, purtroppo, il viso) e le sue mani gli strinsero i fianchi. A differenza sua, l'altro lo avvisò sentendo l'orgasmo vicino e Luca si impegnò il più possibile per rendere quella conclusione piacevole e meritevole di essere ripetuta. Non sarebbe mai stato all'altezza degli amanti precedenti del ragazzo, ma avrebbe dato tutto per farlo sentire soddisfatto, avrebbe imparato in fretta.
«Wow!» Elia sospirò, lasciandosi andare in un abbraccio reso goffo dalla paura di sporcare entrambi.
«Ti prendo dello scottex, scusa.»
Luca annuì, poi si guardò la mano e restò a fissarla per tutto il tempo in cui Elia fu assente.
«Lo so, può sembrare strano, la prima volta, la roba di qualcun altro. Aspetta, ti pulisco.» E quanto poteva sembrare strano volerla assaggiare?
Mentre Elia lo aiutava ad asciugarsi la mano, Luca guardava invece il suo viso. «No, non è strano, è solo bello. È bello che sia stato io.»
È merito mio. Ho fatto venire Elia. È venuto con me.
«Beh, siamo solo io e te, qui, quindi sì. Ecco fatto. Il grosso è tolto, il bagno è in fondo al corridoio a destra, non puoi sbagliare, qui ne abbiamo uno solo.» Ora era Elia a sembrare nervoso, ma Luca non credeva, per una volta, di aver detto o fatto qualcosa di strano o sbagliato. Forse era solo normale sentirsi un po' imbarazzati dopo un momento del genere, da entrambe le parti. «C'è un po' di casino e l'acqua calda ci mette un po' ad arrivare. Anzi, sai cosa? Vado prima io, così intanto ti prendo un asciugamano pulito e do il tempo ai tubi di scaldarsi, aspettami qui.»
Invece di aspettarlo lo seguì fino alla porta del bagno e quando lo vide uscire cercò sul suo viso tracce di fastidio. Non era mai stato bravo in quello, aveva sempre preferito che le cose gli venissero dette: era faticoso interpretare gli altri e spesso si sbagliava, faceva parte del suo sentirsi un completo idiota. E quando fu il suo turno di uscire dal bagno dopo essersi ripulito, Elia lo accolse con la più gelida delle frasi: «Sei a posto? Vuoi andare da qualche parte adesso?»
«Me ne devo andare?» rispose di getto, stupito. Erano appena arrivati, credeva che avrebbero cenato e sarebbero stati insieme tutta la sera. Era così che funzionava? Una volta ripuliti ognuno per la sua strada? Se lo avesse saputo avrebbe rimandato agli ultimi dieci minuti del loro tempo insieme ciò che avevano appena fatto.
«Perché, vuoi restare qui?»
«Beh, sì, ma se non mi vuoi vado via, non serve che mi riaccompagni, mi aggiusto. Però se ho fatto o detto qualcosa di sbagliato me lo dici?»
«Non voglio che tu te ne vada da solo, voglio solo andare via, da qualche altra parte, anche insieme.»
«Stanno rientrando i tuoi?» Dovevano lasciare la casa prima che rientrassero?
«No, mia madre dorme fuori e mio fratello farà sicuramente mattina.»
«Allora qual è il problema? Credevo avremmo cenato insieme, non ti va più?» Si sentiva il più scemo degli scemi per aver creduto a quella che ovviamente era una bugia, un pretesto per andare lì.
«Voglio ancora cenare con te. È per la casa, ok? Insomma, guardati intorno, è un buco!»
«E credevi che, da quando mi hai invitato qui l'altro giorno oppure un'ora fa, potesse crescere e diventare più grande?»
«Ah, ah, ah.» Elia simulò una risata, ma sul suo viso comparve un sorriso reale. Ce l'aveva fatta, gli aveva tolto l'espressione tesa e preoccupata.
«Non è per le dimensioni, è per le condizioni in cui è. Sono entrato in cucina per prenderti uno scottex e ho trovato un disastro. Qualcuno ha lasciato i piatti da lavare dopo aver mangiato e hai visto tu stesso com'è messo il bagno. Mentre ti prendevo un asciugamano pulito mi è rimasta in mano l'anta del mobile sotto il lavandino.»
Luca non aveva notato nulla di strano in bagno, troppo concentrato a guardare il suo sorriso ebete allo specchio e a lavarsi in fretta per non dare l'impressione di metterci troppo. «Elia, non mi interessano queste cose. Mi vuoi chiedere di lavare i piatti o aggiustare quell'anta?»
«Cosa? No! Certo che no.»
«Allora non mi riguarda.»
«È che siamo sempre tutti di corsa, non siamo dei disperati o cose simili, te lo assicuro! Mia madre e mio fratello fanno i turni, io in casa faccio quello che posso. E abbiamo i soldi per comprare delle cerniere nuove dall'Ikea, ovviamente, solo non abbiamo avuto tempo.»
Luca pensò subito a tutti i pomeriggi che Elia aveva detto di aver passato a imparare a fare l'uncinetto dal nonno per fargli lo scaldacollo, sottraendo il tempo impiegato a cose più pratiche e importanti; ora quell'oggetto aveva ancora più valore. «Elia, perché ti giustifichi ancora, se ti ho detto che non mi riguarda?»
«Perché penso tu ti sentiresti più a tuo agio altrove, in una casa tipo la tua.»
Luca rise di gusto. «Dopo avermi detto che qui posso abbracciarti e baciarti quanto mi pare, pensi che vorrei stare in qualsiasi altro posto?» "Al mondo", pensò senza avere il coraggio di aggiungerlo alla frase.
«Non ho detto "quanto ti pare", non sono un pupazzo, eh!»
«Ma non mi sembra che ti lamentassi poco fa.»
«Mi piacciono i tuoi baci. Non sembra che tu abbia baciato solo tre persone.»
«Di cui la prima che bacio così.»
Luca si guardò intorno, non per controllare le condizioni dell'appartamento, ma per individuare la porta della camera di Elia. «Anche la tua stanza è un disastro?»
«Vuoi vederla?»
«Non me ne vado da qui senza averla vista. Dovrai chiamare i famosi vicini che accorrono con un fischio per portarmi fuori.»
«Chi lo avrebbe detto, sei uno sporcaccione!»
«Disse quello che a momenti non mi ha nemmeno fatto togliere la giacca! Comunque, non è per quello, sono davvero curioso di vederla.»
«È mia solo per metà, quindi giudica solo la mia parte, ok?»
«Non sono qui per giudicare proprio niente!» ribadì. Era strano vederlo così interessato alla sua opinione e all'opinione di qualcuno in generale, credeva che Elia fosse immune dal peso del giudizio altrui.
«Di qua.»
La stanza era più piccola della sua, con qualche vestito sulle sedie e sui due letti, le pareti piene di poster, foto, biglietti di concerti o del treno. Provò a indovinare quale fosse la parte di Elia, ma le due metà si somigliavano parecchio. «Il tuo letto?» chiese.
«Allora vedi che sei uno sporcaccione? È quello. La mia metà è quella.» Luca si avvicinò al letto che Elia gli aveva indicato e sfiorò il cuscino con le dita. Stava vivendo una specie di sogno ad occhi aperti. L'altro gli fu subito accanto, spostò dei vestiti dal letto alla scrivania, poi prese la Nintendo Switch che era sul suo copriletto e andò a sistemarla dall'altra parte della stanza, sul comodino. Adesso che il letto era completamente sgombro Luca si sedette, poi guardò Elia dall'altra parte della stanza e lo invitò a tornare verso di lui.
«Allora, vieni?» Non sapeva cosa fare e come farlo, ma ora che era lì, su quel letto, sarebbe davvero servito l'intervento di qualcuno per portarlo via. Se quello era un sogno, voleva realizzare al suo interno il maggior numero di desideri espressi nelle sue notti silenziose e solitarie, prima di svegliarsi.
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